TUTTOSCIENZE 5 giugno 96


STRIZZACERVELLO Cubi speciali
LUOGHI: ITALIA

Trovare i numeri che sono uguali alla somma delle cifre dei loro rispettivi cubi. Ad esempio 17, perché 17, elevato alla terza, è uguale a 4.913 e 4più9più1più3 = 17. A parte la soluzione più banale, 1, esistono altre quattro semplici soluzioni. Quali?


BOTANICA Le radici complicato laboratorio
Autore: VARALDO ANTONIO

ARGOMENTI: BOTANICA
LUOGHI: ITALIA

L'insieme delle radici di una pianta, o apparato radicale - che in qualche caso può avere la stessa ampiezza della chioma - ha la duplice funzione di dare stabilità al fusto, e di trarre acqua e nutrienti dal terreno. Osservando l'apice di una radice giovane in sezione longitudinale si possono distinguere quattro zone. La cuffia, parte apicale, è il rivestimento di cellule che serve per proteggere gli strati più interni e favorire la penetrazione nel terreno tramite produzione di acido carbonico (dovuto alla reazione dell'anidride carbonica, prodotta dalla respirazione cellulare, con l'acqua del terreno); la zona meristematica è l'apice ve getativo della radice, e qui le cellule sono in attiva divisione; nella zona di allungamento le divisioni cellulari vanno gradualmente diminuendo e le cellule si allungano spingendo così l'apice verso il basso. In questa zona inizia anche la differenziazione delle cellule che andranno a costituire i diversi tessuti, primi tra tutti xilema e floema, destinati rispettivamente al trasporto di acqua (e sali minerali) verso l'alto e delle sostanze nutritizie alle radici; la differenziazione delle cellule in tessuti si completa nella zona pilifera, dove si forma anche il tessuto epidermico, nel quale alcune cellule formano delle estroflessioni e danno origine ai peli radicali. Una sezione trasversale nella zona sovrastante mette in evidenza l'avvenuta differenziazione: il cilindro centrale è delimitato dall'endoderma, strato monocellulare di cellule spesse e cerose, mentre il periciclo è formato da cellule che mantengono la capacità di dividersi e di svilupparsi e danno quindi origine alle radici secondarie. Il cambio è lo strato di cellule che, dividendosi, danno origine a xilema e floema secondari, determinando nel tempo l'aumento del diametro della radice. Successivamente dal periciclo si forma il fellogeno, che produce strati di cellule suberificate intorno al cilindro centrale così che, dopo questo inspessimento secondario, la radice cessa di essere organo di assorbimento, conservando la funzione di organo di sostegno, conduzione e riserva. Nel caso di radici carnose, (come quelle della carota), i tessuti secondari formati dal cambio divengono tessuti di riserva. E la carota diventa commestibile] Antonio Varaldo


IN FUTURO Un bel pieno di metano Molto inferiori costi ed emissioni
Autore: RAVIZZA VITTORIO

ARGOMENTI: TRASPORTI, ENERGIA, ECOLOGIA, RIDUZIONE, INQUINAMENTO, ATMOSFERA
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: G. Confronto emissioni metano/benzina. G. Scenario ambientale per una mobilità sostenibile

FOTOGRAFIA da «come eravamo»: un vecchio autobus un po' goffo (allora si diceva corriera) su chassis Fiat 635 RL; nel muso grosso motore a sei cilindri di 6220 cc, sotto il telaio 10 bombole di acciaio da 50 litri l'una piene di metano compresso a 200 atmosfere. La foto risale al 1937 e documenta uno dei più antichi tentativi di usare il gas naturale al posto della benzina e del gasolio. Tentativo ripetuto pochi anni dopo, quando la guerra e la scomparsa dei carburanti tradizionali costrinsero ad aguzzare l'ingegno e inventare mezzi alternativi per far viaggiare le poche auto superstiti. Oggi si torna a pensare al metano come combustibile: non più come un ripiego, ma come soluzione ideale contro l'inquinamento dell'aria dei centri urbani. E' quanto è emerso da un recente dibattito organizzato dalla Fiat a Torino. Negli Usa il Congresso ha addirittura definito il metano combustibile del futuro. I tecnici, in realtà, parlano di CNG, o gas naturale compresso; una miscela in cui appunto il metano rappresenta il 90 per cento ed è accompagnato da etano, propano, n-butano, iso-butano, iso-pentano, azoto, ossigeno, argon, biossido di carbonio. Un veicolo a gas naturale non scarica sostanze tossiche come zolfo, piombo e benzene, emette nell'aria il 25 per cento in meno di biossido di carbonio rispetto a un'auto a benzina (catalizzata), meno ossido di carbonio, meno ossidi di azoto, e abbassa drasticamente la formazione di ozono. Le prestazioni di un veicolo a gas naturale sono equivalenti a quelle di uno a benzina ma il rendimento è più alto e ciò si traduce in un costo inferiore (escludendo la variabile tasse) del 20- 40 per cento. Esistono di contro alcuni punti a sfavore. In primo luogo la necessità di comprimere il gas a 200 atmosfere in bombole che di solito sono in acciaio ma che potrebbero essere presto sostituite con bombole più leggere in materiali compositi. Inoltre a parità di volume il gas naturale contiene un quarto dell'energia della benzina, quindi per ottenere la stessa autonomia il serbatoio (le bombole appunto) deve essere quattro volte più grande; con un serbatoio da 100 litri si percorrono circa 250 chilometri: l'autonomia resta quindi un punto debole. Non vi sono invece problemi di sicurezza, come avviene per il Gpl: il gas naturale è più leggero dell'aria sicché tende a disperdersi rapidamente verso l'alto. Se il gas naturale ha tutti questi vantaggi perché fino ad ora non ha avuto una diffusione apprezzabile? Per due motivi, spiegano i tecnici. Primo: negli anni scorsi veicoli a benzina (e anche diesel) sono stati adattati al gas naturale; ma dovendo funzionare con ambedue i carburanti non possono dare risultati molto brillanti; occorrono invece motori progettati appositamente. In particolare sono essenziali uno specifico apparato di alimentazione e una marmitta catalitica in cui sia possibile raggiungere temperature molto più elevate delle marmitte dei motori a benzina, intorno ai 570 gradi contro i 270-300. Tecnologie peraltro ormai acquisite o acquisibili in tempi brevi. Il secondo ostacolo sta nella mancanza, al momento, di una rete di rifornimento. In tutta Italia esistono circa 260 distributori (la rete più estesa d'Europa) concentrati prevalentemente in Emilia e Marche, abbastanza diffusi in Veneto e Toscana ma completamente assenti al Sud e nelle isole. Ovviamente le stazioni di servizio non nascono se non c'è in circolazione un numero sufficiente di veicoli a gas naturale; e questi non si diffondono se non c'è un'adeguata rete di rifornimento. Per spezzare il cerchio occorrerebbe un'azione che coinvolga società di distribuzione, enti pubblici, Stato, case automobilistiche. Una politica fiscale adeguata sarebbe decisiva. Si stanno anche progettando mini impianti di rifornimento ad uso familiare, collegati alla rete domestica del gas. Non sarebbe realistico pensare a un impiego del gas naturale in tutte le circostanze; al contrario esiste un ambito specifico in cui esso mostra la sua convenienza economica ed ecologica: per esempio su taxi, autobus urbani, veicoli per la raccolta rifiuti e per la piccola distribuzione di merci in città. In attesa che l'auto elettrica, o altre soluzioni più lontane diventino accessibili, il gas naturale, di cui esistono riserve accertate per almeno un secolo, può ritagliarsi uno spazio limitato ma molto importante dal punto di vista ecologico. Vittorio Ravizza


SCAFFALE Goleman Daniel: «Intelligenza emotiva», Rizzoli
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: PSICOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA

Ci sono molti tipi di intelligenza, e un tipo di grande importanza nella riuscita dei rapporti sociali è l'«intelligenza emotiva», spesso del tutto scompagnata dall'intelligenza razionale. Coltivare l'intelligenza emotiva - ci dice questo libro - significa migliorare la qualità della vita propria e altrui.


