TUTTOSCIENZE 28 agosto 96


SOFTWARE PER TRADURRE Voto d'inglese 6 meno meno
Autore: CONTI ANGELO

ARGOMENTI: INFORMATICA
LUOGHI: ITALIA

ERA solo un sogno, adesso è una realtà. Concreta, anche se ampiamente perfettibile. E' il software che consente di tradurre dall'inglese all'italiano (e viceversa) qualsiasi documento, di qualsiasi lunghezza e di qualsiasi argomento. Utilizzarlo è semplice: gli utenti del diffusissimo Microsoft Word 6, una volta caricato il software di traduzione se lo trovano addirittura disponibile sulla barra dei comandi. I programmi di traduzione sul mercato italiano sono più d'uno, ma la palma del più diffuso spetta all'«Italian Assistant» della Globalink, la cui architettura è stata concepita per tradurre dall'inglese all'italiano (la software-house è americana), ma che funziona onestamente anche nel percorso inverso. Nella pratica è sufficiente evidenziare il testo e poi «affidarlo» al soft ware che è in grado di tradurre ad alta velocità: di solito meno di un minuto per una cartella di testo. Il risultato è da considerare soddisfacente? La risposta sta nell'utilizzo che si vuole fare di quella traduzione. Se si pensa di poterla dare alle stampe o di poterla spedire come lettera commerciale la riposta è certamente no. Se la si utilizza come traccia, come elemento portante di un successivo lavoro di limatura e di controllo, la risposta è invece ampiamente positiva. Il testo tradotto risulta infatti «grezzo», capace anche di macroscopici errori quando il software confonde un verbo o un sostantivo dalla medesima grafia, o quando non riesce a districarsi di fronte a periodi troppo ricchi di incisi o dalla costruzione complessa. Chi scrive in italiano sapendo di dovere poi affidare il suo testo al traduttore farà bene ad usare un linguaggio molto schematico, il più possibile stringato, con ricorso ad una terminologia molto comune, persin banale (questo perché il «vocabolario» italiano dell'Assistant non è sterminato, mentre è invece più ampio in inglese). La successiva traduzione in inglese risulterà così accettabile. Sul percorso inglese-italiano si è invece il più delle volte costretti ad affidare al traduttore un testo redatto da altri, talvolta dai contenuti tecnici. Qui ci viene in aiuto la struttura del software (appunto concepito da ingegneri di lingua inglese), capace di risolvere più di una difficoltà. Qualche volta con soluzioni sorprendenti. Un traduttore come Assistant risulta prezioso in svariate occasioni, ma è decisamente indispensabile a chi naviga in Internet e conosce l'inglese solo in modo scolastico. Poter tradurre, in pochi minuti, lunghe relazioni catturate sulla grande rete è vantaggio incredibile. Non si tratterà, s'è detto, di una traduzione professionale, ma si potrà senz'altro comprendere appieno il contenuto di quel file. E risulterà parimenti prezioso nella «traduzione» della corrispondenza da inviare all'estero, aprendo un facile «ponte» verso interlocutori lontani che non conoscono l'italiano. Angelo Conti


Attento, forse sei un «nerd» Un test per i maniaci di Internet
Autore: CAGNOTTI MARCO

ARGOMENTI: ELETTRONICA, COMUNICAZIONI
ORGANIZZAZIONI: INTERNET
LUOGHI: ITALIA

SI aggirano fra noi. Forse ce n'è uno tra i vostri amici. Se sapete cos'è un «nerd», lo potete riconoscere. Di certo loro sanno di esserlo, e ne sono orgogliosi. Sempre informatissimi sulle ultime ricerche scientifiche, i «nerd» trascorrono il proprio tempo risolvendo astrusi problemi di matematica o di fisica, e sanno a memoria tutte le costanti e i coefficienti di trasformazione delle unità di misura. Appassionati di giochi matematici, trafficano con strumenti scientifici di ogni sorta, e vivono in simbiosi con il proprio computer. Anzi, pensano a se stessi come a una forma di computer vivente, con il corpo come hardware e i pensieri come software. Appassionati di fantascienza, non si perdono una puntata di Star Trek. Non sapendo parlare che di informatica, scienza e fantascienza, hanno difficoltà di relazione con gli altri esseri umani, che li trovano pedanti, insopportabili, noiosi. Tipici «primi della classe», vivono in un mondo mentale incomprensibile ai più. Rapporti con il sesso opposto, zero. Ovviamente gente del genere è perfettamente a proprio agio in Internet. Infatti fino a pochi anni fa, quando la Rete era appannaggio solo di scienziati e ricercatori, la comunità degli utenti era composta quasi esclusivamente da «nerd» . Con la diffusione del Net in strati della popolazione mondiale sempre più ampi questa curiosa e buffa specie si è ritrovata a essere una minoranza, ma certo non rischia l'estinzione. Se avete qualche sospetto di essere a vostra volta un po' «nerd», oggi potete sottoporvi a un test reperibile attraverso Internet all'indirizzo http://www.vivanet.com/~ictx/nerd/index.htm Rispondendo a 500 domande di ogni genere riguardanti abitudini, pensieri e conoscenze, potrete stabilire il vostro quoziente di «nerdità». Con l'avvertenza che il quoziente più elevato mai raggiunto è pari all'83 per cento (lo stesso ideatore del test, Bennett, non ha superato l'82 per cento), e che quindi il «nerd» perfetto non esiste. Forse. Chi vuole provare? Marco Cagnotti


PROBLEMI DI INSTALLAZIONE Il Cd-Rom maleducato Fa del vostro computer la sua casa
Autore: REVIGLIO FEDERICO

