TUTTOSCIENZE 22 luglio 98


IN BREVE Borse di studio "Idee per il futuro"
ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA, PREMIO
NOMI: CASAGRANDI RENATO, MEAK GUIDO
ORGANIZZAZIONI: ITALGAS
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA

Renato Casagrandi (Politecnico di Milano) e Guido Meak (Facoltà di economia dell'Università di Torino) sono i vincitori delle borse di studio "Idee per il futuro" dell'Italgas. La consegna il 23 ottobre a Torino in occasione del conferimento del Premio Italgas, giunto alla dodicesima edizione.


IN BREVE Con "Il Cielo" un cd-rom in dono
ARGOMENTI: ASTRONOMIA, EDITORIA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA

Il mensile di astronomia "Il Cielo" acclude al suo numero di luglio un cd-rom contenente filmati sulla Stazione spaziale, animazioni della sonda Galileo e un programma per progettare una meridiana.


IN BREVE Chimica e ambiente rapporto 1997
ARGOMENTI: ECOLOGIA
ORGANIZZAZIONI: FEDERCHIMICA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA

Federchimica ha presentato il quarto rapporto ambientale " Responsible Care": 1350 miliardi di investimenti nel 1997 (200 in più rispetto all'anno precedente), riduzione del 50 per cento degli incidenti sul lavoro negli ultimi otto anni e dimezzamento delle emissioni in acqua e aria. Al programma hanno contribuito 117 aziende.


SCAFFALE Della Sala Spada Agostino: "Nel 2073]", Ed. dell'Orso
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: TECNOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA

Vecchio di 125 anni ma ancora in anticipo di 75, il romanzo dell'avvocato astigiano Agostino Della Sala Spada "Nel 2073]", sottotitolo "Sogni di uno stravagante", è un esempio di come la tecnologia futuribile possa essere un buon pretesto per fare satira e costume. Fa notare Simonetta Satragni Petruzzi nel bel saggio introduttivo a questa riedizione anastatica, che in queste pagine del 1873 Della Sala Spada (Calliano 1842 - Moncalvo 1913) anticipa l'idea del fonografo, dell'allarme antifurto, della lavastoviglie e dell'automobile, mentre si dimostra ingenuo riguardo alle macchine volanti e sottostima enormemente la svalutazione della lira... Resta tuttavia il sogno di un futuro migliorato dal progresso scientifico: fiducia che vorremmo conservare anche noi. L'originalità del racconto fa perdonare certe lungaggini d'epoca. Piero Bianucci


IN BREVE Fisica in cd-rom con Ugo Amaldi
ARGOMENTI: FISICA, DIDATTICA, EDITORIA, ELETTRONICA
NOMI: AMALDI UGO
ORGANIZZAZIONI: ZANICHELLI
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA

"Fisica interattiva" è la versione multimediale dei corsi di fisica di Ugo Amaldi pubblicati dalla Zanichelli. I Cd-rom sono due, uno per lo studente e uno per l'insegnante. Il computer si trasforma grazie ad essi in un laboratorio virtuale, concepito con efficaci criteri didattici.


TELEMETRIA VIA SATELLITE Formula 1, la corsa che non vedete Ad ogni giro 250 parametri trasmessi per radio dall'auto ai box
Autore: GRASSIA LUIGI

ARGOMENTI: TECNOLOGIA, COMUNICAZIONI
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. Telemetria via satellite per la Formula 1

ANNO Duemila- e-rotti, circuito di... Le Formula 1 corrono come le macchinine della pista Policar, teleguidate da sotto l'asfalto attraverso un cavo a fibre ottiche. E Schumacher, Hakkinen...? Danno un'occhiata ogni tanto agli strumenti, ma in effetti fanno la parte dei criceti nella gabbietta. Vi piacerebbe una gara così? Niente paura, non la vedrete mai (benché una leggenda metropolitana voglia che la Williams abbia fatto girare in prova un prototipo che andava da solo). Perché i costruttori si rendono conto che al pubblico piace l'uomo protagonista al volante - e che rischi la pelle, per di più. Di conseguenza i regolamenti puntano a frenare, anziché promuovere, quell'invasione della tecnologia che gli toglie spazio. Però non è come dirlo. "Non possiamo regalare vantaggi alla concorrenza" spiega Giancarlo De Angelis, responsabile delle competizioni per la Magneti Marelli, che nutre di elettronica squadre come Ferrari, Minardi, Renault, Sauber. "E' indispensabile presidiare in permanenza quella frontiera mobile", e all'occasione farla anche avanzare un altro po'. Un bolide in gara sfreccia a più di 300 all'ora sul rettilineo davanti ai box. Il pubblico cattura solo un rombo e un lampo colorato che spariscono alla prossima curva, invece per il team che segue la macchina da bordo pista succede qualcosa di fondamentale. In un tempo che va da mezzo secondo a un massimo di due- tre, la scatolina che a bordo ha raccolto, per tutto il giro, i dati elettronici su 250 parametri (dalla temperatura dei gas di scarico alla torsione dello chassis) trasmette via radio a onde cortissime - 3,5 Ghz - il suo megabyte di informazioni verso il "muretto" dell'area box. Da qui, spiega Mauro Ieva di Computer Associates (responsabile del software di McLaren), "il segnale rimbalza con un impulso laser in direzione della scuderia, dove un interfaccia cambia i segnali in dati digitali su cui si può lavorare". Le Case più povere rinunciano a questa telemetria " puntuale" e si limitano a emissioni continue Uhf che convogliano un ridotto numero di informazioni, su una sessantina di parametri soltanto. Perché scaricare i dati tutti in una volta è meglio? Perché così è più difficile che siano intercettati da altri team o che subiscano interferenze dalla quantità di emissioni radio e tv che intasano le gare di Formula 1. "Fanno male alle trasmissioni persino gli alberi, specialmente se le foglie sono bagnate" dice ancora De Angelis di Magneti Marelli-Ferrari: "A Monza e Hockenheim, circuiti immersi nei boschi, quando piove sono guai per chi non ha le apparecchiature di telemetria migliori". Appena i dati arrivano ai computer si comincia a correre una gara virtuale dentro ai box, e per certe squadre come Ferrari e McLaren anche presso le case madri (perché affittando un canale via satellite si rilancia il tutto a Maranello o a Woking). "Ogni sensore manda i suoi dati in modo indipendente - spiega Roberto Dalla, responsabile del reparto elettronico Ferrari - dopodiché i computer li aggregano in modo intelligente, per confrontarli con una prestazione ideale, ed evidenziare ad esempio come la pressione sulle pinze dei freni in curva influenzi la velocità e suggerire così al pilota, via radio, come migliorare le prestazioni". Parametri più sofisticati potrebbero essere modificati in corsa con un impulso radio dai box, ma il regolamento lo vieta: "Fino al '93 si poteva - ricorda Ieva di CA/McLaren - Però se un pilota, per esempio, si trovava variati a sua insaputa il margine di oscillazione della sospensione oppure l'inclinazione dell'alettone rischiava di schiantarsi. Per cui adesso, se il computer lo suggerisce, si può cambiare l'assetto solo quando la macchina si ferma per il pit- stop". Un problema per gli ingegneri ai box è non essere sopraffatti dalla mole di dati. La McLaren utilizza un programma di Computer Associates particolarmente accessibile, Unicenter Tng (impiegato anche dalla Fiat nella gestione globale dei sistemi). "Fissati dei parametri di allerta è possibile muoversi in modo virtuale lungo la vettura - spiega Ieva - e quando si vede in corrispondenza di un elemento una spia (sempre virtuale) accesa, si può cliccare su quella zona e scoprire che cosa è fuori norma, così da individuare il guasto prima che si verifichi". La Ferrari dispone di un programma analogo. Quali le frontiere della telemetria? L'ingegner Dalla segnala per Ferrari, in questa stagione, l'avvenuto raddoppio della potenza delle centraline e per le prossime "lo sviluppo di nuove che resistano a condizioni sempre più esasperate, così da piazzarle persino dentro ai motori". Luigi Grassia


SCIENZE DELLA VITA NELLE CEVENNES Il Parco dei Lupi In memoria della Bestia di Gevaudan
Autore: BOSCOLO GIANNI

ARGOMENTI: ZOOLOGIA
NOMI: MENATORY GERARD
LUOGHI: ESTERO, EUROPA, FRANCIA
TABELLE: C. Parco del lupo del Gevaudan.