SCAFFALE Rankin William: «Newton», Feltrinelli; Schwartz Josepf e McGuinness Michael: «Einstein», Feltrinelli
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: DIDATTICA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA

Con un libro dedicato a Newton e uno dedicato a Einstein nasce «Per incominciare», una nuova sottocollana all'interno della «Universale economica Feltrinelli». Sono volumi che tentano una via diversa: molti disegni a fumetti, poche righe di testo, per parlare ai ragazzini più con l'intuizione visiva dell'emisfero destro del cervello che con la razionalità astratta dell'emisfero sinistro. Divulgazione da guardare almeno quanto è da leggere. Un esperimento didatticamente interessante. Da seguire, comunque vada a finire.


SCAFFALE Wertheim Margareth: «I pantaloni di Pitagora», Instar Libri
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: STORIA DELLA SCIENZA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA

La scienza è sempre stata ed è ancora in gran parte un affare di maschi e un modello conoscitivo basato sulla forzata «riduzione» di fenomeni complessi a fenomeni semplici e rappresentabili in termini matematici. Che cosa sarebbero la scienza e il mondo se invece le donne avessero avuto il loro spazio nei laboratori di ricerca? E' questo il filo conduttore del saggio di Margaret Wertheim, australiana, già modella dilettante, laureata in matematica e fisica, divulgatrice. Da Ipazia dell'età alessandrina a Marie Curie e Lise Meitner, le rare figure femminili della scienza lasciano indovinare che con la parità dei sessi il sapere scientifico sarebbe migliore.


SCAFFALE Mainardi Danielo: «Del cane, del gatto e di altri animali», Mondadori
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: ETOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA

DANILO Mainardi ci dà la nostra etologia quotidiana, rendendoci consapevoli di quelle che spesso per noi che teniamo in casa gatti o cani, o in campagna incontriamo galline, pecore o suini, sono solo vaghe intuizioni. Il capitolo più corposo è proprio quello dedicato a cani e gatti. La loro diversa storia naturale, i modi e tempi diversi di addomesticamento, fanno sì che in essi si riflettano anche tipi umani diversi. Una ricerca compiuta da due studiosi californiani, Aline e Robert Kid, pretende addirittura di dimostrare con uno studio statistico che chi è più attratto dai cani è anche più amante dei bambini piccoli, più disposto a socializzare ma anche più aggressivo; chi invece è attratto dai gatti ha abitudini solitarie, rifiuta le gerarchie, non ha tendenza al predominio. Mainardi invita alla prudenza nel valutare queste ricerche, ma conferma in sostanza le due tipologie e ne dà una spiegazione in termini etologici. Molto interessanti anche le pagine su quegli animali che sono quasi sul punto di diventare domestici per le circostanze che crea la nostra società: cormorani, orche, elefanti.


IN BREVE Patologia vertebrale
ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

Si svolgerà a Torino il 7 e 8 giugno il congresso nazionale della Società italiana di patologia vertebrale. Tra i temi che verranno affrontati, il trattamento chirurgico delle scoliosi, le deformità neuromuscolari e le malattie del rachide cervicale.


IN BREVE «Windos», rivista su Cd-Rom
ARGOMENTI: ELETTRONICA, COMUNICAZIONI
NOMI: STRATI SANTO
ORGANIZZAZIONI: WINDOS MAGAZINE
LUOGHI: ITALIA

La rivista «Windos Magazine», fondata da Santo Strati e edita dalla Mge Communications, si è trasformata in un Cd-Rom pieno di informazioni e di programmi. L'articolo di apertura del primo numero della nuova serie - una vera rivoluzione editoriale - è dedicato al linguaggio di Internet HTLM. Sul versante dell'intrattenimento la Mge ha appena pubblicato «I tre porcellini», una divertente fiaba su Cd-Rom, molto interattiva, didatticamente interessante perché mette la multimedialità al servizio delle potenzialità creative del bambino.


IN BREVE Sordità: la via digitale
ARGOMENTI: TECNOLOGIA, MEDICINA E FISIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

Si chiama «Senso» ed è il primo apparecchio acustico completamente digitale progettato in modo da distinguere le parole dal rumore di fondo. Pesa un grammo e mezzo pila inclusa, entra completamente nel canale uditivo, il suo chip compie 40 milioni di operazioni al secondo e nello stesso tempo campiona un milione di volte il segnale e lo rielabora 32 mila volte. Sono previsti 180 parametri di regolazione per adattare l'apparecchio all'utente.


IN BREVE Mondocane seconda tappa
ARGOMENTI: ECOLOGIA, LIBRI
ORGANIZZAZIONI: LEONARDO MONDADORI
LUOGHI: ITALIA

«Mondocane» è un libro di fotografie e brevi racconti distribuito da Leonardo Mondadori, costa ventimila lire e il ricavato servirà a soccorrere i cani abbandonati. Il volume è già alla seconda edizione. Per informazioni: 02-38.00.75.54.


IN BREVE L'ape sorveglia l'inquinamento
ARGOMENTI: ECOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

Le api sono un ottimo indicatore naturale del livello di inquinamento. Per il quarto anno vengono usate in 21 stazioni di rilevamento lungo la riviera dell'Emilia Romagna, da Comacchio a Cattolica nell'ambito del progetto europeo Life. Attualmente indicano un'accettabile qualità ambientale.


IN BREVE Superpesce d'allevamento
ARGOMENTI: BIOLOGIA, GENETICA
LUOGHI: ITALIA

Attraverso una serie di incroci, dei biologi britannici hanno ottenuto un «superpesce» grazie al quale si potranno rivoluzionare gli allevamenti in Africa e in Asia procurando una fonte di cibo ad alto contenuto proteico e a resa molto elevata ma a basso costo. Il pesce che fa proliferare gli allevamenti offre un richiamo evangelico. Si tratta di un nuovo tipo di maschio super della specie tilapia, la stessa del miracolo con cui Gesù moltiplicò pani e pesci. La specie è originaria del Nilo ma viene allevata in molti corsi d'acqua africani e asiatici. In esperimenti fatti in Thailandia e Filippine, gli allevamenti hanno raddoppiato la resa.


APPELLO PER LA DONAZIONE Gli occhi in banca L'Italia ha bisogno di cornee
Autore: GIORCELLI ROSALBA

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, TECNOLOGIA
NOMI: CAPRIOGLIO GIANCARLO, FAGERHOLM PER, RAMA PAOLO
ORGANIZZAZIONI: FONDAZIONE BANCA DEGLI OCCHI DEL VENETO
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. L'occhio umano e la retina