ARGOMENTI: ELETTRONICA, COMUNICAZIONI
LUOGHI: ITALIA

IL momento più delicato dell'uso di un Cd-Rom è la sua «installazione». Non tutti i Cd ne hanno bisogno, e non tutti quelli che la richiedono si comportano male: ma per alcuni Cd l'installazione è una fonte di disgrazie per chi la compie. «Installazione» significa che alcuni programmi contenuti nel Cd-Rom vengono copiati sul disco rigido della macchina che li usa. I motivi sono molti; spesso sono legati alla velocità. E' curioso, ma il tallone d'Achille dei Cd è la loro (informatica) lentezza. Quando si usa un Cd, il computer ha a disposizione due luoghi in cui ospitare dati e programmi: il Cd, appunto, e il disco rigido. Il computer lavora abbastanza velocemente quando usa il disco rigido, lentamente (per lui) quando usa il Cd. Per una maggiore efficacia, si spostano allora files dal Cd al disco rigido, in modo che almeno una parte dei dialoghi avvenga tra il computer e il disco rigido, piuttosto che tra il computer e il Cd, dove l'efficienza è minore. Qui i possibili eccessi sono legati alla misura: se si copia una quantità limitata di dati (qualche mega), la cosa può essere accettabile; se si copia una notevole parte del Cd (qualche decina di mega), l'operazione, al minimo, è discutibile, visto che il disco rigido ha comunque limiti di capacità, e il suo possessore non è magari d'accordo a sacrificare tutto quello spazio per un solo Cd. Quando si «installa», dunque, per prima cosa avviene una copia di programmi dal Cd al disco rigido, per ottenere prestazioni migliori. Nei casi più spiacevoli, peraltro, non ci si limita a questo espediente, in fondo comprensibile; si cerca di intervenire sul computer che ospita il Cd per renderlo più adatto all'uso. Qui siamo più o meno nelle condizioni dell'invito a cena di un ospite: una persona molto educata cercherà di non arrecare il minimo fastidio (il Cd che non chiede o quasi installazione); una un po' più disinvolta, appena arrivata, si «metterà in libertà» togliendosi la giacca e magari le scarpe, anche senza chiedere il permesso (l'«installazione», anche eccessiva); ma cosa dire di un ospite che si mette a girare nelle stanze ficcando il naso dappertutto, e al momento della cena tira fuori le provviste portate da casa, visto che non si fida della vostra cucina? Eppure capita che i Cd quando si «installano», non solo copiano alcuni loro programmi sul disco rigido, ma sostituiscono (spesso senza chiedere il permesso) programmi o parti di programmi che voi avete sul vostro pc. Cd del genere modificano parti del vostro software (ad esempio intervenendo su file di Windows che hanno estensione.DLL) o installano versioni obsolete di programmi che voi avete già (non mi fido della tua cucina, mi porto due panini...). Di fronte a tutto questo, si è quasi indifesi. I segni di buona educazione sono pochi: importante può essere la presenza, accanto a un programma di «installazione», del suo fratello che si chiama «disinstallazione»; è una buona garanzia che le conseguenze non saranno irrimediabili, e che - in ogni caso - chi ha eventualmente creato un problema lo risolverà. Se manca la «disinstallazione» può non essere grave: magari è un disco discreto, che installa poco e rende molto riconoscibile ciò che fa (per cui chiunque o quasi può riportare da solo le cose allo stato antecedente); ma certo manca la «disinstallazione» per i Cd che fanno disastri infischiandosene delle conseguenze, del tutto incapaci di porvi rimedio. Un altro buon segnale è quando sulla scatola o sul libretto di istruzioni è spiegato che cosa succederà installando (ma a Cd comprato la scelta è tra subire o non usarlo). Alcuni Cd chiedono il vostro consenso prima di compiere azioni rischiose; altri vi fanno scegliere se aumentare le prestazioni, o accontentarsi di una minor velocità per evitare problemi. Federico Reviglio


MEDICINA Sport, non è tutto oro quello che luccica Le Olimpiadi ci nascondono la scarsa forma fisica dell'italiano medio
Autore: BENSO LODOVICO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, SPORT
LUOGHI: ITALIA

I successi degli atleti italiani alle Olimpiadi di Atlanta potrebbero indurre un illusorio ottimismo sulla condizione dello sport nel nostro Paese. Certo, medaglie ne abbiamo portate a casa. Ma lo sport non deve essere visto solo nei suoi aspetti agonistici e spettacolari, che anzi ne rappresentano le componenti meno utili o, addirittura, potenzialmente nocive. Occorre invece dare rilievo ad altri fattori di ordine psico-fisico, sanitario e sociale. A livello individuale l'attività fisica organizzata rappresenta un elemento di benessere e di miglioramento del rapporto con il proprio corpo oltre che un importante stimolo all'attività ludica e all'avventura, che devono essere mantenute vivaci ben oltre l'infanzia. Lo sport praticato in modo armonico svolge un'azione di prevenzione, riabilitazione e terapia per la sua azione positiva sugli apparati cardiocircolatorio, respiratorio, muscolare, osteoarticolare, neuroendocrino, immunologico e digestivo. Di particolare rilievo l'azione antistress e di miglioramento dell'umore dovuta, tra l'altro, alla produzione di endorfine. Non bisogna però dimenticare che la pratica eccessiva, finalizzata a ottenere prestazioni eccezionali, può invece provocare danni proprio là dove la pratica equilibrata può indurre vantaggi. A livello socio-ambientale lo sport può rappresentare inoltre una forma di aggregazione, di miglioramento della comunicazione interpersonale, di utile incanalamento delle spinte aggressive. Purtroppo, nonostante i suoi numerosi vantaggi, nel nostro Paese l'attività sportiva è ancora un fatto episodico. I ragazzi prima della scuola dell'obbligo praticano raramente attività motoria organizzata, talvolta spinti dai genitori che la ritengono utile per uno sviluppo equilibrato delle caratteristiche psicofisiche, ma anche perché si svolge in aree di parcheggio ritenute sicure. Durante la scuola dell'obbligo si fa poco o niente di organizzato con metodo e solo coloro che ottengono risultati concreti seguono precisi programmi di formazione. Come risulta da una ricerca svolta dal Centro di Medicina dello Sport di Torino, solo un quarto dei ragazzi delle Scuole Medie dell'area torinese pratica una attività sportiva finalizzata e regolare, un altro quarto svolge una attività saltuaria e la metà si limita alle due ore settimanali di ginnastica scolastica. E nella promozione sportiva il Piemonte galleggia mediocremente in posizione intermedia, senza infamia e senza lode, nell'ambito del panorama nazionale. Durante l'adolescenza lo sport viene praticato in modo saltuario, e solo i più dotati scelgono la pratica sportiva come attività costante per trarne vantaggi economici e/o di prestigio cercando di diventare atleti professionisti: pochi vi riescono, gli altri ne escono delusi e frustrati. Durante l'inizio dell'età adulta gli impegni di lavoro e di famiglia sottraggono altri individui all'attività sportiva e, paradossalmente, solo in età matura alcune persone riscoprono i vantaggi dell'attività fisica perché intendono mantenere lo stato di salute, perché intendono recuperare un certo livello di capacità di prestazione e anche perché lo sport è occasione di incontri e di frequentazioni di determinati ambienti. La maggior parte degli anziani considera l'attività fisica organizzata pericolosa e inadatta alla propria età. Lo sport, da noi, salvo che come spettacolo, non è ancora un fatto di cultura: una delle caratteristiche negative di questa società è proprio la carenza di moto (malattia ipocinetica), situazione che contribuisce a determinare problemi psicosociali, criminalità, stress e numerose malattie. Il successo olimpico non è attribuibile a una cultura sportiva di massa, con un grosso bacino di utenza: di praticanti da cui emergono spontaneamente i soggetti più dotati per l'agonismo, ma al funzionamento di un sistema organizzativo volto a trascurare la maggior parte dei ragazzi, normali, per selezionare e valorizzare al massimo un numero relativamente ristretto di atleti, per i quali vi è il rischio, soprattutto in fase immediatamente prepuberale e puberale, che non si tenga conto dell'interesse reale dei singoli individui, ma si preferisca manipolarli per ottenere prestazioni estreme, con potenziale rischio per la loro salute fisica ed emozionale. Lodovico Benso Università di Torino


