TUTTOSCIENZE 24 aprile 96


CERNOBIL. Dieci anni dopo Il terrore continua
AUTORE: BONOTTO SILVANO
ARGOMENTI: ENERGIA, ECOLOGIA, INCIDENTI, NUCLEARI, CHIMICA, INQUINAMENTO, STATISTICHE, MEDICINA E FISIOLOGIA
NOMI: SHUNICHI YAMASHITA, SHIGENOBU NAGATAKI, HOLSTOCK LUC
ORGANIZZAZIONI: OMS
LUOGHI: ESTERO, EUROPA, CSI, UCRAINA, CERNOBIL
TABELLE: T. TAB. I NUMERI DI CERNOBIL ==================================================================== RADIOATTIVITA' DISPERSA: la stima minima è di 90 milioni di curie, circa 100 volte l'inquinamento radioattivo prodotto dalle bombe di Hiroshima e Nagasaki. Altre stime sono due o tr volte maggiori. -------------------------------------------------------------------- RADIAZIONI GAMMA: sul luogo dell'incidente la radiazione gamma ha suprato i 100 roentgen per ora, una quantità centinaia di volte superiore alla dose massima annua consentita dalla Commissione internazionale per la protezione radiologica. -------------------------------------------------------------------- TERRITORIO CONTAMINATO: 260.000 kmq in Ucraina, Bielorussia e Russia hanno ancora oggi una emissioni di radioattività superiore ad 1 curie per kmq a causa del cesio-137 disperso. -------------------------------------------------------------------- LAVORATORI CONTAMINATI: dei 400.000 uomini che sono intervenuti per isolare le scorie radioattive, 30.000 hanno subito danni più o meno gravi; 5.000 hanno ottenuto un sussidio per invalidi -------------------------------------------------------------------- BAMBINI: 13.000 bambini hanno ricevuto una dose di radioattività doppia rispetta al massimo consentito in un anno intero per i lavoratori dell'industria nucleare e 4.000 hanno assorbito dosi 20 volte superiori a questo limite. Tra i bambini della regione di Cernobil, i tumori della tiroide sono aumentati di 10 volte. I disturbi psichiatrici sono 10-15 volte superiori alla media. -------------------------------------------------------------------- SCORIE: nel reattore c'è ancora una radioattività pari a 20 milioni di curie; nella regione ci sono 800 siti dove sono sepolti materiali radioattivi. -------------------------------------------------------------------- RISCHIO FUTURO: sono tuttora in funzione 15 reattori come quello esploso 10 anni fa. Per chiudere Cernobil l'Europa si è impegnata a versare 4.800 miliardi all'Ucraina. -------------------------------------------------------------------- GUERRA DI CIFRE: i dati sulle conseguenze del disastro nuclerae di Cernobil sono fortmente controverse. L'Agenzia atomica internazionale, l'Aiea di Vienna, comunica dati che minimizzano, Greenpeace dati catostrofici. Questo bilancio è tratto in gran parte dall'ultimo numero di Le Scienze. ==================================================================== G. Numero dei tumori alla tiroide tra i bambini dal 1986 al 1994
NOTE: DECIMO ANNIVERSARIO DELL'INCIDENTE DELLA CENTRALE NUCLEARE DI CERNOBIL TEMA: DECIMO ANNIVERSARIO DELL'INCIDENTE DELLA CENTRALE NUCLEARE DI CERNOBIL

DIECI anni fa, il 26 aprile 1986, nella centrale di Cernobil, a 120 chilometri da Kiev (Ucraina), alle ore 1 e 23, il reattore 4, in funzione da appena due anni e mezzo, esplodeva durante un esperimento per vedere quanto a lungo i generatori potessero funzionare senza essere alimentati. Cernobil e la vicina città di Pripjat furono investite da esalazioni gassose e da una pioggia di materiali roventi (6-7 tonnellate), fortemente radioattivi. Dalla centrale in fiamme si sprigionarono a varie riprese nubi che, trasportate dai venti, dispersero il loro carico radioattivo su vaste aree dell'Ucraina, della Bielorussia e della Russia e che contamineranno poi tutto l'emisfero Nord del pianeta. Nei giorni successivi, la radioattività di Cernobil viene misurata non solo in Europa, ma anche nella parte siberiana della Russia, in Cina, in Giappone e negli Stati Uniti. In Italia le nubi radioattive contaminano maggiormente le regioni settentrionali spargendo i loro radionuclidi, di cui sussistono ancora soprattutto il cesio-137 e lo stronzio-90. A Cernobil, gli effetti dell'esplosione (che fu di natura chimica e non atomica) e del successivo incendio sono devastanti. Due persone muoiono sotto le macerie, altre 29 periscono in poche settimane per le gravi ustioni provocate dalle radiazioni; 300 persone, soprattutto personale della centrale e vigili del fuoco, vengono curate negli ospedali; 203 persone soffrono di gravi danni causati dalle radiazioni e 130.000 sono esposte a forti dosi di radiazioni. Alcuni esperti sono dell'opinione che per circa 10.000 persone si manifesteranno danni postumi da radiazioni, ma manca una rigorosa verifica scientifica. Nonostante i numerosi incontri e simposi internazionali organizzati sull'incidente di Cernobil, non è stato ancora reso noto ufficialmente il numero totale di vittime, e ciò per due motivi principali. Primo, la difficoltà di stabilire con certezza se i decessi sono avvenuti per effetto dell'irradiazione o per altre cause, quali, per esempio, l'elevato inquinamento chimico ambientale, lo stress, la predisposizione genetica. Secondo, la segretezza dell'ex regime sovietico (l'incidente fu mantenuto segreto fino al 5 maggio 1986), attitudine della quale anche i nuovi dirigenti locali non sembrano essersi completamente liberati. Cosicché, paradossalmente, il numero ufficiale dei morti è rimasto 31. L'Oms (Organizzazione mondiale della sanità) riportava già in un comunicato del 23 aprile 1993, che «lo sviluppo più preoccupante è l'aumento dei casi di cancro alla tiroide tra i bambini in Bielorussia». E Michael Balter riferiva che, secondo un gruppo di esperti, che hanno partecipato alla conferenza internazionale di Ginevra (20-23 novembre 1995) sul tema «Conseguenze per la salute dell'incidente di Cernobil», l'aumento esplosivo di tumori alla tiroide nei bambini in Bielorussia, Ucraina e Russia sarebbe dovuto alle radiazioni prodotte dagli isotopi dello iodio radioattivo (I-131, I-132, I- 133 e I-134). Tuttavia, secondo due ricercatori giapponesi, Shunichi Yamashita e Shigenobu Nagataki dell'Università di Nagasaki, benché sia noto che nei bambini la tiroide è tra gli organi che hanno il più alto coefficiente di rischio, nel caso di Cernobil non è stata ancora stabilita con certezza una relazione di causa-effetto tra l'esposizione alle radiazioni e l'insorgere della malattia (disfunzione della tiroide e comparsa di tumori) in quanto le dosi di radiazioni individuali nell'area dell'incidente non sono state ancora determinate con precisione. Dello stesso avviso è anche Luc Holmstock, responsabile del servizio medico al Centro Nucleare (SCK-CEN) di Mol in Belgio, dove viene misurata la radioattività del Cesio-137 nel corpo umano. Le tecniche della biologia molecolare sembrano promettenti anche per risolvere alcuni problemi creati dall'incidente. I ricercatori tedeschi Hillebrandt, Streffer e Reiners dell'Università di Essen hanno studiato in collaborazione con Demidchik del Centro sui Tumori alla Tiroide di Minsk (Bielorussia) le sequenze del p53, un gene suppressore del tumore nell'uomo, in 26 bambini. Essi hanno concluso che «il numero di mutazioni del p53 osservate in carcinomi della tiroide di bambini provenienti da aree contaminate in seguito all'incidente di Cernobil è più elevato se paragonato con studi fatti su pazienti che non sono stati in contatto con la radioattività». Ma gli stessi autori ammettono che, almeno per ora, è difficile giungere a una conclusione sicura a causa del basso numero di tumori analizzati. Questo approccio di epidemiologia molecolare sembra, comunque, di grande utilità e non è da escludere che le mutazioni a livello del gene p53 possano costituire un «marker» potenziale per i tumori indotti dalle radiazioni. Silvano Bonotto Ordinario di Ecologia Università di Torino