NEI luoghi dove si consumò un feroce scontro tra l'uomo e il lupo e nacque la mitica Bestia del Gevaudan, è sorto un parco faunistico con lo scopo di far rivedere all'uomo l'idea che, nei secoli, si è costruito del predatore. Si trova in Francia, sui contrafforti del Massiccio Centrale tra il parco nazionale delle Cevennes e quello regionale d'Auvergne. Un susseguirsi di monti ondulati tra i 1000 e i 1500 metri coperti di boschi di conifere, intervallati da pascoli. Sullo sfondo, Mont Lozere, che dà il nome a una delle zone selvagge della Francia: scarsa densità abitativa, villaggi e cittadine rarefatti, nessuna industria, zona povera, quindi, ma ricca di ambienti naturali, dove nei secoli scorsi il lupo viveva numeroso e con una pessima fama: la zona infatti fu afflitta da un flagello diventato leggendario, la "bete du Gevaudan". Proprio qui, 35 anni fa, Gerard Menatory iniziò un'avventura generosa, caparbia e utopica: riabilitare il lupo. Un sogno e una sfida. Oggi quel sogno è diventato un parco faunistico che ospita in alcuni recinti, su 35 ettari, un centinaio di lupi, della Mongolia, del Canada, della Polonia e della Siberia. Siamo a Ste-Lucie, a pochi chilometri da Marvbejol, cittadina nel cuore della regione dove si svolse il dramma della Bestia. La storia inizia il 1o luglio 1764 quando viene ritrovato il corpo semidivorato di una ragazza di quattordici anni. E' l'inizio della mattanza a cui i contadini disarmati non riescono a far fronte. Arrivano a cavallo ed armati i dragoni che esigono foraggio, vitto ed altri privilegi, arruolano a forza i contadini per battute che impegnano fino a tremila uomini, ma i risultati sono scarsi: vengono abbattuti alcuni lupi ma tra di essi la Bestia non c'è. A questo punto entrano in scena i cacciatori professionisti: in qualche settimana massacrano a colpi di fucile, spiedi, lancia, tagliole, decine di lupi ma manca sempre l'ormai mitica Bestia. Luigi XV manda allora il suo luogotenente alle cacce che finalmente uccide un lupo di notevoli dimensioni. Ufficialmente la Bestia è questa e Beauterne, il luogotenente, intasca il premio di 10 mila franchi. Ma non cessano gli attacchi e le vittime, finché un secondo lupo di enormi dimensioni cade colpito da Jean Chatel il 19 giugno 1767. Tre anni sanguinosi con un centinaio di morti, in prevalenza anziani, donne e bambini, diverse centinaia di lupi massacrati, mentre la Bestia entra nella leggenda. Qualcuno dirà che in realtà era una lince, altri un orso ed anche che Antoine Chatel, padre di Jean, dalla personalità malata avrebbe potuto addestrare bestie diverse per attacchi a donne e bambine. Nella ridda delle ipotesi tutto è possibile: dallo psicopatico ad alcuni esemplari di lupo, effettivamente di dimensioni straordinarie e mangiatori di uomini come molti erano diventati, in conseguenza della guerra di Successione austriaca e di quella dei Sette anni, con i relativi massacri. Com'è più probabile un po' tutte le cose assieme. Il parco si trova nel cuore di questa regione dove ancora i vecchi evocano le sanguinarie imprese della Bestia. Oggi Menatory ha passato il testimone alla figlia Anne, contagiata dall'amore per questa specie, anche se afferma sorridendo, che non intende " diventare monomaniaca". Si inizia dal museo dove video, fotografie, poster e vetrine introducono alla vita del lupo, alla sua socialità ed alla storia della sua persecuzione. Quindi si può passeggiare lungo le reti che delimitano i vari spazi nei dieci ettari aperti ai visitatori. Qui i lupi dispongono di ambienti abbastanza spaziosi dove si muovono, corrono, giocano. Come sempre, fa effetto vedere un simile predatore attraverso una rete metallica, ma indubbiamente il parco faunistico contribuisce all'incontro diretto, e quindi emotivo, con l'animale. E' possibile osservare i cuccioli (i lupi si riproducono anche in cattività) che giocando acquisiscono le loro prime nozioni, ascoltare all'improvviso il levarsi del prolungato, affascinante, selvaggio ululato. A pochi metri, durante il periodo degli accoppiamenti, si muovono nervosi e litigiosi. Il lupo visto da vicino, osservato in questi spazi relativamente ampi, acquista ulteriore fascino, con il suo sguardo curioso, attento, ma per nulla sanguinario. Come si arriva. Il parco del lupo del Gevaudan è a Ste-Lucie, borgata sulla strada tra Marvejol e Aumont Aubrac. La zona è raggiungibile percorrendo l'autostrada A75 che unisce Bezier con Clermond Ferrand; è aperto tutto l'anno eccetto nel mese di gennaio. Orario estivo: dalle 10 alle 18. Informazioni 00334-66.32. 09.22; e presso il Comitato dipartimentale di Mende 00334-6665.6000. Gianni Boscolo


IL TEMPO In vacanza vorremmo averne di più ma non sappiamo cos'è
Autore: DAPOR MAURIZIO

