TUTTOSCIENZE 24 giugno 92


ESPERIMENTI IN USA Se lo stress è forte la vecchiaia si avvicina e la memoria svanisce Meglio l' endocrinologo dell' estetista
Autore: GIACOBINI EZIO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, RICERCA SCIENTIFICA, SANITA'
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 095

UNA prolungata esposizione agli ormoni collegati allo stress (adrenalina e corticosteroidi) è indicata da tempo come responsabile di disturbi cardiovascolari e malattie coronariche e perfino come connessa all' insorgere di certi tumori. Non solo. In uno studio compiuto su ratti un gruppo di ricercatori della Bowman Gray School of Medicine della Carolina del Nord ha constatato che lo stress prolungato può facilitare l' invecchiamento del cervello. I danni maggiori sono stati notati nell' ippocampo, una struttura a forma di cavalluccio marino all' interno del cervello, con funzioni essenziali per l' apprendimento e la memoria. Lo studio ha analizzato l' effetto dello stress per un periodo di sei mesi sotto forma di leggere scosse elettriche non dolorose, preannunciate da un segnale sonoro, tali da provocare una reazione di fuga nell' animale. E' importante sottolineare che la sensazione fastidiosa, ma non dolorosa, provocava già un aumento di ormoni del tipo glucocorticoidi, che vengono liberati dalla ghiandola surrenale assieme all' adrenalina come risultato della reazione «combatti o fuggi» che pone l' organismo in uno stato di allarme e di preparazione alla difesa. Questa reazione in certi casi è utile se non addirittura indispensabile perché mobilita energia e la fornisce ai muscoli preparandoli a una risposta motoria. Se però lo stress è troppo frequente o troppo prolungato, si trasforma in un rischio che può essere di grave danno all' organismo. Nel caso dell' esperimento di Landfield, l' insicurezza dell' animale nel predire l' arrivo della stimolazione elettrica dopo il suono riproduceva una situazione di incertezza e timore simile allo stress umano e alle sue caratteristiche psicologiche. Dopo sei mesi di questo trattamento, animali giovani e vecchi venivano esaminati dal punto di vista elettrofisiologico. In altre parole, usando elettrodi finissimi, si controllava l' efficienza del sistema di comunicazione tra cellula e cellula nervosa dell' ippocampo. Gli scienziati scoprirono che lo stress produceva modificazioni funzionali negli animali giovani simili a quelle prodotte normalmente dall' età. Nei ratti più vecchi, oltre ai segni normali della senescenza, c' erano anche cambiamenti nella struttura delle cellule che confermavano i dati elettrofisiologici. Non solo: in molti casi le cellule danneggiate dallo stress erano gradualmente scomparse. Tutti questi dati indicavano che il cervello più vecchio era più sensibile del giovane agli effetti neurodegenerativi dello stress ormonale. Ma lo stress cronico è dannoso anche per il cervello dell' animale più giovane non tale, però, da provocare una morte neuronale. Una spiegazione del fenomeno potrebbe essere un aumento del flusso del calcio verso l' interno della cellula. Si sa che concentrazioni troppo alte di calcio possono portare alla morte della cellula nervosa. L' effetto dello stress sarebbe quindi determinato da una reazione a catena che inizia con gli ormoni posti in circolo, l' interazione con i ricettori e l' effetto dannoso del calcio troppo elevato. Se, fatte salve le differenze, il modello animale può essere applicato all' uomo, uno stress cronico altererebbe la memoria o le funzioni cognitive nella mezza età con un' accelerazione dell' invecchiamento cerebrale. Ezio Giacobini Università del Sud Illinois


INFORMATICA Il computer intercontinentale Stabilito un nuovo primato di potenza
Autore: FOCARDI SERGIO

ARGOMENTI: INFORMATICA, RECORD
NOMI: CELERTNER DAVID
ORGANIZZAZIONI: IPS
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 093