LANCIO IL 29 APRILE L'universo in raggi X Parte il satellite italiano «Sax»
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: ASTRONOMIA, AERONAUTICA E ASTRONAUTICA, FISICA
NOMI: SCARSI LIVIO
ORGANIZZAZIONI: CNR, ALENIA SPAZIO
LUOGHI: ITALIA

COME la luce va dal rosso al violetto passando per tutte le sfumature intermedie, e ogni colore corrisponde a una lunghezza d'onda, così i raggi X sono una gamma delle onde elettromagnetiche molto ampia, che va dai raggi X «molli», cioè di bassa energia, ai raggi X «duri», dall'energia molto elevata, al confine con i raggi gamma. Da qualche decennio gli astronomi hanno strumenti capaci di osservare il cielo nella «finestra» X ma non hanno mai avuto, per così dire, uno strumento che permettesse di studiare «a colori» i corpi celesti che emettono questa radiazione scoperta da Roengten poco più di un secolo fa. Cioè contemporaneamente in tutte le lunghezze d'onda dello spettro X. Bene: il sogno sta per realizzarsi grazie a un satellite tutto italiano che verrà lanciato il 29 aprile da Cape Canaveral: «Sax» sarà il primo satellite a scrutare il cielo simultaneamente nell'intera gamma X. Buchi neri, stelle di neutroni, galassie con nuclei che sprigionano enormi quantità di energia saranno gli obiettivi principali di «Sax». Il quale non ha soltanto la capacità di coprire tutti i «colori» della «luce» X, ma possiede anche un'alta «risoluzione temporale», cioè riesce a distinguere «lampi» di radiazione brevi, mentre gli altri satelliti della generazione precedente non potevano farlo. Sax ha una massa di 1400 chilogrammi, contiene mezza tonnellata di sofisticatissimi «telescopi», lo alimentano 8700 celle fotovoltaiche che producono tremila watt. Creatura scientifica di Livio Scarsi, il direttore dell'Istituto di fisica cosmica del Cnr di Palermo, commissionato all'Alenia Spazio dall'Agenzia spaziale italiana, Sax ha a bordo anche uno strumento olandese che permette l'osservazione del cielo a grande campo, in modo da scovare fenomeni nuovi. In questa eventualità, i programmi di ricerca potranno essere rapidamente riconvertiti. Per costruire Sax, l'Alenia Spazio ha coordinato il lavoro di Laben (tre strumenti), Fokker (pannelli solari), Bpd (razzi di assetto), Fiar (distribuzione di potenza). Alla Telespazio toccheranno la raccolta e la gestione dei dati, che verranno rilanciati dalla base italiana «San Marco», a Malindi, in Kenya. Poiché fino al 1999 Sax sarà l'unico satellite in grado di tenere sotto controllo il cielo nell'intera banda dei raggi X, da quelli di bassa energia (0,1 KeV) a quelli di energia altissima (300 KeV) con un'alta risoluzione temporale, i ricercatori italiani e olandesi e gli altri gruppi associati dispongono di tre anni di vantaggio sui loro competitori. «Le emissioni X che ci arrivano dal cosmo - spiega Scarsi - sono molto variabili, anche in periodi brevi: una specialità di Sax sarà la capacità di cogliere queste variazioni di luminosità nei raggi X, ed è proprio di lì che contiamo di ricavare le notizie più interessanti sui meccanismi di funzionamento di oggetti celesti come buchi neri e galassie attive». Il primo progetto risale all'inizio degli Anni 80. Sulla sua strada però si sono frapposti molti ostacoli. Una svolta decisiva fu imposta dal terribile incidente del «Challenger». La Nasa decise allora che non avrebbe più messo a disposizione lo shuttle per il lancio del nostro satellite, e si dovette lavorare a soluzioni alternative. Il ricorso a un razzo, d'altra parte, ha permesso di aumentare il peso del satellite migliorandone di molto le prestazioni, sia pure con costi aggiuntivi. In totale l'impegno economico è di 700 miliardi, includendo il costo del razzo «Atlas», delle operazioni di lancio e della gestione dei dati che verranno inviati a Terra nei due (o quattro) anni di funzionamento del satellite. Gli speciali «telescopi» per raggi X, quattro a incidenza a radente più altri due, hanno richiesto tecnologie di frontiera. «Per esempio - spiega Scarsi - uno strumento di Sax è un rivelatore costituito da gas alla pressione di 5 atmosfere: una parete di berillio deve lasciar passare i raggi X ma essere impermeabile al gas, e una differenza di potenziale di 30 mila volt deve produrre un'accelerazione degli elettroni del gas rimossi dai fotoni X, in modo da dare un segnale forte e visibile: è evidente la difficoltà di mettere insieme apparecchi così complessi e delicati». Come abbiamo già detto, Sax porterà in orbita equatoriale una batteria di telescopi che copre, con qualche utile sovrapposizione, tutti i «colori» della banda X, un po' come il nostro occhio vede tutti i colori della luce dal rosso al violetto. I precedenti telescopi, invece, vedevano un solo «colore» per volta, sia pure con una maggiore sensibilità. Le due camere a largo campo predisposte dagli olandesi permetteranno di cogliere al volo ogni fenomeno interessante e di puntare su di esso gli altri telescopi. Ad ogni orbita (percorsa in 97 minuti) Sax raccoglierà 450 milioni di informazioni elementari (bit). Cioè qualcosa come 60 libri di medie dimensioni. Dopo i grandi progressi realizzati con il satellite «Einstein» sotto la guida di Riccardo Giacconi, si apre un nuovo capitolo dell'astronomia in raggi X. Incrociando le dita, naturalmente. Piero Bianucci