OGNI anno la diagnosi e la chirurgia delle alterazioni della cornea segnano un passo avanti, frutto di nuove tecnologie computerizzate per i trapianti e per la chirurgia refrattiva (che corregge difetti come la miopia e l'ipermetropia). Per confrontare le esperienze europee la Fondazione Banca degli Occhi del Veneto, il più importante punto di riferimento italiano per la raccolta e la distribuzione di cornee, ha di recente organizzato a Venezia il congresso «The Cornea». In Italia servono 4-5 mila cornee per trapianto all'anno (la Banca degli Occhi di Venezia ne distribuisce 1500): essendo la cultura della donazione molto giovane nel nostro Paese, la lista d'attesa è lunga e l'intervento si effettua poco dopo l'espianto, mentre nel Nord Europa si pone il problema opposto, lo studio di tecniche per aumentare la durata di conservazione dei tessuti in sovrabbondanza. Un dato impressionante, riferito da Giancarlo Caprioglio, primario di Oculistica presso gli Ospedali Riuniti di Venezia: circa il 50 per cento delle cornee prelevate viene buttato via, scartato lungo la serie di controlli: «I criteri seguiti sono quelli dell'Eeba, l'associazione delle banche degli occhi europee: si devono poter contare almeno duemila cellule endoteliali in condizioni ottimali per millimetro quadrato, e in questa verifica il computer è insostituibile. La conservazione e il trasporto delle cornee sono momenti critici: basta uno sbalzo di temperatura per danneggiarle irrimediabilmente». Nella selezione preliminare, in cui ogni Paese segue criteri diversi, in genere vengono esclusi i donatori morti nel corso di una malattia contagiosa, per una leucemia o per un tumore dell'occhio. Il dibattito è aperto: secondo Per Fagerholm (St. Eriks Eyc Hospital, Karolinska Institute di Stoccolma) sarebbe preferibile evitare sempre i trapianti da: malati sieropositivi, malati di tumore o che abbiano contratto la lue, l'epatite B e C, la rabbia, il morbo di Creutzfeldt- Jakob, la tubercolosi, l'herpes, la toxoplasmosi. Altri studiosi ritengono che per i tessuti non vascolarizzati almeno alcune di queste precauzioni siano eccessive. Finora non è stato dato grande impulso alla ricerca su materiali artificiali o di origine animale manipolati geneticamente: ma questo potrebbe essere il futuro. Il rigetto è meno probabile rispetto ad altri tessuti umani per il minimo contenuto di sangue: per le cornee non vascolarizzate esiste comunque il problema della compatibilità tra cellule. Un metodo matematicamente sicuro ci sarebbe, ma è troppo costoso rispetto ai pochi reali casi a rischio: la tipizzazione dei tessuti di tutti i donatori e tutti i riceventi, cioè, come spiega Paolo Rama degli Ospedali Riuniti di Venezia, «attribuire alle cellule un tipo in base al sistema Hla, poiché le cellule possono essere classificate per compatibilità, analogamente ai gruppi sanguigni (sistema Abo). Il rigetto cellulare è più leggero, si controlla con una terapia locale». Il topografo corneale computerizzato è di grande aiuto sia nella diagnosi sia nella fase post-operatoria: misura la curvatura in oltre ottomila punti e restituisce sul monitor una mappa a colori convenzionali, che suggeriscono un'immagine della cornea a tre dimensioni. La chirurgia refrattiva ha raggiunto un alto livello di sicurezza con la terza generazione di laser ad eccimeri, una tecnologia nata per scopi militari negli Usa e ideale in oculistica perché la sua lunghezza d'onda non penetra in profondità. E' ancora Paolo Rama a spiegare: «Nella miopia l'occhio è allungato e l'immagine si forma prima della retina: una soluzione è accorciare l'occhio appiattendo la cornea. I tagli praticati nei primi interventi con il laser potevano sfiancare l'occhio. Oggi per miopie medio-lievi, fino a 6-7 diottrie, si può intervenire con il laser ad eccimeri assottigliando la cornea con una fotoablazione di superficie, in modo così «morbido» che la cornea non sente il trauma e quindi non forma macchie bianche di cicatrizzazione. Il laser è governato dal computer. Per miopie gravi, fino a 18-20 diottrie, si può praticare la «cheratomileusi»: «affettare» e rialzare un lembo di cornea con taglienti detti microcheratomi; trattare la cornea con il laser ad eccimeri sotto il lembo, quindi riposizionare il lembo». Il laser a eccimeri può rimuovere anche le opacità superficiali. Il laser ad olmio cura il difetto opposto, la ipermetropia, dove l'occhio è più corto e anziché appiattire la cornea la si incurva e allunga per mezzo del calore: una tecnica che offre ancora margini di miglioramento. Rosalba Giorcelli


DAL 1939 Quelle calze belle e invisibili
Autore: G_F

ARGOMENTI: CHIMICA, INDUSTRIA, ABBIGLIAMENTO, MODA
ORGANIZZAZIONI: DU PONT
LUOGHI: ITALIA

A quindici mesi dalla tragica morte del suo inventore, il nylon ebbe il suo primo impiego commerciale: setole per spazzolini da denti. Quasi contemporaneamente, il 27 ottobre 1938 il vice-presidente della divisione ricerche della Du Pont annunciava alla fiera mondiale di New York che una fibra tessile interamente sintetica, fatta di nylon, stava per essere lanciata sul mercato: «Robusta come l'acciaio, sottile come ragnatela, eppure più elastica di tutte le comuni fibre naturali, e per giunta splendidamente brillante». Fu una bomba. I fatti confermarono che l'annuncio non era una esagerazione. Il primo impianto non era ancora entrato in produzione, che la capacità programmata all'inizio dovette essere quasi triplicata. Pochi mesi dopo, nel febbraio del 1939, le prime paia di calze di nylon apparvero all'esposizione internazionale di San Francisco, ma per il momento vennero offerte in vendita solo ai dipendenti della Du Pont, che cominciarono subito a sfoggiarle, se donne, o a farne ambitissimo regalo, se si trattava di appartenenti al sesso forte. Nell'ottobre lo smercio fu esteso ai cittadini di Wilmington, città nei cui laboratori il nuovo materiale era nato. Finalmente il 15 maggio 1940 le calze di nylon cominciarono ad essere vendute in tutti gli Stati Uniti: nella sola New York in poche ore vennero smerciati quattro milioni di paia. La bella fibra tessile, economica, più vicina alla seta di ogni altra fibra naturale o artificiale, era apparsa sul mercato proprio al momento in cui l'avvicinarsi della guerra stava chiudendo la strada all'importazione di seta dall'Oriente. Nel febbraio del '42 il governo americano requisì l'intera produzione di nylon per scopi militari, e le calze già vendute furono donate da migliaia di donne per contribuire allo sforzo bellico. Da Hollywood diede l'esempio l'attrice Betty Grable: facendosi fotografare mentre si sfilava le calze, mise a disposizione della patria la popolarità delle sue gambe da pin-up. Da strumento di seduzione, il nylon si trasformò in sbarramenti antiaerei, fibre di rinforzo per i copertoni dei pneumatici, tela e corde di paracadute. In quest'ultima forma lo conobbe in Emilia anche mio padre, allora giovane partigiano sull'Appennino: ne conserva ancora delle stringhe per scarponi fatte tagliando con la fiamma le corde dei paracadute con i quali gli alleati lanciavano i rifornimenti. L'impressione suscitata da quelle misteriose fibre che a caldo fondevano era fortissima negli italiani. Quando nel '45 la guerra finì, negli Stati Uniti le calze di nylon tornarono in vendita: per giorni e giorni davanti ai negozi le strade furono intasate dalle donne in coda per comprarle. Ci vollero tre anni perché la produzione industriale riuscisse a soddisfare la domanda. Con il tempo gli impieghi del polimero inventato da Carothers e dei materiali appartenenti alla stessa famiglia (poliammidi) si sono estesi dai tessuti ai pezzi meccanici, dalle lenze e dalle reti per la pesca ai componenti degli aeroplani, dalle suture chirurgiche ai fili delle racchette da tennis, dalle siringhe usa e getta alle cerniere lampo, dalle montature degli occhiali ai supporti dei cliché tipografici: tutti prodotti nati da una ricerca di base che era stata avviata senza che all'inizio si pensasse alle possibili applicazioni.(g. f.)


CHIMICA AL SERVIZIO DEL SEX APPEAL Le donne ringraziano Storia del nylon, prima fibra tessile
AUTORE: FOCHI GIANNI
ARGOMENTI: CHIMICA, STORIA DELLA SCIENZA
PERSONE: CAROTHERS WALLACE IBUME
NOMI: STINE CHARLES, BOLTON ELMER, HERMES MATTHEW, CAROTHERS WALLACE IBUME
ORGANIZZAZIONI: DU PONT
LUOGHI: ITALIA

