TUTTOSCIENZE 22 dicembre 93

LABORATORIO Istruzioni per saltare le linee Decima puntata
Autore: MEO ANGELO RAFFAELE, PEIRETTI FEDERICO

ARGOMENTI: INFORMATICA, DIDATTICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 099

IL calcolatore, come abbiamo visto, esegue le istruzioni di un programma, leggendole nell'ordine in cui sono state scritte. Se le abbiamo numerate di dieci in dieci, il calcolatore eseguirà quindi prima l'istruzione della linea 10, poi quella della linea 20 e così via. E' possibile però ordinare al calcolatore di saltare da una linea all'altra di un programma utilizzando l'istruzione GOTO, ossia Vai a". E' necessario naturalmente far seguire all'istruzione GOTO, che si dice istruzione di salto incondizionato, il numero della linea alla quale il calcolatore deve saltare. Ad esempio GOTO 40 significa vai alla linea 40 : 10PRINT PRIMO" 20GOTO 40 30PRINT SECONDO" 40PRINT TERZO" 50END Il calcolatore stampa PRIMO" poi salta la linea 30 e infine stampa TERZO". 10PRINT PRONTO" 20GOTO 10 In questo programma invece l'istruzione GOTO della linea 20 riporta il calcolatore all'istruzione 10. Da questa passerà nuovamente alla 20 dove l'istruzione GOTO 10 riporterà ancora alla 10 e così di seguito all'infinito. Il calcolatore stampa una interminabile colonna di PRONTO, poiché ritorna continuamente all'istruzione PRINT PRONTO". In questo caso l'esecuzione del programma non termina mai: si è infatti creato quello che si chiama un loop, cioè un ciclo, senza uscita. Per interrompere l'esecuzione di un programma, si dovrà battere il tasto CTRL e contemporaneamente BREAK oppure, secondo il tipo di calcolatore sul quale si sta lavorando, un altro comando analogo. Per far ripartire il programma si dovrà usare il comando RUN oppure, per il QBASIC, F5. Se aggiungiamo un punto e virgola al termine dell'istruzione 10, ossia 10PRINT PRONTO"; 20GOTO 10 i PRONTO verranno stampati tutti di seguito. a)La filastrocca infinita. 10CLS 20TORTELLI$ = CRAPA PELATA FACEVA I TORTELLI" 30FRATELLI$ = E NON NE DAVA AI SUOI FRATELLI" 40PRINT TORTELLI$ 50PRINT FRATELLI$ 60GOTO 40 70END Quando si lancia questo programma il calcolatore stampa le due frasi così velocemente che è difficile riuscire a distinguerle e in pratica diventa impossibile leggerle. E' possibile sospendere l'esecuzione di un programma battendo un comando del tipo CTRL e contemporaneamente PAUSE. b)Somma di tre numeri. Nel diagramma di flusso corrispondente a questo programma, il ciclo porta alla seguente rappresentazione: 10CLS 20PRINT SCRIVI TRE NUMERI"; 30INPUT A, B, C 40PRINT LA LORO SOMMA E' "; A più B più C 50GOTO 20 60END L'istruzione della linea 50, GO TO 20, rimanda all'esecuzione della linea 20, sullo schermo ricompare la frase SCRIVI TRE NU MERI e possiamo così proseguire immediatamente con altri valori. I tre numeri vengono richiesti con un'unica istruzione INPUT, separati fra loro da una virgola. c)Stampiamo una indeterminata sequenza di numeri dispari. 10CLS 20I = 1 30PRINT I 40I = I più 2 50GOTO 30 60END Per questo programma usiamo una scatola nera I nella quale viene inserito all'inizio il numero 1 e successivamente viene aggiunto 2 al valore precedente. In tal modo otteniamo la successione dei numeri dispari: 1, 1 più 2 = 3, 3 più 2 = 5, 5 più 2 = 7, ecc. Per mezzo dell'istruzione GOTO si costruisce un piccolo ciclo di lavoro del calcolatore, mentre il nostro lavoro è ridotto a quattro istruzioni. Come abbiamo già detto, in QBASIC, si possono anche tralasciare i numeri di linea. Ma in questo caso, com'è possibile ordinare al calcolatore di saltare ad una determinata linea di un programma, usando l'istruzione GO TO? E' sufficiente inserire un'«etichetta» nel punto in cui vogliamo far ritornare il calcolatore. Si scrive l'etichetta seguita da :" e poi, quando serve, dare l'istruzione GOTO e il nome dell'etichetta. Ad esempio, nel programma seguente abbiamo inserito l'etichetta ANDERSEN. CLS ANDERSEN: PRINT LA FAVOLA DELL'OCA" PRINT E' BELLA MA E' POCA" PRINT VUOI CHE TE LA CONTI?" INPUT R$ PRINT PRINT PRINT NON DEVI DIRE ";R$ PRINT PERCHE' " GOTO ANDERSEN END


LABORATORIO Istruzioni per saltare le linee Decima puntata
Autore: MEO ANGELO RAFFAELE, PEIRETTI FEDERICO

ARGOMENTI: INFORMATICA, DIDATTICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 099

IL calcolatore, come abbiamo visto, esegue le istruzioni di un programma, leggendole nell'ordine in cui sono state scritte. Se le abbiamo numerate di dieci in dieci, il calcolatore eseguirà quindi prima l'istruzione della linea 10, poi quella della linea 20 e così via. E' possibile però ordinare al calcolatore di saltare da una linea all'altra di un programma utilizzando l'istruzione GOTO, ossia Vai a". E' necessario naturalmente far seguire all'istruzione GOTO, che si dice istruzione di salto incondizionato, il numero della linea alla quale il calcolatore deve saltare. Ad esempio GOTO 40 significa vai alla linea 40 : 10PRINT PRIMO" 20GOTO 40 30PRINT SECONDO" 40PRINT TERZO" 50END Il calcolatore stampa PRIMO" poi salta la linea 30 e infine stampa TERZO". 10PRINT PRONTO" 20GOTO 10 In questo programma invece l'istruzione GOTO della linea 20 riporta il calcolatore all'istruzione 10. Da questa passerà nuovamente alla 20 dove l'istruzione GOTO 10 riporterà ancora alla 10 e così di seguito all'infinito. Il calcolatore stampa una interminabile colonna di PRONTO, poiché ritorna continuamente all'istruzione PRINT PRONTO". In questo caso l'esecuzione del programma non termina mai: si è infatti creato quello che si chiama un loop, cioè un ciclo, senza uscita. Per interrompere l'esecuzione di un programma, si dovrà battere il tasto CTRL e contemporaneamente BREAK oppure, secondo il tipo di calcolatore sul quale si sta lavorando, un altro comando analogo. Per far ripartire il programma si dovrà usare il comando RUN oppure, per il QBASIC, F5. Se aggiungiamo un punto e virgola al termine dell'istruzione 10, ossia 10PRINT PRONTO"; 20GOTO 10 i PRONTO verranno stampati tutti di seguito. a)La filastrocca infinita. 10CLS 20TORTELLI$ = CRAPA PELATA FACEVA I TORTELLI" 30FRATELLI$ = E NON NE DAVA AI SUOI FRATELLI" 40PRINT TORTELLI$ 50PRINT FRATELLI$ 60GOTO 40 70END Quando si lancia questo programma il calcolatore stampa le due frasi così velocemente che è difficile riuscire a distinguerle e in pratica diventa impossibile leggerle. E' possibile sospendere l'esecuzione di un programma battendo un comando del tipo CTRL e contemporaneamente PAUSE. b)Somma di tre numeri. Nel diagramma di flusso corrispondente a questo programma, il ciclo porta alla seguente rappresentazione: 10CLS 20PRINT SCRIVI TRE NUMERI"; 30INPUT A, B, C 40PRINT LA LORO SOMMA E' "; A più B più C 50GOTO 20 60END L'istruzione della linea 50, GO TO 20, rimanda all'esecuzione della linea 20, sullo schermo ricompare la frase SCRIVI TRE NU MERI e possiamo così proseguire immediatamente con altri valori. I tre numeri vengono richiesti con un'unica istruzione INPUT, separati fra loro da una virgola. c)Stampiamo una indeterminata sequenza di numeri dispari. 10CLS 20I = 1 30PRINT I 40I = I più 2 50GOTO 30 60END Per questo programma usiamo una scatola nera I nella quale viene inserito all'inizio il numero 1 e successivamente viene aggiunto 2 al valore precedente. In tal modo otteniamo la successione dei numeri dispari: 1, 1 più 2 = 3, 3 più 2 = 5, 5 più 2 = 7, ecc. Per mezzo dell'istruzione GOTO si costruisce un piccolo ciclo di lavoro del calcolatore, mentre il nostro lavoro è ridotto a quattro istruzioni. Come abbiamo già detto, in QBASIC, si possono anche tralasciare i numeri di linea. Ma in questo caso, com'è possibile ordinare al calcolatore di saltare ad una determinata linea di un programma, usando l'istruzione GO TO? E' sufficiente inserire un'«etichetta» nel punto in cui vogliamo far ritornare il calcolatore. Si scrive l'etichetta seguita da :" e poi, quando serve, dare l'istruzione GOTO e il nome dell'etichetta. Ad esempio, nel programma seguente abbiamo inserito l'etichetta ANDERSEN. CLS ANDERSEN: PRINT LA FAVOLA DELL'OCA" PRINT E' BELLA MA E' POCA" PRINT VUOI CHE TE LA CONTI?" INPUT R$ PRINT PRINT PRINT NON DEVI DIRE ";R$ PRINT PERCHE' " GOTO ANDERSEN END


LABORATORIO Istruzioni per saltare le linee Decima puntata
Autore: MEO ANGELO RAFFAELE, PEIRETTI FEDERICO

ARGOMENTI: INFORMATICA, DIDATTICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 099

IL calcolatore, come abbiamo visto, esegue le istruzioni di un programma, leggendole nell'ordine in cui sono state scritte. Se le abbiamo numerate di dieci in dieci, il calcolatore eseguirà quindi prima l'istruzione della linea 10, poi quella della linea 20 e così via. E' possibile però ordinare al calcolatore di saltare da una linea all'altra di un programma utilizzando l'istruzione GOTO, ossia Vai a". E' necessario naturalmente far seguire all'istruzione GOTO, che si dice istruzione di salto incondizionato, il numero della linea alla quale il calcolatore deve saltare. Ad esempio GOTO 40 significa vai alla linea 40 : 10PRINT PRIMO" 20GOTO 40 30PRINT SECONDO" 40PRINT TERZO" 50END Il calcolatore stampa PRIMO" poi salta la linea 30 e infine stampa TERZO". 10PRINT PRONTO" 20GOTO 10 In questo programma invece l'istruzione GOTO della linea 20 riporta il calcolatore all'istruzione 10. Da questa passerà nuovamente alla 20 dove l'istruzione GOTO 10 riporterà ancora alla 10 e così di seguito all'infinito. Il calcolatore stampa una interminabile colonna di PRONTO, poiché ritorna continuamente all'istruzione PRINT PRONTO". In questo caso l'esecuzione del programma non termina mai: si è infatti creato quello che si chiama un loop, cioè un ciclo, senza uscita. Per interrompere l'esecuzione di un programma, si dovrà battere il tasto CTRL e contemporaneamente BREAK oppure, secondo il tipo di calcolatore sul quale si sta lavorando, un altro comando analogo. Per far ripartire il programma si dovrà usare il comando RUN oppure, per il QBASIC, F5. Se aggiungiamo un punto e virgola al termine dell'istruzione 10, ossia 10PRINT PRONTO"; 20GOTO 10 i PRONTO verranno stampati tutti di seguito. a)La filastrocca infinita. 10CLS 20TORTELLI$ = CRAPA PELATA FACEVA I TORTELLI" 30FRATELLI$ = E NON NE DAVA AI SUOI FRATELLI" 40PRINT TORTELLI$ 50PRINT FRATELLI$ 60GOTO 40 70END Quando si lancia questo programma il calcolatore stampa le due frasi così velocemente che è difficile riuscire a distinguerle e in pratica diventa impossibile leggerle. E' possibile sospendere l'esecuzione di un programma battendo un comando del tipo CTRL e contemporaneamente PAUSE. b)Somma di tre numeri. Nel diagramma di flusso corrispondente a questo programma, il ciclo porta alla seguente rappresentazione: 10CLS 20PRINT SCRIVI TRE NUMERI"; 30INPUT A, B, C 40PRINT LA LORO SOMMA E' "; A più B più C 50GOTO 20 60END L'istruzione della linea 50, GO TO 20, rimanda all'esecuzione della linea 20, sullo schermo ricompare la frase SCRIVI TRE NU MERI e possiamo così proseguire immediatamente con altri valori. I tre numeri vengono richiesti con un'unica istruzione INPUT, separati fra loro da una virgola. c)Stampiamo una indeterminata sequenza di numeri dispari. 10CLS 20I = 1 30PRINT I 40I = I più 2 50GOTO 30 60END Per questo programma usiamo una scatola nera I nella quale viene inserito all'inizio il numero 1 e successivamente viene aggiunto 2 al valore precedente. In tal modo otteniamo la successione dei numeri dispari: 1, 1 più 2 = 3, 3 più 2 = 5, 5 più 2 = 7, ecc. Per mezzo dell'istruzione GOTO si costruisce un piccolo ciclo di lavoro del calcolatore, mentre il nostro lavoro è ridotto a quattro istruzioni. Come abbiamo già detto, in QBASIC, si possono anche tralasciare i numeri di linea. Ma in questo caso, com'è possibile ordinare al calcolatore di saltare ad una determinata linea di un programma, usando l'istruzione GO TO? E' sufficiente inserire un'«etichetta» nel punto in cui vogliamo far ritornare il calcolatore. Si scrive l'etichetta seguita da :" e poi, quando serve, dare l'istruzione GOTO e il nome dell'etichetta. Ad esempio, nel programma seguente abbiamo inserito l'etichetta ANDERSEN. CLS ANDERSEN: PRINT LA FAVOLA DELL'OCA" PRINT E' BELLA MA E' POCA" PRINT VUOI CHE TE LA CONTI?" INPUT R$ PRINT PRINT PRINT NON DEVI DIRE ";R$ PRINT PERCHE' " GOTO ANDERSEN END


CHE COSA RESPIRIAMO Caccia ai veleni invisibili Nella nebbia si trova persino la caffeina
Autore: NATALE PAOLO, GROSA MAURO

ARGOMENTI: CHIMICA, ECOLOGIA, INQUINAMENTO, ATMOSFERA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 097

NEANCHE Agatha Christie nel più classico dei suoi gialli avrebbe potuto immaginare che il killer inafferrabile non si nascondesse nella nebbia londinese, ma fosse la nebbia stessa. Spieghiamoci. Nell'inverno del 1953 a Londra ci furono 4000 morti da inquinamento dell'aria. L'ipotesi di un potenziamento degli effetti inquinanti dovuto alla nebbia rimase per molti anni un'ipotesi ragionevole ma non provata sperimentalmente. Gialli ecologici come quello di Londra non sono eccezionali, anche se per fortuna solo raramente hanno conseguenze così tragiche. Pensiamo alla vicenda dei malesseri che nei giorni scorsi hanno colpito qualche centinaio di napoletani: tutti abbiamo visto come sia stato difficile trovare il vero colpevole, dapprima sbrigativamente individuato nel traffico automobilistico. Un campionatore capace di raccogliere grossi volumi di aerosol sotto forma di nebbia o di nuvole basse lungo le pendici montuose (progetto del Cnr e finanziamento dell'Enel) consente ora una rivisitazione del lontano dramma londinese e, anche in un caso come quello di Napoli, offre un originale strumento di indagine in grado di darci informazioni su composti diffusi nell'aria in concentrazioni così basse da non essere rilevabili con tecniche normali. Il campionatore, individuata la nebbia con opportuni sensori, attiva un potente sistema di aspirazione che porta le gocce di aerosol ad una serie di fili di teflon ai quali le gocce aderiscono sino a quando, raggiunte dimensioni sufficienti, per il peso cadono in un sistema di raccolta. Gli aspetti sorprendenti che offre il liquido ottenuto sono le concentrazioni particolarmente alte degli ioni inorganici presenti nella soluzione e talora la varietà singolare e assolutamente imprevedibile delle sostanze organiche individuate. La gocciolina di nebbia si forma intorno a un nucleo di condensazione che ne costituisce in qualche modo l'inevitabile «peccato originale». Poi la goccia discioglie i gas o vapori solubili che raccoglie (biossido di azoto e di zolfo, ammoniaca, aldeidi). Ipotizzando un aerosol contenente 200 milligrammi di acqua per metro cubo di aria e le cui condensazioni abbiano un diametro medio di 20 micron, la superficie di contatto dell'aerosol risulta 150 centimetri quadrati per ogni metro cubo di aria, il che spiega l'efficacia della captazione delle sostanze solubili in fase gassosa. Alla dissoluzione fanno seguito complesse reazioni con produzione finale, tra gli altri composti, di acidi solforico e nitrico. Gli acidi vengono poi in parte neutralizzati da eventuali sostanze basiche disciolte col medesimo meccanismo; l'acidità finale dipende dalle abbondanze relative dei due gruppi. Poiché la nebbia è un fenomeno che avviene vicino al suolo, dove abbondano gli inquinanti, e in assenza di vento, condizioni che accentuano l'accumulo di inquinanti, il risultato è che le concentrazioni degli ioni inorganici più comuni sono nella nebbia da 3 a 30 volte maggiori di quanto avviene per la pioggia, e sono paragonabili a scarichi industriali non depurati (50-100 milligrammi per litro per gli ioni più significativi). Nonostante l'abbondanza di precursori acidi la soluzione mediamente non risulta, in Val Padana, particolarmente acida (pH medio su 23 eventi seguiti a Torino, circa 4) per la presenza di concentrazioni molto alte di ione ammonio, che ha un effetto neutralizzante. L'abbondanza insolita di questa sostanza è stata confermata da altri ricercatori in varie località della Val Padana ed è probabilmente dovuta all'abbondanza di materiali organici in putrefazione. Ipotizzando nel caso londinese del 1953 per la maggior parte degli ioni concentrazioni simili a quelle sperimentali medie individuate nei nostri studi, ma con concentrazioni in aria di biossido di zolfo simili a quelle descritte nell'evento londinese, e ipotizzando che tutto l'inquinante si fosse disciolto e poi convertito in acido, nella nebbia, questa avrebbe assunto un'acidità di 1,9 unità di pH. La nebbia londinese sarebbe cioè divenuta un aerosol nettamente acido per acido solforico concentrato, un forte irritante delle vie respiratorie. La presenza di questo irritante può agevolmente spiegare, con la persistenza di tre giorni del fenomeno, sia i fenomeni di sofferenza respiratoria sia la morte di persone già debilitate. La politica di disinquinamento perseguita negli Anni 70-80 nei confronti dei combustibili ad alto contenuto di zolfo ha scongiurato l'eventualità che eventi come quello londinese potessero verificarsi nel nostro Paese. Il meccanismo di captazione delle gocce di nebbia consente infine di individuare componenti presenti in traccia, ma interessanti sotto il profilo della conoscenza della diffusione o utilizzabili come indicatori di specifiche sorgenti. La sensibilità che si riesce a ottenere è molto alta sia perché vengono trattati volumi di gas molto maggiori (fino a 20 mila metri cubi al giorno) di quanto avvenga con i consueti campionatori, sia per la possibilità di concentrare ulteriormente i prodotti presenti in soluzione. A causa dell'assenza di vento, nella nebbia i composti captati vengono da luoghi vicini; le informazioni desumibili in termini di prodotti di origine industriale sono quindi circoscritte a un territorio di pochi chilometri intorno al punto di prelievo e riflettono emissioni locali e a bassa quota. Per esempio, tra le sostanze individuate in un'area a Nord della periferia industriale torinese troviamo composti della famiglia degli ftalati, la caffeina, lo zolfo elementare, il dixantogeno, il dinitro clorobenzene. Gli ftalati sono un gruppo di composti assai diffusi utilizzati come plastificanti; la seconda sostanza è riconducibile alla fase di tostatura effettuata dall'industria produttrice di un celebre caffè, il terzo e quarto prodotto sono usati nella vulcanizzazione della gomma, attività centrale di un insediamento produttivo nell'area in esame; l' ultimo composto, di cui stiamo cercando il «genitore», è usato in varie sintesi chimiche. Paolo Natale Mauro Grosa


TRA GIOCO E LAVORO Natale con un computer Un regalo per grandi e piccoli che può essere divertente, istruttivo e utile ma nello stesso tempo costare poco: purché non si rincorra l'ultima moda
Autore: MEO ANGELO RAFFAELE

ARGOMENTI: INFORMATICA, ELETTRONICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 097