ECOSISTEMI Nel bosco degli animali mutanti
AUTORE: S_BO
ARGOMENTI: ECOLOGIA, ZOOLOGIA, GENETICA, ANIMALI, INCIDENTI, NUCLEARI, INQUINAMENTO
NOMI: NENOT JEAN CLAUDE, COULON RENE', CHESSER RON, BAKER ROBERT
ORGANIZZAZIONI: IPSN
LUOGHI: ESTERO, EUROPA, CSI, UCRAINA, CERNOBIL
NOTE: DECIMO ANNIVERSARIO DELL'INCIDENTE DELLA CENTRALE NUCLEARE DI CERNOBIL TEMA: DECIMO ANNIVERSARIO DELL'INCIDENTE DELLA CENTRALE NUCLEARE DI CERNOBIL

LA radioattività dispersa dal reattore di Cernobil ha contaminato gravemente 2225 centri abitati sparsi su una superficie di 25.000 chilometri quadrati, in Bielorussia, Russia e Ucraina. Ovviamente, la contaminazione ha interessato non solo gli abitanti (circa 825. 000) ma anche gli animali e le piante degli ecosistemi terrestre e acquatico. A causa del passaggio dei radionuclidi di lunga vita dal suolo e dall'acqua ai produttori primari e da questi ai consumatori primari (erbivori) e secondari (carnivori), anche le catene alimentari riguardanti l'uomo sono state contaminate. E' provata la presenza di cesio-137 nel latte e in altri alimenti: le autorità locali hanno dovuto introdurre varie contromisure per limitare le dosi d'irradiazione interna. Per quanto riguarda le piante superiori, si ricorderà, per esempio, che una foresta di conifere (Pino silvestre) nelle vicinanze della centrale è stata praticamente distrutta dalle radiazioni. Secondo i ricercatori francesi Jean-Claude Nenot e Renè Coulon, dell'Ipsn di Fontenay-aux-Roses, già sei anni dopo l'incidente, essa dava segni di ripresa. Ma il riequilibrio di un ecosistema fortemente danneggiato può richiedere decenni e talvolta secoli. Quanto agli animali selvatici (mammiferi e uccelli) dell'area contaminata, paradossalmente, partito l'uomo, essi hanno proliferato nonostante la dose elevata di radiazioni, che in alcuni luoghi era fino a 3000 volte superiore a quella naturale (che è di circa 2-2,5 mSv). L'ecologo americano Ron Chesser, che ha studiato la zona, ha perciò concluso che il beneficio dell'esclusione dell'uomo da questo ecosistema fortemente contaminato ha bilanciato gli effetti negativi delle radiazioni. Tuttavia, benché gli animali sembrino in buona salute, secondo lo zoologo Robert Baker essi stanno probabilmente pagando il prezzo dell'irradiazione, ipotesi che dovrà essere dimostrata da rigorose ricerche ecologiche, etologiche e genetiche. Chesser e Baker hanno perciò iniziato uno studio di genetica molecolare, analizzando le sequenze del gene del citocromo b in individui di arvicola (topolino dei campi), che vivevano dentro o fuori della zona contaminata. I due studiosi hanno messo in evidenza un'elevata frequenza di mutazioni genetiche nel gruppo di animali sottoposti alle radiazioni. Queste ricerche, finora effettuate su un numero limitato di individui, dovranno essere confermate ulteriormente, utilizzando un numero più elevato di animali che possa permettere un'analisi statistica. Nella regione intorno a Cernobil la radioattività è ancora fino a 3000 volte superiore a quella di origine naturale. Il fatto che le popolazioni di alcune specie animali crescano in un'area altamente contaminata non deve sorprendere se teniamo conto di due fatti importanti. Primo, quando la vita comparve sulla Terra, la radioattività ambientale, dovuta ai radionuclidi primordiali, era molto più elevata di quella attuale. Secondo, gli organismi viventi eucarioti, uomo incluso, hanno sviluppato un «sistema di riparazione» capace di eliminare il danno provocato dalle radiazioni al patrimonio ereditario della specie.(s. bo.)


