TUTTOSCIENZE 11 novembre 98


SPECIALE SPAZIO. ESPLORARE L'UNIVERSO A cavallo di un raggio di sole Nello spazio con il cd-rom di Specchio
Autore: VICO ANDREA

ARGOMENTI: ASTRONOMIA, DIDATTICA, INFORMATICA
NOMI: REGGE TULLIO, BIANUCCI PIERO
ORGANIZZAZIONI: LA STAMPA, SPECCHIO DELLA STAMPA, TUTTOSCIENZE
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, TORINO (TO)
NOTE: CD-ROM «NELLO SPAZIO TRA LE STELLE»

IN astronomia le distanze sono così grandi che per misurarle è stata inventata una apposita unità di misura: la velocità della luce. Immaginiamo allora di poter esplorare l'universo a cavallo di un raggio di Sole. Dopo appena 8 minuti e 20 secondi di viaggio abbiamo già raggiunto la Terra e, piegando leggermente di lato, basta appena 1 secondo per coprire la distanza Terra-Luna. Proseguendo la cavalcata verso i confini del sistema solare, in 5 ore ci lasciamo alle spalle Marte, Giove, Saturno, Urano, Nettuno e Plutone. Poi il viaggio sarà noiosissimo per un paio d'anni: null'altro che qualche asteroide ghiacciato fino alla nube di Oort, dove è buio pesto e occorre fare attenzione per non andare a sbattere contro qualche cometa, nera e "spenta" perché il Sole è già troppo lontano. Finalmente, dopo 4 anni e 3 mesi, ecco Proxima Centauri, la stella più vicina al nostro Sole. Se non avete tutto questo tempo a disposizione, ma siete curiosi e volete cimentarvi comunque nell'esplorazione dell'universo, da sabato 14 novembre c'è un altro sistema. Basterà raggiungere (a piedi) l'edicola più vicina ed acquistare il Cd-rom "Nello spazio tra le stelle", che sarà in edicola insieme a "Specchio", il magazine del quotidiano " La Stampa" a partire da sabato 14 novembre. Con appena 19.900 lire vi porterete a casa tutto l'occorrente per un viaggio virtuale nello spazio, comprensivo di due guide d'eccellenza: il fisico Tullio Regge e il giornalista- astrofilo Piero Bianucci. Due personaggi che nel cosmo sono di casa. Nel senso che entrambi "posseggono", per così dire, un pianetino, un asteroide (il numero 3778 per Regge e il numero 4821 per Bianucci) che l'Unione astronomica internazionale ha voluto intitolare loro quale riconoscimento per tutto quello che hanno fatto, nelle rispettive professioni, per favorire la conoscenza del cielo. "Nello spazio tra le stelle" è il secondo Cd-rom della collana "VirtLab", ideata per "Tuttoscienze" da Federico Tibone. Il primo, uscito giusto un anno fa, è stato il fortunatissimo disco - firmato da Tullio Regge - dedicato alla teoria della Relatività di Einstein. E' importante sottolineare che si tratta di opere inedite e non di rimasticature di Cd-rom stranieri (di cui ci si limita a tradurre il contenuto) o dello smembramento di multimedia più complessi ormai fuori mercato e riproposti a puntate. Con oltre sei mesi di lavoro, Regge, Bianucci e Tibone hanno messo insieme 700 immagini ad alta definizione, 30 minuti di filmati provenienti dalle missioni spaziali dell'Esa e della Nasa, oltre 500 schede multimediali e l'equivalente di 500 pagine di testo. L'agile struttura del Cd-rom permette a ciascuno di impostare il viaggio tra le stelle secondo i propri gusti. Si può curiosare qua e là senza un itinerario preciso, puntare dritto a un determinato e circoscritto argomento oppure seguire un vero e proprio corso di astronomia e astrofisica. Non a caso il sottotitolo di questo Cd-rom è "Da Galileo alla sonda Gali leo", cioè dall'inizio dell'astronomia in senso moderno, grazie al primo rudimentale cannocchiale, alle scoperte più recenti, ottenute grazie alle navicelle interplanetarie (tra le quali la sonda " Galileo" che sta attualmente esplorando il sistema di Giove e che avrebbe scoperto oceani di acqua allo stato liquido sotto i ghiacci del satellite Europa). Una volta installato sul computer (il Cd-rom funziona sia in ambiente Macintosh sia su pc, dove gira con Windows 98 e 95, ma anche con le versioni NT e 3.x), il menù iniziale propone la Storia dello studio del cielo e delle esplorazioni spaziali (con una dettagliata cronologia che parte dal 4230 a.C. e osa avventurarsi fino al 2030, e una mappa dei principali luoghi d'interesse per gli astrofili) oppure quattro diverse opzioni: l'Aula, il Labo ratorio, la Biblioteca e l'Edi cola. Infatti la collana VirtLab ha lo scopo di offrire una sorta di campus virtuale in cui gli studenti (senza limiti d'età, purché curiosi) si possano muovere in piena libertà, trovando sempre il linguaggio appropriato (c'è chi predilige filmati e animazioni, chi è a suo agio con la tradizionale pagina di testo) e un consono livello di approfondimento. Del Laboratorio parliamo più in dettaglio qui a fianco. Per quanto riguarda l'Aula segnaliamo la possibilità di seguire ben 47 diverse lezioni, organizzate in 5 argomenti ("Eppur si muo ve", "Come si osserva l'uni verso", "Il Sistema Solare", " Stelle e galassie", "Interro gativi cosmici"), mentre la Biblioteca offre pagine e pagine di approfondimento, una serie di siti Internet da visitare (con tanto di collegamento gratuito per 15 giorni) e l'elenco degli osservatori astronomici italiani. Infine, l'Edicola, con una nutrita schiera di articoli scientifici tratti dalle ultime dieci annate di "Tuttoscienze", altri indirizzi Internet e una serie di domande e risposte a cui Regge e Bianucci rispondono a viva voce (per inciso, anche le musiche che accompagnano la navigazione sono originali). Il tutto condito con una serie di "Spil li", cioè notizie e curiosità in pillole: lo sapevate che sulla sonda " Voyager 2" c'è un disco con inciso lo schiocco di un bacio? Andrea Vico


SPECIALE SPAZIO. ECLISSE TOTALE Buio sull'Europa centrale Segnatevi questa data: 11 agosto '99
Autore: BARONI SANDRO

