TUTTOSCIENZE 25 settembre 96


TRASPORTI Treni da 500 km all'ora Battono in ecologia aerei e camion
AUTORE: PANAGIN ROMANO
ARGOMENTI: TRASPORTI, FERROVIARI, ECOLOGIA
ORGANIZZAZIONI: FS FERROVIE SPA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, ROMA
NOTE: Treni ad alta velocità

IL ciclone giudiziario sta travolgendo le ferrovie italiane, e tra le conseguenze dello scandalo avremo forse anche l'ennesimo ritardo nell'adeguamento del nostro antiquato sistema ferroviario alle esigenze di un Paese avanzato e civile, con una rete ad alta velocità. Il primo treno ad alta velocità (220 km/h) nasce in Giappone già nel 1964. I francesi incominciano nel 1981 con il Tgv che collega Lione a Parigi (426 km) in due ore con velocità massime di 270 km/h, per giungere ai tempi nostri con il Tgv Atlantic progettato per una velocità massima di 300 km/h. La sicurezza del mezzo ferroviario è provata da un piccolo convoglio Tgv che ha già raggiunto i 515,3 km/h. Se queste sono le realtà affermate, altre sono in fase di sviluppo in vari Paesi, anche se spesso si dispone dei veicoli, ma non delle linee per utilizzarli, dati gli elevati tempi e costi di costruzione. Ad esempio, si pensi che per fermare un convoglio dalla velocità di 250 km/h sono necessari circa 5,2 km e quindi si deve disporre di una segnaletica a bordo e a terra che assicuri che non vi siano altri treni che lo precedono per una distanza equivalente; in caso contrario è necessario ridurre la velocità. In Italia la velocità dei treni attuali è di 100 km/h, domani con velocità di 300 km/h il triangolo industriale Milano-Torino- Genova potrebbe trasformare queste città l'una nella periferia dell'altra, in quanto raggiungibili in 30-40 minuti. Città turistiche, come Venezia, Firenze, Roma, potranno essere collegate in due ore. Quando si parla di alta velocità ferroviaria, spesso ci si sofferma su questi dati d'effetto, trascurando una serie di considerazioni di tipo energetico, economico e ambientale che hanno un costo positivo o negativo. Da una valutazione generale è evidente che aumentando la velocità dei treni aumenta l'energia spesa, il costo in investimenti per le linee e per i veicoli e i costi ambientali, ma una tale operazione ha conseguenze nei trasporti da valutare nella loro globalità. L'energia spesa aumenta per il trasporto ferroviario passeggeri ad alta velocità ma parallelamente diminuisce il costo energetico per il trasferimento del trasporto merci dalla strada alle linee ferroviarie attuali e per il trasferimento di parte del trasporto passeggeri dall'aereo alla ferrovia. I costi di investimento per le linee e i veicoli ad alta velocità aumentano, ma diminuiscono i costi di investimento e di manutenzione delle autostrade e dei veicoli merci stradali, il costo di investimento e manutenzione per un minor numero di aerei e i costi sociali e materiali per un minor numero di incidenti stradali. I costi ambientali aumentano per l'inquinamento acustico, ma diminuisce l'inquinamento acustico degli aerei e l'inquinamento chimico delle strade. I veicoli ferroviari per alta velocità hanno attualmente un raggio operativo competitivo con l'aereo di 600- 700 km, a pari tempo di percorso e carico utile trasportato. Vediamo quali sono i risvolti energetici nel contesto dei vari modi di trasporto. Un percorso tipico di 600 km è Milano-Roma, dove attualmente i treni Intercity impiegano circa 6 ore a una velocità media di circa 100 km/h, con punte di velocità massima di 160 km/h. Su questo percorso consideriamo i consumi energetici annui, che si avrebbero nella centrale termoelettrica, tenendo conto di un traffico giornaliero di 35 treni per ciascun senso di marcia. Sempre in questa ottica, consideriamo dei treni veloci che a pari carico utile, trasportino i passeggeri a una velocità commerciale di 200 km/h e con punte massime di 260 km/h. Nel primo caso si ha un consumo annuo di 135.000 Tep (tonnellate equivalenti di petrolio), nel secondo, per i diminuiti pesi e la migliore aerodinamica del veicolo, si ha un consumo annuo di 144.000 Tep, quindi con una variazione di appena 9000 Tep. Se si immagina un grattacielo con una base di 40 X 30 metri nel primo caso si avrebbe un consumo pari a 37 piani (3 metri per piano) mentre nel secondo si avrebbero 40 piani. L'utilizzo dei rotabili veloci sulle nuove linee, porta a liberare le linee tradizionali, che possono essere utilizzate per il trasporto merci; i maggiori consumi dovuti alla alta velocità possono essere ricuperati se si trasferisce sulle linee ferroviarie tradizionali l'80% del traffico merci stradale. A pari carico utile trasportato, grande è la differenza di resistenza all'avanzamento tra un camion che trasporti 28 tonnellate di carico utile e un treno per il trasporto di una uguale quantità di merci. Il camion, oltre ad avere maggiori resistenze di rotolamento, pari a circa 7 volte le resistenze di un vagone su rotaia, deve superare pendenze di strada dell'ordine di un metro su 100 metri di percorso, mentre il treno ha pendenze di linea minori, circa un metro su 1000 metri di percorso. Da questo confronto risulta, che alla velocità di 60 km/h, gli autoarticolati consumano in più 300.000 Tep all'anno. Facendo sempre riferimento ai consumi rappresentati dal grattacielo, si avrebbe un ricupero di ben 8 piani. Riducendo i tempi di percorso, sulla tratta Milano-Roma, il treno diventa concorrenziale con l'aereo: se si suppone di sostituire 9 Airbus che trasportano 200 X 9 = 1800 passeggeri, con 3 treni che trasportano un carico utile equivalente (600 X 3 = 1800 passeggeri) per ciascuna giornata, si avrà un risparmio di 14.000 Tep in un anno, equivalenti a 4 piani del nostro grattacielo. In definitiva, con il trasporto ferroviario veloce, si avrebbe un incremento annuo di consumo pari a 9000 Tep, con un risparmio nel trasporto merci di 30.000 Tep e nel trasporto aereo di 14.000 Tep, con una differenza utile di 35.000 Tep, pari nel nostro ipotetico grattacielo a 9 piani. Nel sistema Italia, è prevista la costruzione di 1300 km di linee ad alta velocità, che dovrebbero collegare l'Ovest all'Est del Paese nell'Italia settentrionale, ed il Nord con il Sud dell'Italia centrale e meridionale. Queste linee collegheranno gli aggregati urbani su cui si concentra il 30% della popolazione del Paese (circa 16 milioni di persone) e i nodi portuali e aeroportuali più importanti. Data la struttura geografica e ambientale dell'Italia è pensabile che di questi 1300 km di linee ad alta velocità, circa il 10% abbia un costo per km equivalente a quello delle linee con un numero elevato d'opere ingegneristiche per l'attraversamento di zone montagnose o collinari, il 20% abbisogni di linee con opere di difesa ambientale in prossimità di centri urbani e il 70% di linee libere semiprotette di campagna, per cui è necessario prevedere un costo complessivo per la costruzione delle linee di circa 24.000 miliardi. Questa cifra dovrà essere ammortizzata in un periodo di circa 20 anni. L'utilizzo delle nuove linee prevede la costruzione di circa 100 convogli ad alta velocità, con un costo totale di 4500 miliardi anch'essi ammortizzabili in venti anni, poiché le elevate sollecitazioni a cui tali veicoli saranno sottoposti ridurranno gli attuali 30 anni di vita. In compenso si ridurrà la manutenzione delle autostrade: un autoarticolato del peso a carico di 40 tonnellate alla velocità di 80 km/h, sollecita il manto stradale 4 volte in più di un'auto di 1 tonnellata che viaggi alla velocità di 130 km/h; infatti su una ruota di un autoarticolato gravano 3 tonnellate contro le 0,25 di un'auto. Pur con la maggior velocità dell'auto, se attualmente il manto stradale viene sostituito ogni anno, in seguito potrà essere rifatto ogni 4 anni. Rimane da valutare l'incidenza del costo sull'ambiente. Abbiamo detto che aumentando la velocità aumenta la rumorosità e da questi rilievi sperimentali ne abbiamo la prova, a 300 km/h si ha un rumore di 105 dB(A), vicino alla soglia del dolore. Per contenere il rumore si può agire sul veicolo e sulla linea; il veicolo può avere una minore resistenza aerodinamica e di rotolamento, che sono le due principali sorgenti del rumore. A causa della resistenza aerodinamica, attualmente, il rumore che si produce a 350 km/h è superiore di 2,5 volte al rumore a 300 km/h (a partire dai 300 km/h il rumore aumenta con la sesta potenza della velocità). Una seconda soluzione è quella di contenere il rumore al suo sorgere, con opportuni schermi protettivi montati sul veicolo nelle zone di generazione, come il contatto ruota-rotaia e in corrispondenza ai freni. Comunque, un limitato incremento del rumore è compensato dal diminuito inquinamento acustico degli aerei. Ma ancora più importante è il minor inquinamento termo-chimico per la riduzione di 35.000 Tep all'anno nei consumi di combustibile. Romano Panagin