ARGOMENTI: FISICA, METROLOGIA
LUOGHI: ITALIA

VACANZE: finalmente si realizza il sogno del "tempo libero". Ma che cos'è il tempo? Con 2000 anni di anticipo sulla formulazione del secondo principio della termodinamica, Lucrezio nel De rerum natura scriveva: "Non vedi tu come le pietre stesse siano sottoposte a corrosione dal tempo? Non vedi come le eccelse torri si sgretolino e le rupi si riducano in polvere?". I poeti, si sa, hanno intuizioni che la scienza faticosamente fa proprie e, comunque, con secoli di ritardo. Inoltre sanno esprimere quelle intuizioni con parole assai più suggestive di quelle limpide ma artiche di scienziati e filosofi. Francesco Petrarca, ad esempio, in relazione al secondo principio della termodinamica - pur non conoscendolo in nessuna delle sue formulazioni moderne - ci informa che: "Passan vostre grandezze e vostre pompe, passan le signorie, passan i regni: ogni cosa mortal Tempo interrompe". Shakespeare, poi, esprime la sua impotenza di fronte all'ineluttabilità del trascorrere del tempo e alla disgregazione della materia organizzata, enunciando con grande mestizia - nei suoi Sonetti - un sentimento di malcelata frustrazione: "Quando vedo la rea mano del Tempo guastare gli sfarzosi splendori delle età consunte e sepolte, quando vedo rase talora al suolo torri superbe...". Assai più spigliato e sicuro di sè, Isaac Newton, nei suoi Prin cipi Matematici della Filosofia Naturale, ci informa che: "Il tempo assoluto, vero, matematico, in sè e per sua natura senza relazione ad alcunché di esterno, scorre uniformemente". Già, caro Isaac, ma a quale velocità? Un'ora all'ora, forse? Certo, oggi è facile fare gli spiritosi: ma non dimentichiamo che quelle idee hanno consentito a Newton di costruire il solido edificio della meccanica. Rudolf Julius Emanuel Clausius, un fisico, certamente, ma anche un uomo estremamente romantico - da bravo figlio del suo secolo, l'Ottocento - pensava che alle grandezze della fisica si dovessero attribuire nomi appropriati. Così ne inventò uno altamente suggestivo per quella misteriosa grandezza la cui crescita è responsabile dell'ineluttabile destino di disgregazione delle torri eccelse e superbe - menzionate, rispettivamente, da Lucrezio e da Shakespeare - nonché di quello altrettanto inesorabile di nostre grandezze (comprese quelle della fisica) e nostre pompe, tanto apertamente disprezzate da Petrarca. L'effimera bellezza degli sfarzosi splendori è destinata a scomparire e Clausius, nel 1865, nel tentativo, forse, di salvaguardare dalla ferocia del tempo almeno i linguaggi antichi, scriveva: "Possiamo dire che S indica il contenuto di trasformazione del corpo (...). Tuttavia, poiché sono dell'opinione che i nomi di quantità di questo tipo - che sono così importanti per la scienza - debbano essere ricavati dai linguaggi antichi al fine di introdurli senza modificazioni nei linguaggi moderni, propongo di chiamare la grandezza S con il nome di entropia del corpo, partendo dalla parola greca trope che significa trasformazione". Torniamo a Lucrezio, il quale, oltre ad aver anticipato il secondo principio della termodinamica, è anche il responsabile di quella "mostruosa ipotesi" atomica che, a quanto ci informa Enrico Bellone, Thomson nel 1867 riteneva un'idea da fisici estremamente superficiali. "La critica dell'atomismo 'lucrezianò era solo la premessa come vedremo", scrive Bellone, "all'apertura di un dibattito vivacissimo che avrebbe coinvolto, insieme alla concezione di una struttura della materia fondata su atomi e molecole, anche la concezione secondo cui la fisica doveva immergersi in programmi apertamente probabilistici". La critica all'atomismo ebbe anche risvolti drammatici, se pensiamo che Ludwig Boltz mann, che di quei programmi probabilistici fu l'indiscusso fondatore, il 5 settembre del 1906 si tolse la vita sentendosi in qualche misura un fallito. Ma oggi egli è considerato uno dei massimi fisici del suo tempo giacché si sa che la materia è effettivamente costituita da atomi. Quanto all'entropia e al disordine, la drammatica relazione che le lega permette di individuare una ben precisa freccia del tempo. Il tempo scorre nella direzione in cui il disordine aumenta. Già, ma davvero il tempo scorre uniformemente, come sosteneva Newton, e indipendentemente dal nostro moto e dalla nostra posizione nello spazio? No, risponde Einstein: ogni sistema di riferimento ha il suo tempo proprio e, inoltre, il tempo rallenta la sua pazza corsa in prossimità della materia. Non c'è un adesso che sia lo stesso per tutti. E dunque, forse, il tempo non scorre affatto. Ma che cos'è, in definitiva, il tempo? Sant'Agostino, nelle sue Confessioni, in relazione a questa domanda dichiarò: "Se nessuno me lo chiede, lo so; se dovessi spiegarlo a chi me ne chiede, non lo so". Come si vede i grandi pensatori, messi alle strette, in buona sostanza non sanno che pesci pigliare. Ci rivolgiamo pertanto fiduciosi alla fantascienza e scopriamo con malcelato piacere che Herbert George Wells, esattamente dieci anni prima della formulazione della teoria della relatività ristretta, pubblicava un memorabile racconto intitolato: La macchina del tempo in cui, molto lucidamente, osservava: "Ecco un ritratto di un uomo a otto anni, un altro a quindici, un altro a diciassette, un altro a ventitrè e così via. Tutte queste sono evidentemente sezioni, o rappresentazioni tridimensionali, del suo essere quadridimensionale, che è un oggetto fisso e inalterabile". Anche Einstein condivideva quest'idea. "Per noi che crediamo nella fisica, la divisione tra passato, presente e futuro ha solo il valore di un'ostinata illusione", scriveva infatti Einstein ai parenti di Michele Besso, il quale "lo aveva preceduto di un poco nel congedarsi da questo strano mondo". Ora: se la divisione tra passato, presente e futuro è solo un'ostinata illusione, il tempo, forse, è realmente un blocco unico e dobbiamo ragionare in termini di un paesaggio temporale compiuto. Il futuro è sconosciuto alla nostra coscienza ma, nonostante questo, esiste. Come le pagine di un libro di cui non conosciamo il contenuto, il futuro è lì, in attesa di essere letto dalla nostra mente. Già, ma se il futuro già è determinato che ne è, allora, del nostro libero arbitrio? Il tempo della fisica produce innumerevoli interrogativi: e le risposte fornite sollevano, talora, nuove domande le quali si mostrano, se possibile, assai più inquietanti di quelle originali. Una di queste è la seguente: che relazione c'è tra il tempo della fisica e quello della psiche? Il terreno diviene accidentato, ci si muove con estrema cautela e si scoprono fatti che lasciano sconcertati: la dislocazione temporale, ad esempio, secondo cui eventi fisicamente simultanei si trasformano in una sequenza di percezioni ben separate da intervalli di tempo psicologico oppure, come negli esperimenti di Giovanni Bruno Vicario, in cui una data sequenza di stimoli sonori di differente frequenza viene percepita in una successione in cui l'ordine temporale psicologico è differente da quello fisico. Fatti che sconcertano e che inducono Vicario a concludere un suo recente articolo sull'argomento con le seguenti, inquietanti, parole: "Dire che il tempo psicologico non ha niente a che fare con il tempo di cui parlano i fisici è sicuramente eccessivo, ma rende abbastanza bene lo stato dei fatti". Maurizio Dapor Istituto Trentino di Cultura


SCIENZE FISICHE. DA TORINO ALLA NASA L'Italia consegna il cargo spaziale
Autore: LO CAMPO ANTONIO

ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA
NOMI: VALLERANI ERNESTO, VIRIGLIO GIUSEPPE
ORGANIZZAZIONI: SPACELAB, NASA, ALENIA AEROSPAZIO
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, TORINO (TO)