ARGOMENTI: ASTRONOMIA
LUOGHI: ITALIA

DOPO l'eclisse totale di Sole avvenuta il 15 febbraio 1961, al mattino, che fu visibile dal Sud del Piemonte, dalla Liguria, dalla Toscana e dalle Marche, includendo, ma al limite, a Nord Torino e a Sud Pescara (per quanto riguarda l'Italia), un'altra eclisse totale interesserà il centro Europa mercoledì 11 agosto 1999. La fascia della totalità dell'eclisse inizierà nel Nord Atlantico poi passerà nel Sud dell'Inghilterra quindi passerà sul continente europeo (Francia, Germania, Austria, Ungheria, Romania) per andare sul Mar Nero poi in Oriente sino al Golfo del Bengala, dove l'eclissse avrà il suo termine. In Italia l'eclisse dell'11 agosto 1999 sarà solamente parziale. E ovviamente il Sole sarà coperto dalla Luna molto più al Nord che al Sud, in quanto la totalità riguarda il centro Europa. Un'eclisse di Sole avviene quando la Luna si interpone fra la Terra e il Sole. Ma in quale punto incomincia la Luna ad intaccare il Sole, dando così inizio al fenomeno? Dove sarà la Luna alla massima copertura del Sole? Da dove uscirà la Luna dal disco solare? A queste domande possiamo rispondere, nel caso di Torino, guardando uno dei disegni riprodotti in questa pagina. Qualche chiarimento per i meno esperti di astronomia. Gli angoli che seguono i tempi dell'inizio, della centralità e della fine sono misurati in senso antiorario a partire dal punto in alto del Sole. Il Nord solare si sposta dal sorgere al tramonto mentre il punto in alto che idealmente prolungandolo passa sopra al nostro capo ed è per definizione diretto ad un punto sopra di noi chiamato Zenit, questo è sempre situato nella parte più alta del Sole. Questa eclisse avviene intorno al "mezzogiorno vero" in tutta Italia, e quindi ci offre una opportunità molto speciale: quella di raccogliere su un foglio bianco l'immagine del Sole parzialmente eclissato. Per fare ciò bisogna "usare" una "meridiana classica", come quelle che si trovano in alcune chiese d'Italia, per esempio nel Duomo di Milano. Il fascio di luce che entra da un foro nella copertura nei pressi del mezzogiorno vero e che forma l'immagine del Sole che incrocerà una barra di ottone infissa nel pavimento, può essere intercettato con un foglio bianco, in tale circostanza apparirà il Sole parzialmente eclissato. Una fotografia di una persona con in "mano" il Sole sarà sicuramente da antologia. Tuttavia si può ovviare anche con un metodo più casalingo che consiste nel raccogliere l'immagine del Sole dietro ad un foglio con un piccolo foro e tenuto ad una conveniente distanza, sarà sempre una bella foto con il Sole eclissato in mano. Appuntamento l'11 agosto 1999 mercoledì, anche se Torino, fra le città italiane del Nord, non è tra le più favorite, la copertura del Sole sarà grande e creerà sicuramente uno spettacolo indimenticabile. Sandro Baroni Planetario di Milano


SPECIALE SPAZIO. UNIVERSO VIOLENTO Catastrofi cosmiche tra coppie di buchi neri Ne sono un indizio lampi di raggi gamma e onde gravitazionali
Autore: FRE' PIETRO

ARGOMENTI: ASTRONOMIA, FISICA
LUOGHI: ITALIA

IL concetto di buco nero preesiste alla relatività generale di Einstein. Già Laplace e prima di lui l'astronomo inglese Mitchell si erano chiesti se esistessero regioni di spazio in cui il campo gravitazionale fosse così forte che nemmeno i raggi luminosi potessero sfuggire alla sua inesorabile attrazione. Ma fu soltanto con le equazioni di Einstein (1915) e con la scoperta della loro soluzione a simmetria sferica (Schwarzschild, 1916) che il fantasioso concetto ricevette una solida formulazione fisica e matematica. L'ufficiale tedesco Schwarzschild morì pochi mesi dopo la sua scoperta per un'infezione contratta sul fronte della Prussia orientale, ma la soluzione che porta il suo nome è stata oggetto di studio e riflessione concettuale per i successivi ottant'anni. Oltre a fornire lo strumento per calcolare gli effetti relativistici più noti e costituenti i classici test della relatività generale (avanzamento del periastro nelle orbite dei pianeti, deflessione gravitazionale dei raggi luminosi) la soluzione di Schwarzschild costituisce il modello matematico preciso di un buco nero non ruotante. Oggi sappiamo che la fantasiosa ipotesi di Laplace e Mitchell è in realtà una situazione molto comune nel nostro universo: tutte le stelle la cui massa è maggiore di tre masse solari sono destinate a trasformarsi in buchi neri. Esaurito il combustibile nucleare che le fa risplendere e che fornisce la pressione in grado di contrastare l'attrazione gravitazionale, esse collassano inesorabilmente. La loro massa si concentra in un punto dello spazio nascosto alla vista esterna da un orizzonte degli eventi. Per definizione l'orizzonte è una superficie dalla quale nessun segnale può sfuggire, nemmeno i raggi di luce. Grazie alle possibilità fornite dalla strumentazione a bordo dei satelliti artificiali, gli astrofisici hanno fatto grandi progressi nella caccia ai buchi neri di massa stellare e possono affermare di avere identificato una dozzina di candidati per i quali l'evidenza si traduce in ragionevole certezza. Altri giganteschi buchi neri di centinaia di migliaia o milioni di masse solari si ritiene siano al centro delle galassie (inclusa la nostra Via Lattea) e ne costituiscano i cosiddetti nuclei attivi. Attorno a questi giganti vi è un vorticoso susseguirsi di cataclismi dovuto all'affollamento di materia che precipita nel buco nero a velocità prossime a quella della luce ed irraggia energia sotto molteplici forme. Tuttavia è proprio questa alta densità a rendere l'interno del nucleo galattico opaco e per ora poco accessibile alle nostre osservazioni. I buchi neri sono oggetti dotati di straordinarie proprietà e costituiscono una situazione esterna in cui la consistenza logica e l'unificazione tra le leggi fondamentali della fisica vengono messe a prova severa. E' in particolare la relazione tra la meccanica dei quanti, responsabile per la spiegazione dei fenomeni su scala atomica e subatomica e la teoria del campo gravitazionale ad assumere preminenza nelle vicinanze di un orizzonte degli eventi. La conseguenza più spettacolare fu derivata circa venticinque anni fa dal famoso fisico inglese Stephen Hawking, il quale mostrò che un buco nero non è totalmente spento, bensì irradia una debolissima radiazione termica ad una temperatura che è inversamente proporzionale alla sua massa. In altre parole esso evapora lentamente e mentre evapora si riscalda. Il processo si autoaccelera e nei suoi ultimi istanti di vita un buco nero diventa luminosissimo. Se però calcoliamo il tempo necessario all'evaporazione totale di un buco nero di massa stellare troviamo un numero pari a circa 10 alla sessantacinque anni, cioè milioni di volte l'età dell'universo che è di 14-20 miliardi di anni. Dunque: vi è poca speranza di osservare direttamente l'evaporazione dei buchi neri a meno che, come molti scenari prevedono, non vi siano dei mini buchi neri prodotti all'inizio dei tempi durante il Big Bang che ha dato origine al nostro Universo. In ogni caso il fatto che i buchi neri abbiano una temperatura e irraggino una radiazione termica implica che essi abbiano un'entropia come un qualunque altro sistema termodinamico. All'inizio degli Anni 70 Bekenstein mostrò che questa entropia è un quarto dell'area dell'orizzonte degli eventi. Dopo questi lavori fu chiaro che esiste una termodinamica dei buchi neri con un primo, un secondo e un terzo principio, analoga alla termodinamica ordinaria. Tuttavia la nostra comprensione della fisica dei buchi neri era a questo punto paragonabile alla comprensione ottocentesca della termodinamica classica prima dell'interpretazione statistica di Boltzmann. In assenza di una teoria quantistica della gravitazione mancava la possibilità di spiegare l'entropia del buco nero come conteggio del numero di microstati quantistici racchiusi all'interno dell'orizzonte. Notevoli progressi nella teoria delle stringhe occorsi negli ultimi 3-4 anni hanno cambiato questa situazione. Ora esistono esempi di configurazioni di buco nero dove l'interpretazione statistica dell'entropia di Bekenstein-Hawking (un quarto dell'area dell'orizzonte) è accessibile. L'interesse per i buchi neri, già alto in passato, si è enormemente allargato nei tempi recenti e ha coinvolto comunità scientifiche diverse in un arco che si estende dall'astrofisica, alla matematica, alla teoria dei campi e delle stringhe. Sull'onda di questo interesse la società italiana di relatività generale, in collaborazione con l'Università di Milano, sede di Como ha organizzato un corso sulla fisica di questi misteriosi oggetti. Il corso si è tenuto nella stupenda cornice di Villa Olmo sul lago di Como e vi hanno partecipato una cinquantina di studenti provenienti da vari Paesi europei e dagli Stati Uniti. Sono stati toccati tutti gli aspetti della teoria e dell'osservazione, ma certamente la novità più interessante di cui, a chiusura della scuola, ha parlato Aldo Treves sono gli impulsi di raggi gamma la cui rivelazione è iniziata in maniera sistematica dello scorso anno grazie al satellite italo- olandese "Beppo Sax" (così chiamato in onore del fisico "Beppo" Occhialini). Si tratta di segnali improvvisi costituiti da raggi gamma (la radiazione elettromagnetica emessa nelle transizioni nucleari) che provengono uniformemente da tutti gli angoli dell'universo e con una frequenza di circa uno al giorno. I dati sono recentissimi: l'interpretazione più probabile è che si tratti della radiazione emessa quando due stelle di neutroni (oggetti provvisti di una massa solare, ma così densi da avere un raggio di solo qualche chilometro) o quando due buchi neri di massa stellare si avvicinano così tanto da coalescere in un unico buco nero. Il fenomeno è molto raro: si stima che ve ne sia uno per galassia ogni 300 mila anni, ma le galassie sono tante e la frequenza totale è appunto di circa uno al giorno per tutto l'universo. Se gli studi futuri convalideranno questa interpretazione siamo di fronte a un dato estremamente incoraggiante. Queste coalescenze sono infatti potenti sorgenti di onde gravitazionali che dovrebbero poter essere rivelate quando i due interferometri, Virgo costruito presso Pisa da una collaborazione italo-francese e Ligo costruito negli Stati Uniti diventeranno operativi, cioè nei primi anni del prossimo millennio. Nelle speranze dei fisici di tutto il mondo essi saranno un nuovo " telescopio" che ci permetterà, forse, di vedere che cosa accade dentro i nuclei galattici e di studiare lo stupefacente fenomeno della "fusione" tra buchi neri. Pietro Frè Università di Torino