Un metrò leggerissimo In sopraelevata lungo il Tevere
Autore: R_PAN

ARGOMENTI: TRASPORTI, FERROVIARI, COMUNE, PROGETTO
NOMI: AMATI ALFREDO, DI PIETRO MASSIMO
ORGANIZZAZIONI: METRO' TEVERE, ICOREP
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, ROMA
TABELLE: C. Il percorso di Metro Tevere

GLI architetti Alfredo Amati e Massimo Di Pietro hanno progettato un originale trasporto metropolitano leggero per la città di Roma: Metrò Tevere. La linea percorre lateralmente l'alveo del Tevere, da ponte Marconi a ponte Duca d'Aosta; sul percorso di 10,5 km si trovano 18 fermate intermedie, circa ogni 500-600 metri, in modo da favorire l'accesso all'intero centro storico. La metropolitana è del tipo monorotaia sospesa, non prevede perforazioni o scavi sotterranei, che interferirebbero con la presenza di resti archeologici nel sottosuolo, mentre i lavori possono svolgersi in un'area non interessata dal traffico su strada, senza creare intralci. I vagoni sospesi, di piccole dimensioni e con ampie finestre, trasportano 50 passeggeri alla velocità di 31 km/h. I moduli di trasporto (navette) previsti sono 54, con 12 posti seduti più 38 in piedi. Distanza media tra i moduli di trasporto: 400 metri; tempo medio di attesa alle fermate: 60 secondi; tempo medio di fermata: 13 secondi; tempo totale di percorso: 20 minuti. Il concetto progettuale dei veicoli sospesi tipo Safege è variato, poiché questi vagoni hanno dimensioni e velocità maggiori, utili al collegamento di centri abitati con gli aeroporti. L'alimentazione elettrica dei motori permette un funzionamento privo di emissioni inquinanti e con una notevole silenziosità, cui contribuisce la posizione ribassata rispetto alla strada. La capacità della linea è di 8000 persone all'ora e permette di aumentare di circa un terzo, la capacità di trasporto della capitale, che attualmente è di 25. 000 persone all'ora. Metrò Tevere collegherebbe il centro storico ad altri quartieri, con evidenti benefici in termini di costi e tempi di realizzo, senza rischi per le strutture di fondazione urbane esistenti. Per una linea di 10,5 chilometri la spesa prevista è di soli 300 miliardi, contro i 1300 miliardi previsti per i 6,5 chilometri di metrò pesante (sotterraneo), in corso di costruzione sempre a Roma. «Un progetto semplice ed economico - spiega l'architetto Di Pietro - una specie di ascensore orizzontale, con una messa in opera rapida, che può essere proposto per ogni città attraversata da un fiume». I tempi di realizzazione, secondo i progettisti, sono: 4 mesi per l'attivazione del progetto, sei mesi per la progettazione esecutiva, 24 per la costruzione, tre mesi per la messa a punto. Totale 37 mesi. Cioè in tempo per il Giubileo. Il progetto è stato presentato a luglio all'amministrazione capitolina che si è dichiarata interessata e favorevole, chiedendo però un'indagine sulla domanda di traffico. L'indagine è stata affidata alla Icorep di Roma e i risultati saranno resi noti a fine settembre. «I primi dati - dice l'architetto Amati - appaiono decisamente positivi e saranno presentati all'aministrazione comunale a ottobre insieme agli aspetti di project-financing per la realizzazione e gestione della linea». (r. pan.)