LA MINACCIA DEL PLUTONIO
ARGOMENTI: ECOLOGIA, FISICA, INCIDENTI, NUCLEARI, MINACCE, INQUINAMENTO, AMBIENTE
LUOGHI: ESTERO, EUROPA, CSI, UCRAINA, CERNOBIL
TABELLE: D. Il «sarcofago» che racchiude le macerie radioattive a ridosso del reattore numero 3 tuttora in funzione
NOTE: DECIMO ANNIVERSARIO DELL'INCIDENTE DELLA CENTRALE NUCLEARE DI CERNOBIL TEMA: DECIMO ANNIVERSARIO DELL'INCIDENTE DELLA CENTRALE NUCLEARE DI CERNOBIL

Le conferenze internazionali organizzate per il decimo anniversario dell'incidente di Cernobil a Minsk (nel marzo scorso), a Vienna e a Mosca (pochi giorni fa), hanno indicato le iniziative più urgenti da intraprendere nel prossimo futuro sul piano scientifico, medico, tecnico-ingegneristico e socio-economico. Il risanamento ecologico delle regioni contaminate in Bielorussia, Russia e Ucraina richiederà ancora un grosso sforzo da parte della comunità internazionale, con investimenti di migliaia di miliardi, in vista della chiusura di Cernobil entro il 2000. Il «sarcofago» che copre il reattore, alto una cinquantina di metri, è quasi pericolante, lascia entrare l'acqua e uscire la radioattività sotto forma di aerosol. Il reattore conterrebbe ancora 100 tonnellate di combustibile nucleare (uranio), vari radionuclidi e circa 400 chilogrammi di plutonio, elmento che non solo è altamente tossico ma ha anche una lunga vita (decine di migliaia di anni). Sarà perciò necessario consolidare il sarcofago attuale o costruirne un altro che copra non solo il reattore ma anche una grande massa (migliaia di metri cubi) di materiali contaminati.


LO PORTERA' IN ORBITA UN RAZZO MITICO
Autore: LO CAMPO ANTONIO

ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. Il razzo vettore Atlas Centaur - 1

LA piattaforma-rampa di lancio è la numero 36 del Centro Spaziale Kennedy, qualche chilometro più a Sud rispetto alle due rampe da cui prendono il via gli shuttle. Il grande squarcio di luce che illuminerà Cape Canaveral sarà prodotto dell'ultimo esemplare di razzo vettore «Atlas 1», che porta come secondo stadio un «Centaur G-1». Il lanciatore di «Sax» è uno dei cavalli da tiro più autorevoli tra i razzi americani: fu realizzato dalla «General Dynamics» per lanciare, fin dal 1962, satelliti scientifici, applicativi e militari, e sonde verso Venere, Marte, Mercurio, Giove. Dopo il lancio di «Sax», verrà impiegato l'«Atlas 2», potenziato e migliorato, che si avvarrà sempre del potente stadio «Centaur». Quest'ultimo è stato il primo propulsore americano funzionante a idrogeno liquido: sviluppato dal Lowls Research Center della Nasa, può mettere in orbita 4500 chili, fornendo una spinta di 13.200. Può anche lanciare 1900 chili in orbita geostazionaria e 900 su traiettoria interplanetaria, grazie a due motori RL-10 a ossigeno e idrogeno liquidi. Se «Centaur» è lo stadio superiore, il primo è l'«Atlas». Due motori a ossigeno liquido e combustibile RP-1, forniscono 82 tonnellate di spinta delle 200 totali. L'Atlas è lo stesso che nel 1962-63 portò in orbita i primi astronauti della Nasa, da John Glenn a Cordon Cooper. Alto 40 metri, diametro di 3, Atlas-Centaur con in cima «Sax» seguirà una traiettoria di ascesa che per la sua forma i tecnici americani chiamano «dog leg», gamba di cane (posteriore). Pochi minuti dopo il lancio, «Sax» verrà collocato in orbita equatoriale a 28 gradi d'inclinazione. Il Centaur accenderà una prima volta i motori, poi li spegnerà, e dopo un'orbita li riaccenderà per mettere il satellite nell'esatta posizione. Antonio Lo Campo


ENERGIA IDROELETTRICA Tutti i segreti di una diga da record Torna a riempirsi il lago del Moncenisio
Autore: SCAGLIOLA RENATO

ARGOMENTI: ENERGIA, TECNOLOGIA, DIGHE
ORGANIZZAZIONI: ENEL, EDF
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. Sezione della diga del lago del Moncenisio