L'ITALIA è la prima nazione al mondo a consegnare un elemento della Stazione spaziale internazionale, progetto che vede coinvolti Stati Uniti, Russia, Giappone, Canada e, tramite l'Esa, 14 Paesi europei. L'elemento che verrà consegnato dopodomani dagli stabilimenti dell'Alenia di Torino alla Nasa è il primo dei moduli logistici, chiamati con sigla tecnica Mplm (Mini Pressurized Logistic Module - Mini Modulo Logistico Pressurizzato), progetto nato nel 1991 da un accordo bilaterale tra la Nasa e l'Agenzia spaziale italiana (Asi). L'Mplm è il modulo pressurizzato che verrà dedicato al trasporto da e alla stazione orbitante di tutti gli equipaggiamenti, esperimenti e materiali necessari alla vita di bordo. Un po' il ruolo che hanno le navicelle-cargo russe "Progress", che attraccano alla Mir. A differenza dalle capsule russe, il modulo logistico italo-americano verrà trasportato nella stiva degli Shuttle fin sulla stazione, trasferito dalla stiva con una manovra che sulle navette è ormai routine, e agganciato a uno dei boccaporti della stazione, dove scaricherà le 10 tonnellate di materiali trasportati. E soprattutto sarà molto più semplice da riprogrammare missione dopo missione. Dopo alcuni giorni, o qualche settimana, il mini-modulo verrà staccato, ricaricato nella stiva di una navetta e riportato a terra con una delle solite trasvolate a motori spenti dello Shuttle sulla pista di Cape Canaveral. Il primo, quello che verrà consegnato venerdì, resterà agganciato alla stazione per 16 giorni: il lancio è previsto per il dicembre del 1999 dalla rampa 39 del Centro Kennedy. Il secondo lancio, con lo stesso modulo, avverrà tre mesi dopo. Il modulo è un cilindro di 4,5 metri di diametro e 6,6 di lunghezza, includendo il cono anteriore e quello posteriore, per una massa totale di 4700 chili e una capacità di carico di 9000. L'alloggiamento del carico utile è previsto in 16 contenitori standard rimovibili e ribaltabili, cinque dei quali possono essere dotati di energia elettrica, refrigerazione e interfaccia con il software di bordo. Il volume abitabile, compresi i contenitori, è di 31 metri cubi, mentre l'atmosfera interna sarà simile a quella terrestre (azoto e ossigeno); il sistema di condizionamento ambientale, collegato a quello della stazione spaziale, permetterà agli astronauti e ai ricercatori di lavorare " in maniche di camicia", come sullo Shuttle o sui moduli Spacelab e Spacehab. "Il mini-modulo è un sistema assai complesso, e allo stesso tempo completo", dice Ernesto Vallerani, già presidente di Alenia Spazio e padre dei moduli spaziali da Spacelab in poi - " anche perché deve svolgere due ruoli: come trasportatore deve essere molto leggero, e deve poter volare più volte in configurazione attiva, cioè con all'interno gli esperimenti già alimentati da fonti elettriche, oppure passiva. Come modulo abitato deve fornire tutte le funzioni essenziali degli altri moduli della stazione e, in particolare, protezione di micrometeoriti, controllo ambientale, controllo termico attivo e passivo, condizionamento dell'atmosfera interna, potenza elettrica, trattamento dati e persino l'estinzione di eventuali incendi a bordo". "Questo è il primo tassello della nostra partecipazione al progetto della stazione spaziale - dice Giuseppe Viriglio, amministratore delegato della Divisione spazio di Alenia Aerospazio - ma il progetto era iniziato ben prima della firma del dicembre 1991 a Washington, perché già nel 1988 iniziarono studi di fattibilità, di un progetto che fu chiamato "Arca", che prevedeva addirittura tre o quattro moduli attaccati tra loro. Si pensava che la stazione spaziale richiedesse un elemento pressurizzato per un ciclo operativo della durata di un anno anziché 45 giorni come per un mini-modulo che l'americana Boeing stava progettando. Poi le cose cambiarono più volte, fino alla configurazione attuale". Non solo siamo primi alla consegna di un elemento; l'Italia è tra i Paesi protagonisti nel costruire la stazione. A questo modulo logistico ne seguiranno altri due, così come due dei tre "nodi" di interconnessione con i moduli della struttura orbitante, e il " Columbus", che rappresenta il modulo scientifico dell'Esa per la stazione. Il 29 luglio il grande velivolo Airbus da cargo "Beluga", così chiamato per la tipica forma che ricorda quella di un delfino, lascerà l'aeroporto di Caselle con un gruppo di tecnici Alenia, e senza scalo atterrerà dopo 11 ore sulla pista 33 di Cape Canaveral. Antonio Lo Campo


SCIENZE FISICHE. MACCHINE La raganella suona per Marcel Proust
AUTORE: MARCHIS VITTORIO
ARGOMENTI: TECNOLOGIA, FISICA
LUOGHI: ITALIA

NON osavo mandare qualcuno a casa di Albertine, era troppo tardi, ma, nella speranza che cenando forse con qualche amica, in un caffè, ella avrebbe pensato a telefonarmi, girai il commutatore e, mettendo la comunicazione nella mia stanza, la tolsi dall'apparecchio situato fra la cassetta delle lettere e la portineria, a cui di solito si era collegati a quell'ora. Avere un apparecchio nel corridoietto su cui dava la stanza di Francoise sarebbe stato più semplice, meno scomodo, ma inutile. "I progressi della civiltà permettono a ognuno di manifestare qualità insospettate o nuovi vizi che ci rendono più cari o più insopportabili gli amici. Così la scoperta di Edison aveva permesso a Francoise di acquistare un difetto in più: quello di rifiutarsi, quale ne fosse l'utilità o l'urgenza, ad usare il telefono. "Ella trovava modo di fuggire quando glielo volevamo insegnare, come altre domestiche al momento d'essere vaccinate. Perciò il telefono stava nella mia camera, e, per non disturbare i miei genitori, il suo campanello era stato sostituito col suono d'una fievole raganella. Per paura di non udirla, non mi muovevo". Se non ci fosse stato un filo elettrico avvolto intorno ad un nucleo di ferro, se un'ancora metallica vincolata ad una lamina elastica non fosse stata attratta dalla forza magnetica indotta dal passaggio di una debole corrente elettrica attraverso il filo, se l'attrazione non avesse interrotto il contatto causando in tal modo il rilascio dell'ancora metallica con il conseguente ripristino del circuito, in un alterno moto oscillatorio tale da causare il caratteristico suono di trra trra trra... allora Marcel Proust " tormentato dall'incessante pulsare del desiderio, sempre più ansioso, e mal appagato, d'un suono di richiamo, arrivato al punto culminante d'una tormentata ascensione nelle spirali della sua angoscia" non avrebbe potuto udire d'un tratto "dal fondo della Parigi popolosa e notturna, meccanico e sublime come nel Tristano la sciarpa svolazzante o la zampogna del pastore, il rumore di trottola del telefono" e scoprire che dall'altro capo del filo c'era Albertine. Vittorio Marchis Politecnico di Torino


SCIENZE DELLA VITA ANEURISMI & CHIRURGIA La stanchezza dell'aorta
Autore: MERLO MAURIZIO

LUOGHI: ITALIA

L'aorta è un vaso arterioso che deve assorbire l'impatto di 3 miliardi di battiti cardiaci nell'arco di una vita media, distribuendo 200 milioni di litri di sangue a tutto il corpo. Considerando queste cifre non è difficile comprendere perché, negli anni, l'aorta possa andare incontro a uno sfiancamento. Con il termine di aneurisma si intende la dilatazione permanente di un tratto di un'arteria; una dilatazione che può essere paragonata a quella che talvolta deforma la camera d'aria della bicicletta. L'aorta addominale sottorenale (dopo l'origine delle arterie renali) è il segmento arterioso di gran lunga più colpito dalla dilatazione aneurismatica e molte ricerche sono state fatte per spiegare questo fatto. Alcuni hanno proposto una spiegazione fisica basata sulla pressione laterale (in questo tratto l'aorta non ha grossi rami collaterali); altri danno una spiegazione anatomica; altri ancora sostengono una spiegazione basata su una sofferenza della parete per diminuzione della vascolarizzazione. La teoria oggi più accreditata si basa però su un calo dell'elasticità della parete, che perderebbe nel tempo la sua capacità di assorbire la pressione laterale esercitata dal flusso del sangue e andrebbe così incontro allo sfiancamento; all'origine del fenomeno vi sarebbe una spiegazione biochimica. Ma perché, se questa teoria è valida - come sembrerebbe confermato da alcuni dati istochimici - l'incidenza di aneurismi varia da 1,8% a 6,6%? Infatti, se la diminuzione della componente elastica fosse legata solo all'età (aumentando la quale aumenta l'incidenza di aneurismi), tutti dovrebbero andare incontro a questa patologia, ma per fortuna ciò non avviene. Di qui una teoria secondo la quale alla base della diminuzione di elasticità della parete aortica vi sarebbe una predisposizione genetica; a conferma di ciò, i fratelli di pazienti affetti da aneurisma aortico addominale hanno un rischio 4 volte superiore rispetto a un campione di popolazione di confronto. Verosimilmente alla formazione di un aneurisma concorrono più fattori, sia locali, come la pressione laterale, un processo infiammatorio, sia generali, come l'aterosclerosi, la predisposizione genetica. L'aneurisma cresce e si sviluppa in modo asintomatico e spesso lo si scopre occasionalmente nel corso di indagini per altra patologia. Altre volte il paziente avverte una pulsazione abnorme nell'addome e si reca dal medico perché avverte " il cuore nella pancia". L'esame diagnostico dirimente è l'ecotomografia dell'aorta, che permette di fare la diagnosi e anche di misurare i diametri dell'aneurisma. E' proprio sulla base dei diametri che il chirurgo vascolare decide l'intervento. Entro certi limiti non si possono porre dei valori precisi per l'indicazione all'intervento chirurgico, perché il paziente deve sempre essere valutato nella sua globalità cercando di quantificare il rischio legato al "non operare". Al di sopra di certi diametri l'intervento è imperativo, perché il rischio di rottura e quindi di emorragia aumenta con l'aumentare del diametro dell'aneurisma. Non esistono a tutt'oggi terapie mediche in grado di far guarire un aneurisma nè di prevenirlo e la sola terapia è costituita dall'intervento chirurgico quando indicato. L'operazione consiste nella sostituzione del tratto di aorta interessato con una protesi artificiale in Dacron (tessuto). L'intervento è oggi eseguito di routine in ambiente specialistico con una mortalità che oscilla tra l'1 e il 3 per cento. La complicanza più temibile dell'aneurisma è la sua rottura, che comporta una forte emorragia che non si manifesta con segni esteriori se non per il collasso e il dolore lombare. In questi casi è necessario operare nel più breve tempo possibile per frenare l'emorragia e sostituire anche in questo caso il tratto di aorta aneurismatico e rotto. Ovviamente la mortalità per l'intervento d'urgenza è di gran lunga superiore rispetto al trattamento in elezione e si aggira intorno al 30-40 per cento. Nonostante la situazione stia cambiando, ancora oggi troppi pazienti giungono al pronto soccorso con un aneurisma aortico in rottura senza sapere di essere portatori di questa patologia. L'estrema facilità di esecuzione dell'ecotomografia senza disturbo per il paziente e il suo basso costo dovrebbero portare a un più esteso screening, permettendo così di ridurre sempre più il numero dei pazienti operati d'urgenza e di aumentare il numero di quelli operati di elezione riducendo così la mortalità legata a tale patologia, la cui diffusione si va incrementando anche per l'aumentare della vita media. Maurizio Merlo