ESPERIMENTO A PISA L'ultimo test per Einstein Così si cattura un'onda gravitazionale
Autore: CAGNOTTI MARCO

ARGOMENTI: FISICA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, PISA (PI)
TABELLE: D. Le caratteristiche dell'esperimento Virgo

SUPPONIAMO che alcune decine di milioni di anni fa una supernova sia esplosa in una galassia dell'ammasso della Vergine e che i nostri telescopi ancora non l'abbiano osservata perché in questo momento la sua luce è ancora in viaggio verso di noi. Insieme alla radiazione elettromagnetica, e alla stessa velocità, si propagano le onde gravitazionali, vibrazioni nel tessuto dello spazio-tempo generate da grandi masse sottoposte a forti accelerazioni. Sappiamo che devono esserci, perché sono una conseguenza teorica della Relatività generale di Einstein e perché sono stati osservati i loro effetti indiretti: tre sistemi binari contenenti una pulsar mostrano variazioni nel periodo di rotazione perfettamente coerenti con l'ipotesi di una loro emissione di onde gravitazionali. Purtroppo nessun esperimento per provarne direttamente l'esistenza ha ancora avuto successo. Ma la comunità scientifica non demorde: un nuovo strumento straordinariamente sensibile è in preparazione nelle campagne intorno a Pisa. Le onde gravitazionali inducono movimenti nelle masse, ma l'effetto è impercettibile. Due corpi, posti uno sulla Terra e l'altro sulla stella più vicina (a circa 4 anni-luce), a causa dell'arrivo di un'onda gravitazionale si sposterebbero di una distanza inferiore allo spessore di un capello. Se invece fossero distanti solo qualche chilometro, la variazione sarebbe inferiore a un miliardesimo del diametro di un atomo. Per rilevare un effetto così piccolo, una delle tecniche più promettenti è quella interferometrica. Per mezzo di uno specchio semiriflettente un fascio laser è separato in due parti, che percorrono i bracci di una grande «L» in fondo ai quali sono riflesse da due specchi che fungono così da masse di prova. I fasci riflessi tornano indietro e sono nuovamente riuniti. Una variazione delle figure di interferenza sarebbe la prova di un cambiamento nella distanza fra gli specchi, e quindi dell'arrivo di un'onda gravitazionale. Ovviamente lo strumento dovrebbe poter distinguere fra un segnale vero e proprio e la grande quantità di rumore di fondo di origine terrestre, dal treno che passa poco distante ai movimenti dei ricercatori nella sala di controllo. «Virgo» è il nome dell'interferometro che fra qualche anno comincerà a funzionare in Toscana, frutto di una collaborazione italo-francese. Vi prendono parte fisici dell'Infn (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), dei Laboratori Nazionali di Fisica di Frascati e delle Università di Napoli, Perugia, Pisa e Roma I, mentre nel gruppo francese vi sono ricercatori dei laboratori del Cnrs (Conseil National de la Recherche Scientifique). I bracci saranno lunghi 3 chilometri, ma la riflessione ripetuta del fascio laser sugli specchi al loro interno porterà la lunghezza effettiva a 120 chilometri. Per isolare tutte le superfici riflettenti da ogni influenza esterna che provochi segnali spuri, gli specchi saranno appesi a una serie di pendoli disposti «in cascata», che smorzino le vibrazioni provocate dal rumore di fondo, e posti all'interno di torri alte 10 metri. Nei tubi che formano i bracci e nelle torri verrà fatto il vuoto, perché fluttuazioni nell'indice di rifrazione dell'aria causerebbero delle apparenti variazioni di distanza. Speciale cura verrà posta anche nella ricerca della stabilità in intensità e in frequenza del laser. La sensibilità finale, determinata dallo smorzamento delle vibrazioni spurie, sarà compresa fra 10 Hz e 10 kHz, ma Virgo è stato progettato in funzione di un'ulteriore diminuzione della frequenza-limite. Oltre alle supernovae, di cui potremo rivelare le onde gravitazionali generate fino alla distanza dell'ammasso della Vergine (65 milioni di anni-luce), sorgenti molto promettenti dovrebbero essere gli scontri fra i componenti di sistemi binari di stelle di neutroni. Purtroppo le stime sul loro numero sono molto imprecise: non dovrebbero superare la ventina di eventi all'anno. La rivelazione di un'onda così prodotta, riconoscibile per la forma caratteristica del segnale, consentirebbe precise verifiche della Relatività generale. Oppure, ma questa è una semplice ipotesi, si potrebbe osservare simultaneamente all'onda gravitazionale un «lampo gamma» e spiegare quindi l'origine di questi misteriosi e frequenti eventi astrofisici. «Virgo» potrà osservare anche le onde gravitazionali emesse dalle pulsar. In questo caso però il segnale sarà così debole che per rilevarlo sarà necessario mediare sulle misure di un anno intero. Infine, si spera di riuscire a rivelare il fondo di onde primordiali, originatesi nel Big Bang, analogo alla radiazione di fondo a 3 gradi Kelvin. Per ottenere questo risultato, tuttavia, sarà necessario attendere che diventino operativi anche gli interferometri del progetto «Ligo», attualmente in via di realizzazione negli Stati Uniti, e che possano così essere fatte correlazioni fra le misure prese da più rivelatori contemporaneamente. Nel 1998 «Virgo» verrà messo in funzione con bracci di soli 6 metri e servirà per i primi test sulle apparecchiature. Lo strumento finale sarà pronto nel 2000. Come negli ultimi decenni gli astrofisici hanno esteso il proprio ambito di osservazione al di fuori della banda visibile, e si sono sviluppate così l'astronomia radio, infrarossa, ultravioletta, X e gamma, così i primi anni del prossimo millennio vedranno la nascita dell'astronomia gravitazionale. E se arriverà la radiazione elettromagnetica proveniente da una supernova esplosa milioni di anni fa, i fisici saranno pronti per osservare insieme ad essa anche le onde gravitazionali che la accompagnano e che Einstein aveva previsto già nel 1916. Marco Cagnotti


A Roma Un convegno in onore di Bruno Bertotti
Autore: M_C

ARGOMENTI: FISICA, CONGRESSO
NOMI: BERTOTI BRUNO
ORGANIZZAZIONI: SOCIETA' ITALIANA DI RELATIVITA' GENERALE E FISICA DELLA GRAVITAZIONE, RADIO SCIENCE TEAM
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, ROMA

IL primo giorno del XII congresso della Società italiana di relatività generale e fisica della gravitazione - in corso a Roma da lunedì e che si concluderà venerdì 27 settembre all'Istituto superiore di Sanità - ha visto um simposio dedicato a Bruno Bertotti. Nato a Mantova nel 1930 e laureatosi a Pavia prima in matematica e poi in fisica, Bertotti ha avuto modo di lavorare sui più avvincenti temi della fisica e dell'astrofisica della seconda metà di questo secolo, ottenendo anche risultati che portano il suo nome (soluzione di Bertotti-Robinson delle equazioni di Einstein). Attento alla cultura umanistica, ha compiuto ricerche in storia della fisica e curato la traduzione di alcuni testi e di un epistolario di carattere filosofico di Schrodinger, del quale è stato allievo. Dal 1971 insegna presso l'Università di Pavia, dove attualmente è professore ordinario di astrofisica. Attualmente Bertotti si interessa alla fisica spaziale e alla rivelazione delle onde gravitazionali. Dopo essersi occupato di esperimenti eseguiti con la sonda «Ulisse», è ora membro del Radio Science Team della missione «Cassini» diretta verso Saturno, che dovrebbe partire nell'ottobre del 1997. I tre esperimenti con «Cassini» si svolgeranno nei primi anni del prossimo secolo, e hanno il fine di rivelare onde gravitazionali di bassa frequenza (inferiori a 1 millihertz), presumibilmente emesse da oggetti astrofisici come i sistemi binari di buchi neri massicci. (m. c.)