ARRIVA il Natale, e amici e colleghi mi interrogano: «Che tipo di calcolatore mi conviene regalare a mio figlio? Che computer mi può aiutare nella gestione familiare?». Prima dei consigli, conviene ripassare l'elenco delle più importanti caratteristiche tecniche di un calcolatore per meglio comprendere le offerte del mercato. Mi limiterò ai personal computer perché il caso del genitore che voglia regalare al figlio un supercomputer da dieci miliardi è probabilmente raro. Ogni calcolatore ha un'unità centrale di calcolo, detta «microprocessore»: un circuito integrato di pochi centimetri di lunghezza che contiene i registri fondamentali della macchina, i circuiti che eseguono le operazioni aritmetiche e quelli che controllano il funzionamento dell'intero calcolatore. Nella storia del personal computer si sono rapidamente succeduti i microprocessori 8088, 8086, 80286, 80386, 80486, in ordine di potenza di elaborazione crescente. Per gli intimi gli ultimi tre sono anche chiamati 286, 386, 486; la sigla è spesso accompagnata da specificazioni del tipo di Slc, Sx, Dx, in ordine di potenza crescente. Il «cuore» del processore può battere a velocità diverse, che sono dell'ordine dei milioni di colpi al secondo. Ad esempio, un processore con «clock» a 25 MHz (Mega hertz) batte 25 milioni di colpi al secondo. Lo stesso processore è tanto più veloce quanto più veloce batte il suo cuore. Ogni calcolatore ha due memorie: una centrale e una periferica. La memoria centrale è molto veloce, lavora in miliardesimi di secondo, ma è costosa. Per questo la memoria centrale è utilizzata soltanto per i dati che nel corso di un certo programma devono essere letti o scritti frequentemente, mentre i grossi archivi sono contenuti nella memoria periferica, che ha tempi di accesso molto più lunghi. Quando si deve eseguire un programma su un insieme di dati, prima sia il programma sia i dati vengono trasferiti dalla memoria periferica alla memoria centrale. Soltanto dopo questo trasferimento, il programma potrà essere eseguito. Nei cataloghi e nelle inserzioni pubblicitarie, la memoria centrale è chiamata Ram («Random access memory»: memoria ad accesso casuale), per ricordare, non troppo propriamente, che qualunque dato può essere richiamato nello stesso tempo indipendentemente dalla sua posizione nella memoria. Si trovano poi sigle del tipo Ram 2Mb o 4Mb: indicano che la memoria centrale è costituita da 2 o 4 megabyte, ossia 2 o 4 milioni di caratteri. Un calcolatore è tanto più veloce quanto più grande è la sua memoria centrale, ma di norma un megabyte è sufficiente. Solo se si intende utilizzare il sistema operativo Windows è bene avere una memoria centrale di almeno 2 milioni di byte. La memoria periferica è costituita prevalentemente da due tipi di unità: il disco magnetico flessibile, il ben noto «floppy disk», e il disco rigido, o «hard disk», che è meno noto perché è nascosto entro la macchina e non è estraibile. Un floppy disk ha oggi una capacità standard di 1,44 Mb, ossia un milionequattrocentoquarantamila caratteri, ma è già iniziata la vita delle unità da 2,88 Mb. Macchine della generazione precedente montavano ovviamente floppy disk di capacità inferiore. La capacità dello hard disk è molto variabile, e può raggiungere in un personal computer anche 300 Mb. Per i principianti tuttavia 40 Mb sono quasi sempre sufficienti. Un'altra specifica riguarda il sistema operativo, ossia l'insieme dei programmi di base incorporati nella macchina che consentono la gestione globale delle risorse di elaborazione e il colloquio con l'operatore. Per molte applicazioni, come l'insegnamento dei fondamenti della programmazione, è sufficiente il Dos; se questo è il vostro caso, scegliete uno delle ultime versioni che incorpori il traduttore del Basic. Per le applicazioni grafiche si raccomanda invece Windows, che fornisce simpatiche interfacce a icone. Tentiamo ora qualche consiglio di carattere generale. I nuovi utenti del calcolatore possono essere grossolanamente classificati in tre categorie principali. La prima è la categoria dei videogiocatori, piccoli e grandi. Questi non hanno bisogno di una stampante ma sognano una macchina di fascia alta, col microprocessore del tipo 80486 e una grafica molto raffinata (Vga o Super Vga). Molti sostengono oggi l'importanza formativa e sociologica del videogioco; sinceramente non ne sono convinto e ritengo che i benefici del videogioco siano modesti rispetto alla crescita culturale che lo studio dell'informatica può permettere. La seconda è la categoria, da me prediletta, di quanti, bambini, ragazzi e anche adulti, vogliano imparare i concetti fondamentali dell'informatica e della programmazione. Questi non hanno bisogno di un elaboratore recente. Qualunque modello, anche superato, può essere utile come l'ultimo gioiello tecnologico, purché lo si doti di una stampantina, anche di pessima qualità. Il criterio fondamentale che deve guidare nella scelta è quindi quello economico. Consiglio l'acquisto proposto da qualche fornitore di ottimi modelli della famiglia 80286 per circa mezzo milione. La terza è la categoria dei professionisti che usano programmi applicativi già fatti, come quelli per la videoscrittura, il foglio elettronico, l'archiviazione di dati e documenti. Anche questi non hanno bisogno di meraviglie tecnologiche, ma un buon video a colori può rendere più piacevole il lavoro di ufficio. Angelo Raffaele Meo Politecnico di Torino


MOSTRA ITINERANTE Un treno carico di radio antiche
Autore: M_COR

ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA, MOSTRE
NOMI: MARCONI GUGLIELMO
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 097

UN treno carico di radio percorrerà la penisola nel nome di Guglielmo Marconi. Un tragitto a tappe nelle più grandi città italiane per celebrare il centenario della telegrafia senza fili. Un mondo di telefoni, apparecchi radiotelegrafici, centralini da campo e militari di diverse nazionalità, telescriventi radiogoniometri, ponti radio e radar per conoscere l'evoluzione dei mezzi di comunicazione. Il tutto nella mostra, divisa in venti sezioni, che ospita dagli strumenti primordiali a quelli usati nel secondo conflitto mondiale. Ma il mondo di Marconi percorrerà sulle rotaie in lungo e in largo la nostra penisola solo dai primi di marzo. Fino ad allora chi volesse conoscere la storia della comunicazione senza fili dovrà recarsi al Museo delle navi di Nemi, nella zona dei Castelli, provincia di Roma. Ci sono voluti quindici convogli militari, messi a disposizione dallo Stato maggiore dell'esercito per trasportare le oltre venti tonnellate di materiale raccolto grazie alla passione del colonnello Francesco Cremona. «Fu un soldato tedesco durante la seconda guerra mondiale - racconta Cremona - a donarmi il primo pezzo della collezione». E da quel pezzo, un telefono, è stata costruita un po' per volta la collezione che per se stessa costituisce, a pieno titolo, un museo della delle telecomunicazioni. «Man mano - continua Cremona - ho raccolto per il mondo ogni genere di apparecchiatura». Tra le curiosità della collezione ci sono anche mezzi usati dai servizi segreti. Dieci valigie per spionaggio e controspionaggio con radio, macchine codificatrici e kit da guerra elettronica. Tanti trucchi del mestiere degli 007 internazionali. «Una mostra - commenta Franco Pontini, uno degli organizzatori - che è il giusto omaggio a Guglielmo Marconi e alla sua creatura». (m. cor)


PLANETARI Cielo finto o cielo vero?
Autore: PRESTINENZA LUIGI

ARGOMENTI: ASTRONOMIA
NOMI: VANIN GABRIELE
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

OSSERVATORIO pubblico o planetario? La sempre più larga diffusione di strutture didattiche e divulgative, mirate alla scuola e al gran pubblico, pone oggi questo interrogativo. Gli Osservatori civici, da non confondere con quelli professionali, gestiti dallo Stato o dalle Università e presidiati da astronomi professionisti, sono un importante strumento culturale, là dove non esistono osservatori statali o non c'è, da parte di questi, la possibilità di dedicare del personale alla divulgazione. Alcuni osservatori (Catania, Napoli, Teramo, Torino) ci riescono, altri no. Dove questo non si verifica, o accade di rado, ecco sorgere le specole civiche, come quelle di Brescia o di Varese. Gabriele Vanin in una sua bella pubblicazione ne elenca 34, dalle Alpi alla Sicilia, ma altre iniziative sono in via di sviluppo. Talune prevedono che accanto al già realizzato osservatorio sorga il planetario, ed è il caso esemplare di San Giovanni in Persiceto (Bologna); in altri casi (Crespano del Grappa), accanto all'osservatorio esiste già il planetario, in altri ancora (Ravenna, Modena), il planetario è all'opera già da anni e si va dotandolo anche di telescopi per l'osservazione diretta, che sarà sempre meglio della più bella immagine su carta patinata. Ma non sempre è possibile, per varie ragioni, economiche o di sito, raggiungere il «top» dei casi appena citati: ed ecco proporsi l'interrogativo da cui siamo partiti, fermo restando che l'ideale sarebbe che le due strutture fossero sempre gemellate. Non c'è dubbio che dal planetario si ricava, soprattutto per la didattica, una visione più completa e organica dell'insieme del firmamento e del suo presentarsi nelle varie ore, stagioni e latitudini. A ciò bastano anche i modesti proiettori collocati negli istituti nautici: qui l'esigenza preponderante è quella scolastica ma non mancano casi in cui l'accesso al pubblico, per gruppi di altre scuole o di appassionati, è consentito. Ancora più suggestiva è l'impressione che si ricava dai planetari grandi e medi, dotati di cupole dagli 8 metri in su (fino ai 20 del planetario «Hoepli» di Milano), con l'impiego di proiettori perfezionati e (per molti strumenti moderni) in grado di assicurare vere e proprie simulazioni di fenomeni celesti o degli affascinanti viaggi di esplorazione delle sonde fotografiche, o di ricostruire la superficie di un pianeta. Il successo di quest'ultima generazione di planetari di caratteristiche spettacolari va al di là della stessa divulgazione astronomica per divenire, come a Parigi, in Svizzera, Stati Uniti, Giappone, un intrattenimento culturale. A ciò si arriva con l'impiego di fibre ottiche a controllo numerico e gestione informatica, o trasferendo le immagini da uno schermo ad altissima risoluzione sulla cupola del planetario. I planetari importanti e funzionanti in Italia sono, per il momento, solo 4 (Milano, Ravenna, Modena e Venezia) ma via via li affiancano strutture più piccole e talvolta realizzate da astronomi non professionisti (Venezia) o da tecnici al di fuori del giro delle grandi case dell'ottica, come la Zeiss, la giapponese Goto e altre. Uno dei planetari maggiori dovrebbe sorgere in Sicilia, a Caltagirone (Catania), con cupola di 14 metri e osservatorio astronomico annesso se la Regione, in passato famosa per le sue iniziative faraoniche, troverà i soldi per un'opera di così grande significato educativo. Sicuramente più contenuto (sul centinaio di milioni se il terreno necessario viene concesso) l'esborso richiesto dalla struttura minima di un osservatorio civico, con la sua cupoletta di 4-5 metri (che può essere surrogata da un tetto scorrevole, per un edificio a pianta quadrata) e un paio di stanze annesse come officina e laboratorio fotografico. Per attrezzarlo, non occorre più di un telescopio (riflettore) di 35-40 centimetri, che consente di contenere le dimensioni della cupola. Un caso felice, ma non è il solo, è dato dall'Osservatorio di Campocatino (Frosinone), dove una vecchia casa cantoniera a 1500 metri, ristrutturata dalla Provincia, grazie al contributo della Regione Lazio è stata dotata di un telescopio di 80 centimetri, ottimamente costruito e installato, con guida computerizzata e la struttura di un vero osservatorio alle spalle. Campocatino è affidata all'Unione astrofili frusinati, ed è questa la soluzione più frequentemente scelta e producente; ma le iniziative in materia possono venire anche da scuole, da comunità religiose (è il caso di Crespano e del planetario di Amelia), come pure dallo slancio di privati (Agrifoglio, presso Monreale) o da iniziative popolari, come è accaduto a San Giovanni in Persiceto, col contributo dell'intero paese: una lezione per la burocrazia ministeriale, comunale, universitaria che ha lasciato sfrattare l'antico Planetario di Roma dalla cupola di S. Maria degli Angeli, senza trovargli più una sede. Non dimentichiamo che un planetario costa, in genere, meno di un megashow televisivo: con la differenza che dura lunghi anni, come patrimonio qualificante di una città. Luigi Prestinenza


TOKYO-PARIGI IN TRE ORE Ecco l'aereo del 2010 Sarà 5 volte più veloce del suono
Autore: BOFFETTA GIAN CARLO

ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA, TECNOLOGIA, PROGETTO
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

IL governo giapponese ha deciso tre anni fa di assumere un ruolo guida nello sviluppo del futuro aereo ipersonico commerciale e ha pianificato un massiccio investimento per i prossimi otto anni su tre programmi. Il primo riguarda la ricerca di nuovi materiali, il secondo la cellula del velivolo e il terzo, il più importante, lo sviluppo del motore. Proprio la disponibilità di questi fondi ha vinto l'iniziale resistenza delle quattro aziende motoristiche più importanti del mondo e dei loro governi ad associarsi al Giappone, che non può vantare esperienza nel campo dei motori aeronautici più avanzati. Si temeva, e sicuramente avverrà, un flusso di tecnologie e know-how fra i più sofisticati, da Usa ed Europa al Giappone. Ora - potenza del denaro - un gruppo di aziende del Sol Levante, coordinate nel consorzio Hypr, lavora in situazione di parità con General Electric, Pratt e Whitney, Rolls Royce e Snecma su un motore a ciclo combinato turbofan-ramjet, per un velivolo da trasporto a Mach 5 e oltre (1 Mach equivale alla velocità del suono, circa 1100 chilometri all'ora). Si tratta di un motore «coassiale», un turbofan all'interno di un ramjet. Dal decollo fino a Mach 2,5 dei portelli chiudono il condotto anulare posto intorno al turbofan e tutta l'aria passa attraverso quest'ultimo che produce l'intera spinta. Durante l'accelerazione da Mach 2,5 a Mach 3 i portelli si aprono lasciando fluire aria a entrambi i motori e, oltre i 3300 chilometri all'ora il turbofan è spento, l'aria gli passa intorno e il ramjet produce tutta la spinta. In questa fase di transizione si incontrano i maggiori problemi perché i portelli nelle posizioni intermedie possono disturbare il flusso dell'aria causando lo stallo di entrambi i motori. La soluzione è demandata alla General Electric, che possiede nell'Ohio l'unico laboratorio dove un motore può simulare Mach 3 in alta quota, mentre la Pratt e Whitney si occupa della stabilità della combustione del ramjet. Il turbofan, che sembrerebbe a prima vista un motore noto, pone altri grossi problemi: per funzionare bene, con un consumo specifico di 1,47 (chilogrammo di combustibile per chilogrammo di spinta all'ora) deve avere un rapporto tra l'aria che passa intorno al motore e quella che attraversa la turbina di 0,7 ma così genera un rumore inaccettabile sugli aeroporti e nei loro dintorni. Non c'è altra soluzione che aumentare il rapporto a 1,2 almeno, e ciò obbliga ad avere un motore con rapporto variabile, cioè altri meccanismi, e il conseguente aumento di peso. Inoltre la turbina deve funzionare a 1700 gradi centigradi (oggi i più moderni motori raggiungono i 1450 gradi) e il ramjet a 1900 gradi). L'alta temperatura è un problema generale per tutto l'aereo: basti pensare che l'aria gelida delle altissime quote si riscalderà fino a 1000 gradi per effetto della decelerazione all'ingresso del motore. Si pensa di raffreddare le parti più esposte con il combustibile ma ciò comporta complicazioni meccaniche e aumento di peso, mentre se si usa l'aria spillata dal compressore si aumenta il consumo e non resta allora che usare nuovi materiali, come il carbon-carbon o le ceramiche, ma il gruppo che lavora su questa ricerca ha ora dichiarato che le difficoltà che incontra sono superiori al previsto e si stanno accumulando mesi di ritardo. Un altro grosso problema sono le emissioni: funzionando a 1700 e 1900 gradi, i due motori rilascerebbero ossidi di azoto in quantità superiore a dieci volte il limite ammesso. Ma senza dubbio tutti i problemi verranno risolti e nel 2010, o poco più tardi, entrerà in servizio questo aereo da 300 posti, 450 tonnellate di peso al decollo, con una velocità massima di 6000 chilometri orari e autonomia di 6000 miglia (circa 9600 chilometri). Questo aereo avrà influenza sulla vita di tutti noi: porterà il Giappone a qualche ora dall'Europa e dagli Stati Uniti con effetti oggi difficilmente immaginabili dovuti allo scambio di conoscenze, di culture, di modo di vivere. Ciò spiega i grandi mezzi messi a disposizione e anche la lotta che i giapponesi stanno conducendo perché l'autonomia dell'aereo sia aumentata. Poiché, a causa del rumore, questo aereo dovrà volare subsonico (o poco più) sulle terre abitate, per poter esprimere tutta la sua velocità dovrà allungare la rotta da 5875 miglia a 6207 tra Tokyo e New York e passare sul Polo Nord tra Tokyo e Parigi per 6600 miglia, invece delle 5259 minime. Occorrono quindi almeno 6600 miglia di autonomia. Inoltre, per sfruttare appieno il velivolo, occorreranno aeroporti aperti 24 ore al giorno (per due viaggi andata- ritorno) con piste di 4000 metri. Non a caso il nuovo aeroporto di Kansai (Osaka) nel 1994 verrà inaugurato con 24 ore di operatività, con una pista prevista per 4000 metri e Narita è l'unico già operante con una pista di tale lunghezza. Gian Carlo Boffetta


Scaffale Wheeler John: «Gravità e spazio-tempo», Zanichelli
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: FISICA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

SE guardiamo l'universo nel suo insieme - miliardi di galassie in fuga, ognuna formata da miliardi di stelle - è la forza di gravità a dominare la scena. Si deve alla gravità se nelle stelle si creano le condizioni perché avvengano le reazioni termonucleari fonte dell'energia stellare. Ed è ancora la gravità a tenere insieme le galassie, a regolarne il reciproco allontanamento e a decidere se un giorno al Big Bang dovrà seguire un collasso dell'intero universo. La miglior teoria oggi disponibile per applicare su scala cosmica le conoscenze sulla gravitazione è la relatività generale pubblicata da Einstein nel 1916. John Wheeler, professore alla Princeton University, è tra i più autorevoli studiosi e continuatori del lavoro di Einstein. In questo bel libro divulgativo i concetti di curvatura dello spazio, di onde gravitazionali, di buchi neri diventano facilmente comprensibili senza per questo rinunciare all'approfondimento.


Scaffale Autori vari: «Microbiologia», Bollati Boringhieri
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: BIOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

Il fascino della microbiologia è fortissimo. Non è necessario essere medici per provare curiosità verso queste minuscole forme di vita che hanno enorme importanza, nel bene e nel male, per ogni altra specie esistente sulla Terra. Questo trattato, opera di sette specialisti, ora in edizione profondamente rinnovata, può quindi essere letto con interesse da chiunque abbia almeno la base culturale di una scuola media superiore: scoprirà che le forme di vita invisibili a occhio nudo sono il vero fondamento su cui poggia tutta la biologia, uomo incluso.


Scaffale Poincarè Jules Henri: «Scritti di fisica-matematica», Utet
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: MATEMATICA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

Il matematico francese Jules Henri Poincarè, pur essendo nato nel lontano 1854 e morto nel 1912, è uno dei grandi padri della fisica contemporanea. Basti dire che risalgono a lui alcuni fondamenti della geometria non euclidea, del calcolo delle probabilità e della meccanica quantistica. Lo stesso Einstein non sarebbe stato Einstein senza i contributi di Poincarè. Benvenuta, dunque, la pubblicazione dei suoi scritti di fisica- matematica nei Classici della scienza della Utet. Certo, la lettura completa del testo non è per tutti. Ogni lettore deciderà se limitarsi alle parti discorsive o affrontare le pagine cosparse di formule. Per tutti è tuttavia la scorrevole e ampia introduzione scritta da Ubaldo Sanzo.


Scaffale Bang Preben: «Guida alle trac ce degli animali», Zanichelli
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: ZOOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

Sono sempre più numerosi gli amanti della natura che desiderano andare personalmente alla scoperta degli animali nel loro habitat, senza disturbarli, ma con intenti di osservazione e di studio. Questo manuale tratta tutti i vari tipi di tracce (orme, tane, resti di pasti, escrementi) lasciate da mammiferi e uccelli europei. Belle e utilissime le illustrazioni.


Scaffale Vanin Gabriele: «Osservatori pubblici: guida alla gestione» , Biroma Editore
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: ASTRONOMIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

Ci sono ormai in Italia circa cento Osservatori pubblici o gestiti da associazioni di astrofili. E' la prova che l'astronomia, oltre a un grande fascino, ha un forte potenziale didattico, che può essere sfruttato per introdurre al metodo scientifico e alla scienza in generale un pubblico molto vasto, soprattutto giovanile. Gabriele Vanin, uno degli appassionati di astronomia più preparati in Italia, ha fatto dunque molto bene a scrivere un libro che raccoglie tutte le nozioni e i consigli utili per un efficace funzionamento di questi Osservatori. Scelta del sito (sempre più difficile a causa dell'inquinamento luminoso), del telescopio, dei corpi celesti da osservare sia a occhio nudo sia con strumenti ottici di varia portata, sono i temi principali affrontati. Un lavoro, questo, che colma una lacuna della nostra editoria e che risulterà prezioso non soltanto per le associazioni ma anche per i singoli astrofili. Piero Bianucci


«VEGA» Un razzo tutto italiano
ORGANIZZAZIONI: BPD VEGA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

L'ITALIA è a un passo dall'autonomia nel campo spaziale. Dispone di una base di lancio: il poligono «San Marco», al largo della costa del Kenya, realizzato e gestito con dedizione assoluta da Luigi Broglio per un quarto di secolo. E' pronto il progetto di un razzo chiamato «Vega» i cui motori sono già stati sperimentati con successo. E c'è una clientela potenzialmente molto vasta per questo lanciatore che potrebbe mettere in orbita a basso costo carichi piccoli e medi. Manca una cosa sola: la decisione dell'Asi, l'Agenzia spaziale italiana, per chiudere il cerchio e dare il via alla realizzazione del vettore con tutti i vantaggi strategici e industriali che ne seguirebbero. Ma è noto che l'Asi, ora commissariata, è praticamente paralizzata dalla sua fondazione. Ai danni di una gestione infelice si assommeranno nel '94 gli inevitabili tagli alla spesa pubblica e quindi alla ricerca, con il rischio che l'Italia rimanga - appunto - a un passo dall'autonomia spaziale, ma senza raggiungerla. L'ultima parola è a un «comitato di saggi» che dovrebbe pronunciarsi nei prossimi giorni. «Vega» potrebbe essere pronto entro tre anni. Il suo sviluppo e la sperimentazione alla Bpd (Gruppo Gilardini) sono in fase avanzata. Sarebbe il vettore ideale per i piccoli satelliti destinati alla telefonia cellulare come i 77 della Motorola: per questi satelliti, infatti, i lanciatori più grandi, come lo shuttle, i «Delta» o l'«Ariane», sono troppo costosi.