GENIO infelice e tormentato, l'americano Wallace Ibume Carothers, uno dei padri della chimica macromolecolare, l'inventore del nylon e del neoprene: perse il lungo duello con la propria mente sconvolta, e a 41 anni appena compiuti si uccise nella solitudine di una camera d'albergo. Nel centenario della nascita (27 aprile 1896), la Società chimica americana ha pubblicato un volume biografico. L'autore, Matthew Hermes, che ha lavorato per anni alla Du Pont, ha raccolto testimonianze sulla figura scientifica e umana di Carothers, che proprio in quella grande azienda diede il via a svolte tecnologiche destinate a renderlo celebre. Alla stazione sperimentale della Du Pont a Wilmington (Delaware), Carothers cominciò a lavorare nel febbraio del 1928. Dopo molte incertezze aveva accettato l'offerta di un lauto stipendio ed enormi possibilità di ricerca, fattagli più volte sin dall'estate precedente. Veniva da Harvard, dove era stato assistente, dopo essersi messo in luce in altre università: nel Missouri, nel Dakota del Sud, nell'Illinois. Lì si era addottorato nel 1928 presso il famoso Roger Adams, pioniere dei catalizzatori a base di platino, che gli rimase affezionatissimo e seguì sempre con paterna apprensione i suoi travagli. In professori e compagni di studio il giovane, che a ventott'anni aveva pubblicato un lavoro fondamentale sulla teoria del legame nelle molecole organiche, suscitava ammirazione per le sue capacità, simpatia per i suoi modi gentili, il suo umorismo e i suoi interessi artistici (era appassionato di Bach, Swinburne, Eliot), ma suscitava anche compassione per le sue crisi depressive. Queste, già quando era studente, l'avevano spinto a procurarsi in laboratorio una fiala di cianuro di potassio, che da allora in poi portò sempre con sè. La consapevolezza del proprio stato mentale aveva contribuito, di fronte all'invito della Du Pont, a renderlo dubbioso forse anche più del timore di dover lasciare le sue amate ricerche: «I miei periodi di nevrosi e semi-incapacità», aveva scritto a Charles Stine, alto dirigente della Du Pont, «potrebbero costituire un ostacolo molto più serio nell'ambiente industriale che qui a Harvard». Si vide rispondere: «Noi la vogliamo non solo per le sue capacità di lavoro, ma anche perché siamo convinti che lei saprà scegliere i problemi che vale la pena di studiare. Diciamo questo dal punto di vista scientifico e non da quello direttamente finanziario. Le lasciamo dunque la libertà di decidere su cosa lavorare». Questa posizione, abbastanza insolita per l'industria americana di quei tempi, derivava dall'intuizione d'un pericolo: il travolgente sviluppo industriale rischiava d'esaurire il patrimonio di conoscenze scientifiche che di fatto ne era la fonte. Da quella promessa Carothers si lasciò convincere. A dire il vero però accettò poi di incanalare le sue brillanti intuizioni verso alcuni indirizzi suggeritigli, con gran delicatezza e rispetto, da Elmer Bolton, succeduto a Stine nel 1930. Bolton fiutò l'importanza pratica di uno studio marginale, affrontato da Carothers nell'ambito d'un programma che stava finalmente facendo luce sulla natura dei polimeri: dimostrava, cioè, che questi erano fatti di molecole gigantesche (macromolecole) e non - come sostenevano molti - di semplici aggregati, tenuti debolmente insieme da forze di scarsa importanza. Per suggerimento di Bolton vennero approfondite le ricerche su un liquido nuovo, il 2- cloro-1. 3-butadiene, chiamato per semplicità cloroprene. Esso polimerizzava spontaneamente dando un materiale simile al caucciù: nacque così la prima gomma sintetica che ebbe successo commerciale. Fu il neoprene, usato ancor oggi in molte applicazioni, dalle suole alle mute da sub. Nel novembre 1931 la Du Pont annunciò trionfalmente questa scoperta, e il giovane inventore si trovò investito da una gloria che lo sconcertava. All'idea di dover presentare subito dopo Natale le sue ricerche a un simposio scientifico, fu preso dal terrore e si chiuse in casa, trascorrendo i giorni di festa con la sola compagnia della radio e la falsa consolazione d'una bottiglia. Soltanto nel lavoro egli dominava il suo tormento. Gli anni immediatamente seguenti lo portarono a un'altra grande invenzione, che si sarebbe poi chiamata nylon: la prima fibra tessile interamente sintetica. La fama di Carothers cresceva rapidamente. Già a 33 anni era stato nominato condirettore della più prestigiosa rivista chimica del mondo. Nel '35, poi, fu invitato in Inghilterra per un congresso scientifico in suo onore, e la notizia comparve sul «New York Times». Nel '36 fu chiamato a far parte della National Academy of Sciences: prima d'allora quel riconoscimento non era toccato a nessun chimico organico distintosi nell'industria anziché nell'università. Purtroppo, però, crescevano anche i suoi guai interiori e lo costringevano a lasciare ad altri il compito di sviluppare il nylon, destinato ad assumere enorme importanza tecnologica ed economica. Passò un periodo in una clinica psichiatrica di Baltimora e gli fu consigliato di sposarsi. Lo fece scegliendo una brava giovane, impiegata all'ufficio brevetti della Du Pont. Tornò in clinica, poi fu accompagnato in Austria da Adams, suo vecchio maestro; i due si diedero a escursioni in montagna. Carothers nell'ambiente alpino sembrava rinato, ma tornando in America ripiombò nel suo male fino al tragico epilogo del 29 aprile 1937, quando fece ricorso alla vecchia fiala di cianuro. Solo tre settimane prima, col deposito del brevetto su cui si sarebbe presto basata la produzione del nylon, era stata consolidata una delle sue conquiste. Gianni Fochi Scuola Normale di Pisa


SCAFFALE Rebaglia Alberta: «Critica della ragione metascientifica», Franco Angeli
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: EPISTEMOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA

La cosmologia del Big Bang nella versione «inflazionaria», il principio antropico secondo il quale tutto l'universo nella sua evoluzione congiurerebbe per portare all'uomo e alla sua consapevolezza dell'universo stesso, il misterioso significato delle costanti fondamentali, i criteri di unificazione, di semplicità e di bellezza che guidano tanta parte della ricerca contemporanea, specie in campo fisico: la filosofia della scienza affronta finalmente in modo frontale questi nuovi temi, che esigono aggiornamenti radicali rispetto all'ormai datato principio di demarcazione elaborato da Popper. Alberta Rebaglia riallaccia la sua riflessione filosofica sulla scienza a un originale pensiero ermeneutico su base ontologica. Piero Bianucci


L'ADOTTA L'ESERCITO USA Tela di ragno per giubbotti antiproiettile Resistentissima, ora viene prodotta con l'ingegneria genetica
Autore: FURESI MARIO

ARGOMENTI: GENETICA, TECNOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

IL filo prodotto dal ragno è più forte dell'acciaio e più tenace del kevlar. Queste e altre sue eccezionali qualità vengono esaltate nel filo di ragno artificiale, sintetizzato dall'ingegneria genetica. Le proprietà della tela di ragno erano già note nel Settecento: a Luigi XIV, re di Francia, fu donato un gilè intessuto con questo filo. Ne conseguirono, per tutto il secolo, un gran numero di tentativi per mettere insieme al lavoro migliaia di ragni; tentativi tutti falliti poiché il ragno scaccia l'eventuale compagno di lavoro, quando non lo divora. Dopo una parentesi di quasi due secoli, gli stessi tentativi sono stati ripresi negli Usa dal Centro Ricerca di Natick, per conto dell'esercito americano senza ottenere ancora apprezzabili risultati. Piena riuscita hanno invece avuto le ricerche per produrre filo sintetico di ragno ricorrendo all'ingegneria genetica compiute dalle università americane di Washington, Ithaca e Cheyenne. Da queste ricerche biotecnologiche, iniziate con l'analisi molecolare dei sette tipi di fibre costituenti il filo di ragno (ognuna di esse prodotte da una apposita ghiandola addominale), è risultato che queste fibre sono composte dalle stesse proteine che costituiscono il filo avvolgente il bozzolo del baco da seta. Sono infatti formate principalmente dai due amminoacidi più semplici: la glicina, che raggiunge il 42 per 100, e l'alanina, con il 25 per 100. Gli amminoacidi sono composti chimici di materia organica formati da uno o più carbossili (molecole fatte di carbonio, ossigeno e idrogeno) e da un gruppo amminico, composto da azoto e idrogeno. Vari altri amminoacidi compongono le proteine del filo di ragno ma solo due sono stati sinora decifrati. Si è inoltre scoperto che l'alanina è presente in due diverse forme cristalline, e che a questa conformazione si deve l'eccezionale resistenza del filo di ragno alla trazione e agli urti. Alle restanti proteine amorfe dobbiamo invece la forte coesione della struttura. Un'altra tappa fondamentale è stata recentemente raggiunta con l'individuazione dei due geni responsabili della formazione delle su accennate proteine e il conseguente loro inserimento nel batterio Escherichia coli, che viene così trasformato in un instancabile produttore di filo di ragno sintetico. La seta aracnea sintetica potrà avere, non appena industrializzato il processo di produzione, largo impiego grazie alle sue eccezionali proprietà e in particolare l'alta resistenza alla trazione, che raggiunge i 280 chili per millimetro quadro e l'altrettanto eccezionale elasticità, il cui limite raggiunge le 13, 5 tonnellate per millimetro quadrato, più che sufficiente per assorbire l'energia cinetica di un proiettile. Volendo dare un'idea più concreta, basterà osservare che mentre la tela in kevlar, usata oggi come antiproiettile, ha un indice di resistenza alla deformazione del 4 per 100, la tela di ragno sintetica raggiunge il 15 per cento. Oltre che per confezionare indumenti antiproiettile, l'esercito Usa prevede di utilizzare il filo di ragno anche per i tiranti dei paracadute e per le cinture di sicurezza; analogamente l'aviazione americana prevede l'impiego del filo sintetico di ragno per le reti di frenaggio degli aerei nelle discese sulle navi portaerei, mentre la Marina ha in progetto il suo impiego per la tessitura delle vele. Altri impieghi del filo sintetico di ragno? Filo per le suture (renderà le cicatrici meno visibili) e per realizzare legamenti e tendini artificiali. Mario Furesi