PER I SUB I veleni nel mondo dei pesci
Autore: PELLATI RENZO

ARGOMENTI: ZOOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

I pesci e gli animali marini possono darci principi nutritivi preziosi per la salute (vitamina D, acido eicosapentaenoico, docosaesanoico, sali di iodio), ma possono anche produrre sostanze tossiche responsabili di manifestazioni cutanee e reazioni gravi. Basta pensare alle sostanze urticanti delle meduse che possono essere inoculate nella cute umana durante la balneazione. In genere le tossine prodotte dalle meduse del Mediterraneo sono termolabili, però sono noti episodi di shock, con i caratteri dell'anafilassi, dovuti a ipersensibilità allergica del soggetto (nel Mediterraneo è segnalata la leggiadra «Pelagia noctiluca» color malva). Il Centro antiveleni di San Francisco suggerisce, come pronto soccorso, di trattare questo genere di punture con immersione dell'arto nell'acqua caldissima, al limite della sopportazione, per oltre 30 minuti. Può andar bene anche una soluzione di acido acetico al 5% (o aceto di vino nei casi di emergenza). Le meduse più temibili vivono nell'Atlantico e nel Pacifico (Physalia physalis e Physalia utriculus), e hanno tentacoli lunghissimi, anche 10 metri, che avvolgono il nuotatore con lesioni marcate (lasciano sulla cute delle aree iperpigmentate di lunga durata). Nei Caraibi invece è presente una medusa di piccole dimensioni (2 cm: Linuche unguiculata) la cui larva, trasparente, può filtrare tra le maglie del costume da bagno. L'eruzione cutanea infatti riproduce il disegno del costume e può simulare un'allergia ai coloranti del tessuto. La tossina più pericolosa (paragonabile al veleno del serpente cobra) è quella prodotta dalla medusa che si trova lungo le coste dell'Australia (cubo-medusa o Chironex fleckeri). Di recente si è messo a punto un siero specifico, ma difficilmente può essere iniettato perché la tossina agisce in tempi rapidissimi. Anche le spugne si difendono con aculei velenosi. Le più pericolose si trovano in Polinesia e lungo la costa atlantica americana. Oltre al bruciore e all'edema possono provocare vescicolazioni e crampi muscolari. Nel Mar Rosso è temibile un anemone di mare: Triactis producta. Fra i pesci del Mediterraneo che si mimetizzano con l'ambiente e pungono con spine provviste di veleno sulle pinne dorsali o sulla coda, vanno ricordati gli scorfani, le tracine (o ragane), i pesci gatto, le razze, i ricci. Vanno maneggiati con precauzione perché provocano un dolore acuto e non di rado malessere generale con pallore, sudorazione, caduta pressoria. Il metodo dell'immersione dell'arto colpito in acqua calda funziona anche per le loro punture. I veleni emessi dagli scorfani dei mari tropicali (scorpenidi esotici) sono più pericolosi. La puntura del Syranceja horrida può essere mortale. L'aspetto esterno è simile alla pietra (in inglese viene chiamato «deadly stone fish»): non ha paura dell'uomo e il subacqueo è tentato di toccarlo. I più noti pesci che mordono sono gli squali, ma non vanno trascurati il grongo e le murene nostrane, dotate di denti affilatissimi che provocano ferite dolorosissime accompagnate da infezioni secondarie. Ai Tropici ci sono anche piccoli serpenti marini dotati di zanne che bucano i tessuti come una siringa. Contemporaneamente iniettano un veleno che invade la muscolatura e provoca paralisi. Il più pericoloso è il Pelamis platurus, di un bel colore giallognolo. Le tossine possono essere presenti non solo negli organi di difesa degli animali marini (aculei, denti, tentacoli), ma anche nelle loro carni, come avviene nell'amberjack (Seriola Ialandi), e nel barracuda: questa fauna dei mari caldi può essere contaminata da un protozoo e produrre un veleno (cinguatera poisoning) che provoca prima malessere generale e poi paresi dei muscoli della deglutizione e della respirazione. Ci sono inoltre pesci che trasmettono scariche elettriche piuttosto intense, come la torpedine (chiamata anche razza elettrica). Una scarica elettrica fortissima è provocata da un esemplare che vive nel bacino dell'Amazzonia. Si chiama «Electrophorus electricus». Il nome dice tutto. Renzo Pellati


RETTILI VELENOSI L'identikit delle vipere Tutto ciò che vi conviene sapere
Autore: BURI MARCO

ARGOMENTI: ZOOLOGIA
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. Le specie di vipere e colubri presenti nel nostro Paese

IN questa stagione è facile imbattersi in rettili (vipere o presunte tali) perché il caldo li rende più attivi e le vacanze ci portano spesso nei loro habitat naturali. E' importante riconoscere le specie, sia da lontano, per decidere come comportarsi, sia nel caso che si venga morsicati. L'estrema utilità dell'identificazione è evidente al momento di un'eventuale terapia medica o in vista della denuncia alle autorità sanitarie. Il sottordine dei serpenti, od ofidi, appartiene alla classe dei rettili e all'ordine degli squamati. Sono 2700 le specie classificate nelle varie parti del mondo, di cui 900 sono potenzialmente velenose; tra queste 190 specie appartengono alla famiglia dei Viperidi. Tra Europa, Asia e Africa si trovano 14 specie del genere vipera, di cui solo 9 sono diffuse nel nostro continente. Due famiglie di rettili sono presenti in Italia: Viperidi, con 4 specie, e Colubridi, con 15 specie. Nei Viperidi il corpo è tozzo con coda corta e passaggio tra tronco e coda abbastanza evidente. Le squame sono carenate e di forma ovale. La testa è triangolare, piatta, allargata posteriormente. L'occhio è grande, poco prominente, senza palpebre e la pupilla è verticale, ellittica, a forma di lente convessa. I Colubridi hanno corpo allungato e coda sottile e affusolata; il passaggio testa-tronco è poco accentuato. Le squame sono in genere lisce e ovali. La testa, poco distinta dal tronco, è affusolata, con occhi grandi e prominenti. Le placche sono più larghe e regolari dei viperidi e nella maggior parte dei generi la pupilla è rotonda. All'esame dei denti, gli ofidi si suddividono in Aglifi (denti fissi e pieni), Opistoglifi (denti fissi e scanalati) e Solenoglifi (denti mobili e canalicolati). I serpenti Aglifi sono Colubridi dei generi Coluber, Coronella, Elaphe, Natrix. Hanno una secrezione ghiandolare, che, insieme con la saliva, attiva il processo di ingestione e digestione. Sono totalmente inoffensivi per l'uomo. Anche gli Opistoglifi sono Colubridi dei generi Macroprotodon, Malpolon, Telescopus; questi azzannano la preda muovendo contemporaneamente le mascelle, ma per il tipo di veleno che producono sono anch'essi completamente inoffensivi. I serpenti Solenoglifi sono invece Viperidi con ghiandola velenifera separata da quella labiale e posta dietro l'occhio. Il veleno viene spremuto nel momento del morso. Le quattro specie di serpenti presenti in Italia appartengono ai Solenoglifi e sono tutti più o meno velenosi per l'uomo. La Vipera Aspis o vipera comune è la più diffusa nel nostro Paese, la si trova in ogni regione eccetto in Sardegna. Dalla pianura alla montagna sino ai 2000 metri, colonizza zone calde e pietrose con poca vegetazione. Ha colori molto variabili (mimetismo) e lunghezza di 65- 75 cm il maschio, fino a 85 cm la femmina. La caratteristica morfologica è l'apice del muso rivolto all'insù. Diffusa solo nell'estremo Nord-Est d'Italia è la Vipera ammodytes o vipera del corno. Predilige pietraie aride e soleggiate o margini di radure fino a 1600 metri. Questa presenta invece sull'apice del muso un cornetto verso l'insù lungo circa 5 mm rivestito di piccole squame. Può essere lunga fino a 100 cm ed è la più pericolosa sia per la sua velocità sia per il tipo di veleno. Nelle zone umide, sia pianeggianti sia montuose, fino ai 2000 metri, nell'Italia settentrionale e centrale si trova la Vipera Berus o marasso palustre; ha dimensioni simili a quelle della vipera comune ma l'apice del muso è arrotondato. Infine la Vipera Ursinii o vipera di Orsini è abbastanza rara (Italia centrale: Monti Sibillini, Maiella, Gran Sasso). Più corta delle altre, intorno ai 50 cm, con testa più piccola e meno distinguibile dal collo. I veleni hanno una composizione varia e complessa: -proteine con attività enzimatica (90-92 per cento del peso secco); -sostanze organiche non proteiche; -sostanze inorganiche. Sono stati identificati almeno 26 enzimi, di cui 12 comuni a tutti i veleni e altri esclusivi di alcuni generi e specie. I veleni sono classificabili in 4 gruppi fisiopatologici: -coagulanti; -emolitici; -proteolitici; -neurotossici. I serpenti producono diverse associazioni enzimatiche creando così anche un insieme di questi quattro effetti patologici. La composizione sia qualitativa sia quantitativa è legata ad ogni singola specie con variazioni intraspecifiche ed individuali. Il veleno spinto dalla contrazione muscolare all'atto della morsicatura passa dalle ghiandole attraverso un condotto fino ai canalicoli dei denti veleniferi e si diffonde normalmente per via linfatica lenta nei tessuti della vittima. Se raggiunge il torrente ematico in gran quantità e molto velocemente (evento raro) si crea uno shock immediato con alto rischio di morte. Il veleno delle vipere è un liquido giallo-ambrato, limpido, inodore, sapore acidulo, viscoso ad alta densità. Ha un'azione flogistico-necrotica a livello locale e un'azione generale in rapporto alla quantità che entra in circolo. Gli effetti sono di tipo coagulante su sangue e vasi; effetto curarizzante (diminuzione dell'eccitabilità neuromuscolare) e di degenerazione su fegato, reni e cuore. Le manifestazioni cliniche, sia locali sia generali, variano sempre dalla qualità e quantità di veleno iniettato, dalla zona colpita, con irrorazione più o meno accentuata, e dal tipo di tessuto incontrato. Marco Buri