«GEMINI» Emergenze: 12 progetti per l'Europa
Autore: FERRANTE ANNALINA

ARGOMENTI: TECNOLOGIA, PROGETTO
NOMI: MARGOTTINI CLAUDIO
ORGANIZZAZIONI: PROGETTO GEMINI, G7 INFORMATION SOCIETY, ALENIA, IBM, TELCOM, ENEA, CNR, ANPA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, ROMA

UNA banca dati e una rete di comunicazione globale che permetta di gestire al meglio le emergenze in caso di calamità naturali, tecnologiche, biologiche e sociali con un agile scambio di informazioni a livello internazionale. Questa, in sintesi, la sostanza del progetto Gemini - da Global Emergency Management Information Network Initiative - parto della G7 Information Society, la Società dell'informazione nata nel 1994 al summit economico dei G7 a Napoli. Sull'onda della rivoluzione telematica inaugurata da Internet, la G7 Information Society si è posta l'obiettivo di sfruttare le enormi potenzialità emergenti in questo settore per sviluppare una rete informativa mondiale. Il primo passo risale al febbraio del '95, a Bruxelles, dove nel corso della I Conferenza di organizzazione viene approvato il progetto Gemini che, tra i vari progetti presentati, contiene un tema ritenuto di grande importanza: migliorare la conoscenza delle dinamiche ambientali e dei rischi relativi, e quindi la gestione delle risposte alle emergenze. Oggi aderiscono a questa iniziativa Stati Uniti, Canada, Italia, Francia, Germania e Inghilterra. Il nostro Paese partecipa con 12 progetti, che verranno ammessi alla commissione internazionale G7 dopo il parere favorevole di una commissione nazionale e la supervisione del ministero degli Esteri e della Protezione Civile. Nei progetti, presentati a Roma al III Workshop Internazionale G7 Information Society, sono coinvolti una parte sostanziosa del settore industriale italiano e diversi enti di ricerca tra cui Alenia, Ibm, Telecom, Enea, Cnr, Anpa. L'offerta riguarda complessivamente banche dati, conoscenze tecnologiche, informazioni sullo stato ambientale e sui rischi, monitoraggi. Non manca una libreria elettronica di documenti storici riguardanti la sismicità dell'area euro-mediterranea. Comune denominatore, l'uso di tecnologie informatiche tipo Internet e una novità: l'autofinanziamento. A questo proposito, precisa Claudio Margottini, «non vengono fornite credenziali a priori: i progetti presentati devono dimostrare la loro utilità per il Paese attraverso un finanziamento già approvato». In altre parole, il progetto è affidabile se chi lo presenta dimostra di avere già un cliente. Un progetto del genere può favorire lo sviluppo di nuovi sistemi tecnologici, migliorare il coordinamento delle iniziative internazionali in caso di calamità, favorire il trasferimento di tecnologie utili nei Paesi in via di sviluppo, creare opportunità di occupazione. Ma siamo solo agli inizi, frenano i responsabili, impossibile fare previsioni. Per ora i progetti pilota riguardano alcuni Paesi industrializzati, ma una cosa è certa: favorire il processo conoscitivo in questo campo permetterà, grazie alle esperienze maturate dalle singole nazioni, la prevenzione delle calamità. Annalina Ferrante


ASTRONOMIA Venerdì scompare la Luna E Saturno spierà da vicino l'eclisse totale
Autore: BIANUCCI PIERO

ARGOMENTI: ASTRONOMIA
NOMI: AGUIRRE EDWIN, FORESTA MARTIN FRANCO
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. I tempi e la direzione del passaggio della Luna nell'ombra proiettata dalla Terra

NELLA notte tra il 26 e il 27 settembre la Luna piena scomparirà completamente nell'ombra proiettata dalla Terra e il fenomeno dell'eclisse totale, sempre suggestivo, avverrà nelle immediate vicinanze di Saturno, sullo sfondo della costellazione dei Pesci. La Luna sarà completamente immersa nell'ombra alle 4,20, mezz'ora dopo toccherà la fase di massimo oscuramento e alle 5,29 inizierà l'uscita dall'ombra. L'eclisse sarà osservabile da tutta l'Europa. La congiunzione con Saturno - il pianeta sarà a 2,5 gradi dal nostro satellite eclissato - è abbastanza insolita. Per ritrovare una situazione simile bisogna risalire al 10 maggio 1808 e al 13 settembre 1848, mentre in futuro si ripeterà il 21 febbraio 2008 e, lo scriviamo per i più ottimisti, il 17 giugno 2076. Curiosamente, quest'anno si è già avuta una eclisse totale di Luna tra il 3 e 4 aprile e anche allora vi fu una congiunzione, ma con Spica, la stella più luminosa della Vergine, evento che si ripeterà nel 2014. Neppure in piena eclisse totale la Luna scompare completamente perché rimane sempre un residuo di luce diffusa dall'atmosfera della Terra che rende il cono d'ombra del nostro pianeta non perfettamente buio. La fioca luce residua generalmente è di un rossastro tendente al ruggine, ma la colorazione può cambiare notevolmente da un'eclisse all'altra a seconda del periodo dell'anno e delle condizioni dell'atmosfera terrestre: il pulviscolo immesso in alta quota da grandi eruzioni vulcaniche influisce sulla maggiore o minore oscurità e sul colore della Luna eclissata. Nell'eclisse dello scorso aprile la colorazione è stata arancio-rossastra e l'oscuramento intermedio, indizio di un'atmosfera abbastanza libera da particelle di polvere. Nel '92 e '93, invece, l'oscuramento fu maggiore e il colore rosso-marrone a causa dell'eruzione del Pinatubo nelle isole Filippine. Si può pensare di ricavare dalle eclissi di Luna informazioni su cambiamenti indotti dall'uomo nell'atmosfera terrestre come la diminuzione dell'ozono stratosferico e l'aumento di anidride carbonica? L'idea è stata proposta da Edwin L. Aguirre su «Sky and Telescope» di questo mese, e prima ancora in Italia dall'astrofilo Franco Foresta Martin. In effetti l'ozono stratosferico assorbe la luce rossa, mentre la bassa atmosfera assorbe quella azzurra, e quindi variazioni della quantità di ozono dovrebbero influire sulla colorazione dell'orlo dell'ombra terrestre che invade la Luna. Le eclissi potrebbero quindi diventare un test sulla salute della nostra atmosfera. Piero Bianucci


UNA MOSTRA A GINEVRA Atomi alleati della salute Per i tumori, anche in Italia un centro di adroterapia
Autore: QUAGLIA GIANFRANCO

ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, FISICA, MOSTRE
NOMI: KIENZLE WERNER, PASCOLINI ALESSANDRO, LAWRENCE ERNEST ORLANDO, BRANDUARDI ANGELO
ORGANIZZAZIONI: CERN, ISTITUTO NAZIONALE DI FISICA NUCLEARE, FONDAZIONE TERA, ISTITUTO SUPERIORE DI SANITA'
LUOGHI: ESTERO, EUROPA, SVIZZERA, GINEVRA

