TUTTOSCIENZE 10 febbraio 99


SCAFFALE Bedini Daniele: "Breve storia della conquista dello spazio" , Bompiani
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: LIBRI
LUOGHI: ITALIA

Le imprese astronautiche, compiute sia con sonde automatiche sia con navicelle abitate, hanno rivoluzionato la nostra visione dell'universo. Qui troviamo ne troviamo la storia fino alla Stazione spaziale il cui montaggio in orbita è iniziato nello scorso dicembre. Assai discutibili le informazioni sulla presunta astronave aliena (!) di Roswell. Trascuratissimo l'editing (si veda " accellerare", sempre scritto con due elle).


IN BREVE Concorso docenti scuola superiore
ARGOMENTI: DIDATTICA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, TORINO, (TO)

Presso l'Istituto di Fisica dell'Università di Torino (via Pietro Giuria 1) si terrà dal 24 febbraio una serie di incontri in preparazione del concorso per docenti di scuola secondaria. Per informazioni ed eventuali iscrizioni: 011-670.73.01.


SCIENZE DELLA VITA. DEPRESSIONE A QUATTRO ZAMPE Che angoscia questa vita da cani Psichiatria animale, un affare da 1200 miliardi annui
Autore: GIACOBINI EZIO

ARGOMENTI: ZOOLOGIA, PSICOLOGIA
ORGANIZZAZIONI: NOVARTIS
LUOGHI: ITALIA

CINEMA e tv hanno umanizzato il comportamento del cane fino a farne uno specchio degli umori del suo padrone. Se il padrone è preoccupato, ansioso o depresso, lo sarebbe anche il cane. Ora l'ansia da separazione dal padrone è diventata una realtà scientifica riconosciuta dalla medicina veterinaria. Il malessere si manifesta prima con un abbaiare senza motivo e poi con un atteggiamento apatico verso l'ambiente che ricorda il quadro della depressione umana. La maggior parte dei farmaci usati contro la depressione nell'uomo sono stati sviluppati in laboratorio basandosi su test comportamentali che riproducono più o meno fedelmente alcuni degli aspetti sia somatici sia psicologici della malattia. La prova che i test applicati in laboratorio sul ratto o sul topolino hanno un significato clinico è data dal fatto che farmaci sviluppati partendo dall'animale nella fase preclinica, spesso dimostrano di essere efficaci contro i sintomi della depressione umana. I cani, e ancor meglio i primati non umani, esprimono sintomi che noi interpretiamo come analoghi della depressione nell'uomo. Ma esiste una vera depressione negli animali? L'esperienza dei veterinari ci dice che quasi il 20 per cento degli animali trattati ha disturbi del comportamento e molti tra questi hanno sintomi che ricordano l'ansia, la paura e forse anche la tristezza dell'uomo. Ovviamente stati emotivi umani come senso di abbattimento, pessimismo, mancanza di speranze, disperazione ed idee suicide caratteristiche della depressione non sono riproducibili nel modello animale. Altri aspetti come la tendenza all'isolamento, la mancanza di attività e la scarsa partecipazione agli stimoli ambientali possono essere studiati benissimo anche nei roditori e nel cane. Un quadro che ricorda più da vicino la depressione umana è il comportamento della giovane scimmia abbandonata o separata dalla madre durante l'infanzia. Da tempo si somministrano agli animali calmanti analoghi a quelli usati nell'uomo. Tra questi il più usato è il Diazepam. Da qualche mese è sul mercato veterinario un prodotto che è selettivamente antidepressivo e non solo sedativo come i predecessori. Questo farmaco, il Clomicalm, prodotto dalla Novartis, ha l'effetto di normalizzare l'alterato equilibrio dei neurotrasmettitori cerebrali, in questo caso della serotonina. Non si tratta quindi di un tranquillante o ansiolitico ma di un vero antidepressivo. Tra i vari trasmettitori cerebrali le monoamine (norepinefrina e serotonina) sembrano maggiormente coinvolte nel quadro della depressione. Alcuni dei nuovi antidepressivi sono diretti ad aumentare in modo specifico la concentrazione della serotonina a livello dei contatti tra cellula e cellula nervosa (le sinapsi) mediante un meccanismo di rallentata ricaptazione. Il Clomicalm usato nel cane ha appunto queste caratteristiche farmacologiche e non si differenzia quindi dai farmaci più usati nell'uomo per la stessa indicazione. Nel paziente occorre un periodo di alcune settimane prima che si possa notare l'effetto del farmaco. Gli antidepressivi vengono prescritti a dosi via via crescenti fino a raggiungere una dose ottimale compatibile con eventuali effetti collaterali e massima efficacia clinica. Nel cane il farmaco viene somministrato due volte al giorno ed è ben tollerato. Tra primi risultati c'è un comportamento più reattivo e positivo verso l'ambiente. Sarà interessante rilevare eventuali differenze di effetti tra cane e uomo. Come nell'uomo, anche nel cane si può far seguire al trattamento farmacologico una fase di rieducazione comportamentale che permetta all'animale di continuare a vivere senza angoscia. Stiamo assistendo al sorgere di una nuova branca della psichiatria, la psichiatria animale. Dal punto di vista economico il settore della salute animale per molte ditte farmaceutiche ha assunto una notevole consistenza. Alla Novartis le cifre di affari raggiungeranno quest'anno il miliardo di franchi svizzeri (1200 miliardi di lire) con una crescita annuale superiore al 10%. Questa cifra è rappresentata quasi per la metà dalle vendite nel settore degli animali da compagnia (cani e gatti). I laboratori dell'industria sono quindi al lavoro per sviluppare nuovi farmaci, e tra questi alcuni diretti anche al cane che abbaia per tristezza. Ezio Giacobini