INIZIATIVA DELL'ENEA Internet per la qualità della vita Aperto un sito che viene incontro agli handicappati
Autore: FERRANTE ANNALISA

ARGOMENTI: ELETTRONICA, COMUNICAZIONI
NOMI: PARETTI CLAUDIO
ORGANIZZAZIONI: ENEA, INTERNET
LUOGHI: ITALIA

L'ENEA ha inaugurato di recente su Internet un sito dedicato alla «Qualità della Vita»: è un progetto realizzato dal Dipartimento Innovazione con il quale l'Ente mette a disposizione il proprio know how tecnologico - cioè le sue conoscenze ed esperienze - per un migliore uso delle tecnologie telematiche a supporto delle persone che soffrono di qualche handicap. «La tecnologia della rete - spiega Claudio Paretti, responsabile del progetto - permette di realizzare un sistema informativo rapido e qualificato soprattutto per i portatori di handicap e gli anziani, soggetti che presentano difficoltà specifiche e problemi molto differenziati. Ogni singolo gruppo che ha in comune dei problemi rappresenta una popolazione troppo piccola per un'informazione mirata da parte dei mass media tradizionali, come la grande stampa o la televisione, perché sarebbe un'operazione troppo costosa. Anche la stampa periodica delle singole associazioni, pur nella sua indubbia efficacia, ha comunque dei costi e dei tempi che potrebbero essere notevolmente ridotti attraverso questi nuovi processi tecnologici. Senza contare l'enorme importanza di un'informazione che mette in contatto più soggetti su tutto il territorio nazionale in tempo reale». Comunicare in modo interattivo, dunque, per assicurare un servizio informativo adeguato che permette a tutti di collegarsi con gli enti, le istituzioni e le associazioni che si occupano di qualità della vita per persone con esigenze speciali e ai quali si accede in modo molto semplice, grazie alle moderne tecniche ipertestuali e multimediali. Se entriamo nel sito e operiamo su una delle voci attualmente a disposizione come, ad esempio, «Associazioni», ci appare un lungo elenco, con indirizzo e numero telefonico, di tutte le associazioni che si occupano di disagio fisico e mentale in Italia. Per ogni associazione in rete, anche per quelle che hanno un sito diverso da quello dell'Enea, l'utente può accedere a tutte le informazioni utili come quelle preparate per esempio dall'Associazione Italiana Celiachia, che mette a disposizione l'elenco dei prodotti dietetici permessi per chi soffre di questa patologia, i farmaci presi in esame per il loro contenuto di glutine e soprattutto un utile prontuario di prodotti in commercio, oltre a quelli dietetici, senza glutine. Se invece clicchiamo sulla voce «Normativa», si può consultare per data o per argomento, ben 180 norme di carattere nazionale e regionale relative alla disabilità. Una banca dati preziosa frutto di una collaborazione tra il Centro di Documentazione Legislativa dell'Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare e la Regione Veneto-Dipartimento per i Servizi Sociali. Anche il Turismo ha la sua importanza. Il Co.In, Consorzio Cooperative Integrate in collaborazione con l'Enea ha creato una mappa sensibile, che riguarda per il momento solo Roma e il Centro Storico, dove vengono indicati i percorsi, le strutture e i gradi di accessibilità per disabili. Tutte le informazioni vengono gestite e aggiornate in collaborazione con i portatori di handicap e le associazioni di volontariato e questo, per l'Enea, rappresenta una strategia significativa per raggiungere alcuni obiettivi ambiziosi: diffondere informazioni autorevoli e qualificate sugli ausili tecnologici e sulle soluzioni ai problemi della vita quotidiana; sviluppare una cultura telematica all'interno delle associazioni di volontariato; favorire nuove opportunità lavorative che permettano l'integrazione sociale di persone svantaggiate. Inutile dire che questo progetto può interessare ed essere utile anche ai «non addetti ai lavori», può migliorare i servizi per i «normodotati», può sviluppare settori per nuova occupazione con la creazione di infrastrutture, oggi inesistenti, segnalate dalla domanda di servizi, può spingere gli imprenditori ad accorgersi delle enormi potenzialità di un mercato finora sconosciuto o poco considerato. Per chi fosse interessato a questo servizio dell'Enea, ecco l'indirizzo del sito: http://andi.casaccia.enea.it Annalisa Ferrante


Materia oscura La rotazione delle galassie: è come se ballassero il walzer tra le braccia di un cavaliere invisibile
Autore: P_BIA

ARGOMENTI: ASTRONOMIA, FISICA
NOMI: BERTIN GIUSEPPE, ZWICKY FRITZ, RUBIN VERA, C. C. LIN, ARNABOLDI MAGDA, CAPACCIOLI MASSIMO
LUOGHI: ITALIA