PER la prima volta, dopo 25 anni, il bacino artificiale del Moncenisio, a duemila metri di quota sul valico omonimo, a cavallo tra Italia e Francia, tra le valli di Susa e dell'Arc, è stato svuotato completamente. E' vero che il lago è stato prosciugato già due volte dalla sua costruzione nel 1970, perché le esigenze di manutenzione (e le leggi francesi) impongono uno svuotamento decennale per manutenzione, ma in questa occasione è stato «tolto il tappo del lavandino», cioè sono state aperte completamente anche le paratie di fondo, cosa mai avvenuta prima, in modo da evacuare anche il fondo, scendendo così sotto la quota minima di esercizio. Nel corso delle operazioni è stato continuamente monitorato il tasso di materiale solido in sospensione (limo glaciale), a valle dei bacini di decantazione. Una curiosità: una rete all'uscita della galleria di scarico (e un paio di elettrodi che fornivano una debole scarica elettrica in funzione di anestetico) ha catturato i pesci trasportati dalla corrente, che sono stati messi in vasche e portati in salvo a Modane. In collaborazione con la Federation de Peche de la Savoie, l'ittiofauna è stata salvata e valutata in: 50 per cento Trota Iridea, 15 per cento Salmerino Alpino, 25 Salmerino Americano e 10 per cento Trota Fario. Sono state pescate trote Fario e Iridee di oltre cinque chili, lunghe 90 centimetri, e Salmerini Americani di 70/80 centimetri, del peso di quasi sei chili e di età compresa tra i 15 e 20 anni. A lavori terminati i salmonidi saranno reimmessi nel lago. Il graduale riempimento dello svaso ricomincerà il 28 aprile e si compirà entro l'estate. Lo svuotamento totale ha consentito ai tecnici dell'Enel e dell'Edf (Electricité de France) di controllare le parti abitualmente sommerse: torri delle opere di presa, gallerie blindate di adduzione e scarico, paratoie. Lo spettacolo che si presenterà ai viaggiatori, una volta riaperto il valico al traffico (ma si può salire anche a piedi, con una passeggiata di un'ora da Bar Cenisio), sarà insolito, perché non sono emersi solo i resti dell'ospizio napoleonico e l'antico tracciato della strada, ma, sciolte le nevi, compariranno le curve di livello segnate sugli argini a seconda dell'altezza dell'acqua nelle diverse stagioni. Un'attrattiva in più per uno dei passi più ricchi di storia delle Alpi, contornato dagli imponenti resti del Vallo Alpino e delle massicce fortezze ottocentesche di Pattacreuse, Varisella, Roncia, ormai monumenti di archeologia bellica. La diga - una delle più grandi in Europa nel suo genere - alimenta un immenso sistema idroelettrico italofrancese: la centrale oltralpe di Villarodin, 360 MW, con un salto d'acqua di 800 metri, e Venaus, 240 MW (in caverna), con un salto di 1300 metri, una condotta forzata blindata del diametro da tre a due metri. Noi produciamo circa la metà dell'energia elettrica dei francesi (circa 300 milioni di chilowattora all'anno), perché, se loro hanno più acqua, noi abbiamo una caduta maggiore. In Valle d'Aosta e in provincia di Torino, le 53 centrali idroelettriche dell'Enel sono ormai tutte controllate automaticamente dal Posto di Teleconduzione (PT), di Pont-St-Martin: due tecnici sono in servizio 24 ore su 24, e hanno il monitoraggio in tempo reale di tutte le fasi del funzionamento e la segnalazione di ogni possibile disservizio e allarme. Prima ogni centrale occupava una dozzina di addetti per coprire i turni nelle ventiquattr'ore. La completa automazione ha fatto saltare in pochi anni 500 posti di lavoro nelle valli. La diga in terra del Moncenisio è uno sbarramento lungo 1400 metri, un'altezza massima di 120 al coronamento, un volume totale di quasi 15 milioni di metri cubi, e forma un lago - lungo 5 chilometri, largo due - della capacità di 315 milioni di metri cubi: 264 di competenza francese e 51 italiana. Una singolarità geografica e politica, poiché l'intero invaso appartiene, da dopo la guerra, alla Francia, ma lo sfruttamento idroelettrico delle acque è ripartito tra i due Paesi: quattro quinti Oltralpe, un quinto all'Italia, in funzione della raccolta delle acque da versanti, anche lontanissimi dal lago, a cavallo della frontiera. Un reticolo intricato di decine di chilometri di canali di captazione, di gronda, a pressione e a pelo libero, sifoni, scavati nella roccia, che raccolgono acqua da ghiacciai, nevai, torrenti e laghetti d'alta quota fino a una distanza massima di una ventina di chilometri, cioè a monte di Bonneval. Senza contare le condotte forzate che finiscono nelle turbine, o i tunnel d'ispezione alla base della diga, che raggiungono lo sviluppo di 5 chilometri. Sicurezza. Ogni anno, vengono effettuate circa diecimila operazioni di controllo del sistema, alcune automatiche altre a vista. Tra gli strumenti cellule elettriche e idrauliche, manometri, telemisuratori piezometrici. Il monitoraggio automatico intorno alla diga, sui salienti e sulle ripe circostanti, avviene con diversi sistemi: per esempio distanziometri automatici a raggi infrarossi. Il raggio arriva a oltre un chilometro partendo dalla casa dei guardiani verso «mire» fisse, e registra movimenti fino a un decimo di millimetro. La cotica si muove - piccoli scivolamenti locali - specialmente con lo scioglimento delle nevi. Ci sono poi inclinometri, ossia perforazioni fino a 100/150 metri, in cui sono inseriti sensori che segnalano, a diverse quote, ogni inclinazione del foro; i dati sono trasmessi via radio alla centrale, o registrati in loco e prelevati dagli addetti. La diga si muove (tutti i manufatti si muovono), impercettibilmente, in funzione degli agenti esterni, come la pressione idrostatica dell'acqua, variazioni termiche, fenomeni deformativi, contrazioni e espansioni a seconda se la temperatura scende o sale. Più evidenti nelle opere in calcestruzzo. Una diga in terra, un enorme rilevato compattato, dopo qualche anno di assestamento, «si siede» e si stabilizza. Quella del Moncenisio ha una sezione triangolare, con il lato meno inclinato verso l'acqua, risultato di complessi studi sulla granulometria degli inerti usati. In dettaglio il lato a valle è composto da pietrame compattato (calcescisti), e ha funzioni di sostegno; a monte strati di materiali diversi garantiscono l'impermeabilità: una parte ancora rocciosa, un nucleo di terra, un fondo di argilla impermeabile. All'interno della diga alcuni canali permettono lo scolo delle infiltrazioni e il controllo costante dell'intero sistema. Renato Scagliola


IN BREVE Artrite reumatoide appello alle famiglie
ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA
ORGANIZZAZIONI: ISTITUTO DI PATOLOGIA MEDICA UNIVERSITA' DI PISA
LUOGHI: ITALIA

Un gruppo di ricerca italiano finanziato dall'Unione Europea lancia un appello per individuare un gruppo di mille famiglie che abbiano o una persona colpita da artrite reumatoide ed entrambi i genitori viventi, o due sorelle o fratelli affetti da questa malattia. Un semplice prelievo del sangue su queste persone permetterebbe di individuare meglio i geni coinvolti nell'artrite reumatoide, sviluppando uno studio già realizzato con ottimi risultati in Francia su 212 famiglie. Famiglie e medici interessati possono mettersi in contatto con i ricercatori tramite il numero verde 167- 252471, attivato presso l'Istituto di patologia medica dell'Università di Pisa.


IN BREVE Scoprinatura con Lipu-Auriga
ARGOMENTI: ECOLOGIA
NOMI: MAINARDI DANILO
ORGANIZZAZIONI: LIPU, AURIGA
LUOGHI: ITALIA

E' in corso l'operazione «Scoprinatura», che vede insieme la Lipu, Lega italiana per la protezione degli uccelli, e l'Auriga, azienda milanese che fornirà gli strumenti per l'osservazione degli animali nel loro ambiente. Testimonial dell'iniziativa è l'etologo Danilo Mainardi. Informazioni: Lipu, 0521-233.414; Auriga, 02-509.7251.