SETTE SU 1000 Bambini dal cuore difettoso
Autore: DI AICHELBURG ULRICO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

SECONDO le ultime statistiche sette bambini su mille nascono con un difetto del cuore. Alcuni difetti sono lievi, talora addirittura inavvertiti, molti causano invece una notevole invalidità e possono costituire, subito dopo la nascita o a breve scadenza, una minaccia per la vita. Le malformazioni cardiache congenite sono di vario genere: comunicazioni fra atrio destro e sinistro o fra ventricolo destro e sinistro (a destra c'è sangue venoso, a sinistra arterioso, e i due tipi di sangue non devono mescolarsi), difetti delle valvole, difetti dell'aorta o dell'arteria polmonare che dal cuore si dipartono. Nella tetralogia di Fallot esistono ben quattro malformazioni contemporanee, più malformazioni si hanno anche nel cosiddetto complesso di Eisenmenger. Il difetto interventricolare è il più frequente, 20 per cento, seguono il difetto interatriale e la coartazione aortica (restringimento dell'aorta nel suo inizio dal cuore), 15 per cento, e la tetralogia di Fallot, 12 per cento. La terapia è fondata soprattutto sugli interventi correttivi di cardiochirurgia, i cui progressi sono continui. Altrettanto continui sono i progressi nella diagnosi, la quale viene fatta con il sussidio di indagini strumentali come la fonocardiografia, l'elettrocardiografia, la radiologia, l'ecocardiografia, i radioisotopi, il cateterismo cardiaco, la cardioangiografia. Essenziale è provvedere presto alla riparazione del cuore, anche nei primi giorni dalla nascita quando sia necessario. A questo proposito è da segnalare un progetto di solidarietà promosso da Nuova Tirrena Assicurazione (insieme con la Cassa di Risparmio di Roma e la Telecom Italia): un servizio denominato «Piccoli Amici», che trasporta gratuitamente con mezzi mobili opportunamente attrezzati (aerei sanitari, aerei di linea forniti di barelle, ambulanze) neonati affetti da malformazioni cardiache, residenti lontano da centri specializzati situati in altre Regioni. Se ne è parlato pochi giorni fa a Torino durante una riunione alla quale partecipava anche Christian Barnard, che certamente tutti ricorderanno come il primo chirurgo che abbia realizzato un trapianto cardiaco. Quali sono le cause delle malformazioni congenite? Alcuni fattori di rischio sono conosciuti. Lo studio degli alberi genealogici dimostra che in certe famiglie le anomalie del cuore hanno una frequenza superiore alla media, anche 3-4 volte, il che fa pensare ad un carattere genetico. Numerosi però sono i fattori esterni capaci di influire, per esempio importante è il diabete materno, e durante la gravidanza è raccomandabile molta cautela nel prendere farmaci senza controllo medico. Ma nota è soprattutto la rosolia. Quest'ultima, infezione virale benigna, qualora colpisca la donna nei primi tre mesi di gravidanza, può essere molto pericolosa per il cuore (e anche per la vista e l'udito) del nascituro. Di qui l'importanza di vaccinare contro la rosolia le adolescenti (durante la scuola media) nel caso che non abbiano già avuto la malattia, diventando così naturalmente immuni. Si può vaccinare una donna anche in età fertile purché non sia in stato interessante e non inizi una gravidanza nei tre mesi successivi alla vaccinazione, dato che il vaccino contiene il virus della rosolia vivo. Ulrico di Aichelburg


LO RIVELA LA «PET» Se il cieco tocca il suo cervello vede
Autore: FRONTE MARGHERITA

ARGOMENTI: BIOLOGIA, RICERCA SCIENTIFICA
NOMI: BRAILLE LOUIS, NORIHIRO SADATO
LUOGHI: ITALIA

IL francese Louis Braille fu, nel secolo scorso, l'inventore di quell'alfabeto costituito da puntini in rilievo che da lui prende il nome e che ha consentito ai non vedenti di accedere alla parola scritta. Musicista e cieco dall'età di tre anni, Braille era certo consapevole dell'importanza che la sua invenzione avrebbe avuto per i non vedenti, ma difficilmente poteva immaginare che il suo alfabeto sarebbe diventato uno strumento utilissimo anche per lo studio del funzionamento del sistema nervoso. Invece è stato proprio così, e a più di cento anni dalla sua morte, avvenuta nel 1852, un gruppo di scienziati giapponesi capitanati da Norihiro Sadato, ha pensato di analizzare che cosa succede nel sistema nervoso di non vedenti che leggono il linguaggio Braille: e ha scoperto un fenomeno a dir poco inatteso. Nei loro esperimenti, Sadato e colleghi hanno utilizzato la tecnica chiamata tomografia ad emissione di positroni (Pet) che consente di identificare quali zone del cervello si attivano quando vengono compiute determinate azioni. In questo modo, ad esempio, nel pubblico di una sala da concerto si potrebbero identificare le aree cerebrali attivate dall'ascolto della musica di Mozart... e dall'osservazione attenta della minigonna della signorina seduta sulla poltrona accanto. In realtà, per eliminare eventuali distrazioni che porterebbero ad una alterazione difficilmente valutabile dell'attività cerebrale, gli esperimenti sono effettuati in laboratorio ed in condizioni controllate. Che succede nel sistema nervoso di un non vedente che legge il linguaggio Braille? Come ci si può aspettare, si attivano le regioni del cervello che corrispondono all'elaborazione delle informazioni tattili provenienti dai polpastrelli. Ma non solo: in un articolo apparso sulla rivista Nature l'11 aprile, l'equipe giapponese afferma che, nei ciechi, la lettura del linguaggio Braille provoca anche l'attivazione dell'area 17, ossia di quella zona in cui, nei vedenti, avviene l'elaborazione delle percezioni visive provenienti dalla retina. Ma come è possibile questo se chi legge non può vedere? Per capire come ciò accada bisogna tener presente che il sistema nervoso, soprattutto nelle prime fasi della vita, possiede una notevole capacità di adattarsi e di assecondare le informazioni che gli arrivano dagli organi di senso: tatto, udito, vista, olfatto e gusto. Il fenomeno, noto ai neuroscienziati già da diversi anni, si chiama plasticità neuronale, ed è stato analizzato in particolare per quelle aree del cervello responsabili dell'ultimo stadio dell'elaborazione delle informazioni; quelle da cui si ritiene nasca il pensiero, e che nell'uomo sono più sviluppate che in tutti gli altri esseri viventi: le zone della corteccia cerebrale. Si è ad esempio constatato che, in seguito all'amputazione di un dito, le aree corticali corrispondenti alle sensazioni che provengono da quel dito si restringono, ed il territorio viene «colonizzato» dalle aree confinanti, responsabili di sensazioni tattili provenienti da altre zone. L'esperimento del gruppo giapponese, condotto su persone cieche dalla nascita o che avevano perduto la vista molto precocemente, è però particolarmente innovativo. Infatti è la prima volta che si dimostra che aree della corteccia collegate alla visione possono essere attivate in seguito ad uno stimolo tattile. Se questo sia dovuto ad un fenomeno di colonizzazione della corteccia visiva, non altrimenti utilizzata, da parte delle zone responsabili del tatto resta però da verificare. Ulteriori esperimenti dovranno essere effettuati anche per determinare se non sia l'esercizio della lettura in sè responsabile dell'attivazione dell'area numero 17, anche indipendentemente dallo stimolo visivo. In ogni caso, qualunque sia la dinamica del fenomeno, la scoperta suscita interrogativi affascinanti: se, come si pensa, le sensazioni che avvertiamo sono dovute all'attività della corteccia, è possibile che i non vedenti ne percepiscano di nuove e assolutamente sconosciute alle persone dotate di vista? Margherita Fronte