COME si formino e mantengano nel tempo quelle eleganti girandole cosmiche che sono le galassie a spirale è un problema molto complesso che soltanto in questi ultimi anni incomincia a chiarirsi, proprio grazie al contributo, tra gli altri, di Giuseppe Bertin, autore dell'articolo che compare in questa pagina e, insieme con C.C. Lin, autore di un saggio di recente pubblicazione, «Spiral structure in galaxies», edito dalla MIT Press (Cambridge Usa e Londra). Un altro problema affascinante, strettamente intrecciato con quello affrontato da Bertin in vent'anni di ricerche, è quello della massa oscura di cui, da vari indizi, si indovina l'esistenza nelle galassie e negli ammassi di galassie. Facendo un po' di conti, già negli Anni 30 Fritz Zwicky aveva fatto notare che la quantità di materia luminosa degli ammassi di galassie non è sufficiente a mantenerli legati gravitazionalmente. Negli Anni 80 Vera C. Rubin, della Carnegie Institution di Washington, ha studiato la rotazione di varie galassie con i telescopi da 4 metri di Kitt Peak in Arizona e di Cerro Tololo in Cile. Anche così è venuto fuori che per giustificare le velocità orbitali delle stelle nelle loro galassie bisogna ammettere la presenza di una grande quantità di materia finora sfuggita alle nostre indagini. In sostanza, con la loro rotazione le galassie ci rivelano che stanno ballando il valzer con un cavaliere invisibile, la materia oscura, la cui massa è decine di volte maggiore di quella che vediamo in quanto emette luce. Una buona stima della materia oscura in una galassia ellittica gigante si è ottenuta nel 1993 all'Osservatorio australe europeo (Eso) sulle Ande cilene utilizzando l'Ntt, il «New Technology Telescope», a ottica adattiva. Un gruppo di astronomi guidato da Magda Arnaboldi del Mt. Stromlo Observatory (Australia) di cui faceva parte anche Massimo Capaccioli (Università di Padova) ha misurato il moto di 37 nebulose planetarie intorno alla galassia NGC 1399 nell'ammasso della Fornace, lontana 50 milioni di anni luce. Benché queste nebulose siano di magnitudine 27, cioè 250 milioni di volte più fioche delle più deboli stelle visibili a occhio nudo, puntando sulla luce verde dell'ossigeno due volte ionizzato particolarmente intensa in questi oggetti, i ricercatori sono riusciti a stabilire che la loro velocità orbitale intorno al nucleo galattico si può spiegare solo ammettendo che il 90 per cento della sua massa è costituito da materia invisibile.(p. bia.)


IN BREVE Tutto il cielo nella tua stanza
ARGOMENTI: TECNOLOGIA, INFORMATICA
NOMI: NASTASI MATTEO
ORGANIZZAZIONI: UNIVERSITA' DI PAVIA
LUOGHI: ITALIA

Un trompe-l'oeil che rappresenta il cielo stellato. Uno studente milanese ha ideato un sistema per disegnare il firmamento sul soffitto della propria camera da letto o di qualsiasi altra stanza. Partendo da una banca dati stellare, dalle dimensioni della camera e dalla zona della volta celeste che si vuol riprodurre, un programma apposito calcola la mappa della superficie del soffitto con le posizioni degli astri. Il computer dà anche la correzione per le stelle fuori dalla verticale dell'osservatore. Tutto viene disegnato e ritagliato con un plotter da taglio e poi appiccicato sul soffitto. Le stelle, fino alla sesta magnitudine, limite dell'occhio nudo, sono in carta adesiva luminescente. Autore del programma è Matteo Nastasi, uno studente al terzo anno di fisica all'Università di Pavia (per informazioni: 02-701.29.203).


IN BREVE Macchetto: il cosmo visto da «Hubble»
ARGOMENTI: ASTRONOMIA
NOMI: MACCHETTO DUCCIO
ORGANIZZAZIONI: KIWANIS INTERNATIONAL CLUB
LUOGHI: ITALIA

L'astrofisico Duccio Macchetto, che a Baltimora dirige per la parte europea le operazioni del telescopio spaziale «Hubble», sarà premiato a Biella, sua città di origine, il 20 settembre dal Kiwanis International Club. Per l'occasione Macchetto terrà una conferenza dal titolo «Lo spazio visto dal telescopio orbitante Hubble» corredata dalle ultime immagini riprese da questo eccezionale strumento.


IN BREVE Rischio Vesuvio un appello
ARGOMENTI: GEOGRAFIA E GEOFISICA
NOMI: DOBRAN FLAVIO, LUONGO GIUSEPPE
LUOGHI: ITALIA

I vulcanologi Flavio Dobran e Giuseppe Luongo, in disaccordo con i piani della protezione civile da attuarsi nel caso il Vesuvio dovesse tornare in eruzione, hanno lanciato un nuovo appello per sviluppare il progetto «Vesuvius 2000», con l'obiettivo di ridurre il rischio per la popolazione potenzialmente coinvolta, cioè circa un milione di persone.


POLEMICA Giornalisti, la scienza non vi serve?
Autore: FOCHI GIANNI

ARGOMENTI: DIDATTICA, COMUNICAZIONI
NOMI: SALVINI GIORGIO
LUOGHI: ITALIA

L'11 aprile Giorgio Salvini, allora ministro dell'Università, ha aggiunto l'indirizzo in giornalismo al corso di laurea in scienze della comunicazione. Il corrispondente titolo di dottore potrebbe alla fine essere addirittura dichiarato necessario per sostenere l'esame d'abilitazione a giornalista professionista: in ogni caso la novità ha una portata assai maggiore del diploma giornalistico universitario avviato nel 1991. Leggo ora sul periodico del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti che alcune università, in particolare quelle di Genova e Palermo, pensano di dare il via alla nuova laurea già nell'anno accademico che sta per cominciare. Per laurearsi seguendo l'indirizzo giornalistico, occorrerà dare in tutto 24 esami: 10 nel primo biennio e 14 nel triennio successivo. Nel biennio si spazierà dalla sociologia all'economia, dalla linguistica al diritto, dalla psicologia alla storia; c'è anche l'«area scientifico-tecnologica», che però comprende solo due esami a carattere informatico. Al terz'anno lo studente seguirà corsi fondamentali che amplieranno i suoi orizzonti fino alla semiologia del cinema e alla scienza della politica. Cominceranno anche ad aggiungersi insegnamenti detti costitutivi dell'indirizzo scelto: storia del giornalismo, diritto dell'informazione e della comunicazione, teoria e tecniche del linguaggio giornalistico, radiotelevisivo e dei nuovi media, economia della comunicazione, gestione delle imprese di comunicazione, teoria e politica dello sviluppo, relazioni internazionali, etica e deontologia della comunicazione. Resteranno quattro corsi da scegliere in un elenco potenzialmente lunghissimo. Ma in realtà i vari atenei non li attiveranno tutti; offriranno comunque un ricco campionario, da cui potrebbero spuntare la sociologia dei processi di socializzazione (sembra uno scherzo linguistico, ma si trova davvero sulla Gazzetta Ufficiale), le teorie della traduzione, l'estetica, la storia del cinema, le relazioni internazionali, la comunicazione politica, la storia del movimento sindacale e quella delle dottrine politiche, il diritto parlamentare. E le scienze non servono al futuro dottore in giornalismo? L'elenco, a dire il vero, prevede anche un corso di logica matematica. Ci sembra davvero troppo poco. Provate a cercarvi chimica, fisica, biologia: neppure l'ombra] Un momento: c'è un corso a sfondo ecologico, ma si chiama «politica dell'ambiente». Siamo alle solite: come se, per fare una buona politica dell'ambiente o per informare sull'ambiente l'uomo della strada, non occorresse una salda formazione scientifica. Dal canto suo, l'Ordine dei giornalisti nel suo periodico di maggio-giugno 1995, in un numero dedicato per quasi un quarto alle necessità della formazione giornalistica universitaria, si ricordava del giornalismo scientifico solo all'interno d'una tabella che elencava una serie di corsi proposti per il perfezionamento post lauream. In altra pagina dello stesso fascicolo, si leggeva poi un articolo sulla formazione ambientale dei giornalisti e sui relativi seminari di approfondimento per le scuole di giornalismo riconosciute dall'Ordine. Ebbene: tali seminari erano stati tenuti, oltre che da dieci giornalisti, da due magistrati, da un assessore comunale alla mobilità e finalmente da due persone dotate - almeno sulla carta - di competenza scientifica tale da far affidare loro compiti di approfondimento (un professore universitario di ecologia e una rappresentante dell'associazione Medici per l'Ambiente). Insomma: se un giornalista presenta al pubblico il costume, la politica o gli spettacoli, coloro che nei mezzi di comunicazione hanno voce in capitolo vogliono che egli sia ben preparato; se si devono toccare problemi scientifici - e capita di continuo - questo bisogno non sempre è sentito: come dimostrano tanti errori e approssimazioni negli articoli di tema scientifico che compaiono sui giornali italiani. Il guaio è che ora ciò è sancito anche dagli ordinamenti universitari. Gianni Fochi Scuola Normale di Pisa