IN BREVE La giusta dieta in un Cd-Rom
ARGOMENTI: ELETTRONICA, ALIMENTAZIONE
NOMI: ANGELA PIERO
ORGANIZZAZIONI: ISTITUTO NAZIONALE DELLA NUTRIZIONE
LUOGHI: ITALIA

L'Istituto nazionale della nutrizione ha preparato una enciclopedia multimediale dedicata agli alimenti e alla dieta su Cd- Rom. Il Cd-Rom, presentato da Piero Angela, contiene 30 minuti di video, 600 pagine di testo e un videogioco. Informazioni: 06-50.32.412.


IN BREVE Premio Europa a Renzo Pellati
ARGOMENTI: ALIMENTAZIONE, PREMIO, GIORNALISTI
NOMI: PELLATI RENZO
LUOGHI: ITALIA

Uno dei Premi Europa di giornalismo per una corretta alimentazione, quello del settore stampa specializzata, è stato assegnato a Renzo Pellati, collaboratore di «Tuttoscienze».


NELL'ARCIPELAGO DI RYUKYU Formiche marxiste Tutte uguali operaie e regine
Autore: BOZZI MARIA LUISA

ARGOMENTI: ZOOLOGIA
NOMI: JAISSON PIERRE
LUOGHI: ITALIA
NOTE: Formiche Cerapachys biroi

SAREBBE piaciuta a Marx questa società di formiche ugualitarie, dove ogni femmina contribuisce con le proprie uova alla continuità delle generazioni, senza differenze di casta, di sesso o di potere. Non ci sono maschi e non c'è una regina. O meglio, ogni operaia è una regina. Al potere la classe operaia, dunque. Oppure, dal momento che le ha scoperte un entomologo francese, Pierre Jaisson dell'Università di Parigi Nord, viva l'uguaglianza e abbasso l'aristocrazia, secondo i principi della Rivoluzione. La Cerapachys biroi è una formica lunga due millimetri e molto rara, che vive nell'arcipelago di Ryukyu (fra il Giappone e Taiwan) in nidi sotterranei a circa 20 centimetri di profondità in ambiente tropicale. Secondo lo stile delle formiche guerriere, Cerapachys biroi periodicamente invade i nidi di altre specie e ne cattura le larve, che porta a casa e serve in pasto alla propria figliolanza in fase larvale. La vita sociale di Cerapachys biroi non ha uguali nel regno animale. In qualsiasi altra società - di insetti o di mammiferi - solo alcuni individui, in genere una coppia, hanno il diritto di riprodursi, mentre gli altri membri del gruppo si accontentano di collaborare all'allevamento delle nuove generazioni, a cui sono legati da vincoli di parentela. Nelle stesse formiche solo la regina (in alcune specie più di una) produce le uova, mentre le sue figlie più anziane, le operaie sterili, si assicurano una discendenza allevando le sorelle più giovani. Una volta l'anno, nel periodo degli amori, compaiono i maschi e le femmine feconde, future regine di nuove colonie. Entrambi alati, al momento opportuno i due sessi sciamano a migliaia dal formicaio verso grandi altezze, dove solo pochi fortunati riescono a realizzare il fine per cui sono nati, la trasmissione dei geni alle future generazioni. A conclusione del viaggio di nozze, il consorte conclude la sua breve vita (o i consorti, perché alcune formiche non disdegnano la promiscuità per differenziare geneticamente la prole), mentre la futura regina conserva in un apposito sacchettino nell'area genitale (la spermateca) milioni di spermatozoi, da cui attinge per il resto dei suoi anni (29, per la Matusalemme delle formiche) per fecondare un uovo ogni volta che genera una figlia. Facendo a meno dello spermatozoo maschile, grazie alla riproduzione partenogenetica per cui ogni madre con uova diploidi mette al mondo copie identiche di se stessa, le femmine di Cerapachys biroi non hanno la spermateca. Hanno, come è di norma in ogni regina di formiche, due ovari, ciascuno dei quali porta a maturazione un uovo in un ciclo di 60 giorni. Rigidamente scandito da incredibili sincronie, fra deposizione, fasi di sviluppo delle larve e attività di foraggiamento fuori dal nido, il ciclo avviene senza competizione e senza imbrogli (qualcuna potrebbe deporre tre uova invece di due, garantendosi una maggiore discendenza). Sempre uguale, come certi video game per bambini dove si parte schiacciando un pulsante. Incominciamo allora dal giorno in cui tutte le formiche della colonia, parecchie centinaia di femmine, depongono un uovo ciascuna. E attenti alle sincronie. In questo stesso giorno le figlie del precedente ciclo, che sono ancora nel nido, entrano nella fase di pupa, la forma immobile da cui usciranno dopo 20 giorni sotto forma di formica a sei zampe e senza ali che noi tutti conosciamo. Durante questo periodo, in cui le figlie in procinto di diventare «grandi» richiedono di essere protette ma non nutrite, le madri sospendono le incursioni fuori dal nido, e stanno a casa. Nel frattempo nell'altro ovario si compie la maturazione del secondo uovo. Per una Cera pachys biroi la deposizione è un investimento energetico non indifferente, essendo la lunghezza dell'uovo (0,6 millimetri) quasi un terzo del corpo della madre. Nel secondo e nel terzo giorno perciò è di rigore il riposo, al quarto giorno si ha la deposizione del secondo uovo. A cui tocca, però, non già dare origine a una formica, ma essere il nutrimento delle sorelle di prima deposizione che nascono al settimo giorno. Nella necessità di difendere le figlie più anziane e nutrire le più giovani, questo è il miglior compromesso fra costi e benefici. Finalmente, al ventesimo giorno, la generazione precedente entra nella vita adulta, mentre l'ultima finisce la prima parte della fase larvale. A questo punto le madri escono a far razzia di larve da servire in pasto alle proprie. Oppure, ognuna con una larva «in braccio», trasferiscono la propria figliolanza in un nido altrui, dove potrà sfamarsi con comodo degli occupanti. Si va avanti così fino al quarantesimo giorno, in cui le larve si trasformano in pupe (da cui usciranno come insetti adulti al 60o giorno, chiudendo questo ciclo), mentre l'attività di foraggiamento viene sospesa e le madri si ritirano nel formicaio per deporre un uovo nuovo. Secondo l'ipotesi di Pierre Jaisson (i dati sono in via di pubblicazione), questa formica, che in India e in Cina invece ha sia maschi sia la regina, è il risultato di un adattamento molto recente a un ambiente in cui la frequenza dei tifoni renderebbe il viaggio di nozze altamente privo di comfort. Ma ogni tanto, proprio per la sua evoluzione recente, nasce «per sbaglio» un maschio (tre, nel corso di 4 anni di osservazioni). Come potete immaginare, in un tale contesto sociale fa una brutta fine. Maria Luisa Bozzi