CHIMICA & FISICA Quell'esotica radioattività
Autore: VOLPE PAOLO

ARGOMENTI: FISICA, ENERGIA
NOMI: CURIE MARIE, CURIE PIERRE
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

A quasi un secolo di distanza dalla prima scoperta della radioattività naturale nuove forme di trasformazione dei nuclei pesanti vengono alla luce, grazie a mezzi tecnici di rivelazione sempre più sensibili. Oggi i ricercatori stanno studiando una forma di radioattività di recente scoperta che per la sua assoluta singolarità è stata definita «esotica». Il fenomeno della radioattività è stato sviscerato per un secolo portando a fondamentali scoperte come quella della radioattività artificiale, che tanto peso ha nelle applicazioni. Ma per quanto riguarda i fenomeni naturali, più importanti dal punto di vista geofisico, l'unica novità prima degli Anni Ottanta era stata l'individuazione della fissione spontanea. In pratica fino ad una decina d'anni fa le forme di trasformazione naturale conosciute erano quattro: i decadimenti alfa, beta e gamma la cui scoperta risale alla fine del secolo scorso e la fissione spontanea, nota dalla metà degli Anni Trenta. Mentre i decadimenti beta e gamma comportano da parte del nucleo emettitore una variazione di massa piccola o nulla, il decadimento alfa e la fissione spontanea hanno una qualche affinità fra loro consistendo in un vero e proprio spezzarsi del nucleo: nel primo caso il frammento emesso è piccolo: quattro unità di massa da un nucleo che ne ha più di duecentodieci; nel secondo caso il frammento emesso varia preferibilmente tra ottanta e cento unità di massa, tanto che quel che rimane non è molto più grosso: da centoquaranta a centosessanta unità. Questa differenza soltanto quantitativa fra i due fenomeni ha spinto fin dal 1980 una equipe di scienziati dell'Est europeo, Poenaru e collaboratori, a cercare di interpretare l'emissione alfa come una fissione fortemente asimmetrica con una teoria unificatrice che, come conseguenza, comporta la possibilità di emissione di frammenti intermedi fra la massa quattro (quella della particella alfa) e le masse tipiche emesse invece nei processi di fissione. Senza sapere degli studi di Poenaru, due scienziati statunitensi, Rose e Jones, usando uno spettrometro ad altissima sensibilità individuarono nel 1984 nel radio-223 una emissione lenta, ma ad energia molto elevata (cinque-sei volte quella con cui vengono emesse le alfa) di atomi di carbonio 14. La scoperta era talmente sorprendente che il fenomeno fu subito chiamato «radioattività esotica». Secondo un vecchio modello, non molto diffuso ma con qualche fondamento di verità, nei nuclei pesanti esistono preformati agglomerati multipli di quattro unità di massa: un'altra stranezza del fenomeno osservato era quindi che non fosse emesso il carbonio- 12 ma il 14. Purtuttavia l'emissione di carbonio-14 ad alta energia da parte del radio- 223 è stata confermata da Gales e collaboratori a Orsay ed a Berkeley, dove il gruppo di Price l'ha individuata anche nel radio-222 e nel radio-224. Studi ancora più recenti, tuttora in svolgimento, hanno permesso di osservare altri tipi di radioattività esotica: dal torio-230, dal protoattinio- 231 e dall'uranio-232 vengono emessi nuclei di neon-24; dall'uranio-234 e dal plutonio- 236 si ha il magnesio-28 e finalmente dal plutonio-238 fuoriesce il silicio-32. In tutti questi casi si nota come le masse dei nuclei residui, date dalle differenze tra le masse dei nuclei emettitori e quelle dei nuclei emessi, siano sempre 206 o 207 o 208; l'elemento risultante è quindi sempre il piombo nelle sue tre forme isotopiche più abbondanti, che rappresentano anche i nuclei stabili più pesanti reperibili in natura. Da questa osservazione si individua il meccanismo insito nella radioattività esotica: essa tende a trasformare nuclei troppo pesanti e poco coerenti in nuclei stabili. E' la stessa strategia che provoca i decadimenti alfa successivi, con i quali gli elementi instabili pesanti si trasformano in piombo eliminando quattro unità di massa per volta. Ora si sa che alcuni nuclei di questi elementi (pochi in verità, perché la radioattività esotica è molto lenta) prendono una scorciatoia per arrivare al piombo con un solo balzo. Proprio lo scopo della trasformazione (oltre naturalmente ad altre osservazioni più profonde) fa sì che la radioattività esotica sia più assimilabile al decadimento alfa che alla fissione spontanea, nella quale i


IL SANGUE Trenta modi diversi per salvare la vita
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 099

Finora non è stata trovata nessuna sostanza che possa sostituire il sangue e la trentina di medicinali che se ne possono estrarre, i cosiddetti emoderivati. Il compito del sangue è quello di mantenere costante l'ambiente in cui gli altri tessuti vivono e svolgono le loro funzioni. Il sangue circola grazie all'azione di una pompa (il cuore) e di un sistema di vasi (vene e arterie). Ma deve mantenersi liquido. Il meccanismo che gli consente di comportarsi come fluido all'interno dei vasi e come solido al di fuori di essi, mediante il fenomeno della coagulazione (che blocca perdite esterne), è un delicatissimo equilibrio dinamico tra fattori coagulanti e anticoagulanti. Essendo il sangue un tessuto, la sua trasfusione da un soggetto all'altro deve essere considerata un vero e proprio trapianto. Di solito si tende a sorvolare su questo aspetto, perché tecnicamente la trasfusione non presenta problemi e il rigetto avviene sì invariabilmente, ma dopo che il paziente ha potuto beneficiare dell'emoglobina trasfusa, ricominciando a produrla da solo. Diversa è l'intolleranza tra sangue di gruppi diversi. La popolazione è infatti divisa in otto gruppi (A, B, Rh e così via), in base agli antigeni comuni. Le trasfusioni devono avvenire all'interno dello stesso gruppo, perché la reazione da sangue incompatibile è pericolosa.


LABORATORIO Istruzioni per saltare le linee Decima puntata
Autore: MEO ANGELO RAFFAELE, PEIRETTI FEDERICO

ARGOMENTI: INFORMATICA, DIDATTICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 099

IL calcolatore, come abbiamo visto, esegue le istruzioni di un programma, leggendole nell'ordine in cui sono state scritte. Se le abbiamo numerate di dieci in dieci, il calcolatore eseguirà quindi prima l'istruzione della linea 10, poi quella della linea 20 e così via. E' possibile però ordinare al calcolatore di saltare da una linea all'altra di un programma utilizzando l'istruzione GOTO, ossia nnVai a". E' necessario naturalmente far seguire all'istruzione GOTO, che si dice istruzione di salto incondizionato, il numero della linea alla quale il calcolatore deve saltare. Ad esempio GOTO 40 significa nnvai alla linea 40nn: 10PRINT nnPRIMO" 20GOTO 40 30PRINT nnSECONDO" 40PRINT nnTERZO" 50END Il calcolatore stampa nnPRIMO" poi salta la linea 30 e infine stampa nnTERZO". 10PRINT nnPRONTO" 20GOTO 10 In questo programma invece l'istruzione GOTO della linea 20 riporta il calcolatore all'istruzione 10. Da questa passerà nuovamente alla 20 dove l'istruzione GOTO 10 riporterà ancora alla 10 e così di seguito all'infinito. Il calcolatore stampa una interminabile colonna di PRONTO, poiché ritorna continuamente all'istruzione PRINT nnPRONTO". In questo caso l'esecuzione del programma non termina mai: si è infatti creato quello che si chiama un loop, cioè un ciclo, senza uscita. Per interrompere l'esecuzione di un programma, si dovrà battere il tasto CTRL e contemporaneamente BREAK oppure, secondo il tipo di calcolatore sul quale si sta lavorando, un altro comando analogo. Per far ripartire il programma si dovrà usare il comando RUN oppure, per il QBASIC, F5. Se aggiungiamo un punto e virgola al termine dell'istruzione 10, ossia 10PRINT nnPRONTO"; 20GOTO 10 i PRONTO verranno stampati tutti di seguito. a)La filastrocca infinita. 10CLS 20TORTELLI$ = nnCRAPA PELATA FACEVA I TORTELLI" 30FRATELLI$ = nnE NON NE DAVA AI SUOI FRATELLI" 40PRINT TORTELLI$ 50PRINT FRATELLI$ 60GOTO 40 70END Quando si lancia questo programma il calcolatore stampa le due frasi così velocemente che è difficile riuscire a distinguerle e in pratica diventa impossibile leggerle. E' possibile sospendere l'esecuzione di un programma battendo un comando del tipo CTRL e contemporaneamente PAUSE. b)Somma di tre numeri. Nel diagramma di flusso corrispondente a questo programma, il ciclo porta alla seguente rappresentazione: 10CLS 20PRINT nnSCRIVI TRE NUMERI"; 30INPUT A, B, C 40PRINT nnLA LORO SOMMA E' "; A più B più C 50GOTO 20 60END L'istruzione della linea 50, GO TO 20, rimanda all'esecuzione della linea 20, sullo schermo ricompare la frase SCRIVI TRE NU MERI e possiamo così proseguire immediatamente con altri valori. I tre numeri vengono richiesti con un'unica istruzione INPUT, separati fra loro da una virgola. c)Stampiamo una indeterminata sequenza di numeri dispari. 10CLS 20I = 1 30PRINT I 40I = I più 2 50GOTO 30 60END Per questo programma usiamo una scatola nera I nella quale viene inserito all'inizio il numero 1 e successivamente viene aggiunto 2 al valore precedente. In tal modo otteniamo la successione dei numeri dispari: 1, 1 più 2 = 3, 3 più 2 = 5, 5 più 2 = 7, ecc. Per mezzo dell'istruzione GOTO si costruisce un piccolo ciclo di lavoro del calcolatore, mentre il nostro lavoro è ridotto a quattro istruzioni. Come abbiamo già detto, in QBASIC, si possono anche tralasciare i numeri di linea. Ma in questo caso, com'è possibile ordinare al calcolatore di saltare ad una determinata linea di un programma, usando l'istruzione GO TO? E' sufficiente inserire un'«etichetta» nel punto in cui vogliamo far ritornare il calcolatore. Si scrive l'etichetta seguita da nn:" e poi, quando serve, dare l'istruzione GOTO e il nome dell'etichetta. Ad esempio, nel programma seguente abbiamo inserito l'etichetta ANDERSEN. CLS ANDERSEN: PRINT nnLA FAVOLA DELL'OCA" PRINT nnE' BELLA MA E' POCA" PRINT nnVUOI CHE TE LA CONTI?" INPUT R$ PRINT PRINT PRINT nnNON DEVI DIRE ";R$ PRINT nnPERCHE' " GOTO ANDERSEN END


STRIZZACERVELLO Tiro con l'arco Sei frecce ciascuno
Autore: PETROZZI ALAN

ARGOMENTI: GIOCHI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 099

Tiro con l'arco Sei frecce ciascuno Ammettiamo che vi capiti di assistere a una gara di tiro con l'arco nella quale ogni arciere in gara scaglia sei frecce verso un bersaglio che presenta quattro anelli concentrici numerati da 1 a 4 partendo dall'interno verso l'esterno. Ammettiamo che la classifica finale veda al primo posto Andrea con 165 punti, al secondo posto Bruno con 100 e al terzo Carlo con 80. Sapendo che Andrea ha colpito con due frecce sia l'anello 1 che il 2 e con una freccia il 3 e il 4, che Bruno ha colpito con tre frecce l'anello 4 e con una ciascuno gli altri tre anelli e Carlo ha colpito con due frecce gli anelli 2, 3 e 4, sapreste dire qual è il punteggio assegnato a ciascuno dei tre anelli (che avranno valori crescenti a partire dall'anello 4)? La soluzione come sempre domani, accanto alle previsioni del tempo. (A cura di Alan Petrozzi)


LA PAROLA AI LETTORI Un'elica per dividere l'angolo in tre
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 099

Perché si considera impossi bile trisecare un angolo di verso da 180 o 360? Il problema della divisione di un angolo in tre parti è famoso fin dall'antichità, quando si scoprì che non può essere risolto con riga e compasso, cioè con rette e circoli. Graficamente, il problema può invece essere risolto ricorrendo ad alcuni tipi di curva, come l'iperbole, l'elica, la quadratrice, la concoide e forse anche la chiocciola, che si tracciano con speciali strumenti. L'enunciazione analitica della trisezione dell'angolo è invece un'equazione che, per il teorema di Moivre (un matematico inglese del XVII secolo) non può essere ridotta nel prodotto di due polinomi a coefficienti razionali, e quindi dovrebbe essere possibile esprimere una sua radice in funzione razionale di coseno alfa e seno alfa. Dopo vari procedimenti matematici, si arriva alla conclusione che «x elevato al cubo = coseno alfa più seno alfa» è irriducibile, cioè non può risolversi con un numero finito di radici quadrate, epperò la trisezione non è eseguibile, in via generale, con riga e compasso. Nicola Bizzo, Biella Se dopo aver ingerito un me dicinale liquido si beve del l'acqua, le sostanze curative contenute nell'acqua perdo no efficacia, dato che vengo no diluite? Assolutamente no, perché la quantità di medicinale assunta è sempre la stessa, che si beva acqua o no. Si possono citare come esempio due abitudini molto diffuse nella vita di tutti i giorni. Si vedono spesso nei bar persone che subito dopo un caffè bevono dell'acqua, convinte di assimilare in questo modo meno caffeina. Per ottenere l'effetto desiderato, dovrebbero invece versar via parte del caffè e sostituirlo con altrettanta acqua (meglio se calda]). La stessa cosa succede (e anche peggio) a chi ordina un caffè «lungo». In questo caso, la quantità di caffeina assunta è ancora maggiore perché l'acqua in più che passa attraverso il filtro asporta la residua caffeina, che altrimenti sarebbe rimasta nei fondi del caffè. Aldo Bertolotto Savona La lana di vetro è una sostan za pericolosa? E' possibile che provochi tumori o malat tie polmonari? La lana di vetro è costituita da fibre di vetro, che sono fibre minerali artificiali, con la caratteristica di fratturarsi trasversalmente, riducendosi così in spezzoni di minor lunghezza ma con lo stesso diametro. Per tale motivo, pur essendo considerate pericolose e richiedendo precauzioni da parte degli addetti alla lavorazione e all'uso, risultano meno pericolose delle fibre d'amianto (fibre minerali naturali), che si fratturano invece longitudinalmente, trasformandosi così in fibre sempre più fini e facilmente inalabili con la respirazione. Quanto agli effetti nocivi per la salute, la lana di vetro è stata considerata, in base agli studi della IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro), di «inadeguata evidenza di cancerogenicità» per l'uomo, mentre sono stati riscontrati effetti più evidenti sugli animali da laboratorio. In relazione agli effetti polmonari, sono state invece riscontrate, con certezza di casualità, opacità dei polmoni e alterazioni della funzione respiratoria. Luigi Omodei Zorini Vercelli Perché alcune merci, come le uova o i bottoni, si contano a dozzine? Perché il numero 12 ha un numero di divisori relativamente elevato. Una quantità di merce espressa in dozzine può essere facilmente suddivisa in 2, 3, 4 o 6 parti, facilitando così sia il confezionamento sia l'utilizzo. Cosa che non accade con il numero dieci. Ci sono quindi vantaggi di tipo commerciale. Michele Andreoli Borgaro Torinese Perché gli animali, anche quando provano dolori atro ci, non perdono conoscenza? Perché percepiscono il dolore in maniera meno violenta di noi: la loro soglia dolorifica è infatti superiore alla nostra. Gianni Sarto, Imperia


CHI SA RISPONDERE?
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 099

QCome fa il sapone a pulire? QPerché il ghiaccio a volte scivola di mano, altre volte invece si attacca alle dita? QCome fanno le mosche a camminare a zampe all'insù sul soffitto? QQuali specialità rientrano nel pentathlon? Con quale criterio furono scelte? Sono diverse, per uomini e per donne? _______ Risposte a: «La Stampa - Tuttoscienze», via Marenco 32, 10126 Torino. Oppure al fax numero 011-65.68.688


CHE COSA RESPIRIAMO Caccia ai veleni invisibili Nella nebbia si trova persino la caffeina
Autore: NATALE PAOLO, GROSA MAURO

ARGOMENTI: CHIMICA, ECOLOGIA, INQUINAMENTO, ATMOSFERA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 097

NEANCHE Agatha Christie nel più classico dei suoi gialli avrebbe potuto immaginare che il killer inafferrabile non si nascondesse nella nebbia londinese, ma fosse la nebbia stessa. Spieghiamoci. Nell'inverno del 1953 a Londra ci furono 4000 morti da inquinamento dell'aria. L'ipotesi di un potenziamento degli effetti inquinanti dovuto alla nebbia rimase per molti anni un'ipotesi ragionevole ma non provata sperimentalmente. Gialli ecologici come quello di Londra non sono eccezionali, anche se per fortuna solo raramente hanno conseguenze così tragiche. Pensiamo alla vicenda dei malesseri che nei giorni scorsi hanno colpito qualche centinaio di napoletani: tutti abbiamo visto come sia stato difficile trovare il vero colpevole, dapprima sbrigativamente individuato nel traffico automobilistico. Un campionatore capace di raccogliere grossi volumi di aerosol sotto forma di nebbia o di nuvole basse lungo le pendici montuose (progetto del Cnr e finanziamento dell'Enel) consente ora una rivisitazione del lontano dramma londinese e, anche in un caso come quello di Napoli, offre un originale strumento di indagine in grado di darci informazioni su composti diffusi nell'aria in concentrazioni così basse da non essere rilevabili con tecniche normali. Il campionatore, individuata la nebbia con opportuni sensori, attiva un potente sistema di aspirazione che porta le gocce di aerosol ad una serie di fili di teflon ai quali le gocce aderiscono sino a quando, raggiunte dimensioni sufficienti, per il peso cadono in un sistema di raccolta. Gli aspetti sorprendenti che offre il liquido ottenuto sono le concentrazioni particolarmente alte degli ioni inorganici presenti nella soluzione e talora la varietà singolare e assolutamente imprevedibile delle sostanze organiche individuate. La gocciolina di nebbia si forma intorno a un nucleo di condensazione che ne costituisce in qualche modo l'inevitabile «peccato originale». Poi la goccia discioglie i gas o vapori solubili che raccoglie (biossido di azoto e di zolfo, ammoniaca, aldeidi). Ipotizzando un aerosol contenente 200 milligrammi di acqua per metro cubo di aria e le cui condensazioni abbiano un diametro medio di 20 micron, la superficie di contatto dell'aerosol risulta 150 centimetri quadrati per ogni metro cubo di aria, il che spiega l'efficacia della captazione delle sostanze solubili in fase gassosa. Alla dissoluzione fanno seguito complesse reazioni con produzione finale, tra gli altri composti, di acidi solforico e nitrico. Gli acidi vengono poi in parte neutralizzati da eventuali sostanze basiche disciolte col medesimo meccanismo; l'acidità finale dipende dalle abbondanze relative dei due gruppi. Poiché la nebbia è un fenomeno che avviene vicino al suolo, dove abbondano gli inquinanti, e in assenza di vento, condizioni che accentuano l'accumulo di inquinanti, il risultato è che le concentrazioni degli ioni inorganici più comuni sono nella nebbia da 3 a 30 volte maggiori di quanto avviene per la pioggia, e sono paragonabili a scarichi industriali non depurati (50-100 milligrammi per litro per gli ioni più significativi). Nonostante l'abbondanza di precursori acidi la soluzione mediamente non risulta, in Val Padana, particolarmente acida (pH medio su 23 eventi seguiti a Torino, circa 4) per la presenza di concentrazioni molto alte di ione ammonio, che ha un effetto neutralizzante. L'abbondanza insolita di questa sostanza è stata confermata da altri ricercatori in varie località della Val Padana ed è probabilmente dovuta all'abbondanza di materiali organici in putrefazione. Ipotizzando nel caso londinese del 1953 per la maggior parte degli ioni concentrazioni simili a quelle sperimentali medie individuate nei nostri studi, ma con concentrazioni in aria di biossido di zolfo simili a quelle descritte nell'evento londinese, e ipotizzando che tutto l'inquinante si fosse disciolto e poi convertito in acido, nella nebbia, questa avrebbe assunto un'acidità di 1,9 unità di pH. La nebbia londinese sarebbe cioè divenuta un aerosol nettamente acido per acido solforico concentrato, un forte irritante delle vie respiratorie. La presenza di questo irritante può agevolmente spiegare, con la persistenza di tre giorni del fenomeno, sia i fenomeni di sofferenza respiratoria sia la morte di persone già debilitate. La politica di disinquinamento perseguita negli Anni 70-80 nei confronti dei combustibili ad alto contenuto di zolfo ha scongiurato l'eventualità che eventi come quello londinese potessero verificarsi nel nostro Paese. Il meccanismo di captazione delle gocce di nebbia consente infine di individuare componenti presenti in traccia, ma interessanti sotto il profilo della conoscenza della diffusione o utilizzabili come indicatori di specifiche sorgenti. La sensibilità che si riesce a ottenere è molto alta sia perché vengono trattati volumi di gas molto maggiori (fino a 20 mila metri cubi al giorno) di quanto avvenga con i consueti campionatori, sia per la possibilità di concentrare ulteriormente i prodotti presenti in soluzione. A causa dell'assenza di vento, nella nebbia i composti captati vengono da luoghi vicini; le informazioni desumibili in termini di prodotti di origine industriale sono quindi circoscritte a un territorio di pochi chilometri intorno al punto di prelievo e riflettono emissioni locali e a bassa quota. Per esempio, tra le sostanze individuate in un'area a Nord della periferia industriale torinese troviamo composti della famiglia degli ftalati, la caffeina, lo zolfo elementare, il dixantogeno, il dinitro clorobenzene. Gli ftalati sono un gruppo di composti assai diffusi utilizzati come plastificanti; la seconda sostanza è riconducibile alla fase di tostatura effettuata dall'industria produttrice di un celebre caffè, il terzo e quarto prodotto sono usati nella vulcanizzazione della gomma, attività centrale di un insediamento produttivo nell'area in esame; l' ultimo composto, di cui stiamo cercando il «genitore», è usato in varie sintesi chimiche. Paolo Natale Mauro Grosa


TRA GIOCO E LAVORO Natale con un computer Un regalo per grandi e piccoli che può essere divertente, istruttivo e utile ma nello stesso tempo costare poco: purché non si rincorra l'ultima moda
Autore: MEO ANGELO RAFFAELE

ARGOMENTI: INFORMATICA, ELETTRONICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 097