ASTROFISICA «Ola» da stadio, ma di stelle Come si formano le galassie a spirale
Autore: BERTIN GIUSEPPE

ARGOMENTI: ASTRONOMIA, FISICA
LUOGHI: ITALIA

DA molto tempo gli astronomi sono affascinati dalla struttura a spirale che caratterizza alcuni tipi di nebulose. Negli Anni 20 la misura della distanza (da parte di Edwin Hubble) di M 31 nella costellazione di Andromeda e di altre galassie vicine alla nostra chiarirono le dimensioni davvero straordinarie di questi sistemi stellari. Per avere un'idea della quantità di materia normalmente presente in una galassia, si può pensare a circa cento miliardi di stelle come il nostro Sole. La materia distribuita nel disco di una galassia a spirale - che per quanto vediamo è in prevalenza costituita da stelle e solo in piccola parte da gas e polvere interstellare - si estende su spazi che la luce attraversa in tempi dell'ordine di centomila anni. Stelle e gas orbitano lentamente intorno al centro del disco. Per esempio il Sole, con tutto il suo corredo di pianeti, fa un giro completo intorno al centro dela nostra galassia, la Via Lattea, in circa 200 milioni di anni, e ha già percorso una ventina di rivoluzioni nel corso della sua esistenza. Il disco non ruota rigidamente: le stelle che si trovano alla periferia girano in un tempo più lungo, circa in proporzione alla loro distanza dal centro della galassia. Nelle galassie a disco la struttura a spirale è quasi sempre presente. Si tratta spesso di strutture irregolari e spezzettate che danno l'idea di un enorme vortice, cioè della rotazione intorno al centro. Tutto ciò è abbastanza naturale. La cosa sorprendente è che molte galassie hanno bracci lunghi, regolari e simmetrici; in queste è possibile in genere riconoscere due bracci che si estendono in maniera continua su una parte considerevole del disco, avvolgendosi in un senso determinato rispetto al senso di rotazione (un po' come la spirale di conchiglie di un dato tipo si avvolge sempre alo stesso modo). I bracci sono delineati dalle stelle più luminose e giovani, e sono quindi i siti dei più vistosi processi di formazione di nuove stelle. Che cosa genera la struttura a spirale? I bracci corrispondono a effettivi addensamenti di materia (e quindi di stelle) o sono piuttosto fenomeni luminosi che hanno luogo principalmente nel tenue mezzo interstellare? Perché in alcuni casi la struttura è regolare e in altri no? Perché due bracci? Perché il senso di avvolgimento osservato? La frequenza della struttura a spirale regolare e le correlazioni con altre caratteristiche fisiche che definiscono la classificazione delle galassie suggeriscono che l'aspetto dei bracci non cambi molto nel corso dei tempi dell'ordine di un periodo di rivoluzione; ma come fa allora la struttura a persistere, visto che la rotazione del disco non è rigida? Questi erano i maggiori interrogativi non risolti che venivano riassunti in un articolo di Jan Oort all'inizio degli Anni 60. In quel periodo, dopo decenni di intense ricerche, Lindblad era giunto alla conclusione che la struttura a spirale regolare possa in effetti essere quasi- stazionaria e che il fenomeno sia collettivo, il risultato cioè di un'oscillazione coordinata degli elementi che costituiscono il disco, una sorta di «ola» di quelle che vediamo negli stadi di calcio. (Un punto interessante di questo primo modello è che, per come sono fatte le orbite stellari, la «ola» può essere realizzata solo con due bracci). Sulla scia dell'eredità del lavoro di Lindblad, è appunto a partire dall'inizio degli Anni 60 che prende forma l'interpretazione dei bracci a spirale in termini di onde di densità, soprattutto per merito di C.C. Lin, un matematico applicato che fino ad allora aveva lavorato su problemi fondamentali di ingegneria aeronautica e di idrodinamica. In seguito, tramite il contributo di numerosi studiosi e il confronto con osservazioni sempre più avanzate (dalle misure radio degli Anni 70 a quelle infrarosse degli Anni 90), l'ipotesi di lavoro delle onde di densità è stata sviluppata in una teoria organica, capace di dare una spiegazione a molti interrogativi che riguardano la dinamica delle galassie e di dare ordine a molti nuovi tasselli raccolti dall'esperienza. Grazie alle recenti misure infrarosse, sembra ora definitivamente provato che onde di densità sono alla base dei bracci più regolari e vistosi presenti in numerose galassie. Le immagini infrarosse (come si è sottolineato in un convegno a Johannesburg il gennaio scorso) ci mostrano il disco con il vantaggio di essere poco oscurate dalla polvere interstellare; inoltre esse sono in larga parte determinate dalla luce emessa dalle stelle più vecchie che costituiscono il grosso della massa del disco. La teoria interpreta i bracci regolari come risultato di un'onda (stazionaria, come le onde che si formano in una canna d'organo) che gira rigidamente intorno al disco; le singole stelle quindi entrano ed escono dalla cresta dell'onda (come i tifosi partecipano alla «ola»). Queste onde di densità sono una versione su scala astronomica delle onde di compressione che propagano il suono in un gas; qui, però, il gas coinvolto è un gas di stelle, per il quale contano anche gli effetti della gravità associati alle enormi masse in gioco. L'onda si propaga velocemente nel mezzo interstellare, che reagisce in maniera più forte delle stelle, dando luogo a un «boom» simile a quello degli aerei supersonici L'onda d'urto genera stelle nuove e luminose che delineano i bracci un po' come la schiuma traccia le creste delle onde del mare. E' stato anche mostrato, in tempi relativamente recenti, come l'onda possa trovare all'interno del disco la sorgente di energia per generarsi e sostenersi, un po' come gli uragani si innescano sotto condizioni opportune. I tipi di struttura a spirale osservati sarebbero quindi come le note prodotte da uno strumento musicale in grado di «suonare» da solo, senza bisogno di intervento esterno. Le spirali più regolari sarebbero le galassie in cui le note prodotte sono più pure. Questa teoria appare in grado non solo di rispondere agli interrogativi riassunti da Oort ma anche di dare un significato fisico alla classificazione empirica delle galassie. Una parte del lavoro è ora tesa a verificare se gli «strumenti» suonano come dovrebbero, un altra a capire meglio come sono fatti gli strumenti, cioè la struttura galattica, sulla base delle caratteristiche delle spirali osservate. Il campo di ricerca è tuttora in grande sviluppo. Come sempre succede in fisica, le risposte creano nuovi interrogativi e le misure, oltre a dare conferme, portano spesso sorprese, che sono il motore della curiosità scientifica. Giuseppe Bertin Scuola Normale di Pisa