DA qualche mese l' Ips (Centro progetto interdisciplinare per il supercalcolo) di Zurigo ha collegato i suoi supercomputer con altri supercomputer dall' altra parte dell' Atlantico, al Centro di Supercalcolo dell' Università del Minnesota. L' aspetto straordinario di questo collegamento è che tutti i supercomputer messi in rete possono funzionare in parallelo come un singolo supercomputer, eseguendo una singola applicazione. Collegando insieme un totale di 20 processori Cray al di qua e al di là dell' Atlantico, gli scienziati dell' Ips hanno potuto eseguire un programma di chimica computazionale a una velocità media di oltre 16 volte superiore a quella che sarebbe stata possibile su un singolo processore. Collegamenti simili sono stati fatti tra l' Università del Minnesota e le Università di Urbana Champaign nell ' Illinois e di San Diego in California e con l' Istituto della Scienza e della Tecnologia della Korea. Grazie a nuovi sviluppi nel software parallelo, la possibilità di usare reti di computer distribuite su ampie aree geografiche come un singolo computer parallelo è considerata non più come una idea futuristica ma come una concreta possibilità tecnologica. David Celertner, della Yale University, vede lo sviluppo di quella che chiama una «membrana computazionale», termine che efficacemente rende l' idea di una potenza di calcolo distribuita su una rete finemente tessuta, che è possibile mobilitare per eseguire compiti complessi. All' inizio degli Anni 80 Ge lertner sviluppo' un linguaggio parallelo, a cui diede il nome di Linda, che ha il merito di aver fornito una soluzione semplice ed elengante al problema della comunicazione fra le varie parti di un programma parallelo. Per comprendere l' importanza di questa novità è necessario rifarsi alla nozione di parallelismo dei programmi. I programmi per computer sono processi essenzialmente sequenziali. Essi traducono in forma concreta la nozione astratta di algoritmo, cioè di sequenza di operazioni passo passo. Un programma è una sequenza di istruzioni che un elaboratore esegue una dopo l' altra. Per alcuni decenni programmatori, progettisti e scienziati hanno imparato a tradurre problemi scientifici tecnici e finanziari in sequenze di operazioni rigidamente specificate da eseguirsi una dopo l' altra. Applicazioni sempre più complesse hanno spinto la produzione di elaboratori sempre più veloci. Tuttavia esistono limiti fisici anche teorici alla velocità dei circuiti, dati da fattori quali la velocità di propagazione dei segnali, la dissipazione termica, la capacità di miniaturizzazione. Volendo raggiungere velocità più elevate si è allora cercato di mettere in parallelo molti processori e di eseguire più istruzioni contemporaneamente. Si è osservato che nel corso di un programma si possono individuare sequenze di istruzioni che sono reciprocamente indipendenti e possono pertanto essere eseguite contemporaneamente su processori diversi fino al punto in cui richiedono qualche dato che dipende da altre parti del programma. Lo scambio dei dati è la parte più difficile del processo di «parallelizzazione» (se ci passate il neologismo) in quanto si deve fare in modo che i dati arrivino a tutte le parti del programma che ne hanno bisogno esattamente quando ne hanno bisogno, altrimenti i processori che li eseguono restano inutilizzati mentre attendono i dati. Se il numero dei processi è grande, organizzare questo scambio dati in modo efficiente può essere molto difficile. Fin qui il parallelismo è visto come una serie di espedienti tecnici per migliorare le prestazioni di una applicazione che sarebbe naturalmente sequenziale. Questo è imbarazzante sotto il profilo teorico perché manca di generalità ed è tecnologicamente insoddisfacente perché obbliga a rifare tutto il lavoro ogni volta che si vuole cambiare computer o variare il numero dei processori. Se si pensa che in generale l' investimento in software e applicazioni largamente eccede quello in hardware, si comprende come questa eventualità non sia molto attraente per l' utente. Gelertner è andato oltre la derivazione di programmi paralleli da precedenti versioni sequenziali e concepisce una applicazione parallela come un insieme di processi che devono essere eseguiti contemporaneamente per produrre un certo obiettivo. L' esecuzione di ciascun processo produce certi dati ed ha eventualmente bisogno di altri dati e di altri processi. Le comunicazioni fra processi diventano pertanto la struttura portante del parallelismo. L' idea geniale di Gelertner consiste in un meccanismo di comunicazione assolutamente generale e molto semplice Il linguaggio «Linda» da lui ideato è basato su una memoria virtuale condivisa da tutti i processi attraverso cui avvengono gli scambi dati e la sincronizzazione dei processi. Questo modello di programmazione parallela è indipendente dalla struttura fisica degli elaboratori. Esso può essere realizzato non solo su elaboratori paralleli ma anche su reti di workstation, che diventano un supercomputer virtuale parallelo. Aumentando il numero dei processori o delle workstation in una rete la velocità di esecuzione delle applicazioni aumenta in modo quasi proporzionale. Le implicazioni pratiche di tutto questo sono formidabili. Poiché in quasi tutte le aziende e i centri di ricerca già esistono reti di workstation, spesso largamente sottoutilizzate, gli sviluppi software a cui abbiamo accennato possono rendere disponibili risorse di calcolo potenzialmente di grandissima potenza. Al Livermore National Laboratories, un grande centro di ricerca americano orientato soprattutto allo sviluppo di tecnologie militari d' avangaurdia, 14 workstation IBM RS/6000 collegate in rete hanno dato prestazioni superiori a quelle di un supercomputer convenzionale. Alla United Technologies, una delle più grandi aziende aerospaziali, calcolano la scia dei rotori degli elicotteri usando reti di workstation in parallelo. Alla Wharton School of Economics hanno trovato che è molto conveniente eseguire i programmi di ottimizzazione del portafoglio nello stesso modo. Grandi aziende a tecnologia avanzata, ma anche banche e istituti finanziari che dispongono di reti di workstation stanno già guardando a queste tecnologie con molto interesse. La «membrana computazionale» incomincia a distendersi. Sergio Focardi


LA MEMORIA A DISCO PIU' PICCOLA DEL MONDO Ventimila pagine dentro una moneta da 100 lire
ORGANIZZAZIONI: HEWLETT PACKARD
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 093

E' la memoria a dischi magnetici più piccola del mondo: pesa trenta grammi e ha le dimensioni di una moneta da 100 lire. Ma dentro ci stanno ventimila pagine di informazioni. Tanto per fare un esempio, con questa memoria un telefono cellulare può contenere l' intero elenco telefonico di New York. Frutto della tecnologia Hewlett Packard, la nuova unità di memoria darà un forte impulso ai computer portatili dell' ultima generazione, come i palmtop (quelli che stanno in una mano) e i pen personal computer. Altre applicazioni potranno riguardare i giochi elettronici, i telefoni cellulari, i telefax, le fotocopiatrici digitali, numerose apparecchiature mediche. La memoria Hewlett Packard ha una capacità di 22 Mb (22 milioni di caratteri) e una velocità di rotazione di 5. 400 giri al minuto. Il tempo necessario per individuare l' informazione desiderata è di 18 millesimi di secondo.