SCAFFALE Minerva Daniela: "La leggenda del santo guaritore", Editori Riuniti Autori vari: "Fatti e cifre dei tumori in Italia", Il Pensiero Scientifico Editore
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: LIBRI
LUOGHI: ITALIA

Stanno uscendo i primi risultati della sperimentazione della cura anticancro del professor Di Bella e purtroppo - come era facilmente prevedibile - sono risultati sconfortanti. Sembra ormai probabile che la terapia a base di somatostatina e vitamine assortite andrà ad aggiungersi alle decine di cure che ogni anno in ogni parte del mondo creano illusioni e giri di affari. Resta tuttavia il "caso Di Bella": nel senso che il professore e i suoi fedeli hanno già respinto i dati sfavorevoli come inattendibili e truccati, mentre - comprensibilmente - i pazienti non vogliono rinunciare alla loro ultima speranza. Daniela Minerva ricostruisce qui con precisione e intelligenza questa vicenda tutta italiana, nella quale i pretori prescrivono farmaci, i proponenti una terapia pretendono di esserne anche i giudici nella sperimentazione, il confronto scientifico avviene nei talk show e un ministro della Sanità cede alle piazze. Ancora in tema di oncologia, una preziosa documentazione è resa disponibile da due volumetti siglati da "Il Pensiero Scientifico". Nel primo Roberto Zanetti, Eva Buiatti, Massimo Federico e Andrea Micheli forniscono, con molti diagrammi a colori, gli ultimi dati epidemiologici sulla diffusione dei vari tipi di tumore e sulla probabilità di guarigione a 5 anni dalla diagnosi. Il secondo, di Alberto Riccardi e Marco Danova, tratta le "Anemie in oncologia".


IN BREVE Multimedialità Premio Pirelli
ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA, ELETTRONICA, PREMIO
ORGANIZZAZIONI: PIRELLI INTERNATIONAL AWARD
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA

Terza edizione del Pirelli International Award, premio internazionale dedicato a "opere di ingegno originali riguardanti argomenti scientifici e tecnici, purché trasmissibili elettronicamente. Regolamento su Internet all'indirizzo: http://www. pirelliaward.it La Pirelli realizzerà l'elettrodotto Italia-Grecia, record tecnologico per la profondità del cavo sottomarino. Il cavo verrà prodotto ad Arco Felice (Napoli), sarà lungo 200 chilometri e trasporterà una potenza di 500 megawatt.


SCIENZE FISICHE. CONCORSI UNIVERSITARI Non facciamo atenei di serie A, B, C... Pregi e difetti della scelta dei professori in ambito locale
Autore: MARCHISIO PIER CARLO

ARGOMENTI: DIDATTICA, UNIVERSITA', INSEGNANTI, LEGGI
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA

FINALMENTE non saremo più bersaglio di pesante umorismo sulla stampa scientifica internazionale. I concorsi sono stati aboliti. Proprio così, in corsivo, venivano indicati su Nature o Science i nostri barocchi, complessi e corrotti sistemi di selezione dei docenti universitari su base nazionale. Tanto complessi e corrotti da essere diventati una pesantissima palla al piede del sistema universitario e un ostacolo allo sviluppo della ricerca nel nostro Paese. Ora non ci sono più, e l'ultimo concorso nazionale che sta ora terminando diventerà solo un brutto ricordo, con i suoi strascichi di ricorsi che si prevedono numerosissimi. La nuova legge approvata dal parlamento il 1o luglio è un passo importante per l'adeguamento del nostro sistema universitario a quello degli altri Paesi europei. Il punto fondamentale della legge, per coloro che poco conoscono il nostro ordinamento, è il trasferimento della responsabilità della selezione dei docenti universitari alle singole università mediante concorsi locali. Il pregio di questo sistema è che ogni università potrà potenzialmente scegliere il candidato in funzione delle proprie necessità didattiche e scientifiche e lo potrà fare rapidamente senza badare a equilibri politici nazionali. Fanno così ovunque in Europa e altrove: non vedo perché non dovessimo adeguarci. Ci sono tuttavia molti se e molti ma. Se l'Italia fosse un Paese realmente unitario e culturalmente omogeneo la legge sarebbe ottima e con pochi aggiustamenti garantirebbe un progresso notevole e un'ampia flessibilità. Purtroppo il nostro Paese non è nè unitario nè omogeneo. Le università italiane sono molto disuguali per qualità e poche sono in realtà degne di essere considerate veri templi del sapere. Manca soprattutto in molte di esse la coscienza di rappresentare poli di cultura e di progresso scientifico perché, per troppo tempo, sono state usate come puri centri di potere. Perciò esiste il timore fondato che l'applicazione di questa legge rifletterà per molto tempo i difetti antichi che condizionano la qualità dell'insegnamento e della ricerca universitaria. Cerco di spiegarmi meglio. E' possibilità temibile e reale che le università di bassa caratura tenderanno a favorire candidati locali di modesto prestigio e di pochi meriti scientifici. Evenienza inevitabile nelle sedi che mai hanno favorito lo sviluppo della ricerca. Perché mai un candidato forte dovrebbe aspirare a diventare professore in una sede che non gli garantisce la continuazione e lo sviluppo della sua carriera scientifica? Per questo alle sedi di basso livello continueranno ad afferire candidati modesti che si accontenteranno delle limitate risorse locali. Per contro molto difficilmente alle sedi di grande prestigio scientifico potranno aspirare candidati cresciuti in ambienti culturalmente depressi e privi di quelle qualità scientifiche che la legge sembra voler favorire. Il risultato è che si perpetuerà il sistema e si accentueranno le divisioni e le disparità culturali tra sedi universitarie. E' questo che vuole la nuova legge? Non credo. Esistono mezzi per evitare che ciò si verifichi? Un mezzo esiste, difficile e impopolare. Consiste nel favorire con mezzi brutalmente economici l'inserimento di persone brave in contesti scientifici modesti commisurando i finanziamenti pubblici alla qualità scientifica dei candidati alla cattedra. Il ministero dell'Università e della ricerca qualcosa del genere lo sta già facendo ridistribuendo i fondi in funzione dell'eccellenza scientifica e non più a pioggia come in passato. Basterebbe istituire un ulteriore premio di qualità per favorire l'impianto di centri di ricerca in aree scientificamente depresse e attirare giovani professori dotati di un po' di senso pionieristico per migliorare la qualità della scienza e, perché no, le condizioni finanziarie delle università ora costrette dall'autonomia a procurarsi fondi adeguati. Quello che deve verificarsi, pena l'ulteriore decadenza del sistema accademico italiano, è la presa di coscienza delle singole università che l'eccellenza scientifica paga, non solo in termini economici ma anche in termini di prestigio. Riuscire ad attirare centri culturali in aree depresse ha come corollario l'attrazione anche di imprese industriali e, in ultima analisi, il miglioramento dell'economia locale. La Germania sta facendo questa politica nelle sue province orientali, depresse da decenni di statalismo assistenziale, forzando e favorendo in tutti i modi lo sviluppo della ricerca scientifica nell'ex-Ddr. Perché non dobbiamo farlo anche noi in aree che sono ancora più depresse? Favorire la coscienza culturale e scientifica in sedi che poca ne hanno presenta un ulteriore vantaggio. Quello di evitare il pendolarismo di molti professori universitari che insegnano in un posto e fanno ricerca altrove. La nuova legge suggerisce gli strumenti per un miglioramento reale dell'università ma è ancora per molti aspetti centralistica e provinciale. Il fatto che i commissari dei concorsi locali debbano essere per forza eletti tra i professori della stessa materia messa a concorso e perdipiù senza nessuna possibilità di ricorrere al giudizio di commissari stranieri di alta qualificazione scientifica ci mantiene in un limbo che favorirà il perpetuarsi di manovrine locali e non tiene conto dell'università della cultura. Spero che il ministro correggerà qualcosa nei regolamenti applicativi della legge. Ciò che deve forzatamente correggere è la coscienza accademica con il favorire l'eccellenza in tutti i campi del sapere. Pier Carlo Marchisio