UN NUOVO FARMACO Si dimezzano le fratture causate dall'osteoporosi
Autore: PELLATI RENZO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA
NOMI: BLACK DENNIS, CUMMING STEVEN
LUOGHI: ITALIA
NOTE: Fit (Fracture Intervention Trial)

COME l'ipertensione e l'ipercolesterolemia possono provocare seri guai all'apparato cardiovascolare (infarto, ictus), così l'osteoporosi è un fattore di rischio per l'apparato locomotore (fratture al femore, al polso, alle vertebre) con molte sofferenze e disagi che compromettono la qualità della vita e l'autosufficienza dei pazienti. Nella nostra società la diffusione dell'osteoporosi ha raggiunto ormai proporzioni epidemiche, dal momento che colpisce almeno il 30 per cento delle donne in post-menopausa. Gli epidemiologi dicono che nel mondo le donne colpite da osteoporosi sono oltre 200 milioni, in prevalenza di razza bianca e in età avanzata (il rapporto donne-uomini è di 4:1). Il costo annuale per il trattamento delle fratture del femore negli Stati Uniti è stimato in circa 10 miliardi di dollari. Anche in Italia l'osteoporosi rappresenta una vera e propria piaga sociale: è ritenuta responsabile, ogni anno, di almeno 40.000 fratture del femore, 70.000 fratture del polso e 80.000 fratture vertebrali. In passato non esistevano le attuali indagini strumentali (mineralometria a raggio fotonico, a raggi X, a ultrasuoni, tomografia assiale computerizzata) che consentono di misurare la densità della massa ossea. A questo proposito una buona notizia arriva dal Congresso Mondiale che si è tenuto ad Amsterdam. Dennis D. Black e Steven Cumming dell'Università della California (San Francisco) hanno coordinato uno studio, durato 3 anni, denominato Fit (Fracture Intervention Trial) svolto in 11 Centri Clinici Universitari degli Stati Uniti su 6459 donne. Lo studio aveva lo scopo di verificare l'efficacia di una nuova molecola (alendronato: scoperto in Italia dall'Istituto Gentili, ma sviluppato in Usa dalla Merck Sharp Dohme) nel prevenire le fratture da osteoporosi. L'alendronato è un aminobisfosfonato che agisce come inibitore specifico del riassorbimento osseo mediato dagli osteoclasti (le cellule deputate a questa funzione) e provoca un aumento della massa ossea nei punti clinicamente più importanti quali la colonna vertebrale, il polso e il femore. Effettivamente si è visto che la molecola provoca una riduzione del 51 per cento del rischio di frattura del femore e del 46 per cento del rischio di nuove fratture vertebrali nelle donne con osteoporosi post-menopausale e con una precedente frattura vertebrale. I farmaci sinora usati nel trattamento dell'osteoporosi non davano risultati così confortanti e soprattutto non erano documentati con uno studio clinico così ampio e controllato con placebo (l'Università della California è un polo accademico riconosciuto a livello internazionale: figura fra le prime 10 in termini di finanziamenti per la ricerca biomedica). Ovviamente, in associazione alla terapia suddetta, erano raccomandati gli interventi indicati dall'Oms per influenzare la massa ossea: portare l'apporto di calcio a 1200-1500 milligrammi al giorno (latte e derivati), incoraggiare l'esercizio fisico, evitare l'abuso di alcol e il fumo, terapia sostitutiva ormonale. Già in partenza, alla nascita, la donna ha un'impalcatura ossea inferiore a quella del maschio e successivamente la donna è soggetta a perdite di calcio in alcune fasi critiche della vita: gravidanza, allattamento, menopausa (il calo degli ormoni femminili interferisce con i meccanismi dell'assorbimento e dell'utilizzazione del calcio). L'esercizio fisico poi è fondamentale: l'osso risente beneficamente delle stimolazioni meccaniche di torsione e di trazione che avvengono durante il movimento. L'attività fisica inoltre rafforza le strutture muscolari che, in molti casi, evitano le cadute. Renzo Pellati


IL FALCO EUROASIATICO Spietato predatore Vede dall'alto i segni delle arvicole
Autore: D'UDINE BRUNO

ARGOMENTI: ZOOLOGIA, ANIMALI, ETOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

NELL'ESTREMO Nord dell'Europa un falco plana ad ali tese, volteggia nel vento. Scende e risale di continuo, esplora attentamente il territorio a caccia dei piccoli mammiferi che costituiscono le sue abituali prede. Le arvicole, un roditore comune delle campagne, sono in quella zona la risorsa alimentare più disponibile per questi abili veleggiatori. Alcuni ricercatori finlandesi, interessati ai problemi dell'equilibrio ambientale di specie coesistenti sullo stesso territorio, hanno recentemente osservato che, con oscillazioni di circa quattro anni, la presenza di questi rapaci e delle loro prede varia moltissimo, ma in modo significativamente sincrono. Una rapida diminuzione del numero di arvicole costringe dunque i falchi a spostamenti notevoli, li fa migrare anche di qualche migliaio di chilometri. Per i falchi è quindi fondamentale che il rilievo della densità di prede sul loro territorio sia rapido e consenta, in tempi brevi, di costruire una mappa accurata di spazi ampi e delle risorse alimentari che vi sono contenute così da eventualmente permettere, in condizioni fisiche ancora ottimali, il lungo volo di trasferimento verso zone di caccia migliori. Il falco euroasiatico (Falco Tinnunculus), che è stato l'oggetto della ricerca degli ecologi del comportamento finlandesi, è durante la stagione riproduttiva altamente nomade. Presenta una densità territoriale da 4 a 98 nidi per una superficie media di 100 chilometri quadrati. Il numero di coppie nidificanti è in costante, armoniosa sincronia con la disponibilità di arvicole sul territorio. I falchi maschi provvedono ad alimentare la loro femmina nel periodo della cova e devono essere quindi in grado, per garantirsi il successo riproduttivo, di fare delle stime accurate della potenziale densità di prede sul loro territorio tenendo conto anche delle pressanti future necessità alimentari dopo la schiusa delle uova. Se la mappa mentale delle risorse non corrisponde alle attese, la coppia dovrà rapidamente migrare per costruire, appena in tempo, un nuovo nido in un luogo più idoneo. Le arvicole, le prede più correnti di questa specie di falchi, hanno l'abitudine di marcare costantemente con urina e feci le loro piste o vie di fuga che si intrecciano sul territorio. Questi segnali olfattivi costituiscono la base delle loro mappe mentali del territorio e allo stesso tempo servono come messaggi per comunicare con gli altri conspecifici. Le piste che abitualmente percorrono sono particolarmente visibili nel primo periodo primaverile quando l'erba non le ha ancora ricoperte. E' il tempo in cui inizia la stagione riproduttiva dei falchi, il momento per l'attenta valutazione delle risorse alimentari disponibili alla ricerca del sito più idoneo per un nido. Un esperimento, fatto ricostruendo in laboratorio le piste delle arvicole in diverse condizioni, ha dimostrato che l'attenzione visiva dei falchi non è principalmente sollecitata dalle piccole piste che queste lasciano sul terreno, poiché possono essere percorse da un numero non facilmente quantificabile di soggetti, ma dalle tracce luminose percepibili solo nell'ultravioletto che lasciano la loro urina e le feci lungo questi percorsi. Queste luminescenze sarebbero indici molto più accurati della reale densità delle arvicole sul territorio che il falco sta osservando. Era noto già da tempo che le urine dei topi emettono una fluorescenza bluastra rilevabile alle lunghezze d'onda dell'ultravioletto che l'occhio umano non percepisce. I ricercatori finlandesi hanno ora osservato che anche gli escrementi delle arvicole hanno una emissione luminosa a quelle frequenze e che questa emissione è quella su cui principalmente si basa la costruzione di accurate mappe delle risorse sul territorio da parte dei falchi. Una possibile obiezione a questa ipotesi era che l'informazione primaria per il falco potesse essere di tipo olfattivo. Gli esperimenti, in condizioni controllate di laboratorio, hanno escluso questa ipotesi. La funzione delle capacità visive nei vertebrati più evoluti nelle frequenze dell'ultravioletto è allo stato attuale poco compresa. Si ritiene possa giocare un ruolo importante nell'orientamento, nella ricerca del cibo rendendone più facile l'identificazione o servire alla comunicazione tra specie quando gli altri canali comunicativi siano già sovraccarichi di segnali. Per i rapaci diurni non ci sono ancora studi che dimostrino la sensibilità dei loro occhi alle emissioni nell'ultravioletto ma è noto che nella maggior parte delle specie di uccelli diurni finora studiate questo fenomeno esiste. Nelle infinite vie evolutive che gli animali devono percorrere per la loro sopravvivenza nulla resta intentato. Il nostro falco attraverso la capacità di rilevare tracce delle sue prede nell'ultravioletto riesce dunque ad ottimizzare, volteggiando alto nel cielo, la sua strategia di caccia. Questa dovrà consentirgli di avere, in breve e per ampie superfici di terreno, una valutazione precisa di quanto cibo possa riportare alla femmina e ai suoi piccoli che attendono di assaggiare i risultati dell'accuratezza delle sue stime. Bruno D'Udine Museo di Storia Naturale Università di Parma