ARRIVA il Natale, e amici e colleghi mi interrogano: «Che tipo di calcolatore mi conviene regalare a mio figlio? Che computer mi può aiutare nella gestione familiare?». Prima dei consigli, conviene ripassare l'elenco delle più importanti caratteristiche tecniche di un calcolatore per meglio comprendere le offerte del mercato. Mi limiterò ai personal computer perché il caso del genitore che voglia regalare al figlio un supercomputer da dieci miliardi è probabilmente raro. Ogni calcolatore ha un'unità centrale di calcolo, detta «microprocessore»: un circuito integrato di pochi centimetri di lunghezza che contiene i registri fondamentali della macchina, i circuiti che eseguono le operazioni aritmetiche e quelli che controllano il funzionamento dell'intero calcolatore. Nella storia del personal computer si sono rapidamente succeduti i microprocessori 8088, 8086, 80286, 80386, 80486, in ordine di potenza di elaborazione crescente. Per gli intimi gli ultimi tre sono anche chiamati 286, 386, 486; la sigla è spesso accompagnata da specificazioni del tipo di Slc, Sx, Dx, in ordine di potenza crescente. Il «cuore» del processore può battere a velocità diverse, che sono dell'ordine dei milioni di colpi al secondo. Ad esempio, un processore con «clock» a 25 MHz (Mega hertz) batte 25 milioni di colpi al secondo. Lo stesso processore è tanto più veloce quanto più veloce batte il suo cuore. Ogni calcolatore ha due memorie: una centrale e una periferica. La memoria centrale è molto veloce, lavora in miliardesimi di secondo, ma è costosa. Per questo la memoria centrale è utilizzata soltanto per i dati che nel corso di un certo programma devono essere letti o scritti frequentemente, mentre i grossi archivi sono contenuti nella memoria periferica, che ha tempi di accesso molto più lunghi. Quando si deve eseguire un programma su un insieme di dati, prima sia il programma sia i dati vengono trasferiti dalla memoria periferica alla memoria centrale. Soltanto dopo questo trasferimento, il programma potrà essere eseguito. Nei cataloghi e nelle inserzioni pubblicitarie, la memoria centrale è chiamata Ram («Random access memory»: memoria ad accesso casuale), per ricordare, non troppo propriamente, che qualunque dato può essere richiamato nello stesso tempo indipendentemente dalla sua posizione nella memoria. Si trovano poi sigle del tipo Ram 2Mb o 4Mb: indicano che la memoria centrale è costituita da 2 o 4 megabyte, ossia 2 o 4 milioni di caratteri. Un calcolatore è tanto più veloce quanto più grande è la sua memoria centrale, ma di norma un megabyte è sufficiente. Solo se si intende utilizzare il sistema operativo Windows è bene avere una memoria centrale di almeno 2 milioni di byte. La memoria periferica è costituita prevalentemente da due tipi di unità: il disco magnetico flessibile, il ben noto «floppy disk», e il disco rigido, o «hard disk», che è meno noto perché è nascosto entro la macchina e non è estraibile. Un floppy disk ha oggi una capacità standard di 1,44 Mb, ossia un milionequattrocentoquarantamila caratteri, ma è già iniziata la vita delle unità da 2,88 Mb. Macchine della generazione precedente montavano ovviamente floppy disk di capacità inferiore. La capacità dello hard disk è molto variabile, e può raggiungere in un personal computer anche 300 Mb. Per i principianti tuttavia 40 Mb sono quasi sempre sufficienti. Un'altra specifica riguarda il sistema operativo, ossia l'insieme dei programmi di base incorporati nella macchina che consentono la gestione globale delle risorse di elaborazione e il colloquio con l'operatore. Per molte applicazioni, come l'insegnamento dei fondamenti della programmazione, è sufficiente il Dos; se questo è il vostro caso, scegliete uno delle ultime versioni che incorpori il traduttore del Basic. Per le applicazioni grafiche si raccomanda invece Windows, che fornisce simpatiche interfacce a icone. Tentiamo ora qualche consiglio di carattere generale. I nuovi utenti del calcolatore possono essere grossolanamente classificati in tre categorie principali. La prima è la categoria dei videogiocatori, piccoli e grandi. Questi non hanno bisogno di una stampante ma sognano una macchina di fascia alta, col microprocessore del tipo 80486 e una grafica molto raffinata (Vga o Super Vga). Molti sostengono oggi l'importanza formativa e sociologica del videogioco; sinceramente non ne sono convinto e ritengo che i benefici del videogioco siano modesti rispetto alla crescita culturale che lo studio dell'informatica può permettere. La seconda è la categoria, da me prediletta, di quanti, bambini, ragazzi e anche adulti, vogliano imparare i concetti fondamentali dell'informatica e della programmazione. Questi non hanno bisogno di un elaboratore recente. Qualunque modello, anche superato, può essere utile come l'ultimo gioiello tecnologico, purché lo si doti di una stampantina, anche di pessima qualità. Il criterio fondamentale che deve guidare nella scelta è quindi quello economico. Consiglio l'acquisto proposto da qualche fornitore di ottimi modelli della famiglia 80286 per circa mezzo milione. La terza è la categoria dei professionisti che usano programmi applicativi già fatti, come quelli per la videoscrittura, il foglio elettronico, l'archiviazione di dati e documenti. Anche questi non hanno bisogno di meraviglie tecnologiche, ma un buon video a colori può rendere più piacevole il lavoro di ufficio. Angelo Raffaele Meo Politecnico di Torino


MOSTRA ITINERANTE Un treno carico di radio antiche
Autore: M_COR

ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA, MOSTRE
NOMI: MARCONI GUGLIELMO
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 097

UN treno carico di radio percorrerà la penisola nel nome di Guglielmo Marconi. Un tragitto a tappe nelle più grandi città italiane per celebrare il centenario della telegrafia senza fili. Un mondo di telefoni, apparecchi radiotelegrafici, centralini da campo e militari di diverse nazionalità, telescriventi radiogoniometri, ponti radio e radar per conoscere l'evoluzione dei mezzi di comunicazione. Il tutto nella mostra, divisa in venti sezioni, che ospita dagli strumenti primordiali a quelli usati nel secondo conflitto mondiale. Ma il mondo di Marconi percorrerà sulle rotaie in lungo e in largo la nostra penisola solo dai primi di marzo. Fino ad allora chi volesse conoscere la storia della comunicazione senza fili dovrà recarsi al Museo delle navi di Nemi, nella zona dei Castelli, provincia di Roma. Ci sono voluti quindici convogli militari, messi a disposizione dallo Stato maggiore dell'esercito per trasportare le oltre venti tonnellate di materiale raccolto grazie alla passione del colonnello Francesco Cremona. «Fu un soldato tedesco durante la seconda guerra mondiale - racconta Cremona - a donarmi il primo pezzo della collezione». E da quel pezzo, un telefono, è stata costruita un po' per volta la collezione che per se stessa costituisce, a pieno titolo, un museo della delle telecomunicazioni. «Man mano - continua Cremona - ho raccolto per il mondo ogni genere di apparecchiatura». Tra le curiosità della collezione ci sono anche mezzi usati dai servizi segreti. Dieci valigie per spionaggio e controspionaggio con radio, macchine codificatrici e kit da guerra elettronica. Tanti trucchi del mestiere degli 007 internazionali. «Una mostra - commenta Franco Pontini, uno degli organizzatori - che è il giusto omaggio a Guglielmo Marconi e alla sua creatura». (m. cor)


PLANETARI Cielo finto o cielo vero?
Autore: PRESTINENZA LUIGI

ARGOMENTI: ASTRONOMIA
NOMI: VANIN GABRIELE
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

OSSERVATORIO pubblico o planetario? La sempre più larga diffusione di strutture didattiche e divulgative, mirate alla scuola e al gran pubblico, pone oggi questo interrogativo. Gli Osservatori civici, da non confondere con quelli professionali, gestiti dallo Stato o dalle Università e presidiati da astronomi professionisti, sono un importante strumento culturale, là dove non esistono osservatori statali o non c'è, da parte di questi, la possibilità di dedicare del personale alla divulgazione. Alcuni osservatori (Catania, Napoli, Teramo, Torino) ci riescono, altri no. Dove questo non si verifica, o accade di rado, ecco sorgere le specole civiche, come quelle di Brescia o di Varese. Gabriele Vanin in una sua bella pubblicazione ne elenca 34, dalle Alpi alla Sicilia, ma altre iniziative sono in via di sviluppo. Talune prevedono che accanto al già realizzato osservatorio sorga il planetario, ed è il caso esemplare di San Giovanni in Persiceto (Bologna); in altri casi (Crespano del Grappa), accanto all'osservatorio esiste già il planetario, in altri ancora (Ravenna, Modena), il planetario è all'opera già da anni e si va dotandolo anche di telescopi per l'osservazione diretta, che sarà sempre meglio della più bella immagine su carta patinata. Ma non sempre è possibile, per varie ragioni, economiche o di sito, raggiungere il «top» dei casi appena citati: ed ecco proporsi l'interrogativo da cui siamo partiti, fermo restando che l'ideale sarebbe che le due strutture fossero sempre gemellate. Non c'è dubbio che dal planetario si ricava, soprattutto per la didattica, una visione più completa e organica dell'insieme del firmamento e del suo presentarsi nelle varie ore, stagioni e latitudini. A ciò bastano anche i modesti proiettori collocati negli istituti nautici: qui l'esigenza preponderante è quella scolastica ma non mancano casi in cui l'accesso al pubblico, per gruppi di altre scuole o di appassionati, è consentito. Ancora più suggestiva è l'impressione che si ricava dai planetari grandi e medi, dotati di cupole dagli 8 metri in su (fino ai 20 del planetario «Hoepli» di Milano), con l'impiego di proiettori perfezionati e (per molti strumenti moderni) in grado di assicurare vere e proprie simulazioni di fenomeni celesti o degli affascinanti viaggi di esplorazione delle sonde fotografiche, o di ricostruire la superficie di un pianeta. Il successo di quest'ultima generazione di planetari di caratteristiche spettacolari va al di là della stessa divulgazione astronomica per divenire, come a Parigi, in Svizzera, Stati Uniti, Giappone, un intrattenimento culturale. A ciò si arriva con l'impiego di fibre ottiche a controllo numerico e gestione informatica, o trasferendo le immagini da uno schermo ad altissima risoluzione sulla cupola del planetario. I planetari importanti e funzionanti in Italia sono, per il momento, solo 4 (Milano, Ravenna, Modena e Venezia) ma via via li affiancano strutture più piccole e talvolta realizzate da astronomi non professionisti (Venezia) o da tecnici al di fuori del giro delle grandi case dell'ottica, come la Zeiss, la giapponese Goto e altre. Uno dei planetari maggiori dovrebbe sorgere in Sicilia, a Caltagirone (Catania), con cupola di 14 metri e osservatorio astronomico annesso se la Regione, in passato famosa per le sue iniziative faraoniche, troverà i soldi per un'opera di così grande significato educativo. Sicuramente più contenuto (sul centinaio di milioni se il terreno necessario viene concesso) l'esborso richiesto dalla struttura minima di un osservatorio civico, con la sua cupoletta di 4-5 metri (che può essere surrogata da un tetto scorrevole, per un edificio a pianta quadrata) e un paio di stanze annesse come officina e laboratorio fotografico. Per attrezzarlo, non occorre più di un telescopio (riflettore) di 35-40 centimetri, che consente di contenere le dimensioni della cupola. Un caso felice, ma non è il solo, è dato dall'Osservatorio di Campocatino (Frosinone), dove una vecchia casa cantoniera a 1500 metri, ristrutturata dalla Provincia, grazie al contributo della Regione Lazio è stata dotata di un telescopio di 80 centimetri, ottimamente costruito e installato, con guida computerizzata e la struttura di un vero osservatorio alle spalle. Campocatino è affidata all'Unione astrofili frusinati, ed è questa la soluzione più frequentemente scelta e producente; ma le iniziative in materia possono venire anche da scuole, da comunità religiose (è il caso di Crespano e del planetario di Amelia), come pure dallo slancio di privati (Agrifoglio, presso Monreale) o da iniziative popolari, come è accaduto a San Giovanni in Persiceto, col contributo dell'intero paese: una lezione per la burocrazia ministeriale, comunale, universitaria che ha lasciato sfrattare l'antico Planetario di Roma dalla cupola di S. Maria degli Angeli, senza trovargli più una sede. Non dimentichiamo che un planetario costa, in genere, meno di un megashow televisivo: con la differenza che dura lunghi anni, come patrimonio qualificante di una città. Luigi Prestinenza


TOKYO-PARIGI IN TRE ORE Ecco l'aereo del 2010 Sarà 5 volte più veloce del suono
Autore: BOFFETTA GIAN CARLO

ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA, TECNOLOGIA, PROGETTO
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

IL governo giapponese ha deciso tre anni fa di assumere un ruolo guida nello sviluppo del futuro aereo ipersonico commerciale e ha pianificato un massiccio investimento per i prossimi otto anni su tre programmi. Il primo riguarda la ricerca di nuovi materiali, il secondo la cellula del velivolo e il terzo, il più importante, lo sviluppo del motore. Proprio la disponibilità di questi fondi ha vinto l'iniziale resistenza delle quattro aziende motoristiche più importanti del mondo e dei loro governi ad associarsi al Giappone, che non può vantare esperienza nel campo dei motori aeronautici più avanzati. Si temeva, e sicuramente avverrà, un flusso di tecnologie e know-how fra i più sofisticati, da Usa ed Europa al Giappone. Ora - potenza del denaro - un gruppo di aziende del Sol Levante, coordinate nel consorzio Hypr, lavora in situazione di parità con General Electric, Pratt e Whitney, Rolls Royce e Snecma su un motore a ciclo combinato turbofan-ramjet, per un velivolo da trasporto a Mach 5 e oltre (1 Mach equivale alla velocità del suono, circa 1100 chilometri all'ora). Si tratta di un motore «coassiale», un turbofan all'interno di un ramjet. Dal decollo fino a Mach 2,5 dei portelli chiudono il condotto anulare posto intorno al turbofan e tutta l'aria passa attraverso quest'ultimo che produce l'intera spinta. Durante l'accelerazione da Mach 2,5 a Mach 3 i portelli si aprono lasciando fluire aria a entrambi i motori e, oltre i 3300 chilometri all'ora il turbofan è spento, l'aria gli passa intorno e il ramjet produce tutta la spinta. In questa fase di transizione si incontrano i maggiori problemi perché i portelli nelle posizioni intermedie possono disturbare il flusso dell'aria causando lo stallo di entrambi i motori. La soluzione è demandata alla General Electric, che possiede nell'Ohio l'unico laboratorio dove un motore può simulare Mach 3 in alta quota, mentre la Pratt e Whitney si occupa della stabilità della combustione del ramjet. Il turbofan, che sembrerebbe a prima vista un motore noto, pone altri grossi problemi: per funzionare bene, con un consumo specifico di 1,47 (chilogrammo di combustibile per chilogrammo di spinta all'ora) deve avere un rapporto tra l'aria che passa intorno al motore e quella che attraversa la turbina di 0,7 ma così genera un rumore inaccettabile sugli aeroporti e nei loro dintorni. Non c'è altra soluzione che aumentare il rapporto a 1,2 almeno, e ciò obbliga ad avere un motore con rapporto variabile, cioè altri meccanismi, e il conseguente aumento di peso. Inoltre la turbina deve funzionare a 1700 gradi centigradi (oggi i più moderni motori raggiungono i 1450 gradi) e il ramjet a 1900 gradi). L'alta temperatura è un problema generale per tutto l'aereo: basti pensare che l'aria gelida delle altissime quote si riscalderà fino a 1000 gradi per effetto della decelerazione all'ingresso del motore. Si pensa di raffreddare le parti più esposte con il combustibile ma ciò comporta complicazioni meccaniche e aumento di peso, mentre se si usa l'aria spillata dal compressore si aumenta il consumo e non resta allora che usare nuovi materiali, come il carbon-carbon o le ceramiche, ma il gruppo che lavora su questa ricerca ha ora dichiarato che le difficoltà che incontra sono superiori al previsto e si stanno accumulando mesi di ritardo. Un altro grosso problema sono le emissioni: funzionando a 1700 e 1900 gradi, i due motori rilascerebbero ossidi di azoto in quantità superiore a dieci volte il limite ammesso. Ma senza dubbio tutti i problemi verranno risolti e nel 2010, o poco più tardi, entrerà in servizio questo aereo da 300 posti, 450 tonnellate di peso al decollo, con una velocità massima di 6000 chilometri orari e autonomia di 6000 miglia (circa 9600 chilometri). Questo aereo avrà influenza sulla vita di tutti noi: porterà il Giappone a qualche ora dall'Europa e dagli Stati Uniti con effetti oggi difficilmente immaginabili dovuti allo scambio di conoscenze, di culture, di modo di vivere. Ciò spiega i grandi mezzi messi a disposizione e anche la lotta che i giapponesi stanno conducendo perché l'autonomia dell'aereo sia aumentata. Poiché, a causa del rumore, questo aereo dovrà volare subsonico (o poco più) sulle terre abitate, per poter esprimere tutta la sua velocità dovrà allungare la rotta da 5875 miglia a 6207 tra Tokyo e New York e passare sul Polo Nord tra Tokyo e Parigi per 6600 miglia, invece delle 5259 minime. Occorrono quindi almeno 6600 miglia di autonomia. Inoltre, per sfruttare appieno il velivolo, occorreranno aeroporti aperti 24 ore al giorno (per due viaggi andata- ritorno) con piste di 4000 metri. Non a caso il nuovo aeroporto di Kansai (Osaka) nel 1994 verrà inaugurato con 24 ore di operatività, con una pista prevista per 4000 metri e Narita è l'unico già operante con una pista di tale lunghezza. Gian Carlo Boffetta


Scaffale Wheeler John: «Gravità e spazio-tempo», Zanichelli
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: FISICA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

SE guardiamo l'universo nel suo insieme - miliardi di galassie in fuga, ognuna formata da miliardi di stelle - è la forza di gravità a dominare la scena. Si deve alla gravità se nelle stelle si creano le condizioni perché avvengano le reazioni termonucleari fonte dell'energia stellare. Ed è ancora la gravità a tenere insieme le galassie, a regolarne il reciproco allontanamento e a decidere se un giorno al Big Bang dovrà seguire un collasso dell'intero universo. La miglior teoria oggi disponibile per applicare su scala cosmica le conoscenze sulla gravitazione è la relatività generale pubblicata da Einstein nel 1916. John Wheeler, professore alla Princeton University, è tra i più autorevoli studiosi e continuatori del lavoro di Einstein. In questo bel libro divulgativo i concetti di curvatura dello spazio, di onde gravitazionali, di buchi neri diventano facilmente comprensibili senza per questo rinunciare all'approfondimento.


Scaffale Autori vari: «Microbiologia», Bollati Boringhieri
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: BIOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

Il fascino della microbiologia è fortissimo. Non è necessario essere medici per provare curiosità verso queste minuscole forme di vita che hanno enorme importanza, nel bene e nel male, per ogni altra specie esistente sulla Terra. Questo trattato, opera di sette specialisti, ora in edizione profondamente rinnovata, può quindi essere letto con interesse da chiunque abbia almeno la base culturale di una scuola media superiore: scoprirà che le forme di vita invisibili a occhio nudo sono il vero fondamento su cui poggia tutta la biologia, uomo incluso.


Scaffale Poincarè Jules Henri: «Scritti di fisica-matematica», Utet
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: MATEMATICA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

Il matematico francese Jules Henri Poincarè, pur essendo nato nel lontano 1854 e morto nel 1912, è uno dei grandi padri della fisica contemporanea. Basti dire che risalgono a lui alcuni fondamenti della geometria non euclidea, del calcolo delle probabilità e della meccanica quantistica. Lo stesso Einstein non sarebbe stato Einstein senza i contributi di Poincarè. Benvenuta, dunque, la pubblicazione dei suoi scritti di fisica- matematica nei Classici della scienza della Utet. Certo, la lettura completa del testo non è per tutti. Ogni lettore deciderà se limitarsi alle parti discorsive o affrontare le pagine cosparse di formule. Per tutti è tuttavia la scorrevole e ampia introduzione scritta da Ubaldo Sanzo.


Scaffale Bang Preben: «Guida alle trac ce degli animali», Zanichelli
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: ZOOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

Sono sempre più numerosi gli amanti della natura che desiderano andare personalmente alla scoperta degli animali nel loro habitat, senza disturbarli, ma con intenti di osservazione e di studio. Questo manuale tratta tutti i vari tipi di tracce (orme, tane, resti di pasti, escrementi) lasciate da mammiferi e uccelli europei. Belle e utilissime le illustrazioni.


Scaffale Vanin Gabriele: «Osservatori pubblici: guida alla gestione» , Biroma Editore
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: ASTRONOMIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

Ci sono ormai in Italia circa cento Osservatori pubblici o gestiti da associazioni di astrofili. E' la prova che l'astronomia, oltre a un grande fascino, ha un forte potenziale didattico, che può essere sfruttato per introdurre al metodo scientifico e alla scienza in generale un pubblico molto vasto, soprattutto giovanile. Gabriele Vanin, uno degli appassionati di astronomia più preparati in Italia, ha fatto dunque molto bene a scrivere un libro che raccoglie tutte le nozioni e i consigli utili per un efficace funzionamento di questi Osservatori. Scelta del sito (sempre più difficile a causa dell'inquinamento luminoso), del telescopio, dei corpi celesti da osservare sia a occhio nudo sia con strumenti ottici di varia portata, sono i temi principali affrontati. Un lavoro, questo, che colma una lacuna della nostra editoria e che risulterà prezioso non soltanto per le associazioni ma anche per i singoli astrofili. Piero Bianucci


«VEGA» Un razzo tutto italiano
ORGANIZZAZIONI: BPD VEGA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

L'ITALIA è a un passo dall'autonomia nel campo spaziale. Dispone di una base di lancio: il poligono «San Marco», al largo della costa del Kenya, realizzato e gestito con dedizione assoluta da Luigi Broglio per un quarto di secolo. E' pronto il progetto di un razzo chiamato «Vega» i cui motori sono già stati sperimentati con successo. E c'è una clientela potenzialmente molto vasta per questo lanciatore che potrebbe mettere in orbita a basso costo carichi piccoli e medi. Manca una cosa sola: la decisione dell'Asi, l'Agenzia spaziale italiana, per chiudere il cerchio e dare il via alla realizzazione del vettore con tutti i vantaggi strategici e industriali che ne seguirebbero. Ma è noto che l'Asi, ora commissariata, è praticamente paralizzata dalla sua fondazione. Ai danni di una gestione infelice si assommeranno nel '94 gli inevitabili tagli alla spesa pubblica e quindi alla ricerca, con il rischio che l'Italia rimanga - appunto - a un passo dall'autonomia spaziale, ma senza raggiungerla. L'ultima parola è a un «comitato di saggi» che dovrebbe pronunciarsi nei prossimi giorni. «Vega» potrebbe essere pronto entro tre anni. Il suo sviluppo e la sperimentazione alla Bpd (Gruppo Gilardini) sono in fase avanzata. Sarebbe il vettore ideale per i piccoli satelliti destinati alla telefonia cellulare come i 77 della Motorola: per questi satelliti, infatti, i lanciatori più grandi, come lo shuttle, i «Delta» o l'«Ariane», sono troppo costosi.