OBIETTIVO: 100 NODI La silenziosa nave del Sol Levante Varata a Kobe: è priva di elica e sfrutta la superconduttività
Autore: RAVIZZA VITTORIO

ARGOMENTI: TRASPORTI, TECNOLOGIA, NAVALI
ORGANIZZAZIONI: YAMATO 1 MITSUBISHI HEAVY INDUSTRIES
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 093

SI chiama «Yamato 1» come la maxi corazzata nipponica affondata nel 1944 durante la battaglia delle Filippine, è lunga 30 metri, 280 tonnellate di stazza, ha una forma fortemente aerodinamica insolita per una nave, e soprattutto è assolutamente silenziosa perché il suo apparato di propulsione non è costituito dai consueti motori diesel e dalle relative eliche ma da un sistema innovativo che viene definito «magnetoidrodinamico». Per ora la velocità è modesta ma dicono i progettisti giapponesi, potrà raggiungere in un futuro non lontano addirittura i 100 nodi, cioè oltre 180 chilometri l' ora, superiore a quella dei più veloci motoscafi offshore. La rivoluzionaria imbarcazione è scesa in mare la scorsa settimana nel porto giapponese di Kobe dai cantieri della Mitsubishi Heavy Industries, che l' hanno costruita insieme con la Kobe Steel e la Toshiba per conto della Ship and Ocean Foundation. Si tratta, in sostanza, di un «idrogetto» (una formula già abbastanza collaudata e applicata su numerose imbarcazioni) che però nel caso della «Yamato 1» riesce a raggiungere una elevata efficienza sfruttando la nuova tecnologia della superconduttività. Una corrente elettrica viene inviata a due bobine elettromagnetiche costruite con materiali superconduttori; queste, che per funzionare devono essere mantenute a 269 gradi centigradi sotto zero, sono avvolte intorno a due tubi collocati sotto la chiglia dell' imbarcazione; all' interno dei tubi si crea un potente campo magnetico che provoca l' espulsione forzata di due getti d' acqua. La barca avanza «per reazione», in modo non diverso da un aereo a getto. Nel corso della prova, applicando una corrente di 2000 Ampere che ha generato un campo magnetico di 2 Tesla (l' unità di misura dell' induzione magnetica), la «Yamato 1» ha raggiunto una velocità di 6 nodi, circa 10 chilometri e mezzo. Sul prototipo la corrente viene prodotta da due generatori con motore a scoppio ma si tratta, secondo i progettisti, di una soluzione provvisoria: è infatti già previsto che i motori siano in futuro sostituiti da generatori a energia nucleare o solare. In questo ultimo caso la «Yamato 1» diventerebbe una perfetta nave ecologica senza scarichi e senza rumori salvo il fruscio prodotto dalla carena contro l' acqua. Restano da risolvere i molti problemi relativi al miglioramento del «sistema superconduttività », in particolare le bassissime temperature di funzionamento che richiedono complesse tecnologie e assorbono una quantità per ora eccessiva di energia, ma i progettisti giapponesi ritengono che ciò possa avvenire in breve tempo poiché la tecnologia in questo campo sta facendo continui progressi. Durante la prossima prova il prototipo dovrebbe già raggiungere la velocità di quasi 15 chilometri l' ora. A mano a mano che si affinerà la tecnologia dei superconduttori, secondo i promotori del progetto «Yamato 1», diminuirà la quantità di energia elettrica necessaria o, se si vuole, aumenterà la potenza che sarà possibile produrre con la stessa quantità di energia. Con la «Yamato 1» il Giappone fa un altro passo avanti nella leadership delle tecnologie marine di punta proprio mentre sta diventando pienamente operativo lo «Shinkai 6500 » , il sottomarino per ricerche scientifiche capace di scendere fino a 6500 metri. Il programma «Shinkai», promosso da enti e istituti di ricerca, comprende anche lo «Shinkai 2000» (2000 metri di profondità ) e le rispettive navi appoggio «Natsushima» e «Yokosuka» . Con queste apparecchiature gli scienziati giapponesi si propongono l' esplorazione dei fondali marini e in particolare la sorveglianza della dorsale medio pacifica, cioè la frattura tra la placca pacifica e quella indo australiana, sede dell' intensa attività sismica che interessa l' arcipelago nipponico. Lo «Shinkai 6500» è dotato di due videocamere ad alta risoluzione per la visione diretta dei fondali, di un sonar panoramico che gli fornisce in continuazione l' immagine tridimensionale del fondo fino a 100 metri di distanza, di «braccia» manovrabili con cui può raccogliere campioni fino a 200 chilogrammi e di una serie di motori che gli consentono di muoversi autonomamente in tutte le direzioni. Varato a Kobe all' inizio dell' 89, dopo un periodo di collaudo è entrato in attività sia per conto dei giapponesi sia per conto dei maggiori istituti di ricerca oceanografica di tutto il mondo. Vittorio Ravizza


ASTRONAUTICA Un gioiello di nickel E' la pompa costruita da Fiat Avio per il razzo «Ariane 5» destinato a voli umani Funzionerà per 605 secondi a 13 mila giri portando l' ossigeno liquido al motore
Autore: LO CAMPO ANTONIO

ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA, TECNOLOGIA
ORGANIZZAZIONI: SNIA BPD, FIAT AVIO
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 094