SCAFFALE Dacunha-Castelle Didier: "La scienza del caso", Ed. Dedalo
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: MATEMATICA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA

Se c'è un ramo della matematica di cui oggi gli italiani avrebbero un gran bisogno, questo è il calcolo delle probabilità: vedremmo in giro meno illusi del Lotto e del Superenalotto e sentiremmo meno sciocchezze nei telegiornali che, nelle sere di estrazione, fanno tre o quattro collegamenti in diretta con l'ufficio che analizza i dati, con una diligenza informativa di cui non abbiamo fatto esperienza neppure quando era in atto la guerra contro Saddam Hussein. Bene: un libro per prendere qualche confidenza con i concetti di caso e di probabilità è questo saggio piacevole e interessante scritto da un docente dell'Università di Parigi. Non si ferma alla matematica dell'aleatorio, ma esamina anche il rischio medico, il rischio assicurativo, il rischio finanziario e la stessa informazione di massa su tutti questi argomenti. Lettura istruttiva anche per i più smaliziati, perché - non dimentichiamolo - il calcolo delle probabilità è controintuitivo. Per tutti. Piero Bianucci


SCIENZE A SCUOLA. I RECORD DEGLI UCCELLI Dall'albatro al colibrì Il più grande, il più veloce, il più longevo
Autore: MAZZOTTO MONICA