DALL'OTTO novembre 1895 alle soglie del 2000: un cammino di oltre cento anni, che va dalla scoperta dei raggi X (Wilhelm C. Roentgen) sino alle applicazioni più avanzate della radioterapia nella cura dei tumori. Il percorso è ricostruito, attraverso i momenti più significativi, in una mostra curata da Werner Kienzle e Alessandro Pascolini. Inaugurata al Cern di Ginevra con il titolo «Atomi per la salute», sarà itinerante e nei prossimi mesi toccherà molte città nel mondo. Il tragitto della terapia radiante ha sempre inseguito un obiettivo: centrare il tumore senza causare danni ai tessuti sani. In altre parole: colpire la cellula tumorale con millimetrica precisione, lasciando indenni i contorni. In questo senso un decisivo passo in avanti fu compiuto da Ernest Orlando Lawrence che realizzò il primo ciclotrone a Berkeley nel 1932 e sei anni più tardi la madre fu anche la prima paziente di cancro ad essere curata con irraggiamento di neutroni. Siamo ancora lontani dalle ultime tecniche, ma la strada è già stata tracciata. La mostra, con l'aiuto di pannelli e modelli di macchine irradianti, sottolinea soprattutto la connessione esistente tra le conoscenze in fisica e la biologia fondamentale, l'invenzione e la costruzione di nuovi strumenti e la possibilità di curare il tumore. Fino alla frontiera più avanzata e più recente, l'«adroterapia», sulla quale «Atomi per la salute» si sofferma con molti particolari, simulando le tecniche di cura, basate sull'uso di fasci di protoni, neutroni e ioni carbonio (particelle dette «adroni») in grado di penetrare con precisione millimetrica nei tessuti malati, evitando lesioni circostanti. In Italia il programma adroterapia sta per diventare realtà. Nato nell'ambito dell'Istituto nazionale di Fisica nucleare, si è sviluppato con la «Fondazione Tera» (sede a Novara) presieduta dal professor Ugo Amaldi. Un consorzio pubblico-privato costruirà il centro nazionale di adroterapia oncologica a Milano (85 miliardi). Nell'ambito del secondo simposio internazionale sui progressi adroterapici, che si è tenuto al Cern di Ginevra, è stato anche annunciato che l'Istituto superiore di Sanità realizzerà presso l'Istituto tumori Regina Elena di Roma il primo acceleratore compatto italiano per la terapia dei tumori con i protoni. Il progetto «adroterapia» in Italia ha trovato anche un testimonial: il cantautore Angelo Branduardi, che nei prossimi mesi sarà protagonista di iniziative culturali e musicali, fra cui un video sulle nuove tecniche di cura. Gianfranco Quaglia


CRONOBIOLOGIA E ORA LEGALE La luce è buonumore Il tempo influisce sui ritmi vitali
Autore: BENSO LODOVICO

ARGOMENTI: BIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. Le fasi del sonno

IN ottobre e in marzo si arretrano o si avanzano gli orologi nell'alternanza tra ora legale e ora solare. Nel semestre a cavallo dell'inverno l'orologio, e quindi il ritmo della giornata, segue l'andamento del Sole, mentre nel semestre a cavallo dell'estate abbiamo a disposizione un'ora di luce in più. Questa scelta, che risale alla seconda metà degli Anni 70 e alla crisi petrolifera, fu dettata dall'esigenza di usare meglio le risorse energetiche. Essa, tuttavia, comporta importanti risvolti biologici e psicologici. Di recente i politici francesi si sono espressi per l'abolizione dell'ora legale con argomenti la cui validità pare discutibile: «I bioritmi dell'organismo dei bambini e degli anziani vengono alterati e quelli agricoli e dell'allevamento sono impazziti». In realtà, come stanno le cose? Gli studiosi di cronobiologia (la biologia vista in funzione del tempo) hanno dimostrato che i processi vitali animali e vegetali hanno un andamento oscillatorio nel tempo con periodicità diverse sovrapposte. Ciò significa che questi processi seguono cicli che si rinnovano in tempi brevi, i quali, a loro volta, si strutturano in cicli di livello superiore con periodo maggiore e così via. Per semplicità vengono distinti ritmi ultradiani, cioè con periodo più breve di un'intera giornata, come quello dei microsonni ultradiani, dei cicli dell'attenzione o della produzione di certi enzimi; ritmi circadiani (periodo di un giorno) come l'alternarsi di sonno e veglia o la produzione di certi ormoni (ormone della crescita e cortisolo), e ritmi con periodi maggiori di un giorno e di durata estremamente variabile, tra cui tipico è il ciclo mestruale femminile, con periodo medio vicino a un ciclo lunare. La cronobiologia dei processi vitali dipende dall'interazione tra un'organizzazione temporale intrinseca della materia vivente e del Dna in particolare - sviluppatasi attraverso millenni di evoluzione - e dei sincronizzatori ambientali come, per esempio, il ritmo luce/buio, l'orario del lavoro e dei pasti. I ritmi biologici sono regolati da complessi e non del tutto noti meccanismi neuroendocrini, nell'ambito dei quali la ghiandola epifisi con il suo ormone, la melatonina, ha un ruolo centrale. Molte condizioni legate alla nostra organizzazione sociale possono provocare uno squilibrio nella regolazione cronobiologica dei processi vitali, specie quando si modifica rapidamente qualche sincronizzatore esogeno, come avviene nel cambio del fuso orario durante i viaggi transoceanici o nei turni di lavoro notturno, in cui vengono alterati i sincronizzatori, a seconda dei casi, luce/buio, vita sociale, orario di lavoro. Quando i ritmi biologici vengono alterati si ha una condizione di stress cui l'organismo risponde principalmente con un'attivazione dell'asse ipotalamo-ACTH-surrene. Un lieve (giusto) grado di stress serve a mantenere elastici i meccanismi di adattamento (eustress: stress buono) mentre un grado eccessivo di stress (distress) è concausa di danni psicofisici, aumenta il rischio di incidenti o di errori e peggiora l'umore, componente fondamentale del benessere di ciascun individuo. Per adattarsi a uno stress occorre un tempo proporzionale all'entità e alla durata dello stress: nel caso del fuso orario è abitudine, peraltro ingenua, prevedere un giorno per ogni ora di differenza. Intenso è, per esempio, lo stress legato alle variazioni di 8 ore nei turni di lavoro: almeno in termini biologici sembrerebbe preferibile un regime di turni separati da intervalli piuttosto lunghi. Più nocive sono le inversioni complete, brevi e frequenti del ritmo sonno/veglia come nel caso di turni notturni settimanali e bisettimanali (medici, operai, militari) in cui si alterano i bioritmi e non si verifica l'adattamento. In questo caso, oltre a danni ai singoli individui, vi è una pericolosità sociale, per il rischio di errori professionali e di incidenti. Lo spostamento di un'ora di fuso orario, invece, come nel caso del cambio tra ora solare e ora legale, causa uno stress di lieve entità, cui ci si adatta facilmente senza danno per l'assetto cronobiologico di nessuno, neppure dei bambini, nei quali è forse più fragile, ma anche più flessibile, rispetto agli adulti. Forse, tuttavia, se ci si mette dal punto di vista del benessere degli individui e non del risparmio energetico, converrebbe, paradossalmente, invertire lo scambio tra ora solare e ora legale, applicando quest'ultima nel periodo invernale. Infatti, tenendo conto del fatto che l'umore viene influenzato positivamente dalle ore di luce disponibili e, negativamente, dalla precocità del buio serale, potrebbe sembrare più utile disporre di un'ora di luce in più in inverno, mentre prolungare fino alla sera avanzata la luce delle già lunghe giornate estive non comporta particolari vantaggi. Lodovico Benso Università di Torino