IL programma «Ariane» ha superato il traguardo del cinquantesimo lancio e il razzo europeo è oggi un punto di riferimento mondiale per l' invio in orbita di satelliti commerciali. Intanto già si pensa al prossimo potente «Ariane 5», il cui esordio è previsto per la metà del 1995; esso dominerà la scena dei trasporti spaziali europei per almeno vent' anni e sarà capace di trasferire in orbita 15 tonnellate: grandi satelliti, elementi della stazione spaziale Columbus o la navetta Hermes. Parti essenziali di Ariane 5 nascono in Italia; sono italiani i due razzi a combustibile solido per aiutare il lancio (costruiti dalla Snia Bpd con la francese Sep ) e parte della strumentazione elettronica per la guida e il controllo del razzo durante l' ascesa verso lo spazio. Ma è italiano anche uno degli elementi più delicati dell' innovativo motore a idrogeno e ossigeno liquidi «Vulcain» del primo stadio: la turbopompa che porterà l' ossigeno liquido nella camera di combustione, realizzata da Fiat Avio a Torino. Finora nel corso dei numerosi test al banco di prova della Sep a Vernon (Francia) e Lampldshausen (Germania), i risultati sono stati più che positivi «La turbopompa spiega l' ingegner Pier Giuliano Lasagni, responsabile per la propulsione spaziale in Fiat Avio è costruita con materiali a base di inconel, che è una lega speciale di nickel cromo e ferro. Il suo sistema interno, compiendo 13 mila giri al minuto, consente il passaggio dell' ossigeno liquido a 150 gradi sotto zero mentre lo stesso ossigeno serve come lubrificante. Il funzionamento avviene a pressioni molto elevate, di circa 130 atmosfere». Realizzare una sezione delicata di un motore innovativo come il «Vulcain» pone la Fiat Avio all' avanguardia nel settore della propulsione spaziale. «Dal 1986 ci occupiamo anche di spazio aggiunge Lasagni e collaboriamo strettamente con aziende che da molti anni operano con grande successo nel settore». Le ultime prove di accensione del prototipo «M 3» del «Vulcain» hanno fornito risultati positivi; il motore ha già accumulato oltre 3500 secondi di tempo d' accensione in vari test. Quando Ariane 5 si solleverà dalla base di Kourou, il motore avrà un impulso specifico di 605 secondi, poi si spegnerà e quasi contemporaneamente si staccherà lo stadio del vettore. Attualmente alla Sep procedono le prove del propulsore «M 5» (che ha superato i 1800 secondi) ed è in fase di assemblaggio l' «M 6» che più si avvicina al motore «operativo». La turbopompa dell' ossigeno liquido dev' essere costruita con avanzati requisiti di sicurezza per ridurre al minimo il rischio di un' esplosione del motore e dell' intero razzo vettore. «Ci sono già state commissionate 27 turbopompe per altrettanti motori Vulcain», aggiunge Lasagni. Intanto vanno avanti gli studi per un piccolo propulsore da 2 tonnellate di spinta che potrà essere impiegato per i cambiamenti d' orbita di futuri veicoli spaziali. Sono allo studio, nel quadro di una collaborazione europea, motori «ibridi» che potranno permettere decolli e atterraggi dei futuri veicoli transatmosferici come gli aerospazioplani in corso di progettazione negli Usa, o come il britannico «Hotol» e il tedesco «Sanger». Fiat Avio, con il sostegno dell' Agenzia Spaziale Italiana, ha studiato un motore di perigeo a propellente liquido ideato per il giusto assetto dei satelliti in orbita. Da qualche anno questo progetto è passato da Fiat Avio alla Fiat Cei Gilardini che procede negli studi; si tratta di un minipropulsore di 1 chilogrammo di peso con una camera di combustione realizzata con sottilissime pareti di nobio. In essa la combustione sviluppa una temperatura di 1200 gradi centigradi. Le turbopompe realizzate nei laboratori della Fiat Avio, così come altri apparati delicati del «Vulcain», dovranno continuare a rispondere ad elevati coefficienti di sicurezza anche perché a partire dal 2002 sulla sommità del potente «Ariane 5» sarà collocata la navetta Hermes, e il razzo vettore tutto europeo sarà impiegato per la prima volta nel lancio di astronauti. Antonio Lo Campo


MICROGRAVITA' Lo spazio «sprecato» In Europa i progetti di ricerca in condizioni di assenza di peso segnano il passo Gli Stati Uniti, e soprattutto il Giappone, vi stanno invece investendo grandi risorse
Autore: BEDARIDA FEDERICO

ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA, TECNOLOGIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 094

