TUTTOSCIENZE 24 novembre 93


SIMBIONTE E SAPROFITA La doppia vita del tartufo Re della cucina, è un rebus per i biologi
Autore: GIOVANNETTI GIUSTO

ARGOMENTI: BIOLOGIA, BOTANICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 081

IL tartufo è il principe dei funghi, sia dal punto di vista gastronomico - prezioso al punto da essere citato da Brillat-Savarin nel 1825 come «il diamante della cucina» - sia per la sua natura intrinsecamente misteriosa. Qualche anno fa, alcuni ricercatori tedeschi scoprirono che la leggenda delle proprietà afrodisiache del tartufo poteva essere sorretta da conferme scientifiche, poiché verificarono una notevole somiglianza tra un componente dell'aroma del tartufo e il ferormone sessuale maschile dell'uomo: il tartufo non finisce di stupirci. Per due secoli gli studiosi si sono cimentati nella difficile ricerca del modo di coltivare i tartufi e per molte volte hanno gridato vittoria troppo presto. Ho cercato anch'io di contribuire a dissipare un po' del mistero che circonda la biologia del tartufo proponendo, dopo vent'anni di lavoro, l'ipotesi che il tartufo non sia un fungo simbionte perfetto come credevamo dal 1885 (e come riteneva la comunità scientifica internazionale), bensì per certi versi un banale saprofita che si nutre in maniera autonoma di sostanze organiche presenti nel suolo, almeno nella sua fase di crescita come corpo fruttifero (quello che i buongustai intendono comunemente come tartufo). Le conoscenze sviluppate sino alla fine degli Anni 80 sulla biologia dei tartufi fanno considerare questi preziosi frutti della terra come funghi ipogei simbionti, legati cioè strettamente nel loro ciclo vitale a un partner vegetale arboreo o arbustivo, con il quale intercorre un rapporto di scambio di sostanze nutritive e metaboliti vantaggioso per entrambi gli organismi, definito appunto come simbiosi. Questo rapporto si concretizza nella formazione delle «micorrize», strutture costituite dalla stretta connessione instaurata tra le radici vegetali e i miceli fungini (in questo caso dei tartufi) che le vanno a ricoprire aumentandone nel contempo enormemente la superficie in grado di esplorare il terreno. In poche parole, il tartufo garantisce alla pianta maggiori capacità di assorbimento dal suolo di elementi minerali e riceve in cambio preziosi composti metabolici (soprattutto carboidrati), che gli sono indispensabili ma non è in grado di produrre da solo. In base a questo modello classico, la produzione di tartufi (spontanea come coltivata) è fortemente legata alla buona attività fotosintetica della pianta e al suo ciclo vitale, ed è quindi imprescindibile dallo stretto legame con la pianta. Secondo la mia ipotesi, invece, il tartufo, a differenza di tutti gli altri funghi conosciuti (circa 300 mila specie) ha un comportamento molto originale, con una fase che definirei «vegetativa», in cui si comporta come un perfetto simbionte, e una fase che definirei «sessuale» in cui si comporta come un perfetto saprofita. Ecco quindi scoperta la «doppia vita» del tartufo. Anche la coltivazione dei tartufi sinora è stata condotta seguendo l'ipotesi di simbiosi stretta, secondo il seguente schema: 1) produzione in vivai specializzati di piante micorrizate; 2) messa a dimora di queste piante micorrizate negli ambienti giudicati idonei; 3) conduzione agronomica delle tartufaie, con l'obiettivo di favorire il migliore sviluppo delle piante. I risultati produttivi negli ultimi anni sono stati buoni per il tartufo nero di Norcia (Tuber melanosporum), un po' meno buoni per il tartufo bianco del Piemonte (Tuber magnatum). In genere si può comunque dire che la tartuficoltura ha fatto grandi passi avanti fornendo in certi casi ottimi risultati, ma mettendo sempre più in evidenza incongruenze con l'ipotesi del carattere simbionte dei tartufi. Per esempio, si sono trovati tartufi dopo arature anche profonde che hanno senza dubbio interrotto i legami radicali esistenti con le cosiddette «piante madri», dimostrando la capacità di sviluppo dei carpofori in modo indipendente dalle micorrize. La raccolta, inoltre, è stata ottenuta anche dopo una zappatura, che interrompe anch'essa i legami del tartufo con le radici delle piante. La produzione di tartufi è iniziata in qualche caso anche al terzo anno dall'impianto delle piante micorrizate, cioè molto prima della loro maturità. In alcuni casi la produzione si è verificata anche in vaso con semenzali di un anno, dalla ridotta capacità fotosintetica e di peso addirittura inferiore a quello dei tartufi trovati. Per chiarire questi punti oscuri è stato condotto un approfondito studio sulla possibile fase saprofitica dei tartufi. Giovani tartufi immaturi in formazione sono stati raccolti da esperti tartufai, poi osservati al microscopio elettronico a scansione, con questi risultati: 1) non esiste un cordone miceliare che unisce le micorrize al carpoforo, come invece avviene in altri funghi simbionti di grandi dimensioni; 2) esiste un fitta rete di ife (filamenti miceliari) e viene continuamente rinnovata e probabilmente è deputata all'accrescimento del carpoforo; 3) i suoli in questione, analizzati, hanno rivelato tutti una buona dotazione di sostanza organica, in particolare quelli che ospitano il tartufo bianco. Bisogna quindi rivedere quanto finora si è affermato sui tartufi e considerare possibile una fase saprofitica nello sviluppo di questi funghi ipogei, che certo richiede ulteriori ricerche e conferme, ma che si presenta agli occhi della idnologia (la scienza che studia i tartufi) come l'inizio di una nuova era per lo studio della biologia dei tartufi e per la tartuficoltura. Giusto Giovannetti


AIRBUS IN VANTAGGIO Tra Usa ed Europa la guerra dei bimotori Una battaglia economica a spese della sicurezza dei passeggeri
Autore: BEFFETTA GIAN CARLO

ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA, TRASPORTI, AEREI
ORGANIZZAZIONI: AIRBUS
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: C. Le zone vietate agli aerei bimotori
NOTE: 081