IMMUNOLOGIA Anticorpi, teoria da rifare? Nuove ipotesi sul complesso meccanismo del rigetto
Autore: PICOTTI FRANCO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, RICERCA SCIENTIFICA
NOMI: SARZOTTI MARCELLA, LEHMAN PAUL, MATZINGER POLLY
LUOGHI: ITALIA

L'immunologia è una disciplina fondamentale: le sue acquisizioni riguardano tutti i settori della medicina, dalla prevenzione alla terapia, alla diagnostica. Le reazioni del nostro sistema immunitario sono determinanti per la guarigione delle malattie infettive, per il rigetto dei trapianti, e influiscono sull'insorgenza e sull'evoluzione dei tumori. Inoltre tutti gli organi possono essere bersaglio di un'autoaggressione immunitaria. Come tutte le scienze, anche l'immunobiologia ha dei principi fondamentali, derivati dall'esperienza pratica e dalla interpretazione e critica di dati sperimentali, che costituiscono la base di teorie. Fra le diverse teorie, quella del «self/nonself», formulata da Burnet oltre 50 anni, fa è diventata un dogma. Secondo questa teoria, nelle prime fasi dello sviluppo fetale e fino all'età neonatale le cellule del sistema immunitario si differenziano e si moltiplicano imparando in un primo tempo a conoscere i propri tessuti (self) e a convivere con essi per tutta la vita, dopo la nascita acquisiscono la capacità di rispondere a batteri, virus, a cellule geneticamente non compatibili ed a tutte le sostanze estranee dannose (nonself). Secondo la teoria di Burnet il riconoscimento del «self» comporta la selezione delle cellule immunocompetenti che potrebbero danneggiare i propri tessuti. Gli esperimenti di Medawar, insignito con Burnet del premio Nobel nel 1960, hanno dimostrato che iniettando cellule di midollo osseo in topi neonati, geneticamente non compatibili, si crea una tolleranza a un secondo trapianto effettuato in età adulta. Ciò dimostrerebbe, secondo la teoria di Burnet, che il topo ricevente ha classificato le cellule trapiantate in età neonatale come cellule proprie. Il dogma del «self/nonself» è oggi messo in dubbio da una serie di ricerche sperimentali pubblicate sulla prestigiosa rivista «Science» nel marzo scorso. Si tratta di tre lavori la cui importanza è sottolineata anche da un editoriale della rivista. Gli studi sono stati condotti da tre gruppi di ricercatori appartenenti a istituti universitari e ad ospedali di Baltimora, Bethesda e Cleveland (Usa). Marcella Sarzotti (torinese, si è laureata a Torino in scienze biologiche nel 1980, vive negli Stati Uniti dal 1982), dirige il gruppo di Baltimora che ha dimostrato, con accurate ricerche, che i topi neonati sono già in grado di rispondere immunologicamente, come in età adulta, a virus patogeni. E' però necessario che la dose del virus sia proporzionata alla popolazione delle cellule immunocompetenti. Questi risultati sollevano problemi relativi all'età e alla dose più idonea per le vaccinazioni nell'uomo e suggeriscono la possibilità di prevenzione di nuove malattie. Il gruppo di Cleveland, con Paul Lehman, ha ripreso gli studi degli Anni 60 sugli «adiuvants», sostanze che stimolano la risposta immunitaria. Essi sono riusciti con esse a modulare la risposta immunitaria sia in senso positivo, cioè potenziandola, sia in senso negativo, cioè creando uno stato di tolleranza specifico anche nell'animale adulto. I ricercatori prevedono la possibilità dell'applicazione degli adiuvants nelle malattie autoimmuni e allergiche, nei trapianti e nei tumori. Infine, Polly Matzinger, con il suo gruppo che lavora a Bethesda, critica la teoria di Burnet e ritiene necessaria la sua revisione sulla base delle nuove conoscenze dei meccanismi attraverso cui il sistema immunitario risponde o meno ad un antigene. Essi ritengono essenziale la partecipazione di particolari cellule dette «dendritiche» le quali presentano gli antigeni alle cellule effettrici della risposta immunitaria. Se gli antigeni sono nocivi, provocano un danno alle cellule dei tessuti, le quali inviano un segnale non specifico captato dalle cellule dendritiche che a loro volta attivano i linfociti T effettori della risposta immunitaria. Polly Matzinger definisce la sua ipotesi interpretativa: «Teoria del danno». La stampa scientifica anglosassone è molto interessata (anche criticamente) a queste ricerche da cui si attendono, in tempi non brevi, applicazioni alla patologia umana. Marcella Sarzotti terrà un seminario su questi argomenti domani 6 giugno alle ore 14 presso l'Istituto di Genetica Medica dell'Università di Torino (via Santena 19 - Molinette). Sarà un'occasione preziosa per approfondire gli sviluppi che potrà avere questa importante linea di ricerca. Franco Piccotti


VACANZE SCIENTIFICHE Tra orsi e tartarughe Tanti campi studio in Italia e all'estero
Autore: SCAGLIOLA DAVIDE

ARGOMENTI: ECOLOGIA, ZOOLOGIA, PARCHI NATURALI, TURISMO, AMBIENTE
ORGANIZZAZIONI: CTS CENTRO TURISTICO STUDENTESCO E GIOVANILE, WWF, VACANCES D'ESPRIT
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: T. TAB. ALCUNE PROPOSTE DI VACANZE-LAVORO (tabella nel testo)