CHIMICA & FISICA Quell'esotica radioattività
Autore: VOLPE PAOLO

ARGOMENTI: FISICA, ENERGIA
NOMI: CURIE MARIE, CURIE PIERRE
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

A quasi un secolo di distanza dalla prima scoperta della radioattività naturale nuove forme di trasformazione dei nuclei pesanti vengono alla luce, grazie a mezzi tecnici di rivelazione sempre più sensibili. Oggi i ricercatori stanno studiando una forma di radioattività di recente scoperta che per la sua assoluta singolarità è stata definita «esotica». Il fenomeno della radioattività è stato sviscerato per un secolo portando a fondamentali scoperte come quella della radioattività artificiale, che tanto peso ha nelle applicazioni. Ma per quanto riguarda i fenomeni naturali, più importanti dal punto di vista geofisico, l'unica novità prima degli Anni Ottanta era stata l'individuazione della fissione spontanea. In pratica fino ad una decina d'anni fa le forme di trasformazione naturale conosciute erano quattro: i decadimenti alfa, beta e gamma la cui scoperta risale alla fine del secolo scorso e la fissione spontanea, nota dalla metà degli Anni Trenta. Mentre i decadimenti beta e gamma comportano da parte del nucleo emettitore una variazione di massa piccola o nulla, il decadimento alfa e la fissione spontanea hanno una qualche affinità fra loro consistendo in un vero e proprio spezzarsi del nucleo: nel primo caso il frammento emesso è piccolo: quattro unità di massa da un nucleo che ne ha più di duecentodieci; nel secondo caso il frammento emesso varia preferibilmente tra ottanta e cento unità di massa, tanto che quel che rimane non è molto più grosso: da centoquaranta a centosessanta unità. Questa differenza soltanto quantitativa fra i due fenomeni ha spinto fin dal 1980 una equipe di scienziati dell'Est europeo, Poenaru e collaboratori, a cercare di interpretare l'emissione alfa come una fissione fortemente asimmetrica con una teoria unificatrice che, come conseguenza, comporta la possibilità di emissione di frammenti intermedi fra la massa quattro (quella della particella alfa) e le masse tipiche emesse invece nei processi di fissione. Senza sapere degli studi di Poenaru, due scienziati statunitensi, Rose e Jones, usando uno spettrometro ad altissima sensibilità individuarono nel 1984 nel radio-223 una emissione lenta, ma ad energia molto elevata (cinque-sei volte quella con cui vengono emesse le alfa) di atomi di carbonio 14. La scoperta era talmente sorprendente che il fenomeno fu subito chiamato «radioattività esotica». Secondo un vecchio modello, non molto diffuso ma con qualche fondamento di verità, nei nuclei pesanti esistono preformati agglomerati multipli di quattro unità di massa: un'altra stranezza del fenomeno osservato era quindi che non fosse emesso il carbonio- 12 ma il 14. Purtuttavia l'emissione di carbonio-14 ad alta energia da parte del radio- 223 è stata confermata da Gales e collaboratori a Orsay ed a Berkeley, dove il gruppo di Price l'ha individuata anche nel radio-222 e nel radio-224. Studi ancora più recenti, tuttora in svolgimento, hanno permesso di osservare altri tipi di radioattività esotica: dal torio-230, dal protoattinio- 231 e dall'uranio-232 vengono emessi nuclei di neon-24; dall'uranio-234 e dal plutonio- 236 si ha il magnesio-28 e finalmente dal plutonio-238 fuoriesce il silicio-32. In tutti questi casi si nota come le masse dei nuclei residui, date dalle differenze tra le masse dei nuclei emettitori e quelle dei nuclei emessi, siano sempre 206 o 207 o 208; l'elemento risultante è quindi sempre il piombo nelle sue tre forme isotopiche più abbondanti, che rappresentano anche i nuclei stabili più pesanti reperibili in natura. Da questa osservazione si individua il meccanismo insito nella radioattività esotica: essa tende a trasformare nuclei troppo pesanti e poco coerenti in nuclei stabili. E' la stessa strategia che provoca i decadimenti alfa successivi, con i quali gli elementi instabili pesanti si trasformano in piombo eliminando quattro unità di massa per volta. Ora si sa che alcuni nuclei di questi elementi (pochi in verità, perché la radioattività esotica è molto lenta) prendono una scorciatoia per arrivare al piombo con un solo balzo. Proprio lo scopo della trasformazione (oltre naturalmente ad altre osservazioni più profonde) fa sì che la radioattività esotica sia più assimilabile al decadimento alfa che alla fissione spontanea, nella quale i


IL SANGUE Trenta modi diversi per salvare la vita
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 099

Finora non è stata trovata nessuna sostanza che possa sostituire il sangue e la trentina di medicinali che se ne possono estrarre, i cosiddetti emoderivati. Il compito del sangue è quello di mantenere costante l'ambiente in cui gli altri tessuti vivono e svolgono le loro funzioni. Il sangue circola grazie all'azione di una pompa (il cuore) e di un sistema di vasi (vene e arterie). Ma deve mantenersi liquido. Il meccanismo che gli consente di comportarsi come fluido all'interno dei vasi e come solido al di fuori di essi, mediante il fenomeno della coagulazione (che blocca perdite esterne), è un delicatissimo equilibrio dinamico tra fattori coagulanti e anticoagulanti. Essendo il sangue un tessuto, la sua trasfusione da un soggetto all'altro deve essere considerata un vero e proprio trapianto. Di solito si tende a sorvolare su questo aspetto, perché tecnicamente la trasfusione non presenta problemi e il rigetto avviene sì invariabilmente, ma dopo che il paziente ha potuto beneficiare dell'emoglobina trasfusa, ricominciando a produrla da solo. Diversa è l'intolleranza tra sangue di gruppi diversi. La popolazione è infatti divisa in otto gruppi (A, B, Rh e così via), in base agli antigeni comuni. Le trasfusioni devono avvenire all'interno dello stesso gruppo, perché la reazione da sangue incompatibile è pericolosa.


STRIZZACERVELLO Tiro con l'arco Sei frecce ciascuno
Autore: PETROZZI ALAN

ARGOMENTI: GIOCHI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 099

Tiro con l'arco Sei frecce ciascuno Ammettiamo che vi capiti di assistere a una gara di tiro con l'arco nella quale ogni arciere in gara scaglia sei frecce verso un bersaglio che presenta quattro anelli concentrici numerati da 1 a 4 partendo dall'interno verso l'esterno. Ammettiamo che la classifica finale veda al primo posto Andrea con 165 punti, al secondo posto Bruno con 100 e al terzo Carlo con 80. Sapendo che Andrea ha colpito con due frecce sia l'anello 1 che il 2 e con una freccia il 3 e il 4, che Bruno ha colpito con tre frecce l'anello 4 e con una ciascuno gli altri tre anelli e Carlo ha colpito con due frecce gli anelli 2, 3 e 4, sapreste dire qual è il punteggio assegnato a ciascuno dei tre anelli (che avranno valori crescenti a partire dall'anello 4)? La soluzione come sempre domani, accanto alle previsioni del tempo. (A cura di Alan Petrozzi)


LA PAROLA AI LETTORI Un'elica per dividere l'angolo in tre
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 099

Perché si considera impossi bile trisecare un angolo di verso da 180 o 360? Il problema della divisione di un angolo in tre parti è famoso fin dall'antichità, quando si scoprì che non può essere risolto con riga e compasso, cioè con rette e circoli. Graficamente, il problema può invece essere risolto ricorrendo ad alcuni tipi di curva, come l'iperbole, l'elica, la quadratrice, la concoide e forse anche la chiocciola, che si tracciano con speciali strumenti. L'enunciazione analitica della trisezione dell'angolo è invece un'equazione che, per il teorema di Moivre (un matematico inglese del XVII secolo) non può essere ridotta nel prodotto di due polinomi a coefficienti razionali, e quindi dovrebbe essere possibile esprimere una sua radice in funzione razionale di coseno alfa e seno alfa. Dopo vari procedimenti matematici, si arriva alla conclusione che «x elevato al cubo = coseno alfa più seno alfa» è irriducibile, cioè non può risolversi con un numero finito di radici quadrate, epperò la trisezione non è eseguibile, in via generale, con riga e compasso. Nicola Bizzo, Biella Se dopo aver ingerito un me dicinale liquido si beve del l'acqua, le sostanze curative contenute nell'acqua perdo no efficacia, dato che vengo no diluite? Assolutamente no, perché la quantità di medicinale assunta è sempre la stessa, che si beva acqua o no. Si possono citare come esempio due abitudini molto diffuse nella vita di tutti i giorni. Si vedono spesso nei bar persone che subito dopo un caffè bevono dell'acqua, convinte di assimilare in questo modo meno caffeina. Per ottenere l'effetto desiderato, dovrebbero invece versar via parte del caffè e sostituirlo con altrettanta acqua (meglio se calda]). La stessa cosa succede (e anche peggio) a chi ordina un caffè «lungo». In questo caso, la quantità di caffeina assunta è ancora maggiore perché l'acqua in più che passa attraverso il filtro asporta la residua caffeina, che altrimenti sarebbe rimasta nei fondi del caffè. Aldo Bertolotto Savona La lana di vetro è una sostan za pericolosa? E' possibile che provochi tumori o malat tie polmonari? La lana di vetro è costituita da fibre di vetro, che sono fibre minerali artificiali, con la caratteristica di fratturarsi trasversalmente, riducendosi così in spezzoni di minor lunghezza ma con lo stesso diametro. Per tale motivo, pur essendo considerate pericolose e richiedendo precauzioni da parte degli addetti alla lavorazione e all'uso, risultano meno pericolose delle fibre d'amianto (fibre minerali naturali), che si fratturano invece longitudinalmente, trasformandosi così in fibre sempre più fini e facilmente inalabili con la respirazione. Quanto agli effetti nocivi per la salute, la lana di vetro è stata considerata, in base agli studi della IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro), di «inadeguata evidenza di cancerogenicità» per l'uomo, mentre sono stati riscontrati effetti più evidenti sugli animali da laboratorio. In relazione agli effetti polmonari, sono state invece riscontrate, con certezza di casualità, opacità dei polmoni e alterazioni della funzione respiratoria. Luigi Omodei Zorini Vercelli Perché alcune merci, come le uova o i bottoni, si contano a dozzine? Perché il numero 12 ha un numero di divisori relativamente elevato. Una quantità di merce espressa in dozzine può essere facilmente suddivisa in 2, 3, 4 o 6 parti, facilitando così sia il confezionamento sia l'utilizzo. Cosa che non accade con il numero dieci. Ci sono quindi vantaggi di tipo commerciale. Michele Andreoli Borgaro Torinese Perché gli animali, anche quando provano dolori atro ci, non perdono conoscenza? Perché percepiscono il dolore in maniera meno violenta di noi: la loro soglia dolorifica è infatti superiore alla nostra. Gianni Sarto, Imperia


CHI SA RISPONDERE?
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 099

QCome fa il sapone a pulire? QPerché il ghiaccio a volte scivola di mano, altre volte invece si attacca alle dita? QCome fanno le mosche a camminare a zampe all'insù sul soffitto? QQuali specialità rientrano nel pentathlon? Con quale criterio furono scelte? Sono diverse, per uomini e per donne? _______ Risposte a: «La Stampa - Tuttoscienze», via Marenco 32, 10126 Torino. Oppure al fax numero 011-65.68.688


CHE COSA RESPIRIAMO Caccia ai veleni invisibili Nella nebbia si trova persino la caffeina
Autore: NATALE PAOLO, GROSA MAURO

ARGOMENTI: CHIMICA, ECOLOGIA, INQUINAMENTO, ATMOSFERA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 097

NEANCHE Agatha Christie nel più classico dei suoi gialli avrebbe potuto immaginare che il killer inafferrabile non si nascondesse nella nebbia londinese, ma fosse la nebbia stessa. Spieghiamoci. Nell'inverno del 1953 a Londra ci furono 4000 morti da inquinamento dell'aria. L'ipotesi di un potenziamento degli effetti inquinanti dovuto alla nebbia rimase per molti anni un'ipotesi ragionevole ma non provata sperimentalmente. Gialli ecologici come quello di Londra non sono eccezionali, anche se per fortuna solo raramente hanno conseguenze così tragiche. Pensiamo alla vicenda dei malesseri che nei giorni scorsi hanno colpito qualche centinaio di napoletani: tutti abbiamo visto come sia stato difficile trovare il vero colpevole, dapprima sbrigativamente individuato nel traffico automobilistico. Un campionatore capace di raccogliere grossi volumi di aerosol sotto forma di nebbia o di nuvole basse lungo le pendici montuose (progetto del Cnr e finanziamento dell'Enel) consente ora una rivisitazione del lontano dramma londinese e, anche in un caso come quello di Napoli, offre un originale strumento di indagine in grado di darci informazioni su composti diffusi nell'aria in concentrazioni così basse da non essere rilevabili con tecniche normali. Il campionatore, individuata la nebbia con opportuni sensori, attiva un potente sistema di aspirazione che porta le gocce di aerosol ad una serie di fili di teflon ai quali le gocce aderiscono sino a quando, raggiunte dimensioni sufficienti, per il peso cadono in un sistema di raccolta. Gli aspetti sorprendenti che offre il liquido ottenuto sono le concentrazioni particolarmente alte degli ioni inorganici presenti nella soluzione e talora la varietà singolare e assolutamente imprevedibile delle sostanze organiche individuate. La gocciolina di nebbia si forma intorno a un nucleo di condensazione che ne costituisce in qualche modo l'inevitabile «peccato originale». Poi la goccia discioglie i gas o vapori solubili che raccoglie (biossido di azoto e di zolfo, ammoniaca, aldeidi). Ipotizzando un aerosol contenente 200 milligrammi di acqua per metro cubo di aria e le cui condensazioni abbiano un diametro medio di 20 micron, la superficie di contatto dell'aerosol risulta 150 centimetri quadrati per ogni metro cubo di aria, il che spiega l'efficacia della captazione delle sostanze solubili in fase gassosa. Alla dissoluzione fanno seguito complesse reazioni con produzione finale, tra gli altri composti, di acidi solforico e nitrico. Gli acidi vengono poi in parte neutralizzati da eventuali sostanze basiche disciolte col medesimo meccanismo; l'acidità finale dipende dalle abbondanze relative dei due gruppi. Poiché la nebbia è un fenomeno che avviene vicino al suolo, dove abbondano gli inquinanti, e in assenza di vento, condizioni che accentuano l'accumulo di inquinanti, il risultato è che le concentrazioni degli ioni inorganici più comuni sono nella nebbia da 3 a 30 volte maggiori di quanto avviene per la pioggia, e sono paragonabili a scarichi industriali non depurati (50-100 milligrammi per litro per gli ioni più significativi). Nonostante l'abbondanza di precursori acidi la soluzione mediamente non risulta, in Val Padana, particolarmente acida (pH medio su 23 eventi seguiti a Torino, circa 4) per la presenza di concentrazioni molto alte di ione ammonio, che ha un effetto neutralizzante. L'abbondanza insolita di questa sostanza è stata confermata da altri ricercatori in varie località della Val Padana ed è probabilmente dovuta all'abbondanza di materiali organici in putrefazione. Ipotizzando nel caso londinese del 1953 per la maggior parte degli ioni concentrazioni simili a quelle sperimentali medie individuate nei nostri studi, ma con concentrazioni in aria di biossido di zolfo simili a quelle descritte nell'evento londinese, e ipotizzando che tutto l'inquinante si fosse disciolto e poi convertito in acido, nella nebbia, questa avrebbe assunto un'acidità di 1,9 unità di pH. La nebbia londinese sarebbe cioè divenuta un aerosol nettamente acido per acido solforico concentrato, un forte irritante delle vie respiratorie. La presenza di questo irritante può agevolmente spiegare, con la persistenza di tre giorni del fenomeno, sia i fenomeni di sofferenza respiratoria sia la morte di persone già debilitate. La politica di disinquinamento perseguita negli Anni 70-80 nei confronti dei combustibili ad alto contenuto di zolfo ha scongiurato l'eventualità che eventi come quello londinese potessero verificarsi nel nostro Paese. Il meccanismo di captazione delle gocce di nebbia consente infine di individuare componenti presenti in traccia, ma interessanti sotto il profilo della conoscenza della diffusione o utilizzabili come indicatori di specifiche sorgenti. La sensibilità che si riesce a ottenere è molto alta sia perché vengono trattati volumi di gas molto maggiori (fino a 20 mila metri cubi al giorno) di quanto avvenga con i consueti campionatori, sia per la possibilità di concentrare ulteriormente i prodotti presenti in soluzione. A causa dell'assenza di vento, nella nebbia i composti captati vengono da luoghi vicini; le informazioni desumibili in termini di prodotti di origine industriale sono quindi circoscritte a un territorio di pochi chilometri intorno al punto di prelievo e riflettono emissioni locali e a bassa quota. Per esempio, tra le sostanze individuate in un'area a Nord della periferia industriale torinese troviamo composti della famiglia degli ftalati, la caffeina, lo zolfo elementare, il dixantogeno, il dinitro clorobenzene. Gli ftalati sono un gruppo di composti assai diffusi utilizzati come plastificanti; la seconda sostanza è riconducibile alla fase di tostatura effettuata dall'industria produttrice di un celebre caffè, il terzo e quarto prodotto sono usati nella vulcanizzazione della gomma, attività centrale di un insediamento produttivo nell'area in esame; l' ultimo composto, di cui stiamo cercando il «genitore», è usato in varie sintesi chimiche. Paolo Natale Mauro Grosa


TRA GIOCO E LAVORO Natale con un computer Un regalo per grandi e piccoli che può essere divertente, istruttivo e utile ma nello stesso tempo costare poco: purché non si rincorra l'ultima moda
Autore: MEO ANGELO RAFFAELE

ARGOMENTI: INFORMATICA, ELETTRONICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 097

ARRIVA il Natale, e amici e colleghi mi interrogano: «Che tipo di calcolatore mi conviene regalare a mio figlio? Che computer mi può aiutare nella gestione familiare?». Prima dei consigli, conviene ripassare l'elenco delle più importanti caratteristiche tecniche di un calcolatore per meglio comprendere le offerte del mercato. Mi limiterò ai personal computer perché il caso del genitore che voglia regalare al figlio un supercomputer da dieci miliardi è probabilmente raro. Ogni calcolatore ha un'unità centrale di calcolo, detta «microprocessore»: un circuito integrato di pochi centimetri di lunghezza che contiene i registri fondamentali della macchina, i circuiti che eseguono le operazioni aritmetiche e quelli che controllano il funzionamento dell'intero calcolatore. Nella storia del personal computer si sono rapidamente succeduti i microprocessori 8088, 8086, 80286, 80386, 80486, in ordine di potenza di elaborazione crescente. Per gli intimi gli ultimi tre sono anche chiamati 286, 386, 486; la sigla è spesso accompagnata da specificazioni del tipo di Slc, Sx, Dx, in ordine di potenza crescente. Il «cuore» del processore può battere a velocità diverse, che sono dell'ordine dei milioni di colpi al secondo. Ad esempio, un processore con «clock» a 25 MHz (Mega hertz) batte 25 milioni di colpi al secondo. Lo stesso processore è tanto più veloce quanto più veloce batte il suo cuore. Ogni calcolatore ha due memorie: una centrale e una periferica. La memoria centrale è molto veloce, lavora in miliardesimi di secondo, ma è costosa. Per questo la memoria centrale è utilizzata soltanto per i dati che nel corso di un certo programma devono essere letti o scritti frequentemente, mentre i grossi archivi sono contenuti nella memoria periferica, che ha tempi di accesso molto più lunghi. Quando si deve eseguire un programma su un insieme di dati, prima sia il programma sia i dati vengono trasferiti dalla memoria periferica alla memoria centrale. Soltanto dopo questo trasferimento, il programma potrà essere eseguito. Nei cataloghi e nelle inserzioni pubblicitarie, la memoria centrale è chiamata Ram («Random access memory»: memoria ad accesso casuale), per ricordare, non troppo propriamente, che qualunque dato può essere richiamato nello stesso tempo indipendentemente dalla sua posizione nella memoria. Si trovano poi sigle del tipo Ram 2Mb o 4Mb: indicano che la memoria centrale è costituita da 2 o 4 megabyte, ossia 2 o 4 milioni di caratteri. Un calcolatore è tanto più veloce quanto più grande è la sua memoria centrale, ma di norma un megabyte è sufficiente. Solo se si intende utilizzare il sistema operativo Windows è bene avere una memoria centrale di almeno 2 milioni di byte. La memoria periferica è costituita prevalentemente da due tipi di unità: il disco magnetico flessibile, il ben noto «floppy disk», e il disco rigido, o «hard disk», che è meno noto perché è nascosto entro la macchina e non è estraibile. Un floppy disk ha oggi una capacità standard di 1,44 Mb, ossia un milionequattrocentoquarantamila caratteri, ma è già iniziata la vita delle unità da 2,88 Mb. Macchine della generazione precedente montavano ovviamente floppy disk di capacità inferiore. La capacità dello hard disk è molto variabile, e può raggiungere in un personal computer anche 300 Mb. Per i principianti tuttavia 40 Mb sono quasi sempre sufficienti. Un'altra specifica riguarda il sistema operativo, ossia l'insieme dei programmi di base incorporati nella macchina che consentono la gestione globale delle risorse di elaborazione e il colloquio con l'operatore. Per molte applicazioni, come l'insegnamento dei fondamenti della programmazione, è sufficiente il Dos; se questo è il vostro caso, scegliete uno delle ultime versioni che incorpori il traduttore del Basic. Per le applicazioni grafiche si raccomanda invece Windows, che fornisce simpatiche interfacce a icone. Tentiamo ora qualche consiglio di carattere generale. I nuovi utenti del calcolatore possono essere grossolanamente classificati in tre categorie principali. La prima è la categoria dei videogiocatori, piccoli e grandi. Questi non hanno bisogno di una stampante ma sognano una macchina di fascia alta, col microprocessore del tipo 80486 e una grafica molto raffinata (Vga o Super Vga). Molti sostengono oggi l'importanza formativa e sociologica del videogioco; sinceramente non ne sono convinto e ritengo che i benefici del videogioco siano modesti rispetto alla crescita culturale che lo studio dell'informatica può permettere. La seconda è la categoria, da me prediletta, di quanti, bambini, ragazzi e anche adulti, vogliano imparare i concetti fondamentali dell'informatica e della programmazione. Questi non hanno bisogno di un elaboratore recente. Qualunque modello, anche superato, può essere utile come l'ultimo gioiello tecnologico, purché lo si doti di una stampantina, anche di pessima qualità. Il criterio fondamentale che deve guidare nella scelta è quindi quello economico. Consiglio l'acquisto proposto da qualche fornitore di ottimi modelli della famiglia 80286 per circa mezzo milione. La terza è la categoria dei professionisti che usano programmi applicativi già fatti, come quelli per la videoscrittura, il foglio elettronico, l'archiviazione di dati e documenti. Anche questi non hanno bisogno di meraviglie tecnologiche, ma un buon video a colori può rendere più piacevole il lavoro di ufficio. Angelo Raffaele Meo Politecnico di Torino


MOSTRA ITINERANTE Un treno carico di radio antiche
Autore: M_COR

ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA, MOSTRE
NOMI: MARCONI GUGLIELMO
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 097

UN treno carico di radio percorrerà la penisola nel nome di Guglielmo Marconi. Un tragitto a tappe nelle più grandi città italiane per celebrare il centenario della telegrafia senza fili. Un mondo di telefoni, apparecchi radiotelegrafici, centralini da campo e militari di diverse nazionalità, telescriventi radiogoniometri, ponti radio e radar per conoscere l'evoluzione dei mezzi di comunicazione. Il tutto nella mostra, divisa in venti sezioni, che ospita dagli strumenti primordiali a quelli usati nel secondo conflitto mondiale. Ma il mondo di Marconi percorrerà sulle rotaie in lungo e in largo la nostra penisola solo dai primi di marzo. Fino ad allora chi volesse conoscere la storia della comunicazione senza fili dovrà recarsi al Museo delle navi di Nemi, nella zona dei Castelli, provincia di Roma. Ci sono voluti quindici convogli militari, messi a disposizione dallo Stato maggiore dell'esercito per trasportare le oltre venti tonnellate di materiale raccolto grazie alla passione del colonnello Francesco Cremona. «Fu un soldato tedesco durante la seconda guerra mondiale - racconta Cremona - a donarmi il primo pezzo della collezione». E da quel pezzo, un telefono, è stata costruita un po' per volta la collezione che per se stessa costituisce, a pieno titolo, un museo della delle telecomunicazioni. «Man mano - continua Cremona - ho raccolto per il mondo ogni genere di apparecchiatura». Tra le curiosità della collezione ci sono anche mezzi usati dai servizi segreti. Dieci valigie per spionaggio e controspionaggio con radio, macchine codificatrici e kit da guerra elettronica. Tanti trucchi del mestiere degli 007 internazionali. «Una mostra - commenta Franco Pontini, uno degli organizzatori - che è il giusto omaggio a Guglielmo Marconi e alla sua creatura». (m. cor)