GRAVIDANZA Se manca l'acido folico
Autore: TRIPODINA ANTONIO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, DONNE
ORGANIZZAZIONI: PUBLIC HEALTH SERVICE
LUOGHI: ITALIA

LA gravidanza è una condizione in cui una creatura del tutto inconsapevole è totalmente dipendente da un'altra, anch'essa, il più delle volte, non completamente cosciente di quanto i suoi comportamenti possono incidere sul destino dell'essere che porta in grembo. Molte giovani donne, per esempio, non hanno sufficienti conoscenze sulle necessità nutrizionali del nascituro. La questione è importante. E' accertato che lo sviluppo del feto e la successiva completa espressione delle sue potenzialità somatiche e intellettive, dipendono strettamente dalla qualità degli apporti nutritivi fin dalle prime ore dalla gravidanza. Anzi, un concetto che sta emergendo con la forza di dati epidemiologici inconfutabili, è che il destino di ognuno inizia a delinearsi già in epoca «pre-concezionale», dipendendo dallo stato nutrizionale della madre all'inizio della gravidanza. Ne è un esempio significativo l'aumentato rischio di malformazioni neurologiche, come la spina bifida e l'anencefalia (mancanza di parte del cervello), per uno sviluppo difettoso del tubo neurale, a causa di uno stato di carenza di acido folico al momento del concepimento; e recenti ricerche parlano anche di un rischio accresciuto di labio-palatoschisi e di cardiopatie (tetralogia di Fallot, tronco arterioso comune). Si stima che in Italia ogni anno siano 330 i casi di anencefalia e 220 quelli di spina bifida; e che negli Stati Uniti nascano ogni anno 2500 bambini colpiti da simili malformazioni. Teoricamente con la sola dieta si potrebbe garantire all'organismo l'apporto sufficiente di tale vitamina, tuttavia, data la varietà delle diete, delle preferenze individuali e la labilità della sostanza, non è possibile quantificare con precisione la dose di acido folico assunto con l'alimentazione. Per questo motivo il «Public Health Service» degli Stati Uniti raccomanda che tutte le donne in età fertile, con possibilità di concepire, assumano 0,4 mg al dì di acido folico, continuandone l'assunzione per tutto il periodo di gestazione. Una simile raccomandazione viene fatta anche dai Centri di Pediatria preventiva italiani e dall'Associazione italiana malformazioni (ASM). E recentemente, per la prima volta, la Food and Drug Administration (l'Agenzia federale addetta negli Stati Uniti al controllo dei cibi e dei medicinali) ha ordinato ai produttori di farina, pasta e riso, la «fortificazione» di tali prodotti con acido folico. Questa vitamina agisce come coenzima indispensabile al metabolismo cellulare per la sintesi degli acidi nucleinici e delle proteine: in carenza di questa sostanza si verifica un deficit della sintesi del DNA, evidente soprattutto nelle cellule a maggior turnover. La massima necessità di acido folico si ha nei primissimi giorni della gravidanza (quando forse la donna è ancora ignara di essere incinta), poiché la chiusura embrionaria del tubo neurale si completa entro i primi 28 giorni di sviluppo. Ma la sua azione è necessaria durante tutta la gravidanza, in quanto tutti i tessuti a rapido turnover, quali quelli fetali, hanno un elevato consumo e fabbisogno di folati (utili anche per migliorare l'assorbimento del ferro, svolgendo quindi un ruolo aggiuntivo nella prevenzione dell'anemia sideropenica in gravidanza). Questa vitamina si trova in modo particolare nelle foglie verdi degli ortaggi (ma ne sono anche ricchi il fegato, il rognone, uova e carne, le farine di grano intero, le noci, i legumi, mentre la frutta ne è piuttosto povera); viene distrutta dall'ebollizione protratta e la conservazione la riduce fortemente. Questa labilità fa sì che quella dei folati sia la più frequente carenza vitaminica. E' più diffusa nei mesi invernali: in Scandinavia i nati in primavera presentano un peso significativamente inferiore rispetto a quelli di fine estate. In alcune zone del Messico la piccola statura della popolazione, ritenuta un tempo di natura genetica, è risultata invece essere di natura carenziale, perché l'alimentazione quasi esclusivamente a base di fagioli e granturco non contiene folati e vitamine in quantità sufficienti. Antonio Tripodina


GIARDINAGGIO DI PRIMAVERA Languidi colori dell'Iris A Firenze gli ibridi più belli
Autore: ACCATI ELENA