Attualmente l'industria turistica mondiale produce da sola circa 350 miliardi di dollari all'anno, ossia più del 6 per cento della ricchezza prodotta nel mondo. Non è difficile capire l'enorma impatto che un simile fenomeno e una tale massa di persone in movimento esercitano su ambienti naturali e culture tradizionali. Solo la riconversione di questo colosso in un'industria sostenibile, cioè distruttutiva, potrà garantire un futuro sia al turismo sia alla natura. E, da questa prospettiva che nasce il programma dei campi di studio e dei viaggi naturalistici del Centro Turistico Studentesco e Giovanile (Cts). Per il 1996 il Cts ha in programma viaggi in Asia (Malesia, Thailandia e Sri Lanka), America (Costa Rica, Messico e Canada) e Europa (Francia, Austria, Gran Bretagna, Olanda, Costa Azzurra e Liguria). Buon successo stanno ottenendo anche i campi studio organizzati con la formula del «participating funding). Si tratta di vacanze lavoro che prevedono la partecipazione di volontari paganti (quote ragionevoli) a progetti scientifici. Ulteriori informazioni alle 90 sedi Cts in Italia o al numero 06/4679252-4679317. La stessa filosofia anima i campi del Wwf, 120 in tutta la penisola, sparsi tra Parchi Nazionali, Oasi Protette e zone a rischio ambientale. Contemporaneamente, fin dal 1979, si sono sviluppate iniziative analoghe per bambini e ragazzi: i campi avventura. Offrono esperienze educative in luoghi incontaminati, scambi internazionali e vacanze all'aria aperta. Quest'anno sono in programmi viaggi studio in Amazzonia (ricerche ittiche), Brasile (tartarughe), Turchia (foca monaca), Maldive (barriera corallina), Slovenia (orsi), Ungheria (foresta primigenia di Boronka) e numerosi altri anche in Italia. Per informazioni richiedere alle sedi regionali del Wwf Italia, 02/295.13.742 - fax 02/295.13.860. Più specifiche le proposte di Vacances d'Esprit, organizzazione di Bologna che prevede vacanze a tema scientifico-culturale con seminari condotti da docenti universitari, pittori e filosofi. Settimane dedicate al benessere della mente e del corpo in ambienti intatti quali il lago di Braies (Bolzano) e l'Abbazia di Vallombrosa (Firenze). Il programma dell'estate prossima è il seguente: Le Vacances della Fisica (Paradossi e misteri della fisica) dal 29 giugno al 6 luglio col professor Rodolfo Bonifacio al lago Braies. Le Vacances della Fisica/Matematica (Il misterioso ordine del Caos) dal 6 al 13 luglio col professor Sandro Graffi al lago di Braies. Le Vacances dell'Arte (La pittura attraverso Caravaggio) dal 13 al 20 luglio col maestro e professor Francesco Giuliri al lago di Braies. Le Vacances della Filosofia (La pianura della Verità) col professor Emanuele Severino al lago di Braies. Le Vacances della Semiotica (L'arcipelago dei segni) dal 27 luglio al 3 agosto col professor Paolo Fabbri al lago di Braies. La settimana della musica sacra (La musica del silenzio) dal 18 al 24 agosto con Padre Bonifacio Baroffo monaco benedettino e gregorianista all'Abbazia di Vallombrosa. Per informazioni e prenotazioni: Asia - 051/235.684 - 225.588. Davide Scagliola T. TAB. ALCUNE PROPOSTE DI VACANZE-LAVORO = ==================================================================== ORSO BRUNO MARSICATO (meno di 10 esemplari in tutt'Italia) - Lavoro: nelle montagne d'Abruzzo sulle tracce dell'Ursus arctos marsicanus, per conoscerne spostamenti, distribuzione e dieta. Coordinamento scientifico: Parco Nazionale d'Abruzzo. Luogo: Bisegna e zone circostanti - Partenze 15-22-29 luglio, 2-9 settembre. Durata: 7 giorni (6 notti) - Sistemazione: ostello o camping - Requisiti: spirito di adattamento e resistenza a camminate anche lunghe. Quota: 620 mila lire. - -------------------------------------------------------------------- CERVO SARDO (attualmente la popolazione si attesta intorno ai 1000 esemplari). Lavoro: nella foresta di Montevecchio, tra le miniere abbandonate, continua il censimento di una delle ultime popolazioni di Cervus elaphus corsicanus - Coordinamento scientifico: Helmar Schnek. Luogo: Montevecchio e Arbus Cagliari (Sardegna) - Partenze: 29 agosto e 3 settembre - Durata 6 giorni (5 notti) - Sistemazione: appartamento o foresteria a Montevecchio - Requisiti: spirito di adattamento, disponibilità a svegliarsi molto presto e ad effettuare turni di sorveglianza di 2 0 3 ore, resistenza al caldo. Quota: 390 mila lire. - -------------------------------------------------------------------- TARTARUGA MARINA (studio e protezione delle uova deposte). Lavoro: le spiagge di Lampedusa sono uno degli ultimi luoghi in Italia dove la Caretta Caretta depone le uova. Coordinamento scientifico: Dipartimento di Biologia dell'Università La Sapienza di Roma. Luogo: Lampedusa (Sicilia). Partenze: 30 giugno, 11-22 luglio, 2-13-24 agosto e 4-15 settembre. Durata: dieci gioni (9 notti). Sistemazione: appartamenti con uso cucina. Requisiti: disponibilità ad effettuare turni di sorveglianza anche notturni. Quota: 760 mila lire. - -------------------------------------------------------------------- ANIMALI DEI BOSCHI (anfibi, avifauna, cinghiali, daini, mufloni, cervi). Lavoro: un progetto di ricerca per tenere sotto controllo le popolazioni di ungulati e di lupi e garantire la salute dell' ecosistema forestale. Coordinamento scientifico: D.R.E.A.M. Italia, Ente Parco e Comunità Montana. Luogo: foreste casentinesi. Partenze: 22-29 giugno, 6-13-20-27 luglio, 3-10-17-24-31 agosto. Durata: sette giorni (6 notti). Sistemazione: rifugio. Requisiti: nessuna preparazione specifica, solo spirito di adattamento. Quota: 600 mila lire. - -------------------------------------------------------------------- PESCI MARINI (nel Mediterraneo sono presenti 640 specie di cui il 18% è endemico). Lavoro: i fondali di Lampedusa sono lo scenario di una ricerca subacquea sul comportamento e l'ecologia di alcune specie di pesci. Coordinamento scientifico: professoressa Maria Berica Rasotto, Università di Padova. Luogo: Lampedusa (Sicilia). Partenze: 30 giungo, 11-22 luglio, 2-13-24 agosto, 4-15 settembre. Durata: dieci giorni (9 notti). Sistemazione: appartamento uso cucina. Requisiti: brevetto sub. Quota: 850 mila lire - -------------------------------------------------------------------- DELFINI (Tursiope i delfino costiero). Lavoro: verrà allestito un campo di ricerca per verificare l'esistenza di un gruppo di delfini che potrebbero risiedere con una certa costanza nel tratto di mare antistante Villasimius. Luogo: Villasimius (Cagliari). Coordinamento scientifico: Luca Marina, Università di Roma. Partenze: 29 giugno, 6-13-20-27 luglio, 10-17-24-31 agosto. Durata: sette giorni (6 notti) Sistemazione: in tenda e in campeggi organizzati. Requisiti: saper nuotare e non soffrire di mal di mare. Quota: 600 mila lire. - -------------------------------------------------------------------- CERVO CODA BIANCA (nome locale Venado coda bianca, nome scientifico Odocoileus Virginianus). Lavoro: un programma di ricerca sul cervo nella riserva naturale assoluta di Cabo Blanco. Luogo: Costa Rica. Coordinamento scientifico: Franco Mari. Partenze: 1-14-27 luglio, 9-22 agosto, 4-17 settembre. Durata dodici giorni (11 notti). Sistemazione: in riserva in foresteria. Requisiti: nessuna specializzazione particolare. Quota: 100 mila lire subito più 222 dollari americani in loco. - -------------------------------------------------------------------- GEOLOGIA. Un campo per studiare le rocce e i fossili dell'Appennino Umbro-Marchigiano, tecniche di raccolta e catalogazione dei materiali rinvenuti. Luogo: da Gubbio da Monte Conero. Coordinamento scientifico: professor Rodoflo Coccioni, Università di Urbino, Istituto di Geologia. Partenze: 1-8-16-23-30 agosto. Durata: sette giorni (6 notti). Ssistemazione: appartamento uso cucina. Requisiti: il campo è consigliato agli studenti dei corsi di laurea in Scienze Geologiche, Naturali e Ambientali. Quota: 500 mila lire. = ==================================================================== C. Le località per le «vacanze scientifiche» in Italia e all'estero




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