SCAFFALE Notarbartolo e Bianchi: "Guida degli squali e delle razze del Mediterraneo", Muzzio
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: ZOOLOGIA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA

ARRIVA al momento giusto, questa "Guida degli squali e delle razze del Mediterraneo", quando molti sub e molti navigatori dilettanti hanno l'opportunità di vedere dal vero le specie che qui sono accuratamente descritte, anche con l'aiuto di 400 disegni e 80 cartine di distribuzione. Giuseppe Notarbartolo di Sciara, una autorità nella biologia marina e ora presidente dell'Icram (Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare), coadiuvato da Irene Bianchi, ci offre un indispensabile manuale di consultazione ma anche una lettura che educa, tramite la conoscenza, al rispetto e all'amore per l'ambiente marino.


SCIENZE FISICHE Origlieremo l'eco del Big Bang Tra i primi esperimenti approvati uno è del Cnr
Autore: A_L_C

ARGOMENTI: AERONAUTICA E ASTRONAUTICA, RICERCA SCIENTIFICA
ORGANIZZAZIONI: SPACELAB, CNR
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA

SULLA Stazione spaziale internazionale si farà anche SPOrt. Non ci riferiamo alle attività ginniche che gli astronauti effettueranno quotidianamente per evitare i danni fisiologici prodotti dall'assenza di peso, ma ad un esperimento scientifico che rappresenta un primato italiano sulla grande base spaziale, che verrà montata in orbita a partire dalla fine di quest'anno. SPOrt è la sigla di "Sky Polarizing Observatory", ed è stato il primo esperimento selezionato tra quelli che verranno collocati all'esterno della stazione, sopra una piccola piattaforma chiamata " Express". Sistemata su uno dei tralicci portanti della stazione, la piattaforma ha dimensioni di 1,4 metri per 67 centimetri, potrà accogliere fino a 225 chilogrammi di materiale scientifico per esperimenti. SPOrt, che misura 84 per 84 centimetri e un metro di altezza, è stato ideato e realizzato da un team guidato da Enrico Cortiglioni del Cnr di Bologna, e verrà posto sul pallet accanto a un esperimento che esporrà speciali tessuti. Scopo di SPOrt reso possibile da accordi Asi-Nasa, insieme all'Esa e al Cne, è di studiare la radiazione di fondo dell'universo da 20 a 90 Gigahertz, con un metodo di osservazione e rilevazione che è possibile soltanto dallo spazio, cioè sopra lo schermo atmosferico. SPOrt potrebbe fornire nuove risposte su come si è aggregata la materia che forma l'universo, andando ad integrare i dati del satellite Cobe, la cui missione si è conclusa tre anni fa. Si cercherà per esempio di conoscere come variano le temperature della radiazione di fondo: in questo modo si può risalire all'età delle galassie. "E' una sfida scientifica importante, ed è un esperimento che potrà dare esiti eccezionali", dice Giorgio Palumbo, del team dell'Esa che ha valutato e selezionato gli esperimenti. SPOrt ha vinto una dura selezione presentata nell'ottobre 1996 a Darmstadt, dove, tra tutte le proposte, ce n'erano 30 dedicate all'astronomia. "Dovremo essere puntuali nel consegnare il tutto per il dicembre del 2000 - ricorda Enrico Cortiglioni - ritardi o meno della stazione spaziale. Il tempo è poco, ma stiamo lavorando bene e ce la faremo". L'esperimento SPOrt verrà lanciato con uno shuttle e sarà sistemato sul traliccio esterno da un braccio-robot manipolatore: resterà per un anno e mezzo in orbita e verrà poi riportato al suolo. (a. l. c.)


SCIENZE DELLA VITA DISTURBI PSICHICI Quando fobie e piccole manie diventanto ossessioni Una patologia che colpisce più della schizofrenia: un milione e 200 mila casi in Italia
Autore: BODINI ERNESTO