ARGOMENTI: BOTANICA
LUOGHI: ITALIA

GLI studiosi e gli appassionati di iris possono trovare in Italia un giardino con una ricchezza straordinaria di specie varietà e ibridi a Firenze, nei pressi di Piazzale Michelangelo, su di una superficie di due ettari dolcemente digradante. Tra ulivi ornamentali e secolari c'è la sede della Società Italiana dell'Iris, che sta per compiere quarant'anni. Questa associazione ha avuto il merito di promuovere studi scientifici su questo bellissimo fiore, di estenderne la coltivazione e incoraggiare gli ibridatori. Ogni anno a maggio si svolge un concorso internazionale che premia gli ibridi migliori. In settembre vengono inviati al giardino i rizomi (fusti trasformati, organi di moltiplicazione), messi a dimora e lasciati sviluppare fino al momento in cui una giuria li valuterà. Sicuramente il mondo delle iris è assai ampio, per cui si fa una distinzione tra le iris che posseggono un rizoma e quelle che invece hanno come organo di moltiplicazione il bulbo: le prime interessano il giardino, le seconde la produzione di fiore reciso. Nell'ambito di quelle da giardino esistono diversità di altezza della pianta da 20-30, fino a 100-150 centimetri e specie che portano sui petali esterni una vistosa peluria (le iris barbate) mentre altre ne sono prive (iris non barbate), e ancora iris che invece hanno una vistosa appendice chiamata cresta (iris crestate). Di alcune iris come dell'iris pallida, chiamata comunemente giaggiolo, in Toscana si utilizza il rizoma che viene pulito ed essiccato per estrarne essenza e per l'industria delle ciprie... D'altra parte già le donne egiziane si incipriavano le guance con la polvere dell'iris, fiore per il quale Luigi VII aveva una notevole predilezione tanto da sceglierlo come simbolo per la sua bandiera quando nel 1150 partì per la Seconda Crociata. Forse nessun fiore possiede la ricchezza di colore delle iris: infatti si trova il colore nero, blu scuro, viola, porpora, rosso, marrone, arancio, giallo, verde pallido, grigio, blu pallido, violetto, lilla, crema, giallo pallido e bianco. Il nero è stato introdotto soltanto nel 1938; la pioniera delle iris nere è la splendida Black Forest da cui sono poi derivati in anni recenti altri ibridi, come Black Swan. Un inconveniente delle iris nere è stato all'inizio la scarsa floribundità che ora pare superata. I pigmenti responsabili delle tonalità di colore si trovano nelle cellule dell'epidermide e sono essenzialmente di due tipi, flavonoidi e carotenoidi. La clorofilla presente nei cloroplasti incide nella colorazione verde pallido dei boccioli sotto forma di zonature e di venature, anche perché nessun fiore ha colore uniforme, ma presenta numerose screziature. Un unico rimpianto è quello che i fiori dell'iris rizomatosa vanno osservati soltanto nel giardino, infatti recisi e posti in acqua hanno una durata brevissima perdendo immediatamente la loro bellezza. D'altra parte la ricchezza di colore non è sfuggita a chi in tempi lontani, quando il nostro Paese aveva tradizioni contadine, colorava le uova sode - le sole uova di Pasqua di cui si disponeva - proprio con i fiori delle iris. Per l'ottenimento delle iris ibride sono di primaria importanza le iris spontanee che possiedono una distribuzione ben definita, distribuzione che l'uomo sta limitando sempre più. Così sono iniziati studi a tappeto sulle iris da proteggere e si è risvegliato l'interesse delle località anche italiane in cui siano presenti iris spontanee. Si sta procedendo regione per regione: Abruzzo, Lazio e Molise sono già stati indagati, per cui si dispone di carte di quelle regionali. Recentemente sono state studiate le iris presenti in Piemonte e in Valle d'Aosta. E' risultato che il triangolo compreso tra Susa, Cafasse e Torino è forse la zona più ricca e soprattutto che occorre considerare assai importante I. Bohemica, una specie barbata con i fiori viola che sbocciano a maggio perché in Italia la si ritrova soltanto in questa regione. Elena Accati Università di Torino


IMPORTANZA DEI MICRONUTRIENTI Calorie in eccesso e poche vitamine
Autore: PELLATI RENZO

ARGOMENTI: ALIMENTAZIONE, MEDICINA
ORGANIZZAZIONI: ISTAT, TICCA ISTITUTO NAZIONALE DELLA NUTRIZIONE, FOOD AND DRUG ADMINISTRATION
LUOGHI: ITALIA

LE indagini alimentari e i dati Istat sui consumi segnalano in Italia, per notevoli gruppi di popolazione, un apporto calorico superiore ai livelli raccomandati. Il fenomeno può far pensare che il relativo apporto vitaminico e minerale sia soddisfatto. Invece non è sempre così. Le ricerche attuali, infatti, rilevano (come si vede dagli studi del Ticca, Istituto Nazionale della Nutrizione), che la vita moderna provoca numerose situazioni di squilibrio e impoverimento di micronutrienti: diete dimagranti eccessivamente ipocaloriche protratte nel tempo, diete vegetariane o macrobiotiche estreme. E ancora anziani isolati che hanno difficoltà nell'acquisto e nella preparazione dei cibi, abuso di alcol, terapie croniche con particolari farmaci, frequente ricorso ai cibi conservati e ai pasti ridotti non equilibrati (in Italia sono stati consumati cinque miliardi di pasti fuori casa nel 1995). Ci sono poi situazioni che comportano un accertato aumento dei fabbisogni vitaminici: gravidanza e allattamento, svolgimento abituale di attività sportive impegnative, forti fumatori (che necessitano di quantità triple di acido ascorbico). Nell'Occidente industrializzato oggi è scomparsa l'avitaminosi conclamata. Sono segnalati però numerosi stati di «carenze marginali» che evolvono lentamente. Secondo Pietrzik, il primo stadio è rivelato da una minor concentrazione di vitamine idrosolubili nel sangue. Successivamente si osserva una ridotta attività degli enzimi vitamino-dipendenti. Le carenze marginali proseguono con una fase sub-clinica (comparsa di sintomi generici: astenia, insonnia, irritabilità). Negli stadi successivi inizia la sintomatologia caratteristica del tipo di carenza, con relative lesioni. Per risolvere il problema, l'approccio fondamentale resta quello di una migliore educazione alimentare. Tuttavia, considerate le difficoltà che oggi esistono per praticare una dieta equilibrata e varia, può essere utile l'integrazione con prodotti specifici. Bisogna distinguere fra i mono e plurivitaminici ad alte dosi, di prescrizione medica, per risolvere un disturbo specifico, e quelli a dosaggi definiti «alimentari», raccomandati dalla Direttiva Europea del 1990, comparabili ai livelli dei fabbisogni giornalieri. Questi integratori, per essere tali, devono contenere la più ampia gamma possibile di vitamine e minerali, evitando processi di degradazione. Il più diffuso nel mondo (due miliardi di compresse l'anno), messo a punto dal centro ricerche Whitehall, contiene 13 vitamine e 17 minerali, senza effetti collaterali segnalati dalla Food and Drug Administration, la rigida commissione americana per il controllo di cibi e medicine. Un numero così grande di elementi è giustificato dagli attuali studi sull'importanza delle microdosi di cromo (metabolismo degli zuccheri), molibdeno (produzione di energia), nickel (materiale genetico), stagno (sintesi proteiche), silicio (osteosintesi), vanadio (scambi cellulari sodio-potassio), oltre a tutte le vitamine e ai minerali già noti. Renzo Pellati




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