SPECIALE SPAZIO. STA VIAGGIANDO VERSO UN ASTEROIDE "Deep Space", prima sonda intelligente Dotata di un motore dalla resa 10 volte più alta
Autore: DI MARTINO MARIO

ARGOMENTI: ASTRONOMIA
ORGANIZZAZIONI: NASA
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. La rotta di «Deep Space»

LA filosofia "più in fretta, meglio, a costi minori" che la Nasa ha scelto qualche anno fa incomincia a dare frutti. E' finita l'epoca di missioni come "Galileo" e "Cassini", i cui costi sono stati di alcuni miliardi di dollari e il cui sviluppo ha richiesto tempi superiori ai 10 anni, ed è iniziata quella delle piccole missioni, con obiettivi precisi e limitati, economiche e di sperimentazione di nuove tecnologie. I principali programmi di esplorazione spaziale in corso da parte dell'agenzia spaziale americana sono due, il " Discovery", che prevede il lancio di almeno una sonda interplanetaria all'anno, di costo non superiore ai 150 milioni di dollari e il "New Millennium", le cui missioni dovranno sperimentare tecnologie di avanguardia che saranno utilizzate nelle imprese spaziali del prossimo secolo. La prima sonda di quest'ultimo programma, "Deep Space 1" ("Spazio Profondo 1"), dopo un periodo di sviluppo di soli 39 mesi, è stata lanciata con successo il 25 ottobre e, se tutto andrà secondo le previsioni, sarà una missione storica, una pietra miliare nel cammino dell'esplorazione spaziale. Tra gli scopi principali della missione c'è infatti quello di sperimentare per la prima volta la propulsione elettro-ionica. A differenza dei razzi a propellente chimico, i motori a ioni richiedono una minor quantità di propellente e forniscono un'accelerazione quasi continmua permettendo di raggiungere velocità fino a poco tempo fa inimmaginabili. Il motore di Deep Space 1 produce un impulso specifico (rapporto tra la spinta e il propellente usato per ottenerla) 10 volte superiore a quello dei motori a razzo convenzionali. Ma le novità non finiscono qui. Il " cervello" di Deep Space 1 è costituito da un computer dell'ultima generazione programmato con un sofisticatissimo software di intelligenza artificiale denominato "agente remoto". Si tratta di un sistema completamente nuovo, che potremmo considerare come un piccolo "Hal serie 9000" di "2001 Odissea nello Spazio", che è in grado di pianificare, prendere decisioni ed operare senza intervento umano. Il sistema pensa ed agisce da solo e, quando si accorge che qualcosa non va, decide al riguardo in maniera autonoma e se non è in grado di risolvere il problema chiede aiuto a Terra. L'innovativo sistema di navigazione, confrontando la posizione di 250.000 stelle e 250 asteroidi memorizzata nel computer di bordo con le immagini riprese dalla sua telecamera, calcola e corregge la traiettoria della sonda. I sistemi finora impiegati dipendono invece quasi del tutto dai controllori a Terra. Verranno inoltre sperimentati degli speciali concentratori della radiazione solare, studiati nell'ambito del programma di "Scudo Spaziale", che serviranno a fornire l'energia elettrica necessaria al funzionamento del motore a ioni. E' un sistema molto più efficiente e meno pesante e costoso di quelli convenzionali. Infine la strumentazione scientifica di cui è dotata Deep Space 1 (telecamere, spettrometri...), grazie all'impiego di tecnologie dell'ultimissima generazione, è costituita da sistemi ultraminiaturizzati a bassissimo consumo di energia, che hanno permesso di rendere la sonda più piccola, più leggera ed efficiente. Uno dei grossi difetti delle mastodontiche missioni del passato, come la "Cassini" lanciata verso Saturno lo scorso anno, consisteva nel fatto che, a causa dei lunghi tempi di sviluppo, le tecnologie utilizzate per la costruzione degli strumenti di bordo al momento del lancio risultavano ormai quasi tutte obsolete. L'obiettivo scientifico principale della missione sarà l'asteroide 1992 KD. E' un oggetto le cui dimensioni sono stimate in circa 3 km e che ha un'orbita molto eccentrica, con un periodo di 3,6 anni, che lo porta periodicamente all'interno e al di là dell'orbita di Marte, sino ad una distanza massima dal Sole di 500 milioni di km (oltre tre volte la distanza Terra-Sole). A parte queste informazioni non sappiamo altro di 1992 KD: nè la composizione mineralogica nè le proprietà rotazionali (periodo di rotazione attorno al proprio asse, direzione dell'asse polare, forma). A questo riguardo il gruppo di Planetologia dell'Osservatorio di Torino ha organizzato una campagna osservativa internazionale che ci vedrà impegnati in Sud Africa ed Argentina per poter ottenere nei primi mesi del prossimoi anno (periodo in cui 1992 KD sarà visibile da Terra) la maggior quantità possibile di informazioni, che saranno molto utili per ottimizzare il ritorno scientifico della missione quando, nel luglio 1999, Deep Space 1 incontrerà 1992 KD. La sonda passerà, ad una velocità di 15 km/sec, a soli 10 km dalla superficie dell'asteriode - la quota di crociera dei normali aerei di linea - a meno che il sistema autonomo di navigazione, sulla base dell'accuratezza della posizione di 1992 KD misurata il giorno prima dell'incontro, non decida di far avvicinare Deep Space 1 a meno di 5 km. Sarà questo il momento più delicato, durante il quale l'"agente remoto" dovrà lavorare al meglio. Nel corso di questo passaggio radente, impossibile da effettuare se la manovcra fosse diretta da Terra, verranno riprese immagini panoramiche e ad alta risoluzione mediante le quali si potranno valutare con esattezza le dimensioni, la forma e la morfologia superficiale dell'asteroide. Con le misure effettuate dallo spettrometro di bordo si potrà determinare la sua precisa composizione mineralogica, mentre le perturbazioni indotte dal debole campo gravitazionale di 1992 KD sulla sonda permetteranno di calcolarne massa e densità. Infine, le variazioni nel flusso del vento solare eventualmente rilevate nelle vicinanze dell'asteroide serviranno a stabilire se quest'oggetto possiede un campo magnetico. Se tutto andrà per il meglio potremo avere immagini della superficie di 1992 KD in cui saranno distinguibili particolari delle dimensioni di alcune decine di centimetri. La prima fase della missione, durante la quale verranno sperimentate nello spazio le nuovissime tecnologie utilizzate per il sistema di propulsione e per la realizzazione degli strumenti di bordo, terminerà verso la fine del prossimo settembre. A questo punto è probabile che la missione venga estesa sino al dicembre 2001 e che la sonda sia diretta verso le comete periodiche Wilson-Harrington (una cometa che mostra ormai flebili segni di attività) e Borrelly, il cui incontro è previsto rispettivamente per il gennaio ed il settembre 2001. I rischi connessi alla sperimentazione nello spazio profondo di tecnologie così rivoluzionarie sono molto alti, ma se le cose non andassereo come previsto, grazie ai brevi tempi di sviluppo ed ai bassi costi di realizzazione, sarà relativamente facile ripetere l'impresa. Mario Di Martino Osservatorio Astronomico di Torino