NOMI: BIONDI MASSIMO, PANCHERI PAOLO, SCHWARTZ JEFFREY, RAVIZZA LUIGI
LUOGHI: ITALIA

QUANTE volte abbiamo pensato di essere "ossessionati" da un'idea fissa, da un gesto o da un rito? Tutti abbiamo le nostre piccole manie riferite ad abitudini e comportamenti e, insieme, desideriamo avere un maggior autocontrollo. Ma quando i pensieri diventano una fissazione e sfuggono al normale decorso logico, e le abitudini diventano veri e propri gesti rituali eseguiti per soffocare uno stato d'ansia o di angoscia, allora il problema può essere serio e di competenza medica, perché si tratta del disturbo ossessivo compulsivo (Doc). E' una patologia psichiatrica caratterizzata da due gruppi di sintomi: ossessioni e compul sioni (o coazioni). Le ossessioni (dal latino obsessio che significa occupazione, assedio) sono pensieri e immagini mentali assillanti, indesiderati e tormentosi che opprimono chi ne è affetto; e, diversamente da altri pensieri sgradevoli, questi non svaniscono ma continuano ad insinuarsi nella mente. Le compulsioni sono comportamenti coatti adottati dalle persone affette da Doc, nel quasi sempre inutile tentativo di esorcizzare paure e ansie causate dalle loro ossessioni tant'è che, nonostante questi pazienti si rendano conto che l'impulso a lavarsi, a controllare, a toccare determinati oggetti è ridicolo e irrazionale, la spinta è così intensa che la loro mente non addestrata viene sopraffatta sino al punto di arrendersi ed eseguire atti compulsivi. Se per lungo tempo il Doc è stato considerato una patologia strana e rara (nel 1965 l'incidenza era dello 0,05 per cento della popolazione generale), oggi si sa che il Doc colpisce una persona su 40, ossia il 2,5 per cento della popolazione (più della schizofrenia): negli Stati Uniti sono oltre 5 milioni, mentre in Italia sono circa 1 milione e 200 mila; ma un ulteriore 10 per cento di persone soffre in forma più lieve (subclinica) del disturbo, ed è per questo che gli psichiatri parlano di un "continuum ossessivo compulsivo". Colpisce egualmente sia maschi che femmine e l'epoca di esordio riguarda l'età giovanile (dai 18 ai 25 anni) quando si tratta di Doc conclamato, ma può presentarsi già all'età di 8-10 anni con delle compulsioni-ossessioni. Diverse le ipotesi sulle cause. Secondo Freud, i Doc sono frutto di risorse psichiche difensive a pulsioni inconsce di tipo sessuale che minacciano di esplodere a livello conscio; recentemente, invece, gli scienziati hanno cercato di dimostrare l'esistenza di "disturbi" dell'attività cerebrale. Le cause non solo possono essere di origine organica e genetiche, "ma sappiamo anche - spiega Massimo Biondi, dell'Università La Sapienza di Roma - che disturbi ossessivi possono sorgere dopo una fase della vita vissuta in modo altamente conflittuale come capita nell'adolescenza, dopo matrimoni difficili e in altre situazioni simili". Per quanto riguarda le os sessioni i sintomi più comuni si manifestano attraverso fobie legate alla sporcizia e alla contaminazione, bisogno di ordine o di simmetria, manie di accumulo o di risparmio, ossessioni a contenuto sessuale, rituali, dubbi insensati, ossessioni religiose (bigottismo), ossessioni a contenuto aggressivo, paure legate alla superstizione. Le compulsioni si manifestano attraverso impulsi coatti legati alla pulizia, coazioni legate alla "perfezione", compulsioni ad accumulare o a raccogliere. Ma quando si può parlare di persona affetta da Doc? "Quando i sintomi assorbono gran parte della giornata - spiega Paolo Pancheri, ordinario dell'Università di Roma - e quando sono causa di un forte disagio. Spesso, le persone che soffrono di questo disturbo lottano contro l'impulso di fare una determinata cosa, ma non sono in grado di smettere e, la cosa peggiore, è che ne sono coscienti". Un disagio che non ha risparmiato nemmeno due famosi personaggi della letteratura: Oblomov e Dimitri Karamazov. Entrambi ossessivi, esternavano il disturbo in maniera opposta: il primo, troppo analitico, in quanto rinviava ogni decisione; mentre il secondo (reagendo d'impulso) era come invaso da impeti di cui spesso si pentiva. Nel servizio di Psichiatria (del Dipartimento di neuroscienze dell'Università di Torino) diretto da Luigi Ravizza sono stati identificati due sottotipi di Doc: uno cronico, che è più grave perché più intenso di compulsioni e meno rispondente alla terapia farmacologica; l'altro episodico, che ha una prevalenza di ossessioni, con maggiori risultati terapeutici e più intervalli privi di sintomi. "La percentuale di risposta positiva alla terapia farmacologica - dice Ravizza - è del 45-55 per cento per quanto riguarda il miglioramento dei sintomi e, anche se parziale, il paziente è in grado di riprendere la sua attività lavorativa e sociale". Oltre alle terapie farmacologiche, in cui l'affinamento dei farmaci è mirato a potenziare la serotonina (sostanza presente nel cervello), è indicata la psicoterapia soprattutto del tipo cognitivo. Un programma di autotrattamento è suggerito da Jeffrey M. Schwartz, docente di psichiatria all'Università della California, Los Angeles. Ernesto Bodini


SCIENZE DELLA VITA CICATRICI & SCARIFICAZIONI Questioni di pelle Progressi nella cura delle ustioni
Autore: TEICH ALASIA SIMONE, REMOTTI FRANCESCO

ORGANIZZAZIONI: CENTRO GRANDI USTIONATI DI TORINO, SOCIETA' ITALIANA USTIONI
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, TORINO (TO)

A trent'anni dell'apertura del Centro grandi ustionati di Torino e a quindici anni dalla nascita della Fondazione piemontese per gli studi e le ricerche sulle ustioni, il congresso nazionale della Società Italiana Ustioni ha affrontato un tema di grande interesse sociale: la cicatrice da ustione. E' risaputo che nella cura delle ustioni si sono fatti passi da gigante: oggi si possono salvare persone che in un passato non tanto remoto erano condannate a morte sicura. Ma, purtroppo, i risultati negli esiti cicatriziali non sono al livello di quelli ottenuti nel trattamento generale. Le cicatrici che rimangono dopo la guarigione, anche di ustioni limitate, sono sempre molto visibili, con conseguenze di varia gravità. Talvolta le cicatrici sono deturpanti, quando non addirittura invalidanti, con grave compromissione della funzionalità delle parti lese. Le cicatrici da ustione, a differenza di tutte le altre cicatrici dovute a traumi, hanno tendenza di inspessirsi smisuratamente, rimanere per un tempo molto lungo fortemente arrossate e dolenti, e nella fase di regressione ritirarsi causando limitazioni funzionali più o meno gravi, a seconda della sede della lesione e limitando frequentemente il reinserimento dei pazienti nella società e nel mondo del lavoro. Quando nacque la Fondazione per le ricerche sulle ustioni, il problema di queste cicatrici costituì lo scopo principale dei nostri studi. Grazie anche a queste ricerche, sono stati in parte chiariti alcuni dei processi biologici che portano alla formazione delle cicatrici patologiche. Ma mentre nella cultura occidentale le cicatrici in genere sono causa di disagio, specie quando si formano sulle parti scoperte del corpo, in alcune etnie le cicatrici vengono appositamente provocate, con specifici metodi, a scopo di ornamento. Ornare il corpo, abbellirlo, intervenire su di esso a scopo estetico pare essere davvero un'esigenza imprescindibile: un "bisogno" a cui nessuna società rinuncia, anche se - a quanto pare - un corpo culturalmente abbellito o esteticamente modellato non reca di per sè alcun vantaggio sul piano della sopravvivenza. Sono molteplici i modi con cui le culture intervengono esteticamente sul corpo. Proviamo a proporne un elenco sintetico: a) interventi esterni e indolori, consistenti nel fare indossare al corpo oggetti, come abiti, maschere, piumaggi, monili, che si possono pure togliere con relativa facilità; b) uso di materiali che vengono spalmati sul corpo e quindi aderiscono maggiormente all'epidermide (cosmesi, pitture facciali e corporali); c) modifiche temporanee e reversibili di parti caduche del corpo, come per esempio le acconciature dei capelli e il trattamento delle unghie; d) modificazioni irreversibili di parti anatomiche mediante interventi esterni (allungamento del cranio, del collo, delle labbra, delle labbra vaginali, limatura di denti); e) perforazioni (per esempio del setto nasale, del lobo, della lingua, varie pratiche di piercing); f) tatuaggi, ossia tecniche di puntura dell'epidermide con iniezione di sostanze coloranti così da ottenere disegni anche molto raffinati; g) scarificazioni, ovvero incisioni piuttosto profonde con rasoi o con coltelli e introduzione di sostanze che ritardano la cicatrizzazione così da ottenere disegni in rilievo; h) interventi chirurgici con asportazione di parti di organi (circoncisione, subincisione, escissione del clitoride, infibulazione); i) chirurgia estetica di tipo moderno. Vi è una progressione nell'elenco qui proposto: gli interventi estetici vanno da un esterno epidermico (abiti, monili, pitture) a un interno sempre più profondo e anatomico (perforazioni, tagli, asportazioni, mutilazioni) con progressivo aumento del dolore. Il trattamento estetico del corpo comporta spesso la sofferenza: una sofferenza lancinante come è indubbiamente quella delle scarificazioni e degli interventi chirurgici sui genitali. Il che è un'ulteriore prova che la modificazione estetica del corpo risponde a un "bisogno" profondo, che si sottrae a una spiegazione superficialmente utilitaristica. Pur di rendere "bello" il corpo, ovvero esteticamente apprezzabile secondo i canoni propri di una determinata società, ci si sottopone a esperienze di rischio e di dolore particolarmente atroci. Una di queste esperienze è quella delle scarificazioni, cioè di cicatrici rilevate appositamente prodotte, specialmente presso popolazioni di pelle scura. Se i nostri chirurghi fanno di tutto per eliminare i segni delle cicatrici, presso molte società africane, al contrario, i loro chirurghi estetici indigeni si ingegnano per ottenere con le cicatrici prodotti di grande bellezza e perfezione, ostentati con compiacimento anche per il loro significato erotico. Sarebbe però riduttivo e superficiale mantenersi entro un discorso di mera bellezza, sia pure complicato da una prospettiva relativistica. Le scarificazioni sono segni incisi profondamente e che rimangono per sempre - quasi come una scrittura indelebile - per testimoniare eventi e tappe della vita o appartenenze etniche. Soprattutto, le scarificazioni rientrano in quei tipi di segni che le società producono per modellare in modo visibile e imperituro le forme di umanità, in cui rispettivamente si identificano e con cui tendono a distinguersi da altre forme di vita e di cultura. Capire quanto profonda sia questa esigenza "antropo-poietica" significa anche comprendere da un lato la profondità del suo significato estetico e dall'altro la disponibilità ad affrontare il dolore con cui molto spesso - anche nella nostra società - si decide di dar forma all'umanità. Simone Teich Alasia Francesco Remotti