HOLLYWOOD ADDIO Ciak, si gira sul set virtuale creato al computer Da venerdì la Mostra di Venezia ci anticipa le tecniche di ripresa del futuro
Autore: GIORCELLI ROSALBA

ARGOMENTI: TECNOLOGIA, COMUNICAZIONI
NOMI: BUSH DAVID, MATTEI MARIA GRAZIA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, VENEZIA (VE)
NOTE: Virtual Set

LA Mostra d'arte cinematografica di Venezia presenterà in anteprima italiana, dal 30 agosto al 5 settembre, un set virtuale allestito nella Sala degli Stucchi dell'Hotel Excelsior del Lido. Niente scenografia: al suo posto c'è uno schermo, il «blue-back» che per l'occasione ricostruisce il Teatro La Fenice, e al posto di una folla di comparse basta un obiettivo «digitale» puntato su qualche ospite per ritrovarsi sulla pellicola sequenze da kolossal. «Virtual set» è un assaggio di futuro in tre sezioni che polarizzeranno l'attenzione di addetti ai lavori e partecipanti al convegno «Il cinema del terzo millennio». Non è consentito l'accesso al grande pubblico, solo agli accreditati e a piccoli gruppi, su richiesta specifica; Raiuno manderà in onda un servizio su Virtual Set, l'8 settembre. Saranno ospiti esperti come Roman Polanski, che a Venezia presenta un videoclip, piccolo capolavoro tecnologico, e il premio Oscar per gli effetti speciali del film «Babe» Scott Anderson, per raccogliere le loro impressioni e stimolare il dibattito culturale. «Virtual Set» è un nome preso a prestito da un sistema presentato nella prima sezione, «Virtual Studio»; per l'Italia è una novità assoluta; lo produce l'israeliana Orad Hi-Tec Systems, specializzata nel trattamento digitale dell'immagine. Nelle prime fasi per la realizzazione del film, la pre-produzione e la ripresa, qui troviamo attori reali in uno scenario virtuale. Sviluppi interessanti, tutti da discutere, con l'eliminazione di set fisici e della fase di post-produzione: l'attore si muove, sullo sfondo c'è il blue-back, 2 metri per 6, collegato a una workstation; la telecamera, in movimento, riprende l'attore, invia le immagini al computer che tratta una massa di informazioni impressionante e colloca le immagini del protagonista direttamente nella scenografia virtuale. La novità è il dinamismo della telecamera, i cui movimenti possono essere comandati attraverso il computer per cogliere angolazioni impensabili. Più telecamere possono «dialogare» tra loro, mettendo insieme le riprese reali e le scenografie artificiali: tutto questo è Orad, per la prima volta in Italia grazie alla Infobyte di Roma, mentre già la Bbc usa questo sistema per la scenografia dei telegiornali. «Sono 15 anni che la pubblicità e la tv usano la tecnologia digitale nella post-produzione; applicandola al cinema aumentano qualità e flessibilità, e scendono i costi: quindi è un passo che anche una media produzione cinematografica può permettersi», spiega David Bush della milanese Interactive Group che ha curato la sezione di «Virtual Set» denominata «Digital Cinema», presentando tra l'altro la nuova versione del sistema «Domino» Quantel, dove tutto è possibile: composizione di una scena con elementi ripresi in tempi differenti; moltiplicazione elettronica delle comparse; modifica del colore in tempo reale, effetti di luce, integrazione di elementi girati su blue-back con scenografie reali o artificiali; attori creati dal computer come controfigure; esplosioni, fuoco, crolli e ricostruzioni di palazzi. Commenta Maria Grazia Mattei, curatrice di «Virtual Set», esperta in tecnologie per la comunicazione e l'immagine: «Il risultato finale è su pellicola e mantiene la qualità della pellicola. Mettere insieme uno studio come il nostro Virtual Set costerebbe più di un miliardo, qui c'è il meglio e c'è tutto, ma ad una produzione potrebbe interessare solo parte delle apparecchiature. La tendenza è comunque un calo dei costi e una semplificazione, in prospettiva si va verso una centralina da scrivania, come è successo nel broadcasting, e poi chissà, forse si arriverà al cinema fai-da-te. L'importante è che l'Italia tenga il passo; i registi sapranno apprezzare le potenzialità espressive, e a un tecnico basta un mese per imparare a usare le apparecchiature». Terza sezione, «Il cinema nella rete», Internet e Intranet. Apple Computers porta a Venezia la tecnologia Quick Time VR, un modo di ripresa con telecamere grandangolari digitali per trasferire in rete immagini reali e muoversi in esse con il «mouse»: qualcosa come un immenso puzzle di fotografie digitali, che sta diventando uno standard di immagine interattiva su Internet. Apple annuncia Quick Time TV: questa volta sono immagini reali animate, come un film, in cui entrare da esploratori. Tecnologie ideali - e infatti ci sono già alcune applicazioni - per scegliere su Internet la «location» per un film (se proprio non si vuol rinunciare alle scenografie del mondo reale), o semplicemente una destinazione turistica. Conclude Maria Grazia Mattei: «Connettere gli studi, collegare Los Angeles con Roma lavorando insieme agli effetti speciali: Intranet. Quanto potrebbe essere importante per Cinecittà] E' un problema di infrastrutture da potenziare, se non vogliamo essere tagliati fuori dalla competizione. La co-produzione di un film ormai si fa lavorando insieme a distanza in tempo reale, non più con mille viaggi». Rosalba Giorcelli


SCOPERTA Rieducabili le cellule dei tumori?
Autore: MARCHISIO PIER CARLO

ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA, BIOLOGIA
NOMI: DEJANA ELISABETTA
ORGANIZZAZIONI: ISTITUTO MARIO NEGRI
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, MILANO (MI)