PLANETARI Cielo finto o cielo vero?
Autore: PRESTINENZA LUIGI

ARGOMENTI: ASTRONOMIA
NOMI: VANIN GABRIELE
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

OSSERVATORIO pubblico o planetario? La sempre più larga diffusione di strutture didattiche e divulgative, mirate alla scuola e al gran pubblico, pone oggi questo interrogativo. Gli Osservatori civici, da non confondere con quelli professionali, gestiti dallo Stato o dalle Università e presidiati da astronomi professionisti, sono un importante strumento culturale, là dove non esistono osservatori statali o non c'è, da parte di questi, la possibilità di dedicare del personale alla divulgazione. Alcuni osservatori (Catania, Napoli, Teramo, Torino) ci riescono, altri no. Dove questo non si verifica, o accade di rado, ecco sorgere le specole civiche, come quelle di Brescia o di Varese. Gabriele Vanin in una sua bella pubblicazione ne elenca 34, dalle Alpi alla Sicilia, ma altre iniziative sono in via di sviluppo. Talune prevedono che accanto al già realizzato osservatorio sorga il planetario, ed è il caso esemplare di San Giovanni in Persiceto (Bologna); in altri casi (Crespano del Grappa), accanto all'osservatorio esiste già il planetario, in altri ancora (Ravenna, Modena), il planetario è all'opera già da anni e si va dotandolo anche di telescopi per l'osservazione diretta, che sarà sempre meglio della più bella immagine su carta patinata. Ma non sempre è possibile, per varie ragioni, economiche o di sito, raggiungere il «top» dei casi appena citati: ed ecco proporsi l'interrogativo da cui siamo partiti, fermo restando che l'ideale sarebbe che le due strutture fossero sempre gemellate. Non c'è dubbio che dal planetario si ricava, soprattutto per la didattica, una visione più completa e organica dell'insieme del firmamento e del suo presentarsi nelle varie ore, stagioni e latitudini. A ciò bastano anche i modesti proiettori collocati negli istituti nautici: qui l'esigenza preponderante è quella scolastica ma non mancano casi in cui l'accesso al pubblico, per gruppi di altre scuole o di appassionati, è consentito. Ancora più suggestiva è l'impressione che si ricava dai planetari grandi e medi, dotati di cupole dagli 8 metri in su (fino ai 20 del planetario «Hoepli» di Milano), con l'impiego di proiettori perfezionati e (per molti strumenti moderni) in grado di assicurare vere e proprie simulazioni di fenomeni celesti o degli affascinanti viaggi di esplorazione delle sonde fotografiche, o di ricostruire la superficie di un pianeta. Il successo di quest'ultima generazione di planetari di caratteristiche spettacolari va al di là della stessa divulgazione astronomica per divenire, come a Parigi, in Svizzera, Stati Uniti, Giappone, un intrattenimento culturale. A ciò si arriva con l'impiego di fibre ottiche a controllo numerico e gestione informatica, o trasferendo le immagini da uno schermo ad altissima risoluzione sulla cupola del planetario. I planetari importanti e funzionanti in Italia sono, per il momento, solo 4 (Milano, Ravenna, Modena e Venezia) ma via via li affiancano strutture più piccole e talvolta realizzate da astronomi non professionisti (Venezia) o da tecnici al di fuori del giro delle grandi case dell'ottica, come la Zeiss, la giapponese Goto e altre. Uno dei planetari maggiori dovrebbe sorgere in Sicilia, a Caltagirone (Catania), con cupola di 14 metri e osservatorio astronomico annesso se la Regione, in passato famosa per le sue iniziative faraoniche, troverà i soldi per un'opera di così grande significato educativo. Sicuramente più contenuto (sul centinaio di milioni se il terreno necessario viene concesso) l'esborso richiesto dalla struttura minima di un osservatorio civico, con la sua cupoletta di 4-5 metri (che può essere surrogata da un tetto scorrevole, per un edificio a pianta quadrata) e un paio di stanze annesse come officina e laboratorio fotografico. Per attrezzarlo, non occorre più di un telescopio (riflettore) di 35-40 centimetri, che consente di contenere le dimensioni della cupola. Un caso felice, ma non è il solo, è dato dall'Osservatorio di Campocatino (Frosinone), dove una vecchia casa cantoniera a 1500 metri, ristrutturata dalla Provincia, grazie al contributo della Regione Lazio è stata dotata di un telescopio di 80 centimetri, ottimamente costruito e installato, con guida computerizzata e la struttura di un vero osservatorio alle spalle. Campocatino è affidata all'Unione astrofili frusinati, ed è questa la soluzione più frequentemente scelta e producente; ma le iniziative in materia possono venire anche da scuole, da comunità religiose (è il caso di Crespano e del planetario di Amelia), come pure dallo slancio di privati (Agrifoglio, presso Monreale) o da iniziative popolari, come è accaduto a San Giovanni in Persiceto, col contributo dell'intero paese: una lezione per la burocrazia ministeriale, comunale, universitaria che ha lasciato sfrattare l'antico Planetario di Roma dalla cupola di S. Maria degli Angeli, senza trovargli più una sede. Non dimentichiamo che un planetario costa, in genere, meno di un megashow televisivo: con la differenza che dura lunghi anni, come patrimonio qualificante di una città. Luigi Prestinenza


TOKYO-PARIGI IN TRE ORE Ecco l'aereo del 2010 Sarà 5 volte più veloce del suono
Autore: BOFFETTA GIAN CARLO

ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA, TECNOLOGIA, PROGETTO
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

IL governo giapponese ha deciso tre anni fa di assumere un ruolo guida nello sviluppo del futuro aereo ipersonico commerciale e ha pianificato un massiccio investimento per i prossimi otto anni su tre programmi. Il primo riguarda la ricerca di nuovi materiali, il secondo la cellula del velivolo e il terzo, il più importante, lo sviluppo del motore. Proprio la disponibilità di questi fondi ha vinto l'iniziale resistenza delle quattro aziende motoristiche più importanti del mondo e dei loro governi ad associarsi al Giappone, che non può vantare esperienza nel campo dei motori aeronautici più avanzati. Si temeva, e sicuramente avverrà, un flusso di tecnologie e know-how fra i più sofisticati, da Usa ed Europa al Giappone. Ora - potenza del denaro - un gruppo di aziende del Sol Levante, coordinate nel consorzio Hypr, lavora in situazione di parità con General Electric, Pratt e Whitney, Rolls Royce e Snecma su un motore a ciclo combinato turbofan-ramjet, per un velivolo da trasporto a Mach 5 e oltre (1 Mach equivale alla velocità del suono, circa 1100 chilometri all'ora). Si tratta di un motore «coassiale», un turbofan all'interno di un ramjet. Dal decollo fino a Mach 2,5 dei portelli chiudono il condotto anulare posto intorno al turbofan e tutta l'aria passa attraverso quest'ultimo che produce l'intera spinta. Durante l'accelerazione da Mach 2,5 a Mach 3 i portelli si aprono lasciando fluire aria a entrambi i motori e, oltre i 3300 chilometri all'ora il turbofan è spento, l'aria gli passa intorno e il ramjet produce tutta la spinta. In questa fase di transizione si incontrano i maggiori problemi perché i portelli nelle posizioni intermedie possono disturbare il flusso dell'aria causando lo stallo di entrambi i motori. La soluzione è demandata alla General Electric, che possiede nell'Ohio l'unico laboratorio dove un motore può simulare Mach 3 in alta quota, mentre la Pratt e Whitney si occupa della stabilità della combustione del ramjet. Il turbofan, che sembrerebbe a prima vista un motore noto, pone altri grossi problemi: per funzionare bene, con un consumo specifico di 1,47 (chilogrammo di combustibile per chilogrammo di spinta all'ora) deve avere un rapporto tra l'aria che passa intorno al motore e quella che attraversa la turbina di 0,7 ma così genera un rumore inaccettabile sugli aeroporti e nei loro dintorni. Non c'è altra soluzione che aumentare il rapporto a 1,2 almeno, e ciò obbliga ad avere un motore con rapporto variabile, cioè altri meccanismi, e il conseguente aumento di peso. Inoltre la turbina deve funzionare a 1700 gradi centigradi (oggi i più moderni motori raggiungono i 1450 gradi) e il ramjet a 1900 gradi). L'alta temperatura è un problema generale per tutto l'aereo: basti pensare che l'aria gelida delle altissime quote si riscalderà fino a 1000 gradi per effetto della decelerazione all'ingresso del motore. Si pensa di raffreddare le parti più esposte con il combustibile ma ciò comporta complicazioni meccaniche e aumento di peso, mentre se si usa l'aria spillata dal compressore si aumenta il consumo e non resta allora che usare nuovi materiali, come il carbon-carbon o le ceramiche, ma il gruppo che lavora su questa ricerca ha ora dichiarato che le difficoltà che incontra sono superiori al previsto e si stanno accumulando mesi di ritardo. Un altro grosso problema sono le emissioni: funzionando a 1700 e 1900 gradi, i due motori rilascerebbero ossidi di azoto in quantità superiore a dieci volte il limite ammesso. Ma senza dubbio tutti i problemi verranno risolti e nel 2010, o poco più tardi, entrerà in servizio questo aereo da 300 posti, 450 tonnellate di peso al decollo, con una velocità massima di 6000 chilometri orari e autonomia di 6000 miglia (circa 9600 chilometri). Questo aereo avrà influenza sulla vita di tutti noi: porterà il Giappone a qualche ora dall'Europa e dagli Stati Uniti con effetti oggi difficilmente immaginabili dovuti allo scambio di conoscenze, di culture, di modo di vivere. Ciò spiega i grandi mezzi messi a disposizione e anche la lotta che i giapponesi stanno conducendo perché l'autonomia dell'aereo sia aumentata. Poiché, a causa del rumore, questo aereo dovrà volare subsonico (o poco più) sulle terre abitate, per poter esprimere tutta la sua velocità dovrà allungare la rotta da 5875 miglia a 6207 tra Tokyo e New York e passare sul Polo Nord tra Tokyo e Parigi per 6600 miglia, invece delle 5259 minime. Occorrono quindi almeno 6600 miglia di autonomia. Inoltre, per sfruttare appieno il velivolo, occorreranno aeroporti aperti 24 ore al giorno (per due viaggi andata- ritorno) con piste di 4000 metri. Non a caso il nuovo aeroporto di Kansai (Osaka) nel 1994 verrà inaugurato con 24 ore di operatività, con una pista prevista per 4000 metri e Narita è l'unico già operante con una pista di tale lunghezza. Gian Carlo Boffetta


Scaffale Wheeler John: «Gravità e spazio-tempo», Zanichelli
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: FISICA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

SE guardiamo l'universo nel suo insieme - miliardi di galassie in fuga, ognuna formata da miliardi di stelle - è la forza di gravità a dominare la scena. Si deve alla gravità se nelle stelle si creano le condizioni perché avvengano le reazioni termonucleari fonte dell'energia stellare. Ed è ancora la gravità a tenere insieme le galassie, a regolarne il reciproco allontanamento e a decidere se un giorno al Big Bang dovrà seguire un collasso dell'intero universo. La miglior teoria oggi disponibile per applicare su scala cosmica le conoscenze sulla gravitazione è la relatività generale pubblicata da Einstein nel 1916. John Wheeler, professore alla Princeton University, è tra i più autorevoli studiosi e continuatori del lavoro di Einstein. In questo bel libro divulgativo i concetti di curvatura dello spazio, di onde gravitazionali, di buchi neri diventano facilmente comprensibili senza per questo rinunciare all'approfondimento.


Scaffale Autori vari: «Microbiologia», Bollati Boringhieri
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: BIOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

Il fascino della microbiologia è fortissimo. Non è necessario essere medici per provare curiosità verso queste minuscole forme di vita che hanno enorme importanza, nel bene e nel male, per ogni altra specie esistente sulla Terra. Questo trattato, opera di sette specialisti, ora in edizione profondamente rinnovata, può quindi essere letto con interesse da chiunque abbia almeno la base culturale di una scuola media superiore: scoprirà che le forme di vita invisibili a occhio nudo sono il vero fondamento su cui poggia tutta la biologia, uomo incluso.


Scaffale Poincarè Jules Henri: «Scritti di fisica-matematica», Utet
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: MATEMATICA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

Il matematico francese Jules Henri Poincarè, pur essendo nato nel lontano 1854 e morto nel 1912, è uno dei grandi padri della fisica contemporanea. Basti dire che risalgono a lui alcuni fondamenti della geometria non euclidea, del calcolo delle probabilità e della meccanica quantistica. Lo stesso Einstein non sarebbe stato Einstein senza i contributi di Poincarè. Benvenuta, dunque, la pubblicazione dei suoi scritti di fisica- matematica nei Classici della scienza della Utet. Certo, la lettura completa del testo non è per tutti. Ogni lettore deciderà se limitarsi alle parti discorsive o affrontare le pagine cosparse di formule. Per tutti è tuttavia la scorrevole e ampia introduzione scritta da Ubaldo Sanzo.


Scaffale Bang Preben: «Guida alle trac ce degli animali», Zanichelli
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: ZOOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

Sono sempre più numerosi gli amanti della natura che desiderano andare personalmente alla scoperta degli animali nel loro habitat, senza disturbarli, ma con intenti di osservazione e di studio. Questo manuale tratta tutti i vari tipi di tracce (orme, tane, resti di pasti, escrementi) lasciate da mammiferi e uccelli europei. Belle e utilissime le illustrazioni.


Scaffale Vanin Gabriele: «Osservatori pubblici: guida alla gestione» , Biroma Editore
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: ASTRONOMIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

Ci sono ormai in Italia circa cento Osservatori pubblici o gestiti da associazioni di astrofili. E' la prova che l'astronomia, oltre a un grande fascino, ha un forte potenziale didattico, che può essere sfruttato per introdurre al metodo scientifico e alla scienza in generale un pubblico molto vasto, soprattutto giovanile. Gabriele Vanin, uno degli appassionati di astronomia più preparati in Italia, ha fatto dunque molto bene a scrivere un libro che raccoglie tutte le nozioni e i consigli utili per un efficace funzionamento di questi Osservatori. Scelta del sito (sempre più difficile a causa dell'inquinamento luminoso), del telescopio, dei corpi celesti da osservare sia a occhio nudo sia con strumenti ottici di varia portata, sono i temi principali affrontati. Un lavoro, questo, che colma una lacuna della nostra editoria e che risulterà prezioso non soltanto per le associazioni ma anche per i singoli astrofili. Piero Bianucci


«VEGA» Un razzo tutto italiano
ORGANIZZAZIONI: BPD VEGA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

L'ITALIA è a un passo dall'autonomia nel campo spaziale. Dispone di una base di lancio: il poligono «San Marco», al largo della costa del Kenya, realizzato e gestito con dedizione assoluta da Luigi Broglio per un quarto di secolo. E' pronto il progetto di un razzo chiamato «Vega» i cui motori sono già stati sperimentati con successo. E c'è una clientela potenzialmente molto vasta per questo lanciatore che potrebbe mettere in orbita a basso costo carichi piccoli e medi. Manca una cosa sola: la decisione dell'Asi, l'Agenzia spaziale italiana, per chiudere il cerchio e dare il via alla realizzazione del vettore con tutti i vantaggi strategici e industriali che ne seguirebbero. Ma è noto che l'Asi, ora commissariata, è praticamente paralizzata dalla sua fondazione. Ai danni di una gestione infelice si assommeranno nel '94 gli inevitabili tagli alla spesa pubblica e quindi alla ricerca, con il rischio che l'Italia rimanga - appunto - a un passo dall'autonomia spaziale, ma senza raggiungerla. L'ultima parola è a un «comitato di saggi» che dovrebbe pronunciarsi nei prossimi giorni. «Vega» potrebbe essere pronto entro tre anni. Il suo sviluppo e la sperimentazione alla Bpd (Gruppo Gilardini) sono in fase avanzata. Sarebbe il vettore ideale per i piccoli satelliti destinati alla telefonia cellulare come i 77 della Motorola: per questi satelliti, infatti, i lanciatori più grandi, come lo shuttle, i «Delta» o l'«Ariane», sono troppo costosi.


CHIMICA & FISICA Quell'esotica radioattività
Autore: VOLPE PAOLO

ARGOMENTI: FISICA, ENERGIA
NOMI: CURIE MARIE, CURIE PIERRE
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

A quasi un secolo di distanza dalla prima scoperta della radioattività naturale nuove forme di trasformazione dei nuclei pesanti vengono alla luce, grazie a mezzi tecnici di rivelazione sempre più sensibili. Oggi i ricercatori stanno studiando una forma di radioattività di recente scoperta che per la sua assoluta singolarità è stata definita «esotica». Il fenomeno della radioattività è stato sviscerato per un secolo portando a fondamentali scoperte come quella della radioattività artificiale, che tanto peso ha nelle applicazioni. Ma per quanto riguarda i fenomeni naturali, più importanti dal punto di vista geofisico, l'unica novità prima degli Anni Ottanta era stata l'individuazione della fissione spontanea. In pratica fino ad una decina d'anni fa le forme di trasformazione naturale conosciute erano quattro: i decadimenti alfa, beta e gamma la cui scoperta risale alla fine del secolo scorso e la fissione spontanea, nota dalla metà degli Anni Trenta. Mentre i decadimenti beta e gamma comportano da parte del nucleo emettitore una variazione di massa piccola o nulla, il decadimento alfa e la fissione spontanea hanno una qualche affinità fra loro consistendo in un vero e proprio spezzarsi del nucleo: nel primo caso il frammento emesso è piccolo: quattro unità di massa da un nucleo che ne ha più di duecentodieci; nel secondo caso il frammento emesso varia preferibilmente tra ottanta e cento unità di massa, tanto che quel che rimane non è molto più grosso: da centoquaranta a centosessanta unità. Questa differenza soltanto quantitativa fra i due fenomeni ha spinto fin dal 1980 una equipe di scienziati dell'Est europeo, Poenaru e collaboratori, a cercare di interpretare l'emissione alfa come una fissione fortemente asimmetrica con una teoria unificatrice che, come conseguenza, comporta la possibilità di emissione di frammenti intermedi fra la massa quattro (quella della particella alfa) e le masse tipiche emesse invece nei processi di fissione. Senza sapere degli studi di Poenaru, due scienziati statunitensi, Rose e Jones, usando uno spettrometro ad altissima sensibilità individuarono nel 1984 nel radio-223 una emissione lenta, ma ad energia molto elevata (cinque-sei volte quella con cui vengono emesse le alfa) di atomi di carbonio 14. La scoperta era talmente sorprendente che il fenomeno fu subito chiamato «radioattività esotica». Secondo un vecchio modello, non molto diffuso ma con qualche fondamento di verità, nei nuclei pesanti esistono preformati agglomerati multipli di quattro unità di massa: un'altra stranezza del fenomeno osservato era quindi che non fosse emesso il carbonio- 12 ma il 14. Purtuttavia l'emissione di carbonio-14 ad alta energia da parte del radio- 223 è stata confermata da Gales e collaboratori a Orsay ed a Berkeley, dove il gruppo di Price l'ha individuata anche nel radio-222 e nel radio-224. Studi ancora più recenti, tuttora in svolgimento, hanno permesso di osservare altri tipi di radioattività esotica: dal torio-230, dal protoattinio- 231 e dall'uranio-232 vengono emessi nuclei di neon-24; dall'uranio-234 e dal plutonio- 236 si ha il magnesio-28 e finalmente dal plutonio-238 fuoriesce il silicio-32. In tutti questi casi si nota come le masse dei nuclei residui, date dalle differenze tra le masse dei nuclei emettitori e quelle dei nuclei emessi, siano sempre 206 o 207 o 208; l'elemento risultante è quindi sempre il piombo nelle sue tre forme isotopiche più abbondanti, che rappresentano anche i nuclei stabili più pesanti reperibili in natura. Da questa osservazione si individua il meccanismo insito nella radioattività esotica: essa tende a trasformare nuclei troppo pesanti e poco coerenti in nuclei stabili. E' la stessa strategia che provoca i decadimenti alfa successivi, con i quali gli elementi instabili pesanti si trasformano in piombo eliminando quattro unità di massa per volta. Ora si sa che alcuni nuclei di questi elementi (pochi in verità, perché la radioattività esotica è molto lenta) prendono una scorciatoia per arrivare al piombo con un solo balzo. Proprio lo scopo della trasformazione (oltre naturalmente ad altre osservazioni più profonde) fa sì che la radioattività esotica sia più assimilabile al decadimento alfa che alla fissione spontanea, nella quale i


IL SANGUE Trenta modi diversi per salvare la vita
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 099

Finora non è stata trovata nessuna sostanza che possa sostituire il sangue e la trentina di medicinali che se ne possono estrarre, i cosiddetti emoderivati. Il compito del sangue è quello di mantenere costante l'ambiente in cui gli altri tessuti vivono e svolgono le loro funzioni. Il sangue circola grazie all'azione di una pompa (il cuore) e di un sistema di vasi (vene e arterie). Ma deve mantenersi liquido. Il meccanismo che gli consente di comportarsi come fluido all'interno dei vasi e come solido al di fuori di essi, mediante il fenomeno della coagulazione (che blocca perdite esterne), è un delicatissimo equilibrio dinamico tra fattori coagulanti e anticoagulanti. Essendo il sangue un tessuto, la sua trasfusione da un soggetto all'altro deve essere considerata un vero e proprio trapianto. Di solito si tende a sorvolare su questo aspetto, perché tecnicamente la trasfusione non presenta problemi e il rigetto avviene sì invariabilmente, ma dopo che il paziente ha potuto beneficiare dell'emoglobina trasfusa, ricominciando a produrla da solo. Diversa è l'intolleranza tra sangue di gruppi diversi. La popolazione è infatti divisa in otto gruppi (A, B, Rh e così via), in base agli antigeni comuni. Le trasfusioni devono avvenire all'interno dello stesso gruppo, perché la reazione da sangue incompatibile è pericolosa.