BIODIVERSITA' Mele perdute Una mostra itinerante
Autore: GIULIANO WALTER

ARGOMENTI: BIOLOGIA, BOTANICA, AMBIENTE, MOSTRE
ORGANIZZAZIONI: FAO, RISORSE GENETICHE VEGETALI, CNR
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, MANTA (CN)

E' una mostra che presenta oltre 200 varietà di mele e di pere locali; percorrerà molti centri della penisola. Per ora la collaborazione del Fondo Ambiente Italiano la porterà in autunno al castello di Avio, al Monastero di Torba, al castello di Manta (Cn). E' così che tutti potranno comprendere il concetto della biodiversità, indicato dalla Conferenza mondiale sull'ambiente di Rio de Janeiro come una delle più importanti sfide del prossimo millennio. A organizzare quest'opera di sensibilizzazione itinerante è l'associazione «Pomona», (nome di un'antica divinità protettrice di orti e giardini), che si propone di salvare le varietà coltivate in pericolo di estinzione. E' nata nel novembre del 1983 a Milano e tra i suoi scopi vi è quello di riportare sulle nostre tavole la frutta profumata, saporita e colorata che per secoli è stata coltivata nei vari ambienti della penisola e che nessuno sembra più avere interesse a coltivare e a vendere. Oggi nei supermercati le varietà di mele disponibili sono tre o quattro, spesso di produzione straniera. Provate a cercare varietà tipiche del nostro paese come Abbondanza, Annurca, Appia, Aranciata di Cox, Bella di Boskoop, Campanino, Casciana, Commercio, Decio, Della Rosa, Durello, Fior d'Acacia, Gambafina piatta, Lavina, Limoncella, Magnana, Ronsè, Rosa romana, Tonina: vi guarderanno quasi sempre con occhi stupiti accompagnando il no con lo scuotimento del capo. Lo stesso vale per tante varietà di albicocco, susino, ciliegio, fico, pero, pesco, vite da tavola. L'unica labile speranza è quella di poterle trovare in qualche mercatino, meglio se di provincia. Secondo la Fao, dall'inizio del secolo è andato perduto il 75% della diversità genetica delle produzioni agricole. Ciò significa che le nuove cultivar hanno soppiantato le vecchie varietà locali di frutta, cereali, ortaggi... Nel nostro Paese, in Toscana, nel 1700 esistevano, ad esempio, 116 varietà di arance e limoni, 10 di albicocche, 26 di pesche, 66 di ciliegie, 30 di fichi, 53 di mele, 109 di pere, 75 di susine e 75 di uva. Già un secolo dopo erano 200 di meno. Oggi la situazione si è ulteriormente aggravata. Non si tratta solo di un interesse storico e culturale, un nostalgico sguardo verso il passato. Anche se questo aspetto non è secondario. Il valore di una varietà coltivata va infatti considerato alla stregua di un bene culturale che fa parte del paesaggio, della storia, delle tradizioni di un'area nella quale è stata selezionata attraverso secoli. Un elemento della cultura materiale del nostro Paese che va salvaguardato e protetto. Ma l'estinzione di varietà vegetali coltivate va evitato al pari di quelle selvatiche, giacché con esse si perde comunque una fetta importante di biodiversità. La perdita irreversibile di un patrimonio genetico botanico, mai più recuperabile, sottrae all'uomo un «campionario» di geni che possono essere utilmente impiegati dalla moderna ingegneria genetica. Tra di loro infatti si possono trovare fattori di resistenza naturali utilizzabili per il miglioramento delle attuali varietà in sostituzione a metodi di intervento chimico. Oppure scoprire principi attivi utili nell'industria farmaceutica per combattere malattie oggi considerate inguaribili. E' già accaduto. Può accadere ancora. La comunità scientifica internazionale è impegnata nella salvaguardia del patrimonio genetico sin dagli Anni 70. La Conferenza Mondiale sull'ambiente di Stoccolma 1972 presentò una specifica risoluzione con l'invito alla costituzione di banche del germoplasma. Più recentemente la Conferenza mondiale di Rio de Janeiro ha rilanciato e sancito l'importanza della conservazione del patrimonio biologico della Terra con la risoluzione sulla biodiversità. Per quanto riguarda il mondo vegetale la Fao ha costituito nel 1974 un apposito Comitato per le Risorse Genetiche Vegetali, l'Ibpgr (International Board of Plant Genetic resources) ora Ipgr (Institute for Plant Genetic Resources), allo scopo di promuovere una collaborazione su scala internazionale per la raccolta, la valutazione e la conservazione del germoplasma. In Europa uno specifico gruppo di ricerca, coordinato dal dottor Watkins della Stazione di ricerca di East Malling, in Inghilterra, ove esiste la più grande collezione vivente di meli con oltre 3500 accessioni, ha avviato il progetto di «Inventario Europeo del Melo». Sinora sono oltre 15.000 le accessioni descritte sulla base di una metodologia unica concordata tra i 17 Paesi partecipanti. Per l'Italia opera dal 1980, nell'ambito del progetto Cnr «Difesa delle risorse genetiche delle specie legnose» coordinato dal professor Scaramuzzi dell'Università di Firenze, un gruppo di lavoro che si propone di reperire i genotipi locali su cui occorre intervenire per salvaguardarli negli ambienti originari di coltivazione oppure allestendo appositi campi di collezione se a rischio immediato di estinzione. Dunque qualcosa, sia nel pubblico che nel privato si sta muovendo. Tra i progetti di «Pomona» segnaliamo quello per il «Giardino degli antichi agrumi italiani» che sorgerà sulle rive del Lago a Limone sul Garda. Walter Giuliano


SCOPERTA NEL SALENTO Una rara spugna cavernicola Rarissime forme sottomarine di invertebrati primitivi
Autore: CARTELLI FEDERICO