SPECIALE SPAZIO E' polvere di cometa Previsioni (incerte) per quest'anno e per il 1999
Autore: GUAITA CESARE

ARGOMENTI: ASTRONOMIA
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. L'orbita della cometa

IL 17 novembre 1966, un'ora dopo che la Terra era passata alla minima distanza dall'orbita della cometa Tempel-Tuttle, sugli Stati Uniti e sul Canada si contarono 150.000 meteore Leonidi all'ora. Purtroppo, però, non sempre il ritorno della cometa Tempel-Tuttle ha portato con sè una pioggia imponente delle meteore ad essa associate. Lo studio più accurato per chiarire l'intricato problema lo ha fatto nel 1981 Donald Yeomans (Jpl), uno dei maggiori esperti mondiali in materia. Innanzitutto Yeomans ha cercato testimonianze del comportamento delle meteore novembrine, risalendo il più possibile lontano nel passato, a partire addirittura dall'anno 902. A questa documentazione storica si aggiunsero, nel secolo scorso, i resoconti scientifici. Humboldt fu il primo scienziato ad essere testimone di una grande tempesta di Leonidi, quella sul Venezuela del 12 novembre 1799. Si arriva quindi alla notte del 12-13 novembre 1833 quando, sotto gli occhi del matematico americano Olmsted (Yale University), cascarono su Boston decine di migliaia di meteore: l'apparente provenienza dalla costellazione del Leone fece loro assegnare, per la prima volta, il nome di Leonidi. Consistente, ma non così spettacolate, la tempesta della notte del 13-14 novembre 1866: 5000 meteore/ora sull'Europa e 1000 meteore/ora in America. Invece nel 1899 e 1933, nonostante le attese non successe nulla! La delusione fu grande anche se, inaspettatamente, due piccole tempeste (1000-2000 meteore/ora) furono osservate nel novembre del 1900 e del 1901. Il fatto è che nel 1899 e nel 1933 non venne neanche rintracciata la Tempel-Tuttle: da qui l'ipotesi che la cometa si potesse essere frammentata. Invece 33 anni dopo, nel 1966, si ebbe una grandiosa tempesta! Yeomans ha cercato di collegare tutte queste informazioni sulle Leonidi alla corrispondente posizione orbitale della cometa ad esse associata, perfettamente calcolabile in base ad accurate simulazioni computerizzate. Questa analisi computerizzata è stata fondamentale ed ha compensato il fatto che la minuscola Tempel-Tuttle sia stata direttamente rintracciata solo 5 volte (1998 compreso) negli ultimi 20 passaggi. Ecco, in sintesi, i risultati raggiunti. Yeomans ha notato che, nel momento in cui la Terra attraversa il piano orbitale della cometa Tempel-Tuttle, due sono i parametri fisici piò importanti per il comportamento dello sciame: 1) la distanza in u.a. (unità astronomica, equivalente alla distanza Terra-Sole di 150 milioni di km) dell'orbita della cometa dalla Terra; 2) il tempo (in giorni) precedenti o seguenti il perielio della cometa. E' risultato allora chiaro che sciami di Leonidi molto intensi (1000 meteore/ora) si verificano dopo il perielio (la Tempel-Tuttle è tornata quest'anno dopo 33 anni, passando al perielio lo scorso 28 febbraio) e quando la Terra si avvicina a meno di 0,01 u.a. all'orbita della cometa. Più precisamente, è più intensa una eventuale tempesta quanto più è ridotta la distanza tra l'orbita della cometa e la Terra. Così, le grandi tempeste del 1833 e del 1966 sono avvenute con la cometa passata rispettivamente a 0,0012 u.a., e 0,0031 u.a. all'interno dell'orbita terrestre. Il fatto è che, secondo i calcoli di Yeomans, questa distanza viene di continuo modificata da eventuali passaggi della cometa nelle vicinanze dei grandi pianeti Giove, Saturno e Urano. Così non si ebbe alcuna tempesta nel 1899 perché la Tempel-Tuttle, essendo passata nel 1870 vicino a Saturno e nel 1898 vicino a Giove, si è vista allontanare l'orbita fino a 0,0117 u.a. all'interno di quella della Terra. Nel prossimo 17 novembre (e anche nel '99) questa distanza diventerà 0,008 u.a., causa un passaggio della Tempel-Tuttle a 0,92 u.a. da Urano, avvenuto nel gennaio '83: una posizione intermedia tra quella del 1899 (quando non successe nulla) e quella del 1833 e del 1966 (quando ci furono imponenti tempeste), quindi si può pensare che una eventuale tempesta avrà intensità a sua volta intermedia. Se tempesta ci sarà il prossimo 17 novembre (notte di Luna nuova!), nessuno può dire quando esattamente ci sarà. La logica sembra indicare come momento più probabile quello in cui la Terra attraversa il piano orbitale della Tempel-Tuttle, esattamente alle 19 e 45 T.U.: in questo caso sarebbero favorite le regioni asiatiche. Ma tendenzialmente nel passato le tempeste grandi o piccole sono avvenute dopo il passaggio della Terra sul piano della cometa: quindi le speranze sono tutt'altro che scarse! Se poi la tempesta si dovesse verificare il prossimo anno, nel 1999, l'Europa sarà particolarmente favorita (ma disturberà la Luna di 9 giorni): la Terra passerà sul piano della cometa all'1 e 50 T.U. del 18 novembre '99. Se invece ci sarà tempesta nel 2000 ci sono poche speranze per noi: la Terra infatti attraverserà il piano orbitale della Tempel-Tuttle il 17 novembre 2000 alle 8 e 05 T.U. quando sarà buio solo sul continente americano. Secondo i calcoli di Yeomans, se perderemo la prossima tempesta, dovrà passare un secolo perché le Leonidi tornino a far parlare di sè. Nell'agosto del 2029 (quindi due anni prima del perielio del maggio 2031) la Tempel-Tuttle passerà a sole 1,5 u.a. da Giove: ciò farà aumentare la distanza dell'orbita della cometa dalla Terra a 0,0162 u.a. Solo nel 2098 si ripresenteranno condizioni favorevoli, quando la distanza si ridurrà a 0,0062 unità astronomiche. Cesare Guaita Planetario di Milano