ARGOMENTI: ZOOLOGIA, ANIMALI
LUOGHI: ITALIA

ORMAI si compilano graduatorie di ogni genere: sembra che non possiamo più vivere senza sapere chi è la donna più elegante o l'attore più sensuale, l'atleta più veloce o quello che salta più in alto; non riusciamo a prendere sonno se la sera non ci dicono chi è l'uomo più grasso, il più alto, il più infaticabile in amore e così via... Bene, seguendo questa passione per i record, vediamo insieme i primati degli uccelli. Indovinare quale sia l'uccello più grande non è difficile: ovviamente lo struzzo (Struthio camelus), con un peso che nel maschio può raggiungere i 150 chilogrammi per un altezza di 2,5 metri, non passa di certo inosservato, e tanto meno l'uovo con i suoi 17 centimetri di lunghezza, dimensioni superiori a due palline da tennis messe insieme. Per quanto riguarda il più piccolo uccello del mondo si complica perché a detenere questo record è un uccellino cubano molto meno conosciuto: il Colibrì di Elena (Calypte helenae). Le dimensioni di questo uccello non superano i 6 centimetri per un peso di 2 grammi, e già sarebbe veramente piccolo, ma l'incredibile è che il corpo misura solamente 1,2 centimetri e il resto è occupato dal lungo (si fa per dire) becco e dalla coda. Più piccolo di tanti insetti delle sue parti dai quali è difficile distinguerlo in volo. Ovviamente le sue uova assomigliano più a gocce di rugiada avendo una lunghezza rispettabile che oscilla tra i sei e i dieci millimetri. Sempre per parlare di dimensioni, l'apertura alare massima spetta a un grande viaggiatore, l'Albatro urlatore (Diomedea exulans), che spende la maggior parte del suo tempo a veleggiare sugli oceani, aiutato dalle correnti ascensionali, coprendo distanze giornaliere anche di 500 chilometri. La sua apertura alare può raggiungere i 3,3 metri, il che vuol dire più di una automobile medio-grande; ma lui non ha problemi di parcheggio. Quanti di noi ne posseggono un'automobile che può correre a 180 chilometri all'ora? Penso pochi, ma il Falco pellegrino (Falco peregrinus) raggiunge queste velocità semplicemente non usando le ali, ossia in picchiata; l'uso invece più forsennato delle ali spetta ad un Colibrì, l'Heliactin cornuta, con una frequenza di circa 90 battiti al secondo, praticamente un movimento indistinguibile ad occhio nudo. Finché si parla di volo, per quanto bravi, veloci o frenetici siano, possiamo sempre pensare che essendo uccelli tutto sia normale, ma anche il più scettico non può non stupirsi di fronte alle capacità acquatiche di alcuni di loro. Il record strabiliante per l'immersione più profonda e più lunga farebbe invidia a qualsiasi sommozzatore o apneista superallenato, e il detentore di tale record è il simpatico Pinguino imperatore (Aptenodytes forsteri) che senza bombole riesce ad arrivare fino a 264 metri di profondità per un'immersione della durata di ben 18 minuti. Ma lui non vola, le sue ali si sono evolute in effetti più per librarsi in acqua che in aria; ma anche tra gli uccelli che usano le ali per volare c'è un altro campione, potremmo dire di un'altra categoria: la Strolaga maggiore (Gavia immer) che, anche se non ha fatto del nuoto una ragione di vita, riesce ugualmente a conquistare il suo record personale di 81 metri. Passando dagli sportivi ai ca salinghi scopriamo chi, come i giapponesi, costruisce le "case" più grandi e chi le più piccole. Il record spetta non a un uccello nipponico, ma al contrario in barba al sol levante, a quello che viene considerato il simbolo degli Stati Uniti d'America: l'aquila di mare testa bianca (Haliaeetus leucocephalus). Questo rapace, oramai presente solo in Alaska e in certi Stati del Nord America, costruisce un nido della bellezza di quasi 3 metri di diametro per una profondità di 6 metri massimi, quasi come due piani di un nostro "nido". Un altro nido degno di nota, è quello del Passero repubblicano (Philetairus socius) che di sociale non ha solo il nome, ma anche la modalità di nidificazione. In questo caso il record spetta per il nido comunitario di maggiori dimensioni. Ogni colonia di questo simpatico passero sudafricano, che può contare anche 300 individui, costruisce un grosso nido, dotato di diverse "stanzette" per questi uccelli monogami, che viene riutilizzato, anno dopo anno, arricchendolo ogni volta di nuovi materiali. Si è potuto osservarne uno di circa 100 anni, costituito da quattro unità