ARGOMENTI: ZOOLOGIA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, CASTRO (LE)

UNA spugna marina, finora ignota, è stata rinvenuta nelle cavità sommerse della grotta «Zinzulusa», sulla costa del Basso Salento. Nel corso della campagna di ricerche ed esplorazioni in ambiente carsico «Speleosub '96» promossa dal Comune di Castro, nel cui territorio si trova la «Zinzulusa», sono state rilevate forme di vita fino ad oggi sconosciute. Sono organismi invertebrati primitivi, che assumono la sembianza di spugna. Scoperti e fotografati, si ritiene che nel loro genere siano unici al mondo. L'esistenza di questa specie di spugna è stata accertata soltanto in due altri luoghi, lontanissimi fra loro geograficamente: in alcune isole dell'arcipelago corallino delle Bahamas dell'Oceano Atlantico e lungo il Medio-Alto Adriatico della costa croata. La spugna troglobia (cioè sotterranea) è stata individuata dagli speleologi subacquei in un sito abbastanza distante e piuttosto impervio da raggiungere, dall'ingresso della grotta. Questo fa ritenere che il suo insediamento, nel punto in cui è stata scoperta, sia stabile e molto remoto; lo si farebbe risalire fra i 100- 150 mila anni fa. Ma è ancora prematuro per gli studiosi, dato il recente rinvenimento, ricavare informazioni scientifiche definitive dalla spugna marina della «Zinzulusa». Non è una novità la presenza di forme di vita rare in questa grotta salentina. Le sue cavità sommerse rappresentano l'habitat per rarissimi esemplari di fauna preistorica. Vi vivono due specie di minuscoli crostacei cavernicoli, decapodi e privi di organi visivi: la specie di dimensioni più sviluppate misura sette centimetri di lunghezza, l'altra non supera il centimetro. La scoperta della spugna troglobia è avvenuta in maniera del tutto imprevista. La campagna di esplorazione si prefiggeva la ricerca e l'individuazione di un passaggio sommerso, interno alla grotta, che ne provasse una maggiore estensione. In effetti è stato appurato che la grotta prosegue attraverso un lungo cunicolo in direzione Nord-Ovest per altri 110 metri completamente sommersi e caratterizzati da stalattiti e stalagmiti (l'habitat in cui vive la spugna marina) i quali vanno ad aggiungersi ai 150 metri emersi e percorribili. Questi ultimi già noti sono una minima parte rispetto all'estensione totale della grotta ancora da esplorare. Dalla cavità scoperta, si dipartono infatti altri quattro condotti sconosciuti. Federico Cartelli


RISONANZA MAGNETICA Quei bambini troppo agitati e disattenti Accertato un deficit in due aree dell'emisfero cerebrale destro
Autore: STRATA PIERGIORGIO

ARGOMENTI: PSICOLOGIA, MEDICINA E FISIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

TRA i più comuni disturbi psichiatrici dell'infanzia vi sono quelli che comportano una diminuzione del livello di attenzione associato a iperattività motoria e impulsività: vengono definiti «disturbi da deficit di attenzione e da com portamento dirompente» e interessano il 5 per cento dei bambini in età scolastica. Questi piccoli pazienti, in prevalenza maschi, sono circa la metà dei bambini psichiatrici. Per la diagnosi è necessario che il bambino manifesti impulsività, tendenza a distrarsi ed incapacità a controllare il comportamento in forma tale da interferire con il suo sviluppo sociale, intellettuale ed emozionale, sia a casa sia a scuola. Un tipico paziente in fase conclamata di solito è socievole, parla molto e tende a muoversi continuamente, ad esempio arrampicandosi su tutto ciò che può. All'asilo crea problemi ai coetanei e spesso viene emarginato o escluso. I disturbi si riducono in seguito a trattamento con farmaci adeguati. Un gruppo di ricercatori dell'Istituto Nazionale di Salute Mentale di Bethesda ha voluto vedere se si potevano localizzare alterazioni nel cervello di questi bambini e i risultati sono apparsi nel mese di luglio sulla rivista «Archives of General Psychiatry». Lo studio è stato effettuato su 57 bambini di sesso maschile affetti da questo disordine rispetto a 55 bambini normali. Le immagini sono state ottenute mediante una tecnica molto sofisticata e non invasiva detta Risonanza Magnetica Nucleare (Rmn). Con questa tecnica è possibile vedere su uno schermo sezioni del cervello dei soggetti in esame. Lo studio ha rivelato che i bambini portatori di questo disordine presentano nell'emisfero cerebrale di destra due zone di dimensioni ridotte. Una nella parte frontale e l'altra nei gangli della base. Queste due aree cerebrali sono importanti per dirigere l'attenzione verso qualcosa, per impedire la distrazione e per controllare certi comportamenti motori. Un deficit di queste aree determina pertanto un comportamento impulsivo. In altre parole il bambino agisce prima di avere valutato le conseguenze dei suoi atti. Lo studio verrà ora condotto sul sesso femminile. Questi bambini sono stati sottoposti ad altri esperimenti con la Rmn funzionale per valutare l'attività del cervello durante l'esecuzione di risposte motorie in seguito a scelte chieste dall'esaminatore. In pratica, il bambino vede comparire su uno schermo singole lettere dell'alfabeto e deve premere un pulsante, tranne che quando compare la lettera X. Nei bambini normali gli errori sono occasionali e le immagini del cervello rivelano che la non-risposta alla lettera X è accompagnata dall'attività di centri nervosi che inibiscono il movimento. I bambini affetti da questo disturbo compiono molti errori in quanto premono spesso il pulsante anche di fronte alla lettera X. Gli errori sono accompagnati dalla non-attivazione di queste aree inibitorie. I risultati indicano che in questi pazienti non funzionano bene i centri che inibiscono i programmi motori. Queste ricerche sono di fondamentale importanza non soltanto per aver identificato le aree cerebrali coinvolte in questo tipo di disturbi, ma perché aprono la possibilità di approfondire le ragioni di tali alterazioni e contribuire a migliorare le terapie. Piergiorgio Strata Università di Torino


MODEM OPERANDI. REGOLE DA RISPETTARE Il bon ton di Internet Sulla rete, ma da persone educate
Autore: CAGNOTTI MARCO