SPECIALE SPAZIO Idee forti regalate alla cultura
Autore: BIANUCCI PIERO

NOMI: GLENN JOHN
ORGANIZZAZIONI: NASA
LUOGHI: ITALIA

JOHN Glenn è felicemente tornato dalla sua impresa spaziale: otto giorni sullo Shuttle a 77 anni, 6 milioni di chilometri percorsi in assenza di peso. Nel destino di Glenn scienza e propaganda si sono sempre intrecciate. Nel 1962 fu lui - primo americano in orbita - a pareggiare il conto con il russo Gagarin e a ridare orgoglio agli Stati Uniti umiliati dall'Unione Sovietica. Trentasei anni dopo, alla vigilia del lancio della Stazione spaziale internazionale, è ancora lui a restituire smalto a una Nasa appannata e ad aiutare il presidente Clinton a far dimenticare l'improprietà della sua storia con Monica. C'è però un "effetto Glenn" più importante: le imprese spaziali sono tornate in prima pagina e così la gente ha riscoperto una delle più importanti avventure intellettuali dell'umanità, probabilmente quella che, con la scoperta dell'energia atomica e del codice genetico, renderà memorabile il nostro secolo. Questo numero di Tuttoscienze interamente dedicato all'esplorazione dello spazio, alla cosmologia e all'astrofisica è una buona occasione per richiamare alcune grandi idee che queste scienze offrono alla cultura dei nostri giorni: 1) L'universo non è immutabile ma si evolve: è nato da uno scoppio di energia - il Big Bang - circa 15 miliardi di anni fa, e come ha avuto un inizio avrà una fine; in altre parole, anche l'universo ha una storia. 2) Gli elementi chimici di cui siamo fatti - carbonio, ossigeno, carbonio, calcio... - non si sono formati nel Big Bang ma sono stati prodotti dentro le stelle tramite le reazioni termonucleari da cui le stelle traggono la loro energia: da questo punto di vista possiamo dire di essere "figli delle stelle". 3) La nostra posizione nel cosmo è molto marginale: abitiamo su un pianeta di una stella periferica, sperduta in una galassia tra i miliardi di galassie che popolano lo spazio. 4) Ciò che riusciamo a osservare in quanto emette luce o qualche altra forma di radiazione è meno del 10 per cento dell'universo esistente: il 90 per cento del cosmo pare costituito da materia oscura che sfugge alle nostre osservazioni. 5) Nonostante questa marginalità, tutta l'evoluzione dell'universo dall'origine ad oggi sembra congiurare per rendere possibile la nostra vita. 6) E' probabile che nell'universo esistano molte altre civiltà e non si può escludere che un giorno diventi possibile il contatto tra l'umanità e altre forme di vita intelligente. 7) Le sonde spaziali hanno rivoluzionato le conoscenze sui dintorni della Terra, trasformando l'astronomia del sistema solare in un capitolo della geografia: è sempre più provinciale pensare in termini nazionalistici, e persino "terrestri". Pochi, tra gli intellettuali, i filosofi e gli scrittori (per non parlare dei politici) sembrano aver capito questa rivoluzione culturale. Per adesso letteratura, filosofia e politica non hanno saputo trarre profitto dalle grandi idee che le scienze dello spazio mettono a disposizione dell'umanità. Ma le idee sono lì. Piero Bianucci


SPECIALE SPAZIO IL CIELO VI STUPIRA' Tempesta di stelle cadenti il 17 novembre
Autore: CEVOLANI GIORDANO

ARGOMENTI: ASTRONOMIA
LUOGHI: ITALIA

FORSE intorno al 17 novembre assisteremo a uno spettacolare incontro tra la Terra e uno sciame di meteore - le Leonidi - che ogni 33 anni intensificano la loro attività in coincidenza con il passaggio al perielio della cometa alla quale si deve questa "pioggia di stelle cadenti", la Tempel-Tuttle. Il suo passaggio al perielio è avvenuto a febbraio. La Terra attraverserà il punto nodale tra la propria orbita intorno al Sole e l'orbita della cometa il 17 novembre. In seguito al riscaldamento, il nucleo cometario ha perso polvere e frammenti, in genere non più grandi di un granello di sabbia o di un chicco di riso, che entreranno nell'atmosfera terrestre alla velocità di più di 250 mila chilometri orari, vaporizzandosi completamente e lasciando dietro di sè una scia luminosa. Nell'ultimo incontro al perielio della cometa, avvenuto nel 1966, il flusso delle Leonidi osservato all'Osservatorio di Kitt Peak in Arizona fu di 150 mila meteore (40 meteore al secondo) per mezz'ora, e l'eccezionale evento durò parecchie ore anche se con minore intensità. In pratica solo le Leonidi in questi due ultimi secoli hanno prodotto eccezionali "piogge" al ritmo di almeno una meteora al secondo, perché una cometa a breve periodo come la Tempel- Tuttle è in grado in tempi ristretti di rifornire di polvere e frammenti la corrente meteorica che osserviamo a novembre di ogni anno. Oltre alla pioggia di meteore del 1966, mirabili sono state quelle del 1799 e soprattutto del 1833 (il 13 novembre, per l'esattezza). Come tutti gli sciami meteorici che sono di origine cometaria e asteroidale, le Leonidi prendono il loro nome dalla costellazione (quella del Leone in questo caso) dalla quale, per un effetto prospettico, sembrano scaturire. Le stelle cadenti non costituiscono un pericolo per la nostra biosfera, perché l'attrito con l'atmosfera agisce come un potente filtro protettivo che è in grado di renderle innocue, dissipandone l'energia in calore, luce e ionizzazione dell'aria. E' vero che la Terra raccoglie giornalmente dallo spazio una media di 500 tonnellate tra sassi, polvere, acqua e gas ma in circa 4 miliardi di anni il nostro pianeta ha incrementato la sua massa meno dell'1 per cento. Ben altro discorso va fatto se consideriamo il pericolo costituito da questi meteoroidi per le migliaia di oggetti in orbita. Il possibile show delle Leonidi di fine secolo sta creando non pochi grattacapi alle Agenzie Spaziali di tutto il mondo che arrivano a ipotizzare scenari molto preoccupanti per l'avvicinarsi dell'appuntamento di metà novembre. In quella data, i lanci di razzi verranno sospesi, il telescopio spaziale "Hubble" sarà puntato altrove, e i pannelli solari dei satelliti saranno orientati in senso contrario alla linea di fuoco di questi proiettili che, muovendosi su linee tra loro parallele costituiscono una corrente di particelle altamente direzionale. Perché tanta preoccupazione? La risposta è semplice. Una Leonide ha 50 volte l'energia di un "bullone" di alluminio di 1 centimetro avente la stessa massa che viaggia nello spazio alla velocità di 10 chilometri al secondo e che è il piccolo oggetto in grado di danneggiare parti vitali di un satellite. Ma c'è un altro aspetto più inquietante del possibile impatto catastrofico con una navicella spaziale, di per sè evento raro. Nella collisione con il mezzo spaziale, il meteoroide vaporizza completamente ma la nube di plasma che si genera è circa 1000 volte quella prodotta dal bullone e trasporta una carica elettrica che si comporta come un lampo interplanetario in grado di scaricarsi sui circuiti elettrici del satellite, inibendone così il funzionamento. Anche se sono in molti a credere che quest'anno sarà eccezionale per gli alti tassi orari delle Leonidi, la maggior parte degli astronomi prospetta uno spettacolare show soprattutto per il 1999, cioè esattamente a 33 anni dall'ultimo meteor storm del 1966. In quell'occasione, anche l'Europa centrale sarà in condizioni favorevoli per osservare l'evento. Giordano Cevolani Cnr, Bologna