NON dobbiamo smettere di pensare che la vittoria sul cancro verrà dalla ricerca biologica di base. Ripetere, come spesso si fa, che studiare i tumori come fenomeno a sè rappresenti la giusta strategia conduce a ingenui errori. Infine, tagliare i fondi alla ricerca di base porta inevitabilmente a inaridire le risorse intellettuali che sono ancora molto abbondanti nel nostro Paese. La prova di queste affermazione viene da una ricerca del laboratorio di Elisabetta Dejana fatta all'Istituto Mario Negri di Milano. I risultati di questa ricerca hanno avuto grande risonanza negli Stati Uniti perché indicano una via semplice e brillante alla comprensione dello sviluppo dei tumori, via che deriva direttamente da un'osservazione fatta in cellule normali. La superficie interna dei vasi sanguigni è ricoperta da uno strato di cellule piatte che formano un tessuto di rivestimento chiamato endotelio. Le cellule dell'endotelio, una volta che hanno ricoperto la superficie dei vasi non si dividono più. Proliferano solo quando, per effetto di una lesione o in certe malattie, compresi i tumori, si formano nuovi vasi. Nel laboratorio di Elisabetta Dejana, alcuni anni fa, venne identificata una molecola di adesione intercellulare che si ritiene responsabile dell'arresto della divisione delle cellule endoteliali. In altre parole questa molecola, chiamata caderina VE (per vascolare ed endoteliale), viene esposta sulla superficie di una cellula e, quando trova una molecola uguale sulla superficie della cellula vicina, a questa si lega e trasmette all'interno un segnale che dice alle cellule di smettere di dividersi. La caderina VE produce questo effetto non solo perché lega a sè fisicamente la cellula vicina ma anche mediante un complesso linguaggio molecolare. In pratica, lo stesso linguaggio che nel tumore è alterato e incomprensibile tanto che le sue cellule proliferano in maniera incontrollata. L'idea è semplice. Che cosa capita della proliferazione quando il gene della caderina VE viene inserito in cellule tumorali? Capita esattamente quello che lo sperimentatore si attendeva: le cellule maligne smettono di dividersi in maniera incontrollata e diventano cellule con comportamento quasi normale. Invece di balbettare parole incomprensibili e contraddittorie le cellule tumorali si trasmettono segnali precisi, perdono il comportamento anarchico e diventano membri di un'ordinata comunità cellulare. Proprio come le cellule endoteliali. Quale lezione trarre da questi esperimenti semplici e raffinati al tempo stesso? Innanzitutto un messaggio di ottimismo: ora sappiamo bene perché il cancro si sviluppa e non è lontanissimo il momento in cui si riuscirà a reintrodurre nel cancro regole di comportamento corretto. Secondo, non andare nel complicato ma affidarsi all'osservazione della biologia normale per trarne idee preziose anche dal punto di vista terapeutico. Terzo, il cancro è un problema di socialità biologica: bisogna insegnare alle sue cellule a stare vicine e a scambiarsi messaggi di controllo reciproco. Pier Carlo Marchisio Dibit, Milano


RIVOLUZIONE SUGLI SCHERMI Cinema 2000 Tecnologia kolossal
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: TECNOLOGIA, COMUNICAZIONI
NOMI: VERHOEVEN PAUL, CAMERON JAMES, SPIELBERG STEVEN, GAVIN RUPERT
LUOGHI: ITALIA

COME sarà il cinema nel terzo millennio? I futurologi vedono un destino che si biforca: da un lato un cinema come fabbrica di emozioni forti, scene kolossal, situazioni estreme che richiedono sale di proiezione con tecnologie estreme; dall'altro un cinema intimista, fatto di commedie casalinghe nell'ambiente e nella realizzazione, per le quali sarà casalinga anche la fruizione, in un primo tempo tramite videocassette o videodisco, in un secondo tempo tramite una distribuzione via cavo su fibra ottica, magari imparentata con Internet, o ciò che Internet sarà diventato. Addio, invece, alla sala cinematografica attuale: non ci sarà posto tra la supertecnologia e l'home video. Questo dal punto di vista dello spettatore. Dal punto di vista della produzione, le tecnologie elettroniche diventeranno dominanti, consentendo sia forti risparmi a parità di risultato spettacolare, sia effetti speciali finora impensabili. Alla Mostra di Venezia, come riferiamo in questa pagina, se ne vedrà un'anticipazione. Una possibile via di sviluppo è rappresentata anche dal cinema in tre dimensioni: questa tecnologia è ben documentata alla mostra «Experimenta», organizzata a Torino, Villa Gualino, dalla Regione Piemonte (rimarrà aperta fino al 20 ottobre). Nei suoi cento anni di vita il cinema, tutto sommato, è cambiato abbastanza poco. Il sonoro, il colore e il formato cinemascope sono le poche e ormai datatissime tappe del suo perfezionamento. Ma ora siamo ad una svolta tecnica e sociologica determinata dall'immagine digitale e dalle nuove possibilità aperte dalle reti di comunicazione intrecciate tutt'intorno al nostro pianeta. Ogni 18 mesi la potenza di elaborazione dell'immagine tramite computer raddoppia e il costo si dimezza. Nel 1993, i sei minuti di animazione dei dinosauri di «Jurassic Park» costituivano la frontiera. Oggi quella sequenza è davvero «giurassica»: i sistemi di animazione al computer consentono ormai la creazione di attori e scenografie virtuali, con un balzo nella computer-animation, nella complessità e nella durata della scena. Il tutto porterà a una democratizzazione del mezzo cinematografico: autori con buone idee potranno realizzarle senza subire i ricatti del mercato. Quanto agli effetti speciali, praticamente non avranno più limiti, anche se in alcuni casi, come ci ricorda Rambaldi, il creatore di E.T., un pupazzo meccanico può ancora fare meglio di qualsiasi computer. Benché ogni tanto qualche prefica strilli che il cinema è morto, i dati dicono il contrario: stiamo assistendo al fenomeno di «Independence Day», che in pochi giorni ha superato ogni record di incassi. Con la sua invasione di extraterrestri siamo, appunto, nel genere «emozioni forti», non consumabile in salotto davanti al televisore. Altri film annunciati sono nella sua scia: la vicenda spaziale a cui intende dedicarsi Paul Verhoeven, la storia del «Titanic» ricostruita da James Cameron, un paio di film su vulcani che esplodono e quel «Big Impact» di Steven Spielberg che racconta la collisione tra la Terra e un asteroide. Questo genere di film avrà sempre più bisogno di metodi di ripresa e di proiezione ultratecnologici: spariranno le sale cinematografiche a cui siamo abituati - poco più di un lenzuolo e qualche fila di sedie - e si diffonderanno sale attrezzate per effetti speciali visivi e sonori, dove lo spettatore starà semisdraiato e si immergerà nell'azione dimenticando la realtà da cui viene e dove ritornerà alla riaccensione delle luci. Come già avviene, ad esempio, a Bruxelles con Kinepolis: una trentina di sale avveniristiche in un solo blocco vicino all'Atomium, di fianco allo stadio Heysel. Una tecnologia che prefigura il cinema del 2000 è quella canadese marchiata Imax, che ha trovato inizialmente applicazioni scientifiche (per esempio per riprese nello spazio fatte da astronauti). In questo sistema, la pellicola ha fotogrammi di 70 millimetri a 15 fori, con una superficie dieci volte maggiore rispetto ai film a cui siamo abituati, e scorre non verticalmente ma orizzontalmente. L'otturatore trasmette il 68 per cento della luce, cioè un terzo più dei proiettori convenzionali, e il sonoro ha sei sorgenti a piste indipendenti, 4 vicine allo schermo e 2 nell'ambiente. La sala di proiezione ha di solito 400 posti, con poltrone disposte a gradinata davanti a uno schermo che misura 20 per 25 metri. Ma esistono diverse varianti. C'è Omnimax, un Imax a effetto tridimensionale, con schermo semisferico dal raggio di 24 metri, e c'è Magic Carpet, che ha in più uno schermo sotto gli spettatori. Eppure neppure la tecnologia Imax è una novità: i primi esperimenti si fanno a Toronto nel 1967, la prima proiezione avviene in Giappone nel 1970. Sul fronte domestico, avremo schermi piatti a cristalli liquidi, con misura diagonale da 36 a 72 pollici (90-180 centimetri) a seconda delle dimensioni del salotto. La fibra ottica che sostituirà l'attuale doppino di rame telefonico pomperà nelle nostre case decine di canali televisivi e, a richiesta, potremo assistere a ogni genere di film tra quelli che non esigono tecnologie da sala di proiezione. Quando? «Entro dieci anni», risponde Rupert Gavin, direttore del settore multimedia della British Telecom. E aggiunge, quasi minaccioso: «E' una evoluzione inevitabile». Piero Bianucci




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