STRIZZACERVELLO Tiro con l'arco Sei frecce ciascuno
Autore: PETROZZI ALAN

ARGOMENTI: GIOCHI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 099

Tiro con l'arco Sei frecce ciascuno Ammettiamo che vi capiti di assistere a una gara di tiro con l'arco nella quale ogni arciere in gara scaglia sei frecce verso un bersaglio che presenta quattro anelli concentrici numerati da 1 a 4 partendo dall'interno verso l'esterno. Ammettiamo che la classifica finale veda al primo posto Andrea con 165 punti, al secondo posto Bruno con 100 e al terzo Carlo con 80. Sapendo che Andrea ha colpito con due frecce sia l'anello 1 che il 2 e con una freccia il 3 e il 4, che Bruno ha colpito con tre frecce l'anello 4 e con una ciascuno gli altri tre anelli e Carlo ha colpito con due frecce gli anelli 2, 3 e 4, sapreste dire qual è il punteggio assegnato a ciascuno dei tre anelli (che avranno valori crescenti a partire dall'anello 4)? La soluzione come sempre domani, accanto alle previsioni del tempo. (A cura di Alan Petrozzi)


LA PAROLA AI LETTORI Un'elica per dividere l'angolo in tre
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 099

Perché si considera impossi bile trisecare un angolo di verso da 180 o 360? Il problema della divisione di un angolo in tre parti è famoso fin dall'antichità, quando si scoprì che non può essere risolto con riga e compasso, cioè con rette e circoli. Graficamente, il problema può invece essere risolto ricorrendo ad alcuni tipi di curva, come l'iperbole, l'elica, la quadratrice, la concoide e forse anche la chiocciola, che si tracciano con speciali strumenti. L'enunciazione analitica della trisezione dell'angolo è invece un'equazione che, per il teorema di Moivre (un matematico inglese del XVII secolo) non può essere ridotta nel prodotto di due polinomi a coefficienti razionali, e quindi dovrebbe essere possibile esprimere una sua radice in funzione razionale di coseno alfa e seno alfa. Dopo vari procedimenti matematici, si arriva alla conclusione che «x elevato al cubo = coseno alfa più seno alfa» è irriducibile, cioè non può risolversi con un numero finito di radici quadrate, epperò la trisezione non è eseguibile, in via generale, con riga e compasso. Nicola Bizzo, Biella Se dopo aver ingerito un me dicinale liquido si beve del l'acqua, le sostanze curative contenute nell'acqua perdo no efficacia, dato che vengo no diluite? Assolutamente no, perché la quantità di medicinale assunta è sempre la stessa, che si beva acqua o no. Si possono citare come esempio due abitudini molto diffuse nella vita di tutti i giorni. Si vedono spesso nei bar persone che subito dopo un caffè bevono dell'acqua, convinte di assimilare in questo modo meno caffeina. Per ottenere l'effetto desiderato, dovrebbero invece versar via parte del caffè e sostituirlo con altrettanta acqua (meglio se calda]). La stessa cosa succede (e anche peggio) a chi ordina un caffè «lungo». In questo caso, la quantità di caffeina assunta è ancora maggiore perché l'acqua in più che passa attraverso il filtro asporta la residua caffeina, che altrimenti sarebbe rimasta nei fondi del caffè. Aldo Bertolotto Savona La lana di vetro è una sostan za pericolosa? E' possibile che provochi tumori o malat tie polmonari? La lana di vetro è costituita da fibre di vetro, che sono fibre minerali artificiali, con la caratteristica di fratturarsi trasversalmente, riducendosi così in spezzoni di minor lunghezza ma con lo stesso diametro. Per tale motivo, pur essendo considerate pericolose e richiedendo precauzioni da parte degli addetti alla lavorazione e all'uso, risultano meno pericolose delle fibre d'amianto (fibre minerali naturali), che si fratturano invece longitudinalmente, trasformandosi così in fibre sempre più fini e facilmente inalabili con la respirazione. Quanto agli effetti nocivi per la salute, la lana di vetro è stata considerata, in base agli studi della IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro), di «inadeguata evidenza di cancerogenicità» per l'uomo, mentre sono stati riscontrati effetti più evidenti sugli animali da laboratorio. In relazione agli effetti polmonari, sono state invece riscontrate, con certezza di casualità, opacità dei polmoni e alterazioni della funzione respiratoria. Luigi Omodei Zorini Vercelli Perché alcune merci, come le uova o i bottoni, si contano a dozzine? Perché il numero 12 ha un numero di divisori relativamente elevato. Una quantità di merce espressa in dozzine può essere facilmente suddivisa in 2, 3, 4 o 6 parti, facilitando così sia il confezionamento sia l'utilizzo. Cosa che non accade con il numero dieci. Ci sono quindi vantaggi di tipo commerciale. Michele Andreoli Borgaro Torinese Perché gli animali, anche quando provano dolori atro ci, non perdono conoscenza? Perché percepiscono il dolore in maniera meno violenta di noi: la loro soglia dolorifica è infatti superiore alla nostra. Gianni Sarto, Imperia


CHI SA RISPONDERE?
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 099

QCome fa il sapone a pulire? QPerché il ghiaccio a volte scivola di mano, altre volte invece si attacca alle dita? QCome fanno le mosche a camminare a zampe all'insù sul soffitto? QQuali specialità rientrano nel pentathlon? Con quale criterio furono scelte? Sono diverse, per uomini e per donne? _______ Risposte a: «La Stampa - Tuttoscienze», via Marenco 32, 10126 Torino. Oppure al fax numero 011-65.68.688


CHE COSA RESPIRIAMO Caccia ai veleni invisibili Nella nebbia si trova persino la caffeina
Autore: NATALE PAOLO, GROSA MAURO

ARGOMENTI: CHIMICA, ECOLOGIA, INQUINAMENTO, ATMOSFERA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 097

NEANCHE Agatha Christie nel più classico dei suoi gialli avrebbe potuto immaginare che il killer inafferrabile non si nascondesse nella nebbia londinese, ma fosse la nebbia stessa. Spieghiamoci. Nell'inverno del 1953 a Londra ci furono 4000 morti da inquinamento dell'aria. L'ipotesi di un potenziamento degli effetti inquinanti dovuto alla nebbia rimase per molti anni un'ipotesi ragionevole ma non provata sperimentalmente. Gialli ecologici come quello di Londra non sono eccezionali, anche se per fortuna solo raramente hanno conseguenze così tragiche. Pensiamo alla vicenda dei malesseri che nei giorni scorsi hanno colpito qualche centinaio di napoletani: tutti abbiamo visto come sia stato difficile trovare il vero colpevole, dapprima sbrigativamente individuato nel traffico automobilistico. Un campionatore capace di raccogliere grossi volumi di aerosol sotto forma di nebbia o di nuvole basse lungo le pendici montuose (progetto del Cnr e finanziamento dell'Enel) consente ora una rivisitazione del lontano dramma londinese e, anche in un caso come quello di Napoli, offre un originale strumento di indagine in grado di darci informazioni su composti diffusi nell'aria in concentrazioni così basse da non essere rilevabili con tecniche normali. Il campionatore, individuata la nebbia con opportuni sensori, attiva un potente sistema di aspirazione che porta le gocce di aerosol ad una serie di fili di teflon ai quali le gocce aderiscono sino a quando, raggiunte dimensioni sufficienti, per il peso cadono in un sistema di raccolta. Gli aspetti sorprendenti che offre il liquido ottenuto sono le concentrazioni particolarmente alte degli ioni inorganici presenti nella soluzione e talora la varietà singolare e assolutamente imprevedibile delle sostanze organiche individuate. La gocciolina di nebbia si forma intorno a un nucleo di condensazione che ne costituisce in qualche modo l'inevitabile «peccato originale». Poi la goccia discioglie i gas o vapori solubili che raccoglie (biossido di azoto e di zolfo, ammoniaca, aldeidi). Ipotizzando un aerosol contenente 200 milligrammi di acqua per metro cubo di aria e le cui condensazioni abbiano un diametro medio di 20 micron, la superficie di contatto dell'aerosol risulta 150 centimetri quadrati per ogni metro cubo di aria, il che spiega l'efficacia della captazione delle sostanze solubili in fase gassosa. Alla dissoluzione fanno seguito complesse reazioni con produzione finale, tra gli altri composti, di acidi solforico e nitrico. Gli acidi vengono poi in parte neutralizzati da eventuali sostanze basiche disciolte col medesimo meccanismo; l'acidità finale dipende dalle abbondanze relative dei due gruppi. Poiché la nebbia è un fenomeno che avviene vicino al suolo, dove abbondano gli inquinanti, e in assenza di vento, condizioni che accentuano l'accumulo di inquinanti, il risultato è che le concentrazioni degli ioni inorganici più comuni sono nella nebbia da 3 a 30 volte maggiori di quanto avviene per la pioggia, e sono paragonabili a scarichi industriali non depurati (50-100 milligrammi per litro per gli ioni più significativi). Nonostante l'abbondanza di precursori acidi la soluzione mediamente non risulta, in Val Padana, particolarmente acida (pH medio su 23 eventi seguiti a Torino, circa 4) per la presenza di concentrazioni molto alte di ione ammonio, che ha un effetto neutralizzante. L'abbondanza insolita di questa sostanza è stata confermata da altri ricercatori in varie località della Val Padana ed è probabilmente dovuta all'abbondanza di materiali organici in putrefazione. Ipotizzando nel caso londinese del 1953 per la maggior parte degli ioni concentrazioni simili a quelle sperimentali medie individuate nei nostri studi, ma con concentrazioni in aria di biossido di zolfo simili a quelle descritte nell'evento londinese, e ipotizzando che tutto l'inquinante si fosse disciolto e poi convertito in acido, nella nebbia, questa avrebbe assunto un'acidità di 1,9 unità di pH. La nebbia londinese sarebbe cioè divenuta un aerosol nettamente acido per acido solforico concentrato, un forte irritante delle vie respiratorie. La presenza di questo irritante può agevolmente spiegare, con la persistenza di tre giorni del fenomeno, sia i fenomeni di sofferenza respiratoria sia la morte di persone già debilitate. La politica di disinquinamento perseguita negli Anni 70-80 nei confronti dei combustibili ad alto contenuto di zolfo ha scongiurato l'eventualità che eventi come quello londinese potessero verificarsi nel nostro Paese. Il meccanismo di captazione delle gocce di nebbia consente infine di individuare componenti presenti in traccia, ma interessanti sotto il profilo della conoscenza della diffusione o utilizzabili come indicatori di specifiche sorgenti. La sensibilità che si riesce a ottenere è molto alta sia perché vengono trattati volumi di gas molto maggiori (fino a 20 mila metri cubi al giorno) di quanto avvenga con i consueti campionatori, sia per la possibilità di concentrare ulteriormente i prodotti presenti in soluzione. A causa dell'assenza di vento, nella nebbia i composti captati vengono da luoghi vicini; le informazioni desumibili in termini di prodotti di origine industriale sono quindi circoscritte a un territorio di pochi chilometri intorno al punto di prelievo e riflettono emissioni locali e a bassa quota. Per esempio, tra le sostanze individuate in un'area a Nord della periferia industriale torinese troviamo composti della famiglia degli ftalati, la caffeina, lo zolfo elementare, il dixantogeno, il dinitro clorobenzene. Gli ftalati sono un gruppo di composti assai diffusi utilizzati come plastificanti; la seconda sostanza è riconducibile alla fase di tostatura effettuata dall'industria produttrice di un celebre caffè, il terzo e quarto prodotto sono usati nella vulcanizzazione della gomma, attività centrale di un insediamento produttivo nell'area in esame; l' ultimo composto, di cui stiamo cercando il «genitore», è usato in varie sintesi chimiche. Paolo Natale Mauro Grosa


TRA GIOCO E LAVORO Natale con un computer Un regalo per grandi e piccoli che può essere divertente, istruttivo e utile ma nello stesso tempo costare poco: purché non si rincorra l'ultima moda
Autore: MEO ANGELO RAFFAELE

ARGOMENTI: INFORMATICA, ELETTRONICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 097

ARRIVA il Natale, e amici e colleghi mi interrogano: «Che tipo di calcolatore mi conviene regalare a mio figlio? Che computer mi può aiutare nella gestione familiare?». Prima dei consigli, conviene ripassare l'elenco delle più importanti caratteristiche tecniche di un calcolatore per meglio comprendere le offerte del mercato. Mi limiterò ai personal computer perché il caso del genitore che voglia regalare al figlio un supercomputer da dieci miliardi è probabilmente raro. Ogni calcolatore ha un'unità centrale di calcolo, detta «microprocessore»: un circuito integrato di pochi centimetri di lunghezza che contiene i registri fondamentali della macchina, i circuiti che eseguono le operazioni aritmetiche e quelli che controllano il funzionamento dell'intero calcolatore. Nella storia del personal computer si sono rapidamente succeduti i microprocessori 8088, 8086, 80286, 80386, 80486, in ordine di potenza di elaborazione crescente. Per gli intimi gli ultimi tre sono anche chiamati 286, 386, 486; la sigla è spesso accompagnata da specificazioni del tipo di Slc, Sx, Dx, in ordine di potenza crescente. Il «cuore» del processore può battere a velocità diverse, che sono dell'ordine dei milioni di colpi al secondo. Ad esempio, un processore con «clock» a 25 MHz (Mega hertz) batte 25 milioni di colpi al secondo. Lo stesso processore è tanto più veloce quanto più veloce batte il suo cuore. Ogni calcolatore ha due memorie: una centrale e una periferica. La memoria centrale è molto veloce, lavora in miliardesimi di secondo, ma è costosa. Per questo la memoria centrale è utilizzata soltanto per i dati che nel corso di un certo programma devono essere letti o scritti frequentemente, mentre i grossi archivi sono contenuti nella memoria periferica, che ha tempi di accesso molto più lunghi. Quando si deve eseguire un programma su un insieme di dati, prima sia il programma sia i dati vengono trasferiti dalla memoria periferica alla memoria centrale. Soltanto dopo questo trasferimento, il programma potrà essere eseguito. Nei cataloghi e nelle inserzioni pubblicitarie, la memoria centrale è chiamata Ram («Random access memory»: memoria ad accesso casuale), per ricordare, non troppo propriamente, che qualunque dato può essere richiamato nello stesso tempo indipendentemente dalla sua posizione nella memoria. Si trovano poi sigle del tipo Ram 2Mb o 4Mb: indicano che la memoria centrale è costituita da 2 o 4 megabyte, ossia 2 o 4 milioni di caratteri. Un calcolatore è tanto più veloce quanto più grande è la sua memoria centrale, ma di norma un megabyte è sufficiente. Solo se si intende utilizzare il sistema operativo Windows è bene avere una memoria centrale di almeno 2 milioni di byte. La memoria periferica è costituita prevalentemente da due tipi di unità: il disco magnetico flessibile, il ben noto «floppy disk», e il disco rigido, o «hard disk», che è meno noto perché è nascosto entro la macchina e non è estraibile. Un floppy disk ha oggi una capacità standard di 1,44 Mb, ossia un milionequattrocentoquarantamila caratteri, ma è già iniziata la vita delle unità da 2,88 Mb. Macchine della generazione precedente montavano ovviamente floppy disk di capacità inferiore. La capacità dello hard disk è molto variabile, e può raggiungere in un personal computer anche 300 Mb. Per i principianti tuttavia 40 Mb sono quasi sempre sufficienti. Un'altra specifica riguarda il sistema operativo, ossia l'insieme dei programmi di base incorporati nella macchina che consentono la gestione globale delle risorse di elaborazione e il colloquio con l'operatore. Per molte applicazioni, come l'insegnamento dei fondamenti della programmazione, è sufficiente il Dos; se questo è il vostro caso, scegliete uno delle ultime versioni che incorpori il traduttore del Basic. Per le applicazioni grafiche si raccomanda invece Windows, che fornisce simpatiche interfacce a icone. Tentiamo ora qualche consiglio di carattere generale. I nuovi utenti del calcolatore possono essere grossolanamente classificati in tre categorie principali. La prima è la categoria dei videogiocatori, piccoli e grandi. Questi non hanno bisogno di una stampante ma sognano una macchina di fascia alta, col microprocessore del tipo 80486 e una grafica molto raffinata (Vga o Super Vga). Molti sostengono oggi l'importanza formativa e sociologica del videogioco; sinceramente non ne sono convinto e ritengo che i benefici del videogioco siano modesti rispetto alla crescita culturale che lo studio dell'informatica può permettere. La seconda è la categoria, da me prediletta, di quanti, bambini, ragazzi e anche adulti, vogliano imparare i concetti fondamentali dell'informatica e della programmazione. Questi non hanno bisogno di un elaboratore recente. Qualunque modello, anche superato, può essere utile come l'ultimo gioiello tecnologico, purché lo si doti di una stampantina, anche di pessima qualità. Il criterio fondamentale che deve guidare nella scelta è quindi quello economico. Consiglio l'acquisto proposto da qualche fornitore di ottimi modelli della famiglia 80286 per circa mezzo milione. La terza è la categoria dei professionisti che usano programmi applicativi già fatti, come quelli per la videoscrittura, il foglio elettronico, l'archiviazione di dati e documenti. Anche questi non hanno bisogno di meraviglie tecnologiche, ma un buon video a colori può rendere più piacevole il lavoro di ufficio. Angelo Raffaele Meo Politecnico di Torino


MOSTRA ITINERANTE Un treno carico di radio antiche
Autore: M_COR

ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA, MOSTRE
NOMI: MARCONI GUGLIELMO
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 097

UN treno carico di radio percorrerà la penisola nel nome di Guglielmo Marconi. Un tragitto a tappe nelle più grandi città italiane per celebrare il centenario della telegrafia senza fili. Un mondo di telefoni, apparecchi radiotelegrafici, centralini da campo e militari di diverse nazionalità, telescriventi radiogoniometri, ponti radio e radar per conoscere l'evoluzione dei mezzi di comunicazione. Il tutto nella mostra, divisa in venti sezioni, che ospita dagli strumenti primordiali a quelli usati nel secondo conflitto mondiale. Ma il mondo di Marconi percorrerà sulle rotaie in lungo e in largo la nostra penisola solo dai primi di marzo. Fino ad allora chi volesse conoscere la storia della comunicazione senza fili dovrà recarsi al Museo delle navi di Nemi, nella zona dei Castelli, provincia di Roma. Ci sono voluti quindici convogli militari, messi a disposizione dallo Stato maggiore dell'esercito per trasportare le oltre venti tonnellate di materiale raccolto grazie alla passione del colonnello Francesco Cremona. «Fu un soldato tedesco durante la seconda guerra mondiale - racconta Cremona - a donarmi il primo pezzo della collezione». E da quel pezzo, un telefono, è stata costruita un po' per volta la collezione che per se stessa costituisce, a pieno titolo, un museo della delle telecomunicazioni. «Man mano - continua Cremona - ho raccolto per il mondo ogni genere di apparecchiatura». Tra le curiosità della collezione ci sono anche mezzi usati dai servizi segreti. Dieci valigie per spionaggio e controspionaggio con radio, macchine codificatrici e kit da guerra elettronica. Tanti trucchi del mestiere degli 007 internazionali. «Una mostra - commenta Franco Pontini, uno degli organizzatori - che è il giusto omaggio a Guglielmo Marconi e alla sua creatura». (m. cor)


PLANETARI Cielo finto o cielo vero?
Autore: PRESTINENZA LUIGI

ARGOMENTI: ASTRONOMIA
NOMI: VANIN GABRIELE
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

OSSERVATORIO pubblico o planetario? La sempre più larga diffusione di strutture didattiche e divulgative, mirate alla scuola e al gran pubblico, pone oggi questo interrogativo. Gli Osservatori civici, da non confondere con quelli professionali, gestiti dallo Stato o dalle Università e presidiati da astronomi professionisti, sono un importante strumento culturale, là dove non esistono osservatori statali o non c'è, da parte di questi, la possibilità di dedicare del personale alla divulgazione. Alcuni osservatori (Catania, Napoli, Teramo, Torino) ci riescono, altri no. Dove questo non si verifica, o accade di rado, ecco sorgere le specole civiche, come quelle di Brescia o di Varese. Gabriele Vanin in una sua bella pubblicazione ne elenca 34, dalle Alpi alla Sicilia, ma altre iniziative sono in via di sviluppo. Talune prevedono che accanto al già realizzato osservatorio sorga il planetario, ed è il caso esemplare di San Giovanni in Persiceto (Bologna); in altri casi (Crespano del Grappa), accanto all'osservatorio esiste già il planetario, in altri ancora (Ravenna, Modena), il planetario è all'opera già da anni e si va dotandolo anche di telescopi per l'osservazione diretta, che sarà sempre meglio della più bella immagine su carta patinata. Ma non sempre è possibile, per varie ragioni, economiche o di sito, raggiungere il «top» dei casi appena citati: ed ecco proporsi l'interrogativo da cui siamo partiti, fermo restando che l'ideale sarebbe che le due strutture fossero sempre gemellate. Non c'è dubbio che dal planetario si ricava, soprattutto per la didattica, una visione più completa e organica dell'insieme del firmamento e del suo presentarsi nelle varie ore, stagioni e latitudini. A ciò bastano anche i modesti proiettori collocati negli istituti nautici: qui l'esigenza preponderante è quella scolastica ma non mancano casi in cui l'accesso al pubblico, per gruppi di altre scuole o di appassionati, è consentito. Ancora più suggestiva è l'impressione che si ricava dai planetari grandi e medi, dotati di cupole dagli 8 metri in su (fino ai 20 del planetario «Hoepli» di Milano), con l'impiego di proiettori perfezionati e (per molti strumenti moderni) in grado di assicurare vere e proprie simulazioni di fenomeni celesti o degli affascinanti viaggi di esplorazione delle sonde fotografiche, o di ricostruire la superficie di un pianeta. Il successo di quest'ultima generazione di planetari di caratteristiche spettacolari va al di là della stessa divulgazione astronomica per divenire, come a Parigi, in Svizzera, Stati Uniti, Giappone, un intrattenimento culturale. A ciò si arriva con l'impiego di fibre ottiche a controllo numerico e gestione informatica, o trasferendo le immagini da uno schermo ad altissima risoluzione sulla cupola del planetario. I planetari importanti e funzionanti in Italia sono, per il momento, solo 4 (Milano, Ravenna, Modena e Venezia) ma via via li affiancano strutture più piccole e talvolta realizzate da astronomi non professionisti (Venezia) o da tecnici al di fuori del giro delle grandi case dell'ottica, come la Zeiss, la giapponese Goto e altre. Uno dei planetari maggiori dovrebbe sorgere in Sicilia, a Caltagirone (Catania), con cupola di 14 metri e osservatorio astronomico annesso se la Regione, in passato famosa per le sue iniziative faraoniche, troverà i soldi per un'opera di così grande significato educativo. Sicuramente più contenuto (sul centinaio di milioni se il terreno necessario viene concesso) l'esborso richiesto dalla struttura minima di un osservatorio civico, con la sua cupoletta di 4-5 metri (che può essere surrogata da un tetto scorrevole, per un edificio a pianta quadrata) e un paio di stanze annesse come officina e laboratorio fotografico. Per attrezzarlo, non occorre più di un telescopio (riflettore) di 35-40 centimetri, che consente di contenere le dimensioni della cupola. Un caso felice, ma non è il solo, è dato dall'Osservatorio di Campocatino (Frosinone), dove una vecchia casa cantoniera a 1500 metri, ristrutturata dalla Provincia, grazie al contributo della Regione Lazio è stata dotata di un telescopio di 80 centimetri, ottimamente costruito e installato, con guida computerizzata e la struttura di un vero osservatorio alle spalle. Campocatino è affidata all'Unione astrofili frusinati, ed è questa la soluzione più frequentemente scelta e producente; ma le iniziative in materia possono venire anche da scuole, da comunità religiose (è il caso di Crespano e del planetario di Amelia), come pure dallo slancio di privati (Agrifoglio, presso Monreale) o da iniziative popolari, come è accaduto a San Giovanni in Persiceto, col contributo dell'intero paese: una lezione per la burocrazia ministeriale, comunale, universitaria che ha lasciato sfrattare l'antico Planetario di Roma dalla cupola di S. Maria degli Angeli, senza trovargli più una sede. Non dimentichiamo che un planetario costa, in genere, meno di un megashow televisivo: con la differenza che dura lunghi anni, come patrimonio qualificante di una città. Luigi Prestinenza