SPECIALE SPAZIO. COSMOLOGIA E FISICA NUCLEARE Il tempo è asimmetrico (ce lo dimostra il kaone)
Autore: DAPOR MAURIZIO

ARGOMENTI: FISICA, ASTRONOMIA
LUOGHI: ITALIA

PERCHE' mai nell'universo l'antimateria è così rara? Dopo tutto se la materia che costituisce l'universo attuale, così come noi lo conosciamo, è uno dei prodotti del Big Bang, sembra ragionevole aspettarsi una pari quantità di antimateria. Forse una spiegazione di questa asimmetria potrebbe celarsi in una minuscola freccia del tempo che si annida nel mondo subnucleare, tra evanescenti particelle elementari. Si sa fin dagli Anni 60 che una di esse, il kaone, presenta delle singolari proprietà relative alla violazione di alcune simmetrie. Nel 1964, infatti, fu provato sperimentalmente che, talora, una piccola percentuale di kaoni decadeva violando la simmetria carica-parità. Ma vediamo di che cosa si tratta. Se, dato un processo fisico, il processo in cui particelle e relative antiparticelle sono scambiate può anch'esso realizzarsi in natura, si parla di invarianza rispetto alla coniugazione di carica e di simmetria C. Se immaginate di osservare una sfera che ruota davanti ad uno specchio, l'immagine speculare di essa ruoterà in senso inverso. Se l'immagine speculare di un dato processo fisico è anche essa un processo che può realizzarsi in natura si dice che quel dato processo conserva la parità. Si parla, in tal caso, di simmetria P. Se infine l'inversione del tempo in un dato processo fisico produce un processo anch'esso realizzabile si parla di reversibilità e di simmetria T. Uno dei teoremi fondamentali relativi al mondo subnucleare delle particelle elementari afferma che tutte le leggi della fisica sono invarianti rispetto alle operazioni combinate di tempo (T), parità (P) e carica (C). Per questo il teorema in questione è universalmente noto come teorema CPT (vedi in proposito l'articolo in "Tuttoscienze" della scorsa settimana, a pagina 2). Questo teorema vale, in particolare, anche quando le leggi non sono invarianti per le singole operazioni. Poiché il decadimento del kaone talora violava la simmetria carica-parità (CP) se ne dedusse che, per quei decadimenti, anche la simmetria temporale T dovesse essere violata: questo a causa del teorema CPT. In altri termini, il kaone individuerebbe una freccia del tempo a livello microscopico. La questione è assai sottile. Nella fisica classica si è sempre data per scontata la reversibilità dei processi fisici elementari. Le leggi classiche del moto, si sa, sono reversibili rispetto al tempo mentre l'irreversibilità è, nella fisica classica, certamente patrimonio dei sistemi complessi, costituiti da grandi numeri di particelle, la cui evoluzione procede aumentando il disordine complessivo e individuando in tal modo una asimmetria a cui corrisponde una freccia macroscopica per il tempo. Tuttavia la violazione della simmetria CP (carica-parità) che occasionalmente si verifica nel decadimento dei kaoni indica l'esistenza di una freccia del tempo più fondamentale, coinvolgente cioè processi elementari. Il fatto è che fino ad oggi nessuno era riuscito a provare direttamente la rottura della simmetria temporale T per il decadimento del kaone, se non attraverso il teorema CPT combinato con la prova sperimentale della violazione della simmetria CP. Prove sperimentali dirette della violazione della simmetria T sono state annunciate in ottobre di quest'anno da due gruppi. Uno è rappresentato dalla collaborazione Cplear del Cern di Ginevra: i risultati stanno per essere pubblicati su Physics Letters B. L'altro gruppo è rappresentato dalla collaborazione KTeV del Fermilab. Entrambi i gruppi hanno osservato asimmetrie temporali che corrispondono, sulla base del teorema CPT, a quelle della violazione della simmetria CP che erano state misurate negli Anni 60, come c'era ragionevolmente da aspettarsi. In particolare il gruppo di Ginevra ha mostrato che la velocità di trasformazione da kaone ad antikaone non è uguale a quella da antikaone a kaone. Questi esperimenti provano direttamente l'esistenza di una freccia del tempo a livello dei processi fondamentali. Se questa asimmetria riguardasse tutta la materia e l'antimateria, essa potrebbe fornire anche la risposta alla domanda che ci siamo posti all'inizio di questo articolo: se il Big Bang si verificò con un leggerissimo eccesso di materia dovuto alla violazione della simmetria T, allora c'è da aspettarsi che quasi tutta l'antimateria si sia convertita, per annichilazione con la materia, in raggi gamma (i quali, oggi assai indeboliti a causa dell'espansione dell'universo, costituirebbero la radiazione cosmica di fondo). Il piccolo eccesso di materia si sarebbe invece conservato per formare poi galassie, stelle, pianeti e, ciò che più ci interessa, esseri umani. Maurizio Dapor


SPECIALE SPAZIO Le possibilità Ciò che questo disco consente di fare (e gli altri no) Telescopio virtuale, pilotare una sonda, cercare ET
NOMI: REGGE TULLIO, BIANUCCI PIERO
ORGANIZZAZIONI: LA STAMPA, SPECCHIO DELLA STAMPA, TUTTOSCIENZE
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, TORINO (TO)
NOTE: CD-ROM «NELLO SPAZIO TRA LE STELLE»