L' AGENZIA spaziale europea lancia in queste settimane una campagna promozionale per lo sviluppo e l' utilizzazione della microgravità come conseguenza di una stretta collaborazione tra industriali e scienziati. L' Europa, pur con grandi potenzialità, si trova largamente scavalcata in questo settore da Stati Uniti e Giappone. Il programma della campagna promozionale è contenuto nel rapporto Radius Esa Br76. Sono passati i tempi dei grandi entusiasmi suscitati dai primi lanci spaziali mentre sono emerse con chiarezza le difficoltà anche politiche, soprattutto per l' Europa, inerenti a queste imprese; ed è maturata una coscienza più critica sulle possibili applicazioni. Il rapporto Esa, con molta franchezza, scrive che la comunità scientifica internazionale, alla prova dei fatti, non si è commossa più di tanto di fronte alla prospettiva di una utilizzazione della microgravità offerta dai sistemi spaziali. Considerando bene la cosa non c' è molto da stupirsi. La filosofia che sta dietro Spacelab o la stazione Columbus è ben diversa da quella che ha portato, per esempio, ai grandi acceleratori di particelle del Cern di Ginevra. Questi sono stati costruiti sotto la spinta di potenti comunità scientifiche per risolvere problemi fondamentali come la scoperta di nuove particelle subatomiche e delle origini dell' universo (problemi direttamente collegati). Nel caso delle strutture spaziali è successo invece esattamente l' inverso. Si sono costruite le strutture per molte ragioni, anche di prestigio nazionale, non ultima una motivazione di ordine militare (Stati Uniti e Unione Sovietica), in un secondo tempo si è chiesto a scienziati piuttosto tiepidi di trovare le applicazioni scientifiche della microgravità ottenuta durante i voli. Riporto testualmente dal documento dell' Esa: «La motivazione di gruppi scientifici di alto livello a considerare le attività microgravitazionali e a dedicare parte del loro lavoro all' uso delle tecniche relative riceverebbe un forte impulso se si potessero aspettare sufficienti ritorni scientifici. Nel contesto presente le ricadute scientifiche della ricerca in microgravità sono ben lontane dall' essere ottimali». Affermazione, come si vede, tutt' altro che ottimista, legata a ragioni contingenti come la scarsa frequenza dei voli, le difficoltà dei finanziamenti che vengono dati soltanto per i voli e non per le indispensabili ricerche preparatorie a terra, il problema della strumentazione che dovrebbe essere studiata specificamente per lo spazio, e altre ancora. Ma se i risultati fino a oggi non sono stati «ottimali» bisogna dire che in molti settori non della «Grande Scienza», ma della scienza applicata, si sono ottenuti risultati concreti e questi hanno permesso di individuare alcuni campi di ricerca dove la collaborazione tra scienza e industria potrà dare frutti di grande utilità in tempi ragionevoli soprattutto quando si avrà a disposizione una stazione spaziale. Si possono citare alcuni esempi di campi di applicazione della microgravità come i processi senza contenitore per ottenere materiali purissimi, gli studi sulla combustione e sulla fluidodinamica, la preparazione di semiconduttori, di superconduttori, di cristalli per l' optoelettronica e per la biologia di qualità molto superiore ai materiali preparati sulla terra. Scrive ancora il rapporto: «Il coinvolgimento delle società europee nelle attività di ricerca in microgravità è troppo limitato, deve essere aumentato drasticamente se l' Europa vorrà ricavare qualche beneficio dall' utilizzazione commerciale dello spazio». Negli Stati Uniti esistono due programmi di microgravità: uno per la ricerca pura, l' altro per le applicazioni commerciali. Quest' ultimo è articolato in 16 centri che sono consorzi di Università, compagnie industriali, agenzie governative e centri di ricerca. Sono coinvolte in questo programma 175 industrie e 50 diverse Università . Lo sforzo economico è grosso. Il programma giapponese tende a una utilizzazione commerciale dello spazio soprattutto per la preparazione dei materiali. Questo settore preferenziale è stato individuato in modo razionale e preciso dopo molte riunioni cui hanno partecipato i rappresentanti di 200 industrie. In funzione di questo è stata costituita la Space Technology Corporation, che dovrà porre le basi tecnologiche per la produzione commerciale nello spazio. Pare che il Giappone applichi in questo settore i metodi organizzativi che in passato hanno avuto tanto successo, per esempio, nelle memorie a stato solido. La cosa più interessante del metodo giapponese è una veloce disseminazione dei risultati dalle società interessate, che sviluppano una rapida intervendita piuttosto di agire in concorrenza diretta. E l' ex Unione Sovietica? Il programma, un tempo ambizioso e articolato, è fermo. Mancano i fondi: la navetta Buran sta ferma nel suo hangar inutilizzata e Jean Loup Chretien, l' astronauta francese che ha partecipato per due volte a missioni con i sovietici, ha dichiarato a «Le Monde» che la navetta russa volerà di nuovo soltanto se gli occidentali ne faranno richiesta e pagheranno. Federico Bedarida Università di Genova


«Ma i voli sono troppo distanziati» Secondo gli scienziati ciò ostacola le ricerche
Autore: BRUZZONE MARIA GRAZIA

ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA, RICERCA SCIENTIFICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 094

NELLO spazio certi tipi di cristalli in assenza di gravità non solo crescono più in fretta, ma lo fanno con movimenti infinitesimi così regolari da influenzarne il grado di purezza. La riproduzione cellulare non sembra influenzata dalle condizioni di microgravità e dalle radiazioni, almeno a livello macroscopico: ma le mutazioni del Dna sono ancora da verificare. E' certo invece che la decalcificazione ossea nello spazio è più profonda e rapida del previsto: perché non solo viene rallentata l' attività costruttiva degli osteoblasti, come si sapeva, ma viene anche accelerata quella distruttiva degli osteoclasti. Gli scienziati che hanno partecipato alla prima missione dell' Iml, l' International Microgravity Laboratory, ospitata a bordo dello shuttle atterrato il 28 gennaio scorso si sono trovati insieme a discuterne per la prima volta mercoledì scorso al centro di Frascati dell' Esa. L' Agenzia spaziale europea ha sviluppato due delle maggiori «scatole» da esperimenti: il Biorack, sorta di armadio da 2 metri e mezzo per 50 centimetri che accoglieva incubatrici, centrifughe, freezer e contenitori sterili per le 17 prove (14 europee); e la «Critical Point facility» dove sono stati compiuti i 4 esperimenti di dinamica dei fluidi analizzando il «punto critico» in cui cambiano stato, per esempio da solido a liquido o gassoso, un punto che muta parecchio in condizioni gravitazionali diverse. Americani erano invece 4 dei 7 esperimenti di crescita di cristalli, che nel passato avevano fatto la parte del leone nello spazio per il loro alto interesse industriale. Cristalli puri, dunque più efficienti, interessano l' industria farmaceutica, elettronica, nucleare. «E analizzare meticolosamente il modo in cui nello spazio i cristalli riescono più puri spiega Lodewijk van den Berg della californiana Eg& g, responsabile di un esperimento su cristalli di mercurio e iodio ci aiuterà a produrne di simili sulla Terra». Era il terzo volo dello Spacelab, oggi ribatezzato Iml, dopo la prima missione del 1983, con 51 esperimenti, 35 dei quali dedicati alla scienza dei materiali, e dopo il volo del 1985, finanziato dalla Germania, che già aveva a bordo il «Biorack» e impianti per lo studio dei fluidi. Gli esperimenti di allora avevano portato vari contributi. In biologia si era trovato che i protozoi nello spazio si dividono più in fretta, che i batteri sono resistenti mentre i virus sono più rapidi nel replicare il loro Dna, che le maggiori differenze nella struttura cellulare sono diverse in assenza dei processi convettivi legati alla gravità, che anche i linfociti rispondono in modo differente. Questi risultati sono stati a loro volta verificati nell' ultima missione, purtroppo così lontana nel tempo dalla prima. Specialmente per i biologi, per i quali un' osservazione non basta e occorrono ripetute verifiche. Spiega Carlo Bruschi, dell' Università di Trieste e di Berckley, responsabile dell' esperimento di mutazione genetica: «Per noi questi tempi così lunghi sono un dramma: se potessimo viaggiare ogni due tre settimane potremmo vedere risultati più significativi. In questo modo aspettiamo delle eternità ». Nei prossimi anni forse andrà meglio, i voli dello shuttle sono diventati più regolari e accanto allo Spacelab Iml volerà presto anche lo Spacehab, più piccolo ma stivabile nella navetta con più frequenza. Maria Grazia Bruzzone