ARGOMENTI: ELETTRONICA, COMUNICAZIONI
ORGANIZZAZIONI: INTERNET
LUOGHI: ITALIA

L'IMPRESSIONE che gli altri si fanno di noi dipende dal nostro comportamento. La società ci fornisce una serie di prescrizioni da osservare, note come «buona educazione». La facilità di allacciare rapporti umani tramite Internet ha trasformato il cyberspazio in un vero e proprio contesto sociale, con regole e convenzioni che è opportuno conoscere. Negli ultimi mesi l'accesso massiccio di nuovi utenti digiuni delle regole di buona creanza diffuse nella Rete ha spesso reso non facile la vita nei newsgroup e nelle mailing- list. Al punto che sono diventati sempre più frequenti i casi di flame-war (scambi di messaggi pesanti e basse insinuazioni). Uno spettacolo davvero triste. Eppure le regole della «neti quette», o «galateo di Rete», sono poche e semplici. Basta essere cauti e pacati nelle proprie affermazioni, e motivarle sempre, evitando gli atteggiamenti arroganti. Bisogna anche ricordare che non tutti coloro a cui ci rivolgiamo condividono con noi educazione e cultura, e le stesse affermazioni che per uno sono lusinghiere, per un altro possono suonare come un insulto. E' bene quindi esercitare l'ironia con cautela, sottolineandola con l'uso degli smileys (le faccine che possono essere viste inclinando il capo, come:-)). State anche attenti a non infastidire con interventi fuori luogo o inutili i frequentatori abituali. Per esempio, prima di intervenire in una lista o in un gruppo di discussione, è buona norma consultare l'elenco delle FAQ (Frequently Asked Questions). Un comportamento che fa imbestialire gli utenti di Internet è l'uso improprio, a fini pubblicitari, di risorse destinate a scopi diversi (spamming). Un messaggio commerciale che compaia in una mailing-list o in un news group non dedicato alla pubblicità è considerato un grave abuso delle risorse. Comportamenti del genere possono essere pagati cari dall'intera comunità degli utenti. Alcuni mesi fa l'amministratore di un server tedesco aveva manifestato la propria disponibilità a ridistribuire dei messaggi di e-mail sui cellulari GSM. Un nostro connazionale ha approfittato dell'offerta bombardando migliaia di telefonini con un proprio messaggio pubblicitario. Risultato: gli utenti italiani sono stati esclusi dal servizio. Così per uno scriteriato, abbiamo pagato tutti. La contaminazione commerciale della Rete è ormai inevitabile. Si spera però che la tendenza sia verso una ricerca delle aziende da parte degli utenti, piuttosto che il contrario. Nessuno si scandalizza se un'industria si fa pubblicità nel Web, perché solo chi è interessato al suo sito va a visitarlo. Ma se la stessa industria approfitta di posta elettronica e gruppi di discussione per bombardare a tappeto migliaia di utenti con comunicati commerciali, il rischio è quello di una vera e propria sollevazione. A ragione: già la nostra buca per le lettere trabocca di cartaccia inutile, e non si vede per quale ragione anche la mailbox elettronica debba riempirsi di messaggi-spazzatura. Chi desiderasse una descrizione più approfondita della «netiquette» e dei motivi per i quali va osservata può consultare In ternet & Computing Italian FAQ di Vittorio Bertola (http://www.polito.it/~berto-la/icfaq/) e The Net: Guida per l'utente e Netiquette di Arlene Rinaldi (http://www. inferen tia.it/netiquette/). Per farsi due risate, si veda anche Il galareteo di Emily Post news (http://www.polito.i t/~bertola/faq/emily.htm), ricordando però che descrive tutto quello che assolutamente non si deve fare. Certo nessuno va in prigione per aver violato qualche regola di buona educazione. Ma la «netiquette» è molto semplice da osservare: basta un po' di buon senso, e la convivenza di migliaia di utenti diventa più piacevole e civile. Marco Cagnotti


MODEM OPERANDI Un segretario tutto chip «Personal assistant» o giocattolo?
Autore: MEZZACAPPA LUIGI

ARGOMENTI: ELETTRONICA, COMUNICAZIONI
LUOGHI: ITALIA

FIN da quando sono apparsi sulla ribalta alcuni anni fa, i PDA (Personal Digital Assistant) sono stati considerati come giocattoli ad alta tecnologia per eccentrici facoltosi. Alcuni esemplari di PDA hanno anche raggiunto discreti livelli di vendita trovando applicazione in mercati di nicchia interessanti, ma il mercato di massa, paradossalmente, sta ancora cercando la domanda corretta per questa risposta tecnologica. Oggi, però, si assiste a un nuovo fermento del settore e forse si stanno verificando alcune circostanze che potrebbero far riemergere il PDA dalla penombra in cui è vissuto in questi anni fino a trovare una nuova collocazione, a metà tra i costosi computer notebook e le agende elettroniche. I produttori stanno rapidamente adattando la loro offerta per far fronte all'era on-line e stanno trasformando i «vecchi» PDA in vere creature della rete. Quasi tutti ora prevedono applicazioni per la navigazione sul Web e per lo scambio di messaggi di posta elettronica; alcuni sono già pronti per la connessione alla rete cellulare digitale. I nomi in gioco sono molti: si va da Mainstream a General Magic con il suo «Magic-Cap communicator», a Motorola, Sony, Apple, Sharp per arrivare fino a Hewlett Packard. Se il PDA riuscirà nella sua impresa, sarà soprattutto per tre ragioni. La prima è legata all'aumento della domanda di dispositivi di comunicazione semplici e compatti. In un mondo che diventa sempre più e-mail e fax- centrico, il PDA è già attrezzato sia dal punto di vista dell'hard ware e del software dei sistemi operativi sia per quanto riguarda la versatilità di impiego, per entrare in contatto con chiunque, su collegamenti con o senza fili. La seconda: il PDA potrebbe essere in grado di soddisfare il vasto serbatoio di potenziali utenti che hanno resistito al computer fino ad oggi. Nella categoria dei «non convertiti» rientrano tutti quegli utenti che, nella loro vita professionale e privata, non hanno bisogno di un computer vero e proprio nè hanno intenzione di bruciare una seppur piccola somma di denaro per un personal desktop o un notebook. Jay Wright, presidente della omonima Società di software che progetta e realizza Sistemi Operativi per PDA, sostiene che esiste un esercito di professionisti con esigenze di mobilità che non si è ancora avvicinato al computer e non è candidato al computer portatile. Questi utenti usano ancora carta e penna e non vogliono passare al notebook a causa degli alti costi, della difficoltà di utilizzo o semplicemente per la loro scomodità. Il nuovo sistema operativo di Wright, che equipaggia il MessagePad della Apple, prevede l'accesso alle reti e ai dati aziendali senza ricorrere necessariamente al Pc. Terza ragione: anche Microsoft è ora in lizza. Era ormai da qualche tempo che si vociferava del nuovo Sistema Operativo per PDA di Microsft, la quale non fa segreto di puntare dritto al portafogli degli americani e, quindi, di tutti. Non c'è dubbio che un ingresso ufficiale di Microsoft in questo mercato legittimerebbe l'intera industria del settore regalando benefici a tutti, specie se, come pare, ilsoftware sarà destinato a diverse piattaforme hardware. Luigi Mezzacappa




La Stampa Sommario Registrazioni Tornén Maldobrìe Lia I3LGP Scrivi Inizio