ECCO alcune cose che questo disco permette di fare (e gli altri no): - vedere le più belle immagini del Sole, dei pianeti con i loro satelliti, delle comete e degli asteroidi, delle stelle e delle galassie, ottenute dalla Terra e dalle sonda spaziali e aggiornate all'estate 1998 - e capire anche cosa significano! - seguire lo sviluppo storico dell'astronomia e della cosmologia e comprendere la rilevanza di ciascuna delle grandi scoperte, da Galileo ai giorni nostri; - scoprire come lavorano oggi gli scienziati del cielo: cosa vedono (grazie al computer) attraverso i loro telescopi; e come cercano (con il computer) di spiegare ciò che vedono; - esplorare i modelli teorici della cosmologia contemporanea (dal big bang agli universi paralleli) e scoprire le osservazioni astronomiche che ancora attendono una spiegazione (dal mistero dei neutrini mancanti a quello dei lampi gamma); - imparare a riconoscere le costellazioni giocando, e scoprire come esse siano collegate a miti e leggende dell'antichità; - farsi raccontare le più recenti scoperte riguardo alla possibilità di vita extraterrestre (su Marte, ma anche altrove) e scoprire quale sia la probabilità che la Terra venga colpita da un asteroide o da una cometa; - calcolare in prima persona la probabilità che in giro per l'universo ci siano altre civiltà come la nostra; - pilotare una navicella spaziale che scende sulla Terra e su altri pianeti, in un gioco-sfida con diversi livelli di difficoltà a seconda della quantità di carburante disponibile; - osservare con un telescopio virtuale galassie e quasar lontanissimi e deformati dall'effetto- lente gravitazionale; - trovare tutte le istruzioni di base per potersi dedicare in prima persona all'osservazione e alla fotografia astronomica; - scoprire che molte scoperte astronomiche, dalle comete alle supernovae, oggi sono fatte da semplici dilettanti con piccoli ma potenti telescopi.


SPECIALE SPAZIO. DA "HUBBLE" Megacratere scoperto su Vesta
Autore: M_DI_M

ARGOMENTI: ASTRONOMIA
ORGANIZZAZIONI: NASA
LUOGHI: ITALIA

L'OCCHIO del telescopio spaziale "Hubble" ha scoperto un enorme cratere da impatto su Vesta. Questo piccolo pianeta, con i suoi 550 chilometri di diametro, è il terzo in ordine di grandezza della numerosa popolazione di asteroidi (più di 30.000 già noti) che orbitano attorno al Sole nella regione di spazio tra Marte e Giove. La gigantesca depressione ha un diametro di circa 460 chilometri e una profondità di una decina. Un cratere del genere proporzionato alle dimensioni della Terra occuperebbe sul nostro pianeta un'area paragonabile all'intero bacino dell'Oceano Pacifico. Che la superficie di Vesta non fosse uniforme era già stato messo in evidenza da una serie di studi effettuati dal gruppo di ricercatori di cui faccio parte, poco più di una decina di anni fa. Dall'analisi della variazione della luminosità dell'asteroide in funzione della rotazione attorno al suo asse (curva di luce) risultò infatti evidente che sulla superficie di Vesta doveva essere presente un'enorme macchia scura, la cui natura non era però determinabile sulla base dei dati di cui allora disponevamo. Una conferma dei nostri risultati si ebbe agli inizi del 1995 quando le prime osservazioni del Telescopio Spaziale rivelarono su Vesta la presenza di un'enorme ma non ben definita regione scura. Che si tratti di un cratere da impatto è stato confermato da immagini successive, ottenute quando l'asteroide si trovava alla sua minima distanza dalla Terra (110 milioni di km): sono evidenti un picco centrale che si eleva per 13 km dal fondo del cratere e un bordo esterno la cui altezza rispetto alla superficie dell'asteroide è di 7 km. La formazione del picco centrale, che caratterizza la maggior parte dei crateri da impatto presenti sui corpi solidi del Sistema Solare, è dovuta al materiale fuso, proiettato in alto al momento dell'impatto, che "congela" prima di avere il tempo di ricadere completamente sul fondo del cratere. Il calore sviluppato al momento della collisione infatti fonde le rocce della regione colpita e nella zona dell'epicentro questo fluido "rimbalza" ad altezze che sono tanto maggiori quanto più bassa è la gravità del bersaglio. Succede anche quando lanciamo una pietra nel fango: nel punto d'impatto si alza un pinnacolo che poi ricade su se stesso, mentre onde concentriche si propagano nel fluido. La collisione che ha generato il cratere proiettò nello spazio l'un per cento della massa dell'oggetto, circa 1,2 chilometri cubi di materiale. L'enorme bacino da impatto si trova in prossimità del polo Sud dell'asteroide. Probabilmente non è un fatto casuale: l'escavazione di una tale quantità di materiale se fosse avvenuta in quella che era l'originale regione equatoriale avrebbe deviato l'asse di rotazione di Vesta facendo grosso modo coincidere la posizione del cratere con il polo Sud.(m. di m.)


SPECIALE SPAZIO. LA MISSIONE "CASSINI-HUYGENS" Saturno, sbarco nel 2004 E ora parte la Stazione spaziale
Autore: RAVIZZA VITTORIO

ARGOMENTI: ASTRONOMIA
NOMI: CASSINI GIAN DOMENICO
ORGANIZZAZIONI: NASA, ASI, ESA
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. La sonda «Cassini»