SCAFFALE Accati Elena: «Come coltivare le rose», Sonzogno; Autori vari: «Il libro completo delle piante in casa», De Agostini
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: BOTANICA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 094

LA rosa, il fiore che porta con sè il maggior numero di richiami culturali, rallegrava il paesaggio terrestre già 40 milioni di anni fa: nel Colorado e nell' Oregon sono stati trovati fossili di rose che risalgono a quel tempo remoto, quando l' America aveva appena incominciato a staccarsi dall' Africa e dal continente euroasiatico E' la prima di una lunga serie di notizie che Elena Accati ha raccolto in un manuale dedicato alla più classica delle piante decorative. Poche pagine più avanti una sorta di albero genealogico ci riassume l' evoluzione della rosa, accelerata dall' intervento dell' uomo. Seguono informazioni sulla coltivazione e sulle numerosissime specie. Il tutto spiegato in modo agile e chiaro. Nella stessa collana, di Riccardo Mazza, «Come riconoscere i funghi » . Da segnalare, presso De Agostini, «Piante in casa», guida alla cura di 600 specie da appartamento.


SCAFFALE Luminet Jean Pierre: «I buchi neri», Marco Nardi Editore
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: ASTRONOMIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 094

Sui buchi neri, gli oggetti più densi che le teorie fisiche abbiano concepito, esistono ormai intere biblioteche. Nati da una intuizione di Einstein, analizzati prima nei loro aspetti teorici, poi individuati con buone probabilità negli spazi cosmici, questi corpi celesti esercitano un forte fascino anche sul grosso pubblico. Uno dei più felici saggi divulgativi su di essi compare ora anche in italiano, dopo aver avuto successo in Francia (1987) e nella traduzione inglese. Luminet è il più illustre studioso francese di astrofisica relativistica. Un libro accessibile e aggiornatissimo.


SCAFFALE Visconti Guido: «La febbre del pianeta», Sperling & Kupfer
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: ECOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 094

Dopo il vertice mondiale sull' ambiente a Rio c' è il rischio che un tema come l' effetto serra trovi un pubblico saturato. In realtà , nonostante lo spreco di parole sui mass media, non sono molti a conoscere a fondo i termini scientifici della questione. Chi vuole avere un quadro davvero completo può leggere «La febbre del pianeta» , di Guido Visconti, un ricercatore dell' Università dell ' Aquila specializzato negli studi sull' atmosfera. Nella stessa collana, «L' avventura scientifica» di Alfonso Maria Liquori, una raccolta di articoli su svariati temi chimici, fisici e biologici, e «La dietetica del cervello», saggio in cui Jean Marie Bourre analizza il ruolo degli alimenti nello sviluppo del cervello.


SCAFFALE Cerioli Luciano e Antonietti Alessandro: «Programma di sviluppo della creatività infantile», Giunti Lisciani
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: DIDATTICA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 094

Creativi in parte si nasce, ma più ancora lo si diventa. Questo libro presenta un originale metodo di sviluppo della creatività applicabile a scuola o in famiglia, con bambini tra i 5 e i 10 anni Capacità logiche, imitative, fantastiche, simboliche, vengono stimolate con una tecnica che è anche gioco.


SCAFFALE Barrow John: «Perché il mondo è matematico? », Laterza
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: MATEMATICA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 094

Perché il mondo sia comprensibile e si lasci chiudere in equazioni è una domanda che si posero già Galileo ed Einstein. Alla luce delle ultime teorie fisiche e matematiche prova ora a rispondere Barrow, professore di astronomia all' Università del Sussex. Il saggio, stimolante e accessibile, è frutto di alcune lezioni tenute in Italia su invito della Fondazione Sigma Tau.


SCAFFALE Hofstadter e Dennett: «L' io della mente», Adelphi
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: PSICOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 094

«L' io della mente» riunisce una serie di saggi sul rapporto mente cervello (o anima materia) ormai classici. Uno dopo l' altro sfilano nomi famosi: Borges, Turing, Hofstadter, Dennett, Rucker. Tanti punti di vista, tante intelligenti provocazioni scientifiche, filosofiche, anche letterarie. Molto opportunamente Adelphi ce le ripropone.


RICERCHE IN AUSTRALIA Due specie, un nido solo Pappagalli, ma un po' come i cuculi
Autore: LATTES COIFMANN ISABELLA

ARGOMENTI: ETOLOGIA, ANIMALI
NOMI: ROWLEY JAN
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 095

UNA ricerca a lungo termine particolarmente interessante è stata condotta da Jan Rowley e dalla sua equipe sui cacatoa dell' Australia occidentale. In un primo momento Rowley, uno dei più autorevoli esperti di pappagalli, polarizza la sua attenzione sui cacatoa dal petto rosa o «galah», una specie emigrata nelle aree coltivate dagli aridi territori dell' interno e diventata in breve tempo un vero flagello per le colture. Solo successivamente la sua attenzione si estende a un' altra specie indigena meno abbondante, chiamata Major Mitchell, dal nome di uno dei primi esploratori che giunsero in Australia. Anzitutto, per poter distinguere e riconoscere i vari individui, i ricercatori pensano bene di marcare gli uccelli con speciali contrassegni. Di solito vengono applicati anellini di riconoscimento alle zampe. Ma i cacatoa hanno zampe cortissime e per giunta semicoperte dall' abbondante piumaggio. Per questo motivo gli studiosi preferiscono applicare particolari cerchietti di alluminio colorato alle ali e tengono in osservazione per vari anni una quindicina di nidi con i rispettivi occupanti, tutti muniti di contrassegno. In questo modo hanno la possibilità di osservare come si siano stranamente intrecciati in quella regione australiana i destini delle due specie di cacatoa, normalmente separati e distinti. Per capire come ciò sia potuto accadere, bisogna conoscere l' antefatto. Fino al 1900 la vasta area ora nota come la fascia granaria dell' Australia occidentale era un' arida brughiera disseminata qua e là di alti eucalipti, patria naturale dei cacatoa Major Mitchell, grandi pappagalli dal becco robusto capace di frantumare frutti e semi durissimi. All' inizio di questo secolo incomincia a espandersi la coltivazione del grano e la scena cambia. Tutta la regione si trasforma in una zona intensamente coltivata. E l' abbondanza di prodotti vegetali fa da richiamo ai galah, i cacatoa che vivono nelle boscaglie cespugliose dell' entroterra semiarido. Per loro quella sconfinata distesa di grano diventa il paese di bengodi. Devono però fare i conti con i cacatoa Major Mitchell, sensibilmente decimati dal saccheggio dei nidi per la richiesta crescente di pappagalli domestici, ma pur sempre presenti nell' area. Le due specie hanno abitudini diverse. I galah tendono a rimanere nei pressi del nido tutto l' anno. I Major Mitchell invece vi si avvicinano solo quando la deposizione delle uova è imminente. Per il resto dell' anno sono uccel di bosco. Cosa succede allora? Una coppia di galah trova una bella cavità che può fare egregiamente da nido. I due uccelli se ne impossessano e la tappezzano accuratamente di foglie fresche appena colte, com' è loro abitudine. Ma quando la femmina sta per deporvi le uova, ecco che arriva di gran carriera una coppia di Major Mitchell che, abitudinaria com' è, nidifica da varie generazioni proprio in quella cavità. Lo scoppio di una guerra è inevitabile. Avendo a che fare con un avversario più grosso di lui, il galah è destinato ad essere sconfitto. Ma la disputa va avanti per molti giorni e intanto la femmina galah non perde tempo: depone nel nido conteso quattro o cinque uova nell' arco di dieci giorni. Anche la femmina del Major Mitchell depone un uovo ogni due giorni, ma negli intervalli tra una deposizione e l' altra se ne vola via. Nel nido dunque si trovano uova delle due specie, straordinariamente simili per forma, aspetto e grandezza. A un certo punto i galah abbandonano il campo, mentre i Major Mitchell incominciano a covare a turno le uova, senza rendersi conto che non tutte sono le loro. Dopo tre settimane, le prime uova schiudono e sono proprio quelle dei galah, ma i genitori nutrono i precoci pulcini come se fossero i propri figli. Dal canto loro i galah allevati dai Major Mitchell non hanno nessuna fretta di lasciare il nido dove sono così ben nutriti e vi rimangono sette settimane, una settimana in meno dei figli legittimi. Mentre un pulcino adottivo di galah si trova ancora nel nido, può capitare che un galah adulto, volando in quei paraggi, lo veda. In questo caso si sente irresistibilmente attratto da quel piccolo che a becco spalancato attende di essere imboccato e gli si avvicina, ma il pulcino non lo riconosce e lo respinge. E se l' adulto gli rivolge il richiamo tipico della specie, rimane impassibile. Segno evidente che non è innata in lui la capacità di riconoscere i compagni di specie. E' una capacità che gli si sviluppa soltanto negli ultimi dieci giorni di permanenza nel nido. E quando i pulcini incominciano a volare usano, sì, le vocalizzazioni innate tipiche dei galah, ma usano anche quelle proprie dei genitori adottivi. Hanno imparato il loro linguaggio. E più tardi imparano a mangiare una quantità di cibi che i galah ignorano. Eppure la loro maniera di volare è proprio quella tipica della loro specie. Volano sicuri, leggeri e veloci, a differenza dei Major Mitchell molto più lenti e pesanti. In altre parole il pulcino galah cresciuto e allevato in un nido dell' altra specie crede di appartenere a quest' ultima e si comporta come se fosse realmente un Major Mitchell, pur conservando le sue caratteristiche innate. La confusione che si genera è tale che, come hanno constatato i ricercatori, quando in due dei quindici nidi di Major Mitchell in osservazione, capita che muoia la femmina, ambedue i vedovi scelgono come nuova compagna proprio una femmina galah. Così viene scavalcata la barriera che si oppone di regola all' incrocio tra specie diverse. Se nulla di tutto questo succede normalmente in natura e ciascuna delle due specie conserva la propria identità, lo si deve al fatto che le due vivono in habitat completamente differenti e hanno raramente occasione di incontrarsi Il singolare fenomeno riscontrato dagli studiosi si deve in definitiva alla radicale trasformazione che l' uomo ha apportato all' ambiente. Isabella Lattes Coifmann


CARDIOLOGIA D' AVANGUARDIA Il telefono ti salverà dall' infarto Defibrillazione tramite «cellulare» sperimentata a Belfast L' impulso elettrico che ferma la fibrillazione può partire via radio da una unità coronarica
Autore: CASACCIA MICHELE

ARGOMENTI: COMUNICAZIONI, TECNOLOGIA, MEDICINA E FISIOLOGIA, SANITA'
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 095

NELLA popolazione adulta degli Stati Uniti ogni anno una persona su mille è vittima di un arresto cardiaco. La causa più frequente è la malattia coronarica, soprattutto l' infarto miocardico. L' evento scatenante è la fibrillazione ventricolare, un grave disturbo del ritmo cardiaco che non consente la circolazione del sangue. Perché la vittima possa sopravvivere è necessario iniziare, in tempi brevissimi, il massaggio cardiaco esterno e la respirazione bocca a bocca. La fibrillazione ventricolare viene interrotta dall' applicazione di uno shock elettrico sul torace del paziente (la defibrillazione). La sopravvivenza all' arresto cardiaco è possibile solo se queste misure sono attuate entro pochi secondi (10 12): è un obiettivo che può essere raggiunto realizzando un «continuum» dei servizi di emergenza medica, quella che potremmo chiamare la «catena della sopravvivenza». Gli elementi critici della catena sono: 1) l' accesso facilitato al servizio dell' emergenza da parte del testimone occasionale dell' evento (il 65 per cento degli arresti cardiaci avviene in presenza di testimoni); 2) il riconoscimento dell' arresto cardiaco e l' immediato inizio della rianimazione cardiopolmonare; 3) la rapida attuazione della defibrillazione precoce; 4) il tempestivo inizio delle terapie specifiche. Purtroppo non esiste nel nostro Paese un sistema generalizzato per il trattamento dell' emergenza medica a risposta rapida, in quanto la cultura dell' emergenza è affiorata solo recentemente. Invece, già nella seconda metà degli Anni 70 l' Accademia delle Scienze e le più prestigiose Società mediche e cardiologiche americane (American Heart Association, American College of Cardiology, American Medical Association) si prefissero di addestrare 80 milioni di persone al massaggio cardiaco e alla respirazione bocca a bocca: il punto di addestramento più avanzato lo troviamo nella città di Seattle, dove i quattro quinti della popolazione sono in grado di compiere questo intervento. In un recente convegno promosso dalla Divisione di cardiologia dell' Ospedale Molinette di Torino, Leo Bossaert, segretario dell' European Resuscitation Council, ha riferito che l' addestramento alla rianimazione cardiopolmonare in Europa è per alcuni Stati (Gran Bretagna, Scandinavia, Belgio, Olanda, Germania) dell' ordine del 5 10 per cento della popolazione adulta. Nei Paesi medi terranei, Italia compresa, e nell' Europa dell' Est mancano dati attendibili. La defibrillazione, anello vitale nella catena della sopravvivenza, può essere effettuata con una serie di strumenti, tra i quali il defibrillatore semiautomatico e automatico esterno, che riconosce l' evento aritmico ed eroga la scarica. Purtroppo, in Italia, la diffusione di questi apparecchi è ostacolata dalle norme legislative, che impediscono un atto medico compiuto da un non sanitario. Un' alternativa al defibrillatore automatico esterno è rappresentata dal defibrillatore a distanza, o «telefonico», presentato al convegno torinese da Gavin Galzell, di Londonderry. Il sistema defibrillatore telefonico, prodotto dalla Med Come Corporation di Atlanta, comprende un apparecchio in dotazione al paziente e un punto di ascolto connessi con un telefono cellulare. Le componenti dell' unità paziente sono un microprocessore per codificare e decodificare i segnali, un defibrillatore, il circuito telefonico, una batteria, un microfono e due ampi elettrodi adesivi per la rilevazione dell' elettrocardiogramma e l' erogazione dello shock. L' accensione dell' unità paziente avvia una sequenza automatica di chiamata che connette l' unità paziente alla centrale d' ascolto. Se la linea è occupata o non funziona, l' unità paziente cercherà di collegarsi a un' altra delle 5 centrali disponibili. La centrale di ascolto consiste di un quadro di controllo e di un monitor per l' elettrocardiogramma: il medico valuta il tracciato elettrocardiografico e può attivare a distanza il defibrillatore, che erogherà la scarica attraverso gli elettrodi già applicati. E' possibile, contemporaneamente alla trasmissione del segnale elettrocardiografico, il dialogo tra medico della centrale e operatore sul campo, attraverso il telefono cellulare: la trasmissione del segnale e quella della voce avvengono su frequenze diverse. L' eventuale distacco degli elettrodi viene segnalato automaticamente da una «voce elettronica» incorporata all' unità paziente che segnala anche il periodo di carica del defibrillatore. Lo strumento è stato provato in 211 chiamate per arresto cardiaco giunte alle unità coronariche mobili nell' area urbana di Belfast, in un raggio di circa 20 chilometri. Il tempo dall' accensione dell ' unità paziente allo stabilirsi di una valida trasmissione della voce e dell' elettrocardiogramma è di 15"e la defibrillazione a distanza, via telefono cellulare, si è dimostrata fattibile, efficace e sicura. Richiede un addestramento minimo per l' uso dell ' unità paziente, che consiste nell' apprendere solo il posizionamento degli elettrodi sul torace e l' accensione dello strumento. L' analisi del ritmo cardiaco e la defibrillazione sono demandate a un medico in postazione lontana o in unità coronarica. Si intravede la dotazione di queste unità ai primi soccorritori: polizia municipale, vigili del fuoco, equipaggi di ambulanze. Il sistema offre grandi vantaggi in aree rurali, dove i tempi di intervento delle unità mobili di rianimazione possono essere considerevoli. Ma possono essere giustificati impieghi anche in aree ad alta densità di popolazione: uffici, fabbriche, supermercati e perfino nelle strade. L' uso del defibrillatore telefonico a domicilio per i pazienti ad alto rischio di arresto cardiaco è un valida alternativa a una apparecchiatura delicata e costosa, come il defibrillatore automatico impiantabile per via chirurgica. Il suo uso è particolarmente indicato per i pazienti ad alto rischio dimessi dall' ospedale dopo un infarto. Michele Casaccia Primario Divisione Cardiologia Ospedale Molinette, Torino




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