NELL'AVIAZIONE commerciale è in corso una violenta polemica tra Europa e Stati Uniti da quando è nata Airbus Industrie, formata dai principali costruttori di aerei europei e sostenuta dai rispettivi governi. In parallelo al successo degli aerei europei che han tolto ai tre colossi Usa (Lockheed, MD Douglas e Boeing) il monopolio in questo settore, è cresciuto il tono della polemica: cosa comprensibile pensando ai fatturati. Gli Usa imputano agli aiuti «irregolari» dei governi europei, sotto forma di finanziamenti di vario tipo, i bassi prezzi che permettono a Airbus di conquistare mercati. Airbus sostiene a sua volta che le ditte Usa ricevono ben più sostanziosi aiuti tramite i contratti governativi per ricerche militari e spaziali. Ora si è acceso un nuovo conflitto su «Etops», il complesso di norme che regolano i voli degli aerei bimotori a lungo raggio. Il problema era sorto molti anni fa: se va in avaria un propulsore di un bimotore, questo deve raggiungere al più presto un aeroporto perché non ha più alcun margine di sicurezza e un serio inconveniente all'unico motore funzionante provocherebbe una catastrofe. Ma a quale distanza massima da un aeroporto può trovarsi un bimotore al momento del guasto o, meglio, quanto tempo può restare in volo prima di atterrare? All'inizio si era stabilito che nessun bimotore potesse mai trovarsi a più di un'ora di volo da uno scalo, ponendo così limiti molto pesanti a questi aerei che sono, naturalmente, più economici dei tri o quadrireattori. Con il progresso tecnico, soprattuto dei motori, si è cominciato a lasciar volare a 120 minuti di distanza i bimotori qualificati «Etops 120 minuti», cioè quelli che non avevano avuto inconvenienti in 100 mila ore di volo e, dopo 250 mila ore di volo senza guai, fino a 180 minuti. La zona vietata in questo caso è limitatissima e, in particolare, è libera la rotta più affollata e commercialmente combattuta: quella del Nord Atlantico. Su questa rotta i bimotori Etops 120 minuti devono invece volare parecchio più a Nord e, come avrà notato chi si è recato in Usa con gli A 300, B 767, A 310 e altri bimotori Etops 120, il volo richiede oltre un'ora in più rispetto ai Jumbo e Dc 10. Ma ora c'è una novità. Il nuovo Airbus A 330, il più grande bimotore del mondo, rischia di far saltare tutti gli equilibri attuali, con i suoi 9000 chilometri di autonomia e la qualifica Etops 180 minuti a gennaio 1995. Questo perché la Boeing, che solo a fine 1990 ha intuito il pericolo e lanciato il suo nuovo B 777, bimotore anti-Airbus, potrà metterlo in servizio nel maggio '95 (1 aereo alla United Airlines) ma non potrà volare Etops 180 minuti almeno fino al 1997, se tutto le andrà bene. Per questo ha chiesto la modifica delle regole Etops in modo da poter volare subito, dalla consegna del primo aereo, a 180 minuti da un aeroporto. In pratica la Boeing propone di dedicare 7 aerei a voli di prova con collaudatori e quando ciascuno avrà superato 1000 voli senza problemi ottenere l'Etops 180. L'Airbus propone invece: Etops 120 minuti dopo 25 mila ore di volo e 180 dopo 50 mila. Un gran passo avanti, che però salva il suo vantaggio sulla Boeing. Tutte le regole possono esser cambiate, altrimenti non vi sarebbe progresso: e in proposito è interessante notare che quest'anno per la prima volta attraverseranno l'Atlantico più bimotori che tri o quadrireattori messi assieme e, finora, non si è mai verificato un guasto serio. E' indubbio però che il grande passo che ora si vuol fare è dettato da ragioni prettamente commerciali più che da fondate considerazioni tecniche. Ed io credo che debba esser tenuta ben presente dai costruttori di aerei e dalla Faa e Jaa, i due enti (rispettivamente Usa ed europeo) che dovranno emettere le nuove regole, una legge fondamentale: nessuna motivazione economica, nessuna ragione di risparmio deve influire sulle prescrizioni tecniche che riguardano la sicurezza dei voli. Purtroppo, se questa legge verrà elusa, non potremo dire che si sia trattato del primo caso nella storia dell'aviazione moderna. Citerò solo i due più clamorosi: il Comet fu autorizzato a continuare i voli dopo la prima catastrofe, prima di scoprirne il difetto permettendo così la perdita di altri due aerei; il Dc 10, che già aveva perduto il portello del vano bagagli nella vasca di pressurizzazione, tornò a perderlo in uno dei primi voli commerciali, per fortuna concluso su un aeroporto di emergenza. In quel momento era in corso una violenta battaglia commerciale tra il Lockheed 1011 e il Dc 10: la lettera dove un tecnico dichiarava «Io penso che in un futuro non lontano la perdita in volo di un portello merci provocherà la caduta di un Dc 10» è saltata fuori solo in tribunale, dopo che la catastrofe si era puntualmente verificata. Gian Carlo Boffetta


LE REGOLE ETOPS Prima la vita poi gli affari
ORGANIZZAZIONI: EPTOS
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 081

ETOPS significa Extended range twin engine operations (Operazione a lungo raggio con due motori). L'autorizzazione viene concessa non solo sulla base della affidabilità dimostrata dai motori ma di una lunga serie di requisiti che riguardano l'aereo, le procedure e i piloti. Sugli aerei autorizzati al volo Etops vengono potenziati i sistemi antincendio, il motore ausiliario, l'apparato elettrico (con un quarto generatore di corrente comandato idraulicamente). Prima della partenza il velivolo deve essere sottoposto a una serie di verifiche tecniche specifiche imposte dai costruttori e dalle autorità di controllo. I piloti devono aver superato un corso teorico-pratico nel quale imparano a padroneggiare la situazione di emergenza causata dall'eventuale spegnimento di un motore e a pianificare il volo tenendo conto dell'avaria.


ECLISSE TOTOLE Lunedì la Luna si nasconde Il pianetino Ida smascherato da «Galileo»
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: ASTRONOMIA
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. Come avviene un'eclisse di luna
NOTE: 082

LA Luna si nasconde agli occhi dei comuni mortali, il pianetino Ida si svela al sofisticato occhio elettronico della navicella «Galileo» che lo ha sorvolato il 28 agosto scorso. Due eventi astronomici molto diversi, uno popolare e uno per intenditori, ma che vale la pena di segnalare. Chi è disposto a fare una levataccia non si perda il fenomeno astronomico più spettacolare dell'autunno '93: l'eclisse totale di Luna che avverrà il 29 novembre nella seconda metà della notte, fino all'alba, concludendosi dopo il sorgere del Sole. Sarà osservabile dall'Europa, dall'Africa centrale e occidentale, dalle Americhe e dal Giappone. La Luna entrerà nell'ombra della Terra alle 4 e 41 (i dati sono in Tempo Universale di Greenwich: per l'Italia aggiungere un'ora). La totalità inizierà alle 6,03 e terminerà alle 6,49. Infine uscirà completamente dall'ombra della Terra alle 8,12. Le circostanze non sono quelle ideali, ma soltanto nell'aprile 1996 potremo averne di migliori. Di solito la Luna non scompare mai completamente neppure quando si trova al centro del cono d'ombra proiettato nello spazio dalla Terra. Un po' di luce, infatti, viene sempre diffusa, e a ciò contribuisce specialmente l'atmosfera terrestre. La luminosità residua varia però di volta in volta e in modo abbastanza imprevedibile. Inquinanti e polveri sospese nell'atmosfera possono, a seconda dei casi, rendere più scura l'eclisse se prevale l'assorbimento di luce solare, oppure renderla più chiara se prevale l'effetto di diffusione. L'eclisse totale di Luna dell'autunno scorso fu particolarmente scura a causa delle polveri immesse nella stratosfera dall'eruzione del vulcano filippino Pinatubo. Quest'anno dovrebbe essere più chiara sia perché quelle polveri vanno ormai depositandosi sia perché l'eclisse avviene con la Luna più lontana dalla Terra, il che ha come conseguenza un'ombra meno netta. Si tratta comunque sempre di un'ombra colorata: in piena eclisse la Luna prende un colore rosso scuro definito «colorazione cuprea» perché ricorda il colore del rame. Sul numero di «Orione» tuttora in edicola gli interessati troveranno tutti i dati sui tempi di ingresso dei principali crateri lunari nell'ombra e sulle tre stelle che verranno occultate durante l'eclisse, una delle quali, Omega Tauri, è visibile a occhio nudo. Del pianetino Ida pubblica una splendida foto «Sky and Telescope» di dicembre. L'unica che abbiamo, per ora; ma la sonda della Nasa ne ha immagazzinate 18 nella sua memoria e ce le trasmetterà tra marzo e giugno del '94, quando si troverà in una posizione più favorevole rispetto alla Terra. Dopo Gaspra, Ida è il secondo asteroide che vediamo da vicino con una telecamera (abbiamo però immagini radar di Toutatis e di Castalia). Le sorprese non mancano. Ida ha la forma di un parallelepipedo con il lato più lungo di 53 chilometri: circa il doppio di quanto si immaginava, e il triplo di Gaspra. La sua superficie, coperta di crateri da impatto molto degradati, si rivela molto più antica del previsto (e di quella di Gaspra). A una prima stima si può parlare di due miliardi di anni, mentre i planetologi pensavano che gli asteroidi di quel tipo dovrebbero avere una «vita» massima di mezzo miliardo di anni senza impatti distruttivi con altri asteroidi. La foto di Ida ha richiesto 150 ore di trasmissione perché la sonda «Galileo» ha l'antenna principale guasta e può trasmettere solo 40 bit al secondo. Ancora più lungo è stato il successivo lavoro di restauro. Ma, come si vede, l'opera di cosmesi è riuscita molto bene. Piero Bianucci


MALERBA L'astronauta diventa scrittore
Autore: LO CAMPO ANTONIO

ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA, LIBRI
PERSONE: MALERBA FRANCO
NOMI: MALERBA FRANCO
ORGANIZZAZIONI: TORMENA EDITORE
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 082. «La vetta»

IL nostro è tempo di rapidi cambiamenti: è passato poco più di un anno dalla missione e già lo scenario economico e politico globale è cambiato... Lo spazio resta un territorio inesauribile di ricerca, una palestra formidabile di nuove tecnologie». Così scrive Franco Malerba, il primo astronauta italiano, nella presentazione del suo libro «La vetta» (Tormena Editore, Genova, 250 pagine, 70 mila lire), riponendo la tuta spaziale per vestire i panni dello scrittore. In questo splendido volume con testo in italiano e in inglese e spettacolari foto a colori, Malerba racconta tutto su se stesso: dubbi, certezze, scoperte. Ovviamente al centro del libro c'è il racconto della missione STS-46 dello shuttle «Atlantis», durante la quale fu lanciato il primo «satellite al guinzaglio» della storia dell'astronautica, nato da un'idea del matematico italiano Giuseppe Colombo e realizzato da Alenia. Il lancio, come si ricorderà, riuscì solo parzialmente, in quanto il cavo di collegamento tra il satellite e lo shuttle si inceppo' per un difetto del sistema di srotolamento realizzato dalla ditta americana Martin Marietta. «Già in quelle ore cruciali della missione - dice Malerba - sentivo il desiderio di raccontare e documentare quelle situazioni straordinarie, almeno agli italiani, e di presentare la nostra impresa ai non addetti ai lavori, e in particolare ai giovani, sperando che il fascino dell'esplorazione possa incoraggiarli a scelte impegnative per il futuro». In «La vetta» scopriamo la dimensione umana dell'astronauta. Abbiamo sempre sentito dagli astronauti pronti al lancio nello spazio che in quei momenti si pensa esclusivamente ai programmi di volo. Malerba invece racconta: «Per un attimo penso ai miei genitori e alla mia famiglia, a mio figlio Michele, probabilmente adesso annoiato dall'attesa del lancio e tra poco impaurito dall'urlo dei motori e dalle fiamme che porteranno papà e i suoi amici lassù». Antonio Lo Campo


IN BREVE E' in orbita il sesto Meteosat
ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 082

Venerdì scorso, perfetto lancio del sesto satellite Meteosat dalla base di Kourou: un nuovo strumento dell'Agenzia spaziale europea al servizio delle previsioni del tempo. Il vettore era un «Ariane» con 4 propulsori ausiliari, due dei quali a combustibile solido prodotti dalla Bpd (Gruppo Fiat). Insieme è stato lanciato un satellite messicano per telecomunicazioni.


IN BREVE Giornata dell'Aids cresce l'allarme
ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 082

Il 1 dicembre, come avviene ormai da sei anni, si celebra la Giornata mondiale dell'Aids. Questa volta il messaggio dell'Oms (Organizzazione mondiale della sanità) è: «Bisogna agire subito». Si calcola che 13 milioni di uomini, donne e bambini siano sieropositivi e che ogni giorno si abbiano 5 mila nuovi casi. I sieropositivi potrebbero diventare 40 milioni alla fine del secolo. Vaccini e farmaci non sono ancora in vista. La prevenzione e l'educazione hanno perciò priorità assoluta. Bisogna fornire ai giovani del mondo intero le conoscenze ed i mezzi necessari per proteggersi dall'infezione, e far sì che i malati possano ricevere le cure opportune anche nei Paesi in via di sviluppo. Per questi Paesi occorrerebbero due miliardi e mezzo di dollari all'anno: 20 volte le disponibilità attuali.


IN BREVE Giornalismo e scienza una scuola a Trieste
ARGOMENTI: DIDATTICA
LUOGHI: ITALIA, TRIESTE (TS)
NOTE: 082

Nasce a Trieste una «scuola permanente» per giornalisti scientifici, organizzata dal Laboratorio interdisciplinare della Sissa (Scuola internazionale superiore di studi avanzati). Il primo appuntamento è fissato per il 26 e 27 novembre, con un seminario dedicato alla biologia molecolare. Il corso, organizzato da Arturo Falaschi, direttore del Centro di ingegneria genetica e biotecnologia, prevede una serie di lezioni sulle applicazioni della biologia molecolare alla medicina, sull'interfaccia tra biologia e fisica, sulla genetica delle popolazioni, sui riflessi culturali della biologia molecolare. Partecipano Luca Cavalli Sforza, Gabriele Milanesi, Francisco Baralle, Giorgio Salvini, Claudio Magris, Paolo Fabbri, Franco Prattico. Per informazioni, tel. (040) 224.160 o 378. 74.20, fax 378.75.28. I successivi seminari, a cadenza mensile, riguarderanno la complessità, le neuroscienze, l'evoluzione, l'automatizzazione, fisica e astrofisica, meccanica quantistica, geofisica.


IN BREVE A Freeman Dyson la Medaglia Wick
ARGOMENTI: DIDATTICA, PREMIO
PERSONE: DYSON FREEMAN
NOMI: DYSON FREEMAN
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 082

Freeman Dyson, dell'Institute for Advanced Study di Princeton e noto anche per i suoi brillanti saggi divulgativi, è il primo scienziato insignito della «Medaglia Gian Carlo Wick», premio annuale istituito dalla World Foundation of Science per ricordare il fisico torinese scomparso circa un anno fa, già collaboratore di Fermi e autore di fondamentali contributi alla fisica teorica.


IN BREVE Per il Cnr una sede europea
ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 082

Il Consiglio nazionale delle ricerche ha aperto un ufficio a Bruxelles per «ottenere un migliore ritorno» dei contributi italiani al bilancio comunitario: diamo infatti alla Cee il 15,5 cento dei finanziamenti e ne ricaviamo solo l'11.


IN BREVE Premio Gambrinus a libro sui fiumi
ARGOMENTI: ECOLOGIA, PREMIO
PERSONE: GHETTI PIER FRANCESCO
NOMI: GHETTI PIER FRANCESCO
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 082

Il premio Gambrinus per la sezione ecologia è stato assegnato al saggio di Pier Francesco Ghetti «Manuale per la difesa dei fiumi» pubblicato dalle Edizioni della Fondazione Agnelli.


IN BREVE Il corpo umano a «Futuro remoto»
ARGOMENTI: BIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 082

Dal 25 novembre al 15 dicembre si terrà a Napoli la sesta edizione di «Futuro remoto». La mostra di quest'anno ha per tema «Il corpo». E' articolata in varie sezioni e l'affiancano convegni, «laboratori», conferenze. Sede a Mostra d'Oltremare.


Milano: 10 Nobel per il futuro
ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA, INCONTRO
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 082

Si terrà a Milano il 7-8 dicembre il convegno «Dieci Nobel per il futuro». Tra gli altri, Rubbia, Prigogine, Dulbecco, Rita Levi Montalcini, Baltimore, Richter, Steinberger. Al Centro congressi di via Romagnosi 6.


SCIENZA E SERVIZI SEGRETI E' Nardi o non è Nardi? Piccola storia dell'identità dalla firma al codice Dna
Autore: LABITA VITO

ARGOMENTI: GENETICA
NOMI: NARDI GIANNI, DI ROSA DONATELLA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 082

CLONAZIONE. Gli esperimenti di Jerry Hall alla George Washington University hanno evocato incubi orwelliani e sollevato interrogativi morali. Che cosa ne sarà mai dell'unicità e della irripetibilità della persona umana? La notizia è arrivata in Italia mentre la cronaca era alle prese con il «golpe-Monticone», le dichiarazioni di Gabriella Di Rosa, gli interrogativi sulla morte (vera o falsa?) di Gianni Nardi. Bisognava riesumare e accertare in maniera definitiva l'identità (unica e irripetibile) del cadavere. Perché se Nardi è morto, Nardi non può essere vivo. Non esistono replicanti. Fruttero e Lucentini immaginano che un giorno potremo incontrare Madre Teresa 61, Van Basten 34, Prost 15. Ma oggi di Nardi ce n'è uno solo. Il casuale accostamento cronologico tra le due notizie ci ha spinto a riaprire i libri di storia per presentare un breve (cioè, molto incompleto) resoconto sulle prove dell'unicità della persona umana. I metodi più semplici e più antichi per «identificare» sono stati il nome e la firma. Nell'antichità greco-romana, tuttavia, i notai, in misura precauzionale, accanto al nome registravano i «connotati» ed eventuali «segni particolari» (cicatrici, nei). La firma, ritenuta inimitabile o quanto meno difficilmente falsificabile, è stata per secoli largamente adoperata. Ma la grafologia, come studio della personalità attraverso la scrittura, verrà fondata soltanto intorno al 1870 (anno in cui nasce la Societé de Graphologie e l'abate Michon pubblica «Les mysteres de l'ecriture»). E' proprio nell'ultimo quarto del XIX secolo che si avverte in misura crescente il bisogno di più sicuri metodi di identificazione. La crescita demografica e l'urbanizzazione hanno determinato una forte mobilità degli individui. Le città sono piene di forestieri la cui identificazione rimane molto problematica. Ma è soprattutto la necessità di controllare i criminali che stimola la ricerca. Alphonse Bertillon, impiegato della prefettura di Parigi, elabora negli 1870-80 il metodo antropometrico: accuratissime misurazioni corporee raccolte e conservate in cartellini segnaletici. Il metodo è buono (permette di scartare due individui dissimili), ma lascia ancora spazio agli errori giudiziari (l'eventuale coincidenza delle misure non permette una conclusione sicura). Circa dieci anni dopo, l'Inghilterra introduce il metodo fondato sulle impronte digitali. A suggerirlo è stato, nel 1888, sir Francis Galton, naturalista e cugino di Charles Darwin. Galton si riconosce in debito con Jan Evangelista Purkynè e con sir William Herschel. Nel 1823 Purkynè, fondatore dell'istologia, aveva studiato le linee papillari e affermato che non esistono due individui con impronte digitali identiche. Scienziato puro, aveva sviluppato soltanto le implicazioni filosofiche della scoperta. Herschel, nel 1860, amministratore di Sua Maestà Britannica nelle Indie Orientali, aveva invece tanti problemi pratici da risolvere. Per lui, occidentale, gli indigeni erano «individui multipli», indistinguibili l'uno dall'altro, irriconoscibili, tutti uguali. Osservando le usanze locali, intravede la soluzione. Nel Bengala si usa imprimere su lettere e documenti un polpastrello sporco d'inchiostro. Il funzionario britannico si rende conto di poter trasformare una folla indistinta in individui controllabili grazie a un tratto biologico minimo ma esclusivo. In questi anni sono state sviluppate nuove metodologie identificative tramite i gruppi sanguigni e il Dna. L'applicazione di questi metodi rimane circoscritta all'indagine sui delitti e alla popolazione criminale. Nel «caso Nardi» l'esame del Dna sarebbe stato ovviamente facile e decisivo. Ma a quanto pare non lo si è voluto fare. L'unicità degli individui che compongono la popolazione «normale» è garantita dall'anagrafe e dai documenti di identità (benché sulla carta d'identità vi sia uno spazio, generalmente non utilizzato, per l'impronta del dito indice sinistro). Ne sanno qualcosa il pirandelliano «Fu Mattia Pascal» che lontano dalla terra natale decide di presentarsi col falso nome di Adriano Meis ma non esistendo anagraficamente non può sporgere denuncia e non può sposarsi e il ragioniere Gilberto Gatti (personaggio di Primo Levi) che tramite il «Mimete» duplica prima la moglie e poi se stesso: anche lui deve constatare che, per «legge anagrafica», non si può esistere due volte. Vito Labita


LABORATORIO Scienza in Tv due infortuni
Autore: BADARIDA FEDERICO

ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 082. «Naturalmente bella, medicina a confronto»

SABATO 6 novembre alle 2,30 del pomeriggio ho seguito, casualmente, una trasmissione di divulgazione scientifica su Rete Quattro. La trasmissione si chiama «Naturalmente bella, medicina a confronto». Nonostante il titolo in apparenza frivolo, e anche indirettamente pubblicitario (le prime due parole sono anche il titolo di una rivista), si svolge con la partecipazione di medici illustri. La trasmissione verteva sulla depressione e i suoi dintorni, sull'equilibrio tra la psiche e il corpo, sulla medicina «accademica» e i suoi molti errori, sulla medicina settoriale e specialistica, sulle medicine antiche dell'Oriente, oggi così di moda. Il taglio dei discorsi era, nel complesso, molto piacevole e chiaro. Perché parlo di questa trasmissione, se non sono nè un critico televisivo nè un medico? Ne parlo perché, in una trasmissione fatta abbastanza bene a livello medico con qualche sfumatura culturale in più (venivano addirittura citati Galileo Galilei e il filosofo della scienza Popper), sono partiti due svarioni non indifferenti dal punto di vista della fisica elementare: la legge di azione e reazione è stata attribuita una prima volta ad Archimede da uno dei medici intervenuti e citata poi dalla bella conduttrice come «la legge di Euclide che tutti ricordiamo». La legge citata è in realtà la terza legge della dinamica ed è dovuta a Newton: a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Inoltre Archimede è famoso soprattutto per la spinta verso l'alto a un corpo immerso in un liquido ed Euclide per la sua geometria. Due cose leggermente diverse. Non me ne vogliano la presentatrice e il medico incappato nell'infortunio. Della trasmissione avevo apprezzato altre cose: una buona articolazione degli interventi, la definizione di un disordine «ordinato» nell'uomo che sta bene, la constatazione che le molecole estranee in certe medicine (gli esofarmaci) sono state riconosciute più negative che positive, la sottile differenza tra le parole inglesi «cure» e «care», l'interpretazione laica delle parole «fede, speranza e carità» che diventano l'ormone fiducia e la battuta spiritosa sul vecchio medico di famiglia (mio padre lo era) che cura una famiglia che, pagandogli gli onorari, si cura della sua. Commento quei due svarioni proprio perché sono un fatto emblematico più frequente di quanto non si pensi, non solo nelle chiacchiere di tutti i giorni, dove la cosa non avrebbe alcuna importanza, ma anche in discussione tra gente colta e in certi dibattiti dove le citazioni scientifiche sbagliate sono molto frequenti. E non ci bada nessuno. E' un retaggio del nostro vecchio liceo? Per così poco non tirerò in ballo la riforma Gentile. Federico Bedarida Università di Genova


MIGRATORI Fatti in là] Gli uccelli in viaggio trovavano il cibo in riva al mare Ora devono competere con gli uomini che svernano al sole
Autore: LATTES COIFMANN ISABELLA

ARGOMENTI: ZOOLOGIA, ANIMALI
NOMI: BURGER JOANNA, GOCHFELD MIKE
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 083

IN un mondo che cambia così rapidamente gli uccelli debbono giocoforza adeguarsi se vogliono sopravvivere. Hanno vita dura le specie costiere, che da millenni nidificano sulle spiagge e sulle coste oggi invase da miriadi di stabilimenti balneari e insediamenti d'ogni genere. Senza parlare dei migratori, che per poter compiere i loro fantastici viaggi di migliaia di chilometri hanno bisogno di «stazioni di servizio» scaglionate lungo la rotta, per rifornirsi di «carburante». Il volo implica un enorme dispendio energetico. Gli uccelli, che prima di mettersi in viaggio hanno cercato di rimpinguarsi il più possibile, strada facendo consumano tutte le loro riserve e guai se non trovassero modo di sostituirle. Se i luoghi dove una consuetudine millenaria li ha abituati a fermarsi, cioè le tappe obbligate per il rifornimento viveri, diventano quasi infrequentabili per la presenza massiccia degli uomini, s'impone una soluzione alternativa, che permetta loro di soddisfare le impellenti necessità alimentari. Di questo problema si sono occupati per undici anni due ricercatori americani, la biologa Joanna Burger della Rutgers University di New Brunswich, nel New Jersey, e il medico ambientalista Mike Gochfeld. Osservando il comportamento degli uccelli costieri che nidificano o transitano in alcune spiagge della costa atlantica (nel New Jersey), gli studiosi si sono resi conto che i volatili conoscono benissimo le ore dell'alta e della bassa marea e hanno imparato quali sono i luoghi migliori per trovare abbondanza di prede. Il piovanello tridattilo, Calidris alba, ad esempio, nella migrazione su lunga distanza che lo porta a nidificare nella tundra artica, arriva sulle coste del New Jersey in fitti stormi di centinaia di individui e tutti insieme corrono velocissimi lungo il bagnasciuga, durante la bassa marea, catturando quantità incredibili di piccoli crostacei, molluschi, insetti e vermiciattoli. In questo modo si rimpinzano ben bene e sono pronti ad affrontare la tappa successiva del lungo viaggio migratorio. Altrettanto fanno gli stormi del becco a forbice nero (Rynchops nigra) che, volando sull'acqua decrescente durante il riflusso, catturano con una tecnica singolare piccoli pesci e granchiolini. Volano bassissimi sull'acqua con il caratteristico becco, arancione a punta nera, spalancato. Il ramo inferiore fende la superficie dell'acqua, quello superiore ne rimane al di sopra. Non appena il becco dell'uccello urta contro una preda, il ramo superiore si abbassa di scatto con un rumore secco, ma l'uccello non interrompe il volo, s'innalza di poco e inghiotte il boccone. Così continua finché non si sente sazio e può proseguire il viaggio. Di fronte alla presenza umana che minaccia e disturba la normale attività degli uccelli, le specie residenti, che nidificano sulle coste, hanno escogitato due diverse tecniche difensive. Quelle che formano grandi colonie, come i gabbiani (genere Larus), le sterne (genere Sterna) o i becchi a forbice neri, si fanno forti del numero. Se si avvicina alla loro colonia un intruso, adottano la cosiddetta tecnica del «mobbing». Basta che il primo avvistatore lanci un grido di allarme perché i membri della colonia si uniscano in gruppo e tutti insieme si lancino contro il nemico, con uno di quegli improvvisi attacchi in picchiata che colgono di sorpresa l'avversario e lo mettono in fuga. Se invece nidificano isolati, come le beccacce di mare (Haematopus ostralegus), preferiscono ricorrere al camuffamento, cercano cioè di rendere il nido invisibile ai predatori e agli umani. Ma come fanno gli uccelli a procurarsi il cibo nelle ore di luce, quando le spiagge e le acque costiere sono fittamente abitate? Un sospetto incomincia a farsi strada nella mente di Joanna Burger e di Mike Gochfeld, i quali hanno occasionalmente notato, ancor prima di iniziare le osservazioni sistematiche, che gli uccelli migratori vanno qualche volta in cerca di cibo nelle notti di Luna piena. In successive ricerche, cosa ti scoprono grazie a uno speciale telescopio che intensifica l'immagine e si rivela assai utile nella più assoluta oscurità? Scoprono che gli uccelli migratori spesso vanno a caccia di crostacei e di molluschi nella zona del bagnasciuga anche nelle notti senza luna. Al buio, gli uccelli stanno più vicini tra loro di quel che non facciano durante il giorno e si mantengono in contatto gli uni con gli altri emettendo deboli richiami sonori. Si muovono lentamente lungo la spiaggia, facendo incetta delle prede che le onde portano incessantemente sulla sabbia. Questo succede soprattutto nelle località costiere più colonizzate dall'uomo. E più la gente invade le spiagge, più gli uccelli si vedono costretti a cacce notturne. Il fenomeno non è collegato soltanto alla stagione estiva. Durante l'inverno, gli uccelli costieri migrano verso il Sud. Purtroppo però lo fanno anche milioni di americani, che vanno a svernare nelle regioni calde degli Stati Uniti. Per questo, nelle spiagge sovraffollate della Florida meridionale, gabbiani, sterne e altre specie costiere dedicano un tempo notturno sempre maggiore alla ricerca del cibo di cui hanno bisogno. Il guaio è che anche di notte non mancano i disturbatori umani. Sono sempre più rare le spiagge e le coste veramente tranquille. La situazione diventa di giorno in giorno più drammatica. Non c'è pace per i poveri uccelli, destinati prima o poi a soccombere nella difficile competizione con l'uomo, come già chiaramente dimostra la diminuzione numerica di alcune popolazioni. Isabella Lattes Coifmann


L'ORMONE BST Mucche biotec Autorizzata negli Stati Uniti la tanto discussa somatotropina dei bovini Aumenta la produzione di latte del 20 per cento, ma l'Europa non la vuole
Autore: VALPREDA MARIO

ARGOMENTI: BIOLOGIA, ZOOTECNIA, ANIMALI
NOMI: EPSTEIN SAMUEL
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: T. Somatotropina bovina. Pozioni a confronto
NOTE: 083

LA recente notizia che negli Stati Uniti è stato definitivamente autorizzato l'impiego della somatotropina bovina (Bst) ha riacceso anche in Europa polemiche mai sopite. La somatotropina è un ormone costituito da una catena di 191 aminoacidi che, inoculato nelle vacche da latte, consente incrementi produttivi fino al 20 per cento. Come altri ormoni proteici, Bst viene assunta dalla cellula bersaglio, il lattocita, e poi demolita rapidamente. Questa struttura proteica comporta la sicura neutralizzazione della molecola da parte degli enzimi digestivi, mentre la sua azione specie-specifica dovrebbe comunque mettere al riparo il consumatore da indesiderati effetti biologici legati a residui nel latte. Nessun problema sanitario, quindi? Non sono affatto d'accordo alcuni esperti di Sanità pubblica, capitanati dal battagliero Samuel Epstein, della scuola di Sanità pubblica dell'Illinois. Epstein ha aspramente criticato il fatto che la quasi totalità degli esperimenti sia stata effettuata con i finanziamenti delle quattro multinazionali che producono il farmaco, interessate a un business che si annuncia di portata colossale. «Nessuna molecola che modifichi anche lievemente la composizione di un alimento è senza effetto sul consumatore» afferma Epstein. C'è poi da osservare che i controlli per svelare animali trattati con Bst sono al momento impossibili: infatti la somatotropina prodotta con le biotecnologie è quasi del tutto identica a quella naturale. Mancando i controlli, si teme che gruppi di allevatori impreparati o spregiudicati abusino dell'ormone, alterando così i controlli sulla produzione. Le campionesse del latte potrebbero quindi essere accreditate di primati ottenuti grazie al doping ormonale, con il poco lusinghiero risultato di falsare la selezione genetica. Inoltre la somatotropina provoca risposte diverse a livello individuale: si tenderebbe inevitabilmente a privilegiare gli high-responders, cioè i soggetti più sensibili all'ormone, selezionando vacche sempre più farmaco-dipendenti. Tra le controindicazioni all'uso di Bst c'è poi l'effetto negativo sulla fertilità delle bovine trattate. Al momento della fecondazione, le migliori lattifere vanno facilmente incontro a uno squilibrio tra fabbisogno energetico e quota di alimento assunta: il trattamento con Bst, aumentando la produzione di latte, aggrava il deficit. Per questo le stesse industrie consigliano di trattare solo vacche che abbiano già iniziato la gravidanza. Ma le opposizioni più dure delle organizzazioni agricole fanno riferimento al problema delle quote latte: sembra un vero assurdo, in regime di severe penalizzazioni per le eccedenze di latte, erigere a sistema un artificio che, forzando le produzioni, genera sospetti e sfiducia nei consumatori. Infatti negli Usa i sondaggi dimostrano che il 70% degli intervistati non vuole latte proveniente da vacche trattate con Bst. Si preannunciano dure campagne di protesta, con minacce di boicottaggio per supermercati, caseifici e rivendite che non dichiarino che il latte venduto proviene da aziende che non usano l'ormone. In Europa, per il momento, le organizzazioni dei consumatori si sono limitate a premere sulla Cee perché la Bst non sia autorizzata e i tecnocrati di Bruxelles hanno rinviato ogni decisione al 2000. Questa tattica interlocutoria non ha tuttavia impedito ferme prese di posizione da parte di produttori di formaggi tipici, che temono le inevitabili contrazioni dei consumi conseguenti alla liberalizzazione dell'ormone. Mario Valpreda


MAL DI SCHIENA L'ingegnere farà diagnosi più precise
Autore: MOLINARI IDA

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, TECNOLOGIA
NOMI: DE LUCA CARLO
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 083

AHI, il mal di schiena] Almeno una volta lo abbiamo provato tutti, ma non sempre ne abbiamo compreso la causa: ernia del disco, lombaggine, un trauma, un'attività sportiva sbagliata? Non sempre l'ortopedico offre una valutazione precisa, difficilmente riesce a fare prevenzione. Perché, mentre il cardiologo dispone dell'elettrocardiogramma, lui non ha mezzi per quantificare oggettivamente la situazione dei pazienti. Fino a oggi, almeno, era così. Ma le cose stanno cambiando. Anche l'ortopedico avrà il suo strumento di precisione, che lo aiuterà nella diagnosi. Presso il Neuromuscolar Re search Center della Boston University diretto da Carlo De Luca, ingegnere di origine italiana, si sta infatti mettendo a punto un'apparecchiatura che condurrà gli ortopedici sulla strada giusta nella diagnosi e permetterà loro di quantificare gli effetti della cura: quali benefici portano fisioterapia, ginnastica, sport? Come spiega Roberto Merletti, bioingegnere al Centro di Boston e docente al Politecnico di Torino, la schiena va vista anche dal punto di vista dell'ingegnere, il quale studia gli aspetti elettrici e meccanici dei muscoli che la sorreggono. Lui, l'ingegnere, è la persona giusta per capire l'arduo lavoro che il sistema muscolare deve affrontare nel tenere eretta la colonna vertebrale. Può misurare la fatica e collegarla al mal di schiena. Come sappiamo, i muscoli si muovono in seguito a un segnale che parte dal cervello. Per poter compiere misure oggettive il team bostoniano sostituisce questo segnale applicando al muscolo, tramite un elettrodo, impulsi opportunamente calibrati. Il muscolo si contrae mettendo in atto un processo biochimico che produce acido lattico e che modifica un segnale muscolare rilevato a livello di cute. A mano a mano che l'acido lattico si accumula, il segnale si fa via via più lento, dando una chiara indicazione della stanchezza a carico del muscolo. E per i bostoniani il gioco è fatto. Con un altro elettrodo, sempre applicato al muscolo, prelevano tale segnale che una macchina computerizzata elabora fornendo una serie di informazioni: muscoli sofferenti, contratti, stanchi, oppure scattanti e pronti. Risultato? Il fisiatra potrà ora valutare la situazione muscolare del soggetto prima e dopo la cura. Anzi, potrà addirittura farlo prima che si instauri una sofferenza grave a livello di schiena ed indirizzarlo ad una fisioterapia preventiva. La valutazione oggettiva si mostrerà preziosa per canottieri e tennisti, che sviluppano asimmetrie muscolari anche gravi. Il professor De Luca ci specifica che la macchina verrà commercializzata presto e a costi contenuti: l'interesse è enorme fra traumatologi, medici del lavoro e medici sportivi. Non a caso la ricerca per svilupparla è stata finanziata in gran parte da un'assicurazione privata, la Liberty Mutual. «Il costo assicurativo e sociale del mal di schiena è valutato negli Stati Uniti in circa 70 miliardi di dollari l'anno. Si tratta della più costosa delle malattie non mortali. Ed è urgente poterla prevenire», conclude il professore. Infine la nota interessante per noi: tra i laboratori bostoniani, il Politecnico di Torino e fisiatri di Usl piemontesi esiste una collaborazione che è stata finanziata anche dalla nostra Camera di Commercio, la quale ha visto nella bioingegneria un'occasione per travasare idee dall'università all'industria. Il commento è ancora di De Luca: «In Italia avete ricercatori bravissimi, ma vi manca questo punto di passaggio con l'ospedale e l'industria». Forse a Boston c'è l'occasione buona per imparare a costruirlo, tanto più che già si parla di estendere la collaborazione a tutto il Dipartimento di Bioingegneria diretto da Herbert Voigt. Ida Molinari


BIOETICA I doveri di oggi per il mondo di domani Rita Levi Montalcini propone una Magna Charta in difesa del pianeta
Autore: BOLOGNA GIANFRANCO

ARGOMENTI: BIOETICA
PERSONE: LEVI MONTALCINI RITA
NOMI: LEVI MONTALCINI RITA
ORGANIZZAZIONI: UNEP PROGRAMMA AMBIENTE DELLE NAZIONI UNITE
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 083

IL grande filosofo Hans Jonas, l'allievo di Martin Heidegger scomparso proprio quest'anno all'età di 90 anni, scrisse nel 1979 un libro dal titolo «Il principio responsabilità: un'etica per la civiltà tecnologica» (editore Einaudi). In questo saggio, Jonas si interroga sulla necessità di fondare un'etica che trascenda il contesto interumano per trattare il problema della nostra responsabilità verso la natura, la biosfera, gli altri esseri che con noi dividono il pianeta. Jonas amava dire che oggi, se l'uomo è vittima, deve sapere che lo è solo di se stesso. Per alcuni commentatori il saggio di Jonas rappresenta il tentativo contemporaneo più riuscito di fondare quella che potremo definire una «morale ecologica» in senso alto. Ormai da tempo numerosi studiosi si pongono il problema di fondare un'etica condivisa per cercare di frenare gli effetti del nostro intervento sul pianeta Terra. Effetti, tra l'altro, che possono mettere in discussione i «servizi» di base degli ecosistemi, senza i quali anche noi diventiamo una specie a rischio. In questo quadro si inserisce un'interessante iniziativa del premio Nobel Rita Levi Montalcini, che fin dal 1990 si batte per l'introduzione di una Magna Charta dei Doveri. In un mondo in cui si parla solo di diritti è veramente giunto il momento di individuare e praticare i doveri, per il rispetto della dignità umana e della straordinaria biodiversità del nostro pianeta e per la promozione di stili di vita molto più consoni al risparmio e alla migliore efficienza nell'utilizzo di energia e risorse naturali. Per questo motivo, insieme con altri premi Nobel e in collaborazione con numerosi e illustri scienziati di tutto il mondo e il Programma Ambiente delle Nazioni Unite (Unep), Rita Levi Montalcini ha già promosso una conferenza internazionale nel 1992 e ne ha organizzata un'altra che inizia domani e si chiuderà sabato 27, con la presentazione di una prima stesura di questa Carta dei Doveri che, entro il 1994, dovrà essere approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Entrambe le conferenze hanno luogo a Trieste, organizzate dalla locale Università, che ha voluto essere il punto di avvio di questa iniziativa in una città già caratterizzata come sede di numerose iniziative scientifiche internazionali. La Conferenza internazionale di Trieste si annuncia di grande interesse. Saranno presenti studiosi come Prigogine, Weisskopf, Changeux, Chagas. I lavori si concluderanno con la presentazione della Carta, che argomenterà i dieci punti scaturiti dalla precedente conferenza del 1992, tutti di straordinaria attualità: necessità della procreazione responsabile e della pianificazione familiare, doveri di tutela della biodiversità, di salvaguardia delle risorse naturali, dell'energia e degli ecosistemi, il dovere di non offendere la dignità umana, i doveri dei Paesi ricchi verso i Paesi poveri e via dicendo. Perché le promesse e le proposte non rimangano soltanto sulla Carta, si proporrà l'istituzione di una struttura permanente che faccia il monitoraggio dell'applicazione della Carta stessa: una sorta di Amnesty International che mantenga sempre viva la necessità dei nostri doveri, mai così attuali come al giorno d'oggi. Gianfranco Bologna Vicesegretario generale WWF Italia




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