DALLA missione "Cassini- Huygens" diretta verso il pianeta Saturno le notizie non potrebbero essere migliori: "A bordo tutto bene, imprevisti nessuno, il viaggio prosegue nella più assoluta regolarità". Partita da Cape Canaveral alle 4,43 (ora della Florida) del 15 ottobre '97, quella che viene considerata come la missione interplanetaria più complessa mai tentata arriverà alla sua lontanissima meta, a un miliardo e mezzo di chilometri dal Sole, nell'estate del 2004. Per quell'anno sarà in funzione anche la Stazione spaziale internazionale: venerdì 20 novembre partirà il primo modulo, al quale il 3 dicembre gli astronauti lo Shuttle uniranno il primo "nodo". Alla fine la Stazione, cui collaborano Usa, Russia, Europa, Canada e Giappone, sarà una struttura grande come un campo da calcio. Ma torniamo alla missione "Cassini". Per essa la Nasa, l'agenzia spaziale europea (Esa), e quella italiana (Asi), spenderanno 6000 miliardi. L'Italia concorre con 200 miliardi e una serie di importantissimi contributi tecnico-scientifici. La navicella è composta di due parti: la sonda "Cassini" (intitolata al celebre astronomo Gian Domenico Cassini, nativo di Perinaldo, presso Bordighera, grande studioso del pianeta e scopritore di quattro dei suoi satelliti) si dirigerà su Saturno; la sonda " Huygens" (intitolata all'olamdese Christian Huygens, collaboratore del Cassini quando questi fu chiamato in Francia da Luigi XIV per dirigere il nuovo Osservatorio di Parigi) sarà sganciata dalla navicella e scenderà su Titano, il maggiore dei satelliti di Saturno e l'unico che sia avvolto da una densa atmosfera. Il punto sullo svolgimento della missione è stato fatto, a un anno esatto dalla partenza, all'Università di Genova (con una puntata anche a Perinaldo). Le relazioni sono state tenute dall'astrofisica del Cnr Angioletta Corradini, coordinatrice degli esperimenti italiani, da Enrico Flamini dell'Asi, Giovanni Bignami, direttore scientifico dell'Asi, Jonathan Lunine dell'Università dell'Arizona, e Roberto Somma dell'Alenia Aerospazio. La navicella (5,6 tonnellate, altezza 6,7 metri) ha percorso già circa un milione di miglia, in aprile ha compiuto il primo flyby (avvicinamento) intorno a Venere e ne avrà un secondo il 24 giugnò 99 mentre nell'agosto successivo ripasserà vicino alla Terra (tutto questo per ricevere la spinta necessaria a sfuggire al campo gravitazionale); poi, orientandosi sulle stelle, punterà decisamente verso l'esterno del sistema solare, sfiorerà Giove all'alba del 2000 e arriverà nei pressi di Saturno il 25 giugno del 2004. Il 10 luglio saranno accesi i motori a razzo che metteranno Cassini in orbita intorno al pianeta, il 6 novembre sarà sganciata "Huygens". Poiché il viaggio dei segnali radio tra la Terra e Saturno richiede 2 ore, manovre ed esperimenti sono affidati a un sistema di bordo in grado di valutare le varie situazioni (in gran parte sconosciute) e di prendere decisioni. Secondo gli scienziati che per 11 anni lavoreranno alla missione il "sistema Saturno", composto dal pianeta, dai suoi anelli e dai suoi 18 satelliti, è un eccezionale laboratorio per comprendere come si è formato ed evoluto il sistema solare. La navicella compirà una sessantina di orbite intorno al pianeta per inviare a terra, con la sua potente antenna multifunzionale costruita dall'Alenia, dati sulla composizione e la struttura della superficie e dell'atmosfera, sulla ionosfera e sulla magnetosfera, avvicinerà la sue lune e entrerà tra la materia dei suoi anelli; sono previsti 33 "flyby" con Titano alcuni dei quali a meno di 1000 chilometri di distanza. Le Lune e gli anelli incuriosiscono gli scienziati perché interagiscono in modi ancora da chiarire; tutto il sistema di Saturno è stato interessato da processi collisionali simili a quello che è stato possibile osservare su Giove nel luglio '94 quando questo fu investito dai frammenti della cometa Shoemaker- Levy. I satelliti attuali (parte definiti "regolari", cioè formatisi intorno a Saturno, parte irregolari, cioè catturati dall'attrazione gravitazionale del pianeta) sono di seconda generazione perché altri, precedenti, sono scomparsi, frantumati da gigantesche collisioni. Se è vero che il "sistema Saturno" può essere considerato una sorta di sistema solare in scala, chiarire questi eventi significherà chiarire l'origine del nostro angolo di universo. Titano, poi, offre motivi di interesse particolari. Si sa che questo satellite ha un'atmosfera contenente azoto e metano; è possibile che da essa abbiano avuto origine molecole organiche complesse come è avvenuto sulla Terra come primo passo verso la comparsa della vita? E' stato osservato che Titano sembra trovarsi nello stato in cui si trovava la Terra 3-4 miliardi di anni fa (a parte la temperatura, che si aggira intorno a -180 gradi); e proprio a 3-4 miliardi di anni fa risalgono le prime forme viventi fossilizzate trovate in Australia. "Huygens" (343 chilogrammi) scenderà su Titano appesa a un paracadute con i suoi 6 esperimenti scientifici e una fotocamera che scatterà oltre un migliaio di immagini del suolo; poi scatteranno 30 minuti cruciali, quelli concessi dalle batterie di bordo, nei quali i vari sensori raccoglieranno un gran numero di dati. Molto importanti saranno quelli del Gcms (Gas Cromatograph Mass Spectrometer) e l'Acp (Aerosol Collector and Pyrolyser), che dovranno accertare se su Titano sono in corso processi prebiotici. I dati saranno trasmessi a Cassini, che li rimbalzerà verso la Terra. E subito comincerà il lavoro interdisciplinare dei laboratori di tutto il mondo. Vittorio Ravizza


SPECIALE SPAZIO. ANIMAZIONI INTERATTIVE "Se faccio capisco e imparo" Come sperimentare in cinque laboratori
Autore: A_V

ARGOMENTI: ASTRONOMIA, DIDATTICA, INFORMATICA
NOMI: REGGE TULLIO, BIANUCCI PIERO
ORGANIZZAZIONI: LA STAMPA, SPECCHIO DELLA STAMPA, TUTTOSCIENZE
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, TORINO (TO)
NOTE: CD-ROM «NELLO SPAZIO TRA LE STELLE»

IL Cd-rom "Nello spazio tra le stelle", in vendita in tutte le edicole da sabato 14 novembre con "La Stampa" e il suo magazine " Specchio", contiene, tra l'altro, più di 40 animazioni originali, in buona parte interattive, che sono il piatto forte della sezione Laboratorio. "Se ascolto dimentico, se guardo ricordo, se faccio capisco e imparo", dice un proverbio cinese. Ed è questa la filosofia che sta alla base della collana VirtLab creata per affiancare "Tuttoscienze": se vogliamo che il sapere non si riduca a sterile nozionismo occorre che la conoscenza sia interiorizzata. Ecco la ragione del Laboratorio, un ambiente simpatico e informale (ci si può entrare anche in pantofole), che permette di giocare con tutte le informazioni apprese in aula. Oppure, viceversa, offre la possibilità di imparare tramite gli errori e andare solo più tardi in aula a "mettere in ordine" le esperienze dirette. I Laboratori offerti da "Nello spazio tra le stelle" sono cinque. I primi due sono i più abbordabili. In "Fenomeni di una cer ta gravità" si tratta di comportarsi da novelli Newton e far cadere una mela su diversi pianeti, osservando di volta in volta come la diversa forza di attrazione faccia cadere il frutto come una piuma o lo riduca in poltiglia anche se cade da uno sgabello. In "Discesa su altri pianeti", invece, ci si mette alla guida dell'Apollo 16 per cimentarsi con l'atterraggio della navicella su un pianeta a scelta. Il terzo laboratorio, "Viaggio tra le co stellazioni", è fatto per esplorare il cielo stellato, vagando da una costellazione all'altra senza problemi di inquinamento luminoso e di denaro (non è da tutti permettersi un viaggio nell'altro emisfero per osservare costellazioni australi). Cliccando sul telescopio, poi, appariranno le fotografie della costellazione scelta, mentre un gioco a quiz vi permetterà di verificare la vostra conoscenza della volta celeste. Intendiamoci: poter osservare le stelle dal vero trasmette tutta un'altra emozione, ma per la sua completezza e per la sua unicità nel panorama editoriale italiano questo laboratorio offre senz'altro una alternativa di tutto rispetto. Le ultime due esperienze sono più adatte a chi di astronomia già se ne intende. In "Se il Sole avesse una compagna..." vengono simulati diversi tipi di sistema binario via via assegnando al Sole una stella- compagna della quale è possibile variare la massa e la distanza, mentre in "Miraggi nel cielo" si può osservare l'effetto di "lente gravitazionale" che si verifica quando la luce di una sorgente lontana raggiunge la Terra dopo essere stata deviata dall'attrazione di gravità di un altro oggetto cosmico interposto, che agisce appunto come una "lente". Per i Laboratori è stata preziosissima la collaborazione dell'Osservatorio Astro nomico di Torino, così come per animazioni, filmati e fotografie, gli autori hanno potuto contare sulla generosa disponibilità della Nasa, dell'Esa e dell'Alenia. Un'ultima sottolineatura. E' possibile navigare nel Cd-rom come "ricercatore" o come semplice "visitatore". Nel primo caso, nel Logbook, una sorta di "giornale di bordo", vengono registrate tutte le tappe della navigazione: può essere utile, perché la massa di informazioni accumulata nel disco è enorme, ed è difficile immaginare quanto ancora sfugge alla nostra esplorazione. Inoltre nel Logbook troverete la Guida a tutte le funzioni del programma. (a.vi.)




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