IN BREVE Umberto Nobile 70 anni dopo
NOMI: NOBILE UMBERTO
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA

Il Cnr ha commemorato il viaggio in dirigibile al Polo Nord di Umberto Nobile nel 1928 con la proiezione del documentario Dirigibile Italia ieri ed oggi. Nel '97 il Cnr ha aperto una base a Nyalesund nelle isole Svalbard, a pochi passi dal punto dove il dirigibile di Nobile partì per la sua ultima missione.


SCIENZE DELLA VITA PER PREVENIRE LO TSUNAMI Una rete di sensori sotto l'oceano Collocati nei prossimi anni in zone strategiche
Autore: PRELLA DANILO

ARGOMENTI: TECNOLOGIA, MAREMOTI
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. Schema di un sistema di rilevamento in tempo reale degli tsuami

TSUNAMI, "onda del porto": un nome quasi poetico per un fenomeno devastante, come quello che pochi giorni fa ha causato almeno 3.000 morti a Papua Nuova Guinea. Con questa parola giapponese vengono indicate gigantesche onde oceaniche che si abbattono con violenza sulle regioni costiere. Prodotte da terremoti sottomarini o da altri fenomeni geologici, sono molto diverse dalle comuni onde marine sollevate dal vento. La distanza fra la cresta e la coda dell'onda, che può raggiungere i 100 chilometri, è notevolmente superiore alla profondità delle acque in cui si muovono, conferendo loro la natura di onde "superficiali". Possono quindi percorrere distanze transoceaniche con una minima perdita di energia, in mare aperto sono quasi invisibili e velocissime (anche 700 chilometri all'ora) ma avvicinandosi alle coste rallentano sempre più crescendo in altezza fino ad oltre 30 metri. Inutile dire che gli effetti dell'urto sono tremendi: erosione della costa, inondazione dell'entroterra per centinaia di metri, distruzione di case e vegetazione, vittime. Nel 1960 uno tsunami, prodotto da un terremoto sottomarino vicino al Cile, investì le Hawaii uccidendo 60 persone e provocando milioni di dollari di danni. L'onda proseguì la sua corsa per altre nove ore fino a schiantarsi sulle coste del Giappone, a 17 mila chilometri dal luogo d'origine, provocando circa 150 vittime. Secondo gli archivi storici durante gli ultimi 100 anni si sono verificati nel Pacifico una media di cinque tsunami per anno con un bilancio totale di 50 mila vittime. Queste terribili onde possono essere generate da un qualunque disturbo che sposti una grande massa d'acqua dalla sua posizione di equilibrio: eventi sismici, eruzioni vulcaniche, frane del fondo marino e impatti di meteoriti. Gli eventi più distruttivi sono quelli prodotti da terremoti sottomarini che inducono brusche deformazioni verticali del fondo oceanico. Questi fenomeni sono tipici delle zone di subduzione, dove il contatto tra le zolle tettoniche è contraddistinto dalla presenza di grandi faglie (ad esempio lungo le coste del Pacifico). Le caratteristiche di queste faglie, stimate da rilevamenti sismici, sono di notevole importanza per la costruzione di modelli idrodinamici utilizzati per prevedere il comportamento degli tsunami. Purtroppo la complessità dei fenomeni coinvolti e la scarsità di dati sperimentali hanno reso, fino ad ora, queste predizioni piuttosto approssimative. Il 75% degli allarmi dati dalle comunità costiere statunitensi, e basati principalmente su dati sismici e monitoraggio del livello del mare lungo le coste, si sono infatti dimostrati falsi. Un falso allarme può essere seguito da un'evacuazione non necessaria che, oltre ad essere rischiosa per la popolazione, è anche notevolmente costosa (l'inutile evacuazione di Honolulu nel 1986 è costata 30 milioni di dollari all'economia locale). Come si può dunque fronteggiare una simile emergenza? Secondo i maggiori esperti mondiali, riunitisi la scorsa primavera a Santa Monica in California, la chiave del problema sta nel seguire a passo a passo l'evoluzione dello tsunami fin dal manifestarsi della scossa sismica. L'enorme quantità di informazioni necessaria ad assolvere un simile compito sarà ottenuta posizionando, nei prossimi anni, un gran numero di appositi strumenti in altrettante zone strategiche. Il punto forte di questo progetto saranno i misuratori di pressione del fondo o Bpr (bottom pressure recorder). Questi strumenti traducono le variazioni di pressione sul fondo oceanico, indotte dal passaggio della cresta e della coda dell'onda tsunami, in variazioni dell'altezza dell'onda. La sensibilità di questi dispositivi è tale che, posti a cinquemila metri di profondità, possono rivelare differenze in altezza inferiori a 1 millimetro. I dati raccolti dai Bpr, ancorati sul fondo oceanico, verranno inviati per mezzo di segnali acustici ad una boa di superficie e da qui, tramite un satellite, arriveranno ai centri di controllo sulla terraferma. Pochi minuti dopo il verificarsi di un evento sismico sarà quindi possibile registrare la nascita di uno tsunami, valutarne l'intensità quando ancora si trova in mare aperto, prevedere con opportuni modelli l'effetto che avrà sulle coste e decidere o meno per l'evacuazione. Ai Bpr verrà affiancata anche una rete di rivelatori sismici con il compito di fornire rapidamente dati attendibili a numerosi centri di allerta collegati fra loro via Internet. Nonostante vi siano ancora molti punti da chiarire sulla natura degli tsunami, i notevoli progressi degli ultimi cinque anni rappresentano ben più di uno spiraglio di luce per milioni di persone che vivono nelle regioni a rischio. Danilo Prella Università di Pavia




La Stampa Sommario Registrazioni Tornén Maldobrìe Lia I3LGP Scrivi Inizio