TOKYO-PARIGI IN TRE ORE Ecco l'aereo del 2010 Sarà 5 volte più veloce del suono
Autore: BOFFETTA GIAN CARLO

ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA, TECNOLOGIA, PROGETTO
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

IL governo giapponese ha deciso tre anni fa di assumere un ruolo guida nello sviluppo del futuro aereo ipersonico commerciale e ha pianificato un massiccio investimento per i prossimi otto anni su tre programmi. Il primo riguarda la ricerca di nuovi materiali, il secondo la cellula del velivolo e il terzo, il più importante, lo sviluppo del motore. Proprio la disponibilità di questi fondi ha vinto l'iniziale resistenza delle quattro aziende motoristiche più importanti del mondo e dei loro governi ad associarsi al Giappone, che non può vantare esperienza nel campo dei motori aeronautici più avanzati. Si temeva, e sicuramente avverrà, un flusso di tecnologie e know-how fra i più sofisticati, da Usa ed Europa al Giappone. Ora - potenza del denaro - un gruppo di aziende del Sol Levante, coordinate nel consorzio Hypr, lavora in situazione di parità con General Electric, Pratt e Whitney, Rolls Royce e Snecma su un motore a ciclo combinato turbofan-ramjet, per un velivolo da trasporto a Mach 5 e oltre (1 Mach equivale alla velocità del suono, circa 1100 chilometri all'ora). Si tratta di un motore «coassiale», un turbofan all'interno di un ramjet. Dal decollo fino a Mach 2,5 dei portelli chiudono il condotto anulare posto intorno al turbofan e tutta l'aria passa attraverso quest'ultimo che produce l'intera spinta. Durante l'accelerazione da Mach 2,5 a Mach 3 i portelli si aprono lasciando fluire aria a entrambi i motori e, oltre i 3300 chilometri all'ora il turbofan è spento, l'aria gli passa intorno e il ramjet produce tutta la spinta. In questa fase di transizione si incontrano i maggiori problemi perché i portelli nelle posizioni intermedie possono disturbare il flusso dell'aria causando lo stallo di entrambi i motori. La soluzione è demandata alla General Electric, che possiede nell'Ohio l'unico laboratorio dove un motore può simulare Mach 3 in alta quota, mentre la Pratt e Whitney si occupa della stabilità della combustione del ramjet. Il turbofan, che sembrerebbe a prima vista un motore noto, pone altri grossi problemi: per funzionare bene, con un consumo specifico di 1,47 (chilogrammo di combustibile per chilogrammo di spinta all'ora) deve avere un rapporto tra l'aria che passa intorno al motore e quella che attraversa la turbina di 0,7 ma così genera un rumore inaccettabile sugli aeroporti e nei loro dintorni. Non c'è altra soluzione che aumentare il rapporto a 1,2 almeno, e ciò obbliga ad avere un motore con rapporto variabile, cioè altri meccanismi, e il conseguente aumento di peso. Inoltre la turbina deve funzionare a 1700 gradi centigradi (oggi i più moderni motori raggiungono i 1450 gradi) e il ramjet a 1900 gradi). L'alta temperatura è un problema generale per tutto l'aereo: basti pensare che l'aria gelida delle altissime quote si riscalderà fino a 1000 gradi per effetto della decelerazione all'ingresso del motore. Si pensa di raffreddare le parti più esposte con il combustibile ma ciò comporta complicazioni meccaniche e aumento di peso, mentre se si usa l'aria spillata dal compressore si aumenta il consumo e non resta allora che usare nuovi materiali, come il carbon-carbon o le ceramiche, ma il gruppo che lavora su questa ricerca ha ora dichiarato che le difficoltà che incontra sono superiori al previsto e si stanno accumulando mesi di ritardo. Un altro grosso problema sono le emissioni: funzionando a 1700 e 1900 gradi, i due motori rilascerebbero ossidi di azoto in quantità superiore a dieci volte il limite ammesso. Ma senza dubbio tutti i problemi verranno risolti e nel 2010, o poco più tardi, entrerà in servizio questo aereo da 300 posti, 450 tonnellate di peso al decollo, con una velocità massima di 6000 chilometri orari e autonomia di 6000 miglia (circa 9600 chilometri). Questo aereo avrà influenza sulla vita di tutti noi: porterà il Giappone a qualche ora dall'Europa e dagli Stati Uniti con effetti oggi difficilmente immaginabili dovuti allo scambio di conoscenze, di culture, di modo di vivere. Ciò spiega i grandi mezzi messi a disposizione e anche la lotta che i giapponesi stanno conducendo perché l'autonomia dell'aereo sia aumentata. Poiché, a causa del rumore, questo aereo dovrà volare subsonico (o poco più) sulle terre abitate, per poter esprimere tutta la sua velocità dovrà allungare la rotta da 5875 miglia a 6207 tra Tokyo e New York e passare sul Polo Nord tra Tokyo e Parigi per 6600 miglia, invece delle 5259 minime. Occorrono quindi almeno 6600 miglia di autonomia. Inoltre, per sfruttare appieno il velivolo, occorreranno aeroporti aperti 24 ore al giorno (per due viaggi andata- ritorno) con piste di 4000 metri. Non a caso il nuovo aeroporto di Kansai (Osaka) nel 1994 verrà inaugurato con 24 ore di operatività, con una pista prevista per 4000 metri e Narita è l'unico già operante con una pista di tale lunghezza. Gian Carlo Boffetta


Scaffale Wheeler John: «Gravità e spazio-tempo», Zanichelli
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: FISICA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

SE guardiamo l'universo nel suo insieme - miliardi di galassie in fuga, ognuna formata da miliardi di stelle - è la forza di gravità a dominare la scena. Si deve alla gravità se nelle stelle si creano le condizioni perché avvengano le reazioni termonucleari fonte dell'energia stellare. Ed è ancora la gravità a tenere insieme le galassie, a regolarne il reciproco allontanamento e a decidere se un giorno al Big Bang dovrà seguire un collasso dell'intero universo. La miglior teoria oggi disponibile per applicare su scala cosmica le conoscenze sulla gravitazione è la relatività generale pubblicata da Einstein nel 1916. John Wheeler, professore alla Princeton University, è tra i più autorevoli studiosi e continuatori del lavoro di Einstein. In questo bel libro divulgativo i concetti di curvatura dello spazio, di onde gravitazionali, di buchi neri diventano facilmente comprensibili senza per questo rinunciare all'approfondimento.


Scaffale Autori vari: «Microbiologia», Bollati Boringhieri
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: BIOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

Il fascino della microbiologia è fortissimo. Non è necessario essere medici per provare curiosità verso queste minuscole forme di vita che hanno enorme importanza, nel bene e nel male, per ogni altra specie esistente sulla Terra. Questo trattato, opera di sette specialisti, ora in edizione profondamente rinnovata, può quindi essere letto con interesse da chiunque abbia almeno la base culturale di una scuola media superiore: scoprirà che le forme di vita invisibili a occhio nudo sono il vero fondamento su cui poggia tutta la biologia, uomo incluso.


Scaffale Poincarè Jules Henri: «Scritti di fisica-matematica», Utet
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: MATEMATICA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

Il matematico francese Jules Henri Poincarè, pur essendo nato nel lontano 1854 e morto nel 1912, è uno dei grandi padri della fisica contemporanea. Basti dire che risalgono a lui alcuni fondamenti della geometria non euclidea, del calcolo delle probabilità e della meccanica quantistica. Lo stesso Einstein non sarebbe stato Einstein senza i contributi di Poincarè. Benvenuta, dunque, la pubblicazione dei suoi scritti di fisica- matematica nei Classici della scienza della Utet. Certo, la lettura completa del testo non è per tutti. Ogni lettore deciderà se limitarsi alle parti discorsive o affrontare le pagine cosparse di formule. Per tutti è tuttavia la scorrevole e ampia introduzione scritta da Ubaldo Sanzo.


Scaffale Bang Preben: «Guida alle trac ce degli animali», Zanichelli
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: ZOOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

Sono sempre più numerosi gli amanti della natura che desiderano andare personalmente alla scoperta degli animali nel loro habitat, senza disturbarli, ma con intenti di osservazione e di studio. Questo manuale tratta tutti i vari tipi di tracce (orme, tane, resti di pasti, escrementi) lasciate da mammiferi e uccelli europei. Belle e utilissime le illustrazioni.


Scaffale Vanin Gabriele: «Osservatori pubblici: guida alla gestione» , Biroma Editore
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: ASTRONOMIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

Ci sono ormai in Italia circa cento Osservatori pubblici o gestiti da associazioni di astrofili. E' la prova che l'astronomia, oltre a un grande fascino, ha un forte potenziale didattico, che può essere sfruttato per introdurre al metodo scientifico e alla scienza in generale un pubblico molto vasto, soprattutto giovanile. Gabriele Vanin, uno degli appassionati di astronomia più preparati in Italia, ha fatto dunque molto bene a scrivere un libro che raccoglie tutte le nozioni e i consigli utili per un efficace funzionamento di questi Osservatori. Scelta del sito (sempre più difficile a causa dell'inquinamento luminoso), del telescopio, dei corpi celesti da osservare sia a occhio nudo sia con strumenti ottici di varia portata, sono i temi principali affrontati. Un lavoro, questo, che colma una lacuna della nostra editoria e che risulterà prezioso non soltanto per le associazioni ma anche per i singoli astrofili. Piero Bianucci


«VEGA» Un razzo tutto italiano
ORGANIZZAZIONI: BPD VEGA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

L'ITALIA è a un passo dall'autonomia nel campo spaziale. Dispone di una base di lancio: il poligono «San Marco», al largo della costa del Kenya, realizzato e gestito con dedizione assoluta da Luigi Broglio per un quarto di secolo. E' pronto il progetto di un razzo chiamato «Vega» i cui motori sono già stati sperimentati con successo. E c'è una clientela potenzialmente molto vasta per questo lanciatore che potrebbe mettere in orbita a basso costo carichi piccoli e medi. Manca una cosa sola: la decisione dell'Asi, l'Agenzia spaziale italiana, per chiudere il cerchio e dare il via alla realizzazione del vettore con tutti i vantaggi strategici e industriali che ne seguirebbero. Ma è noto che l'Asi, ora commissariata, è praticamente paralizzata dalla sua fondazione. Ai danni di una gestione infelice si assommeranno nel '94 gli inevitabili tagli alla spesa pubblica e quindi alla ricerca, con il rischio che l'Italia rimanga - appunto - a un passo dall'autonomia spaziale, ma senza raggiungerla. L'ultima parola è a un «comitato di saggi» che dovrebbe pronunciarsi nei prossimi giorni. «Vega» potrebbe essere pronto entro tre anni. Il suo sviluppo e la sperimentazione alla Bpd (Gruppo Gilardini) sono in fase avanzata. Sarebbe il vettore ideale per i piccoli satelliti destinati alla telefonia cellulare come i 77 della Motorola: per questi satelliti, infatti, i lanciatori più grandi, come lo shuttle, i «Delta» o l'«Ariane», sono troppo costosi.


CHIMICA & FISICA Quell'esotica radioattività
Autore: VOLPE PAOLO

ARGOMENTI: FISICA, ENERGIA
NOMI: CURIE MARIE, CURIE PIERRE
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 098

A quasi un secolo di distanza dalla prima scoperta della radioattività naturale nuove forme di trasformazione dei nuclei pesanti vengono alla luce, grazie a mezzi tecnici di rivelazione sempre più sensibili. Oggi i ricercatori stanno studiando una forma di radioattività di recente scoperta che per la sua assoluta singolarità è stata definita «esotica». Il fenomeno della radioattività è stato sviscerato per un secolo portando a fondamentali scoperte come quella della radioattività artificiale, che tanto peso ha nelle applicazioni. Ma per quanto riguarda i fenomeni naturali, più importanti dal punto di vista geofisico, l'unica novità prima degli Anni Ottanta era stata l'individuazione della fissione spontanea. In pratica fino ad una decina d'anni fa le forme di trasformazione naturale conosciute erano quattro: i decadimenti alfa, beta e gamma la cui scoperta risale alla fine del secolo scorso e la fissione spontanea, nota dalla metà degli Anni Trenta. Mentre i decadimenti beta e gamma comportano da parte del nucleo emettitore una variazione di massa piccola o nulla, il decadimento alfa e la fissione spontanea hanno una qualche affinità fra loro consistendo in un vero e proprio spezzarsi del nucleo: nel primo caso il frammento emesso è piccolo: quattro unità di massa da un nucleo che ne ha più di duecentodieci; nel secondo caso il frammento emesso varia preferibilmente tra ottanta e cento unità di massa, tanto che quel che rimane non è molto più grosso: da centoquaranta a centosessanta unità. Questa differenza soltanto quantitativa fra i due fenomeni ha spinto fin dal 1980 una equipe di scienziati dell'Est europeo, Poenaru e collaboratori, a cercare di interpretare l'emissione alfa come una fissione fortemente asimmetrica con una teoria unificatrice che, come conseguenza, comporta la possibilità di emissione di frammenti intermedi fra la massa quattro (quella della particella alfa) e le masse tipiche emesse invece nei processi di fissione. Senza sapere degli studi di Poenaru, due scienziati statunitensi, Rose e Jones, usando uno spettrometro ad altissima sensibilità individuarono nel 1984 nel radio-223 una emissione lenta, ma ad energia molto elevata (cinque-sei volte quella con cui vengono emesse le alfa) di atomi di carbonio 14. La scoperta era talmente sorprendente che il fenomeno fu subito chiamato «radioattività esotica». Secondo un vecchio modello, non molto diffuso ma con qualche fondamento di verità, nei nuclei pesanti esistono preformati agglomerati multipli di quattro unità di massa: un'altra stranezza del fenomeno osservato era quindi che non fosse emesso il carbonio- 12 ma il 14. Purtuttavia l'emissione di carbonio-14 ad alta energia da parte del radio- 223 è stata confermata da Gales e collaboratori a Orsay ed a Berkeley, dove il gruppo di Price l'ha individuata anche nel radio-222 e nel radio-224. Studi ancora più recenti, tuttora in svolgimento, hanno permesso di osservare altri tipi di radioattività esotica: dal torio-230, dal protoattinio- 231 e dall'uranio-232 vengono emessi nuclei di neon-24; dall'uranio-234 e dal plutonio- 236 si ha il magnesio-28 e finalmente dal plutonio-238 fuoriesce il silicio-32. In tutti questi casi si nota come le masse dei nuclei residui, date dalle differenze tra le masse dei nuclei emettitori e quelle dei nuclei emessi, siano sempre 206 o 207 o 208; l'elemento risultante è quindi sempre il piombo nelle sue tre forme isotopiche più abbondanti, che rappresentano anche i nuclei stabili più pesanti reperibili in natura. Da questa osservazione si individua il meccanismo insito nella radioattività esotica: essa tende a trasformare nuclei troppo pesanti e poco coerenti in nuclei stabili. E' la stessa strategia che provoca i decadimenti alfa successivi, con i quali gli elementi instabili pesanti si trasformano in piombo eliminando quattro unità di massa per volta. Ora si sa che alcuni nuclei di questi elementi (pochi in verità, perché la radioattività esotica è molto lenta) prendono una scorciatoia per arrivare al piombo con un solo balzo. Proprio lo scopo della trasformazione (oltre naturalmente ad altre osservazioni più profonde) fa sì che la radioattività esotica sia più assimilabile al decadimento alfa che alla fissione spontanea, nella quale i


IL SANGUE Trenta modi diversi per salvare la vita
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 099

Finora non è stata trovata nessuna sostanza che possa sostituire il sangue e la trentina di medicinali che se ne possono estrarre, i cosiddetti emoderivati. Il compito del sangue è quello di mantenere costante l'ambiente in cui gli altri tessuti vivono e svolgono le loro funzioni. Il sangue circola grazie all'azione di una pompa (il cuore) e di un sistema di vasi (vene e arterie). Ma deve mantenersi liquido. Il meccanismo che gli consente di comportarsi come fluido all'interno dei vasi e come solido al di fuori di essi, mediante il fenomeno della coagulazione (che blocca perdite esterne), è un delicatissimo equilibrio dinamico tra fattori coagulanti e anticoagulanti. Essendo il sangue un tessuto, la sua trasfusione da un soggetto all'altro deve essere considerata un vero e proprio trapianto. Di solito si tende a sorvolare su questo aspetto, perché tecnicamente la trasfusione non presenta problemi e il rigetto avviene sì invariabilmente, ma dopo che il paziente ha potuto beneficiare dell'emoglobina trasfusa, ricominciando a produrla da solo. Diversa è l'intolleranza tra sangue di gruppi diversi. La popolazione è infatti divisa in otto gruppi (A, B, Rh e così via), in base agli antigeni comuni. Le trasfusioni devono avvenire all'interno dello stesso gruppo, perché la reazione da sangue incompatibile è pericolosa.


STRIZZACERVELLO Tiro con l'arco Sei frecce ciascuno
Autore: PETROZZI ALAN

ARGOMENTI: GIOCHI
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 099

Tiro con l'arco Sei frecce ciascuno Ammettiamo che vi capiti di assistere a una gara di tiro con l'arco nella quale ogni arciere in gara scaglia sei frecce verso un bersaglio che presenta quattro anelli concentrici numerati da 1 a 4 partendo dall'interno verso l'esterno. Ammettiamo che la classifica finale veda al primo posto Andrea con 165 punti, al secondo posto Bruno con 100 e al terzo Carlo con 80. Sapendo che Andrea ha colpito con due frecce sia l'anello 1 che il 2 e con una freccia il 3 e il 4, che Bruno ha colpito con tre frecce l'anello 4 e con una ciascuno gli altri tre anelli e Carlo ha colpito con due frecce gli anelli 2, 3 e 4, sapreste dire qual è il punteggio assegnato a ciascuno dei tre anelli (che avranno valori crescenti a partire dall'anello 4)? La soluzione come sempre domani, accanto alle previsioni del tempo. (A cura di Alan Petrozzi)


LA PAROLA AI LETTORI Un'elica per dividere l'angolo in tre
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 099

Perché si considera impossi bile trisecare un angolo di verso da 180 o 360? Il problema della divisione di un angolo in tre parti è famoso fin dall'antichità, quando si scoprì che non può essere risolto con riga e compasso, cioè con rette e circoli. Graficamente, il problema può invece essere risolto ricorrendo ad alcuni tipi di curva, come l'iperbole, l'elica, la quadratrice, la concoide e forse anche la chiocciola, che si tracciano con speciali strumenti. L'enunciazione analitica della trisezione dell'angolo è invece un'equazione che, per il teorema di Moivre (un matematico inglese del XVII secolo) non può essere ridotta nel prodotto di due polinomi a coefficienti razionali, e quindi dovrebbe essere possibile esprimere una sua radice in funzione razionale di coseno alfa e seno alfa. Dopo vari procedimenti matematici, si arriva alla conclusione che «x elevato al cubo = coseno alfa più seno alfa» è irriducibile, cioè non può risolversi con un numero finito di radici quadrate, epperò la trisezione non è eseguibile, in via generale, con riga e compasso. Nicola Bizzo, Biella Se dopo aver ingerito un me dicinale liquido si beve del l'acqua, le sostanze curative contenute nell'acqua perdo no efficacia, dato che vengo no diluite? Assolutamente no, perché la quantità di medicinale assunta è sempre la stessa, che si beva acqua o no. Si possono citare come esempio due abitudini molto diffuse nella vita di tutti i giorni. Si vedono spesso nei bar persone che subito dopo un caffè bevono dell'acqua, convinte di assimilare in questo modo meno caffeina. Per ottenere l'effetto desiderato, dovrebbero invece versar via parte del caffè e sostituirlo con altrettanta acqua (meglio se calda]). La stessa cosa succede (e anche peggio) a chi ordina un caffè «lungo». In questo caso, la quantità di caffeina assunta è ancora maggiore perché l'acqua in più che passa attraverso il filtro asporta la residua caffeina, che altrimenti sarebbe rimasta nei fondi del caffè. Aldo Bertolotto Savona La lana di vetro è una sostan za pericolosa? E' possibile che provochi tumori o malat tie polmonari? La lana di vetro è costituita da fibre di vetro, che sono fibre minerali artificiali, con la caratteristica di fratturarsi trasversalmente, riducendosi così in spezzoni di minor lunghezza ma con lo stesso diametro. Per tale motivo, pur essendo considerate pericolose e richiedendo precauzioni da parte degli addetti alla lavorazione e all'uso, risultano meno pericolose delle fibre d'amianto (fibre minerali naturali), che si fratturano invece longitudinalmente, trasformandosi così in fibre sempre più fini e facilmente inalabili con la respirazione. Quanto agli effetti nocivi per la salute, la lana di vetro è stata considerata, in base agli studi della IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro), di «inadeguata evidenza di cancerogenicità» per l'uomo, mentre sono stati riscontrati effetti più evidenti sugli animali da laboratorio. In relazione agli effetti polmonari, sono state invece riscontrate, con certezza di casualità, opacità dei polmoni e alterazioni della funzione respiratoria. Luigi Omodei Zorini Vercelli Perché alcune merci, come le uova o i bottoni, si contano a dozzine? Perché il numero 12 ha un numero di divisori relativamente elevato. Una quantità di merce espressa in dozzine può essere facilmente suddivisa in 2, 3, 4 o 6 parti, facilitando così sia il confezionamento sia l'utilizzo. Cosa che non accade con il numero dieci. Ci sono quindi vantaggi di tipo commerciale. Michele Andreoli Borgaro Torinese Perché gli animali, anche quando provano dolori atro ci, non perdono conoscenza? Perché percepiscono il dolore in maniera meno violenta di noi: la loro soglia dolorifica è infatti superiore alla nostra. Gianni Sarto, Imperia


CHI SA RISPONDERE?
LUOGHI: ITALIA
NOTE: 099

QCome fa il sapone a pulire? QPerché il ghiaccio a volte scivola di mano, altre volte invece si attacca alle dita? QCome fanno le mosche a camminare a zampe all'insù sul soffitto? QQuali specialità rientrano nel pentathlon? Con quale criterio furono scelte? Sono diverse, per uomini e per donne? _______ Risposte a: «La Stampa - Tuttoscienze», via Marenco 32, 10126 Torino. Oppure al fax numero 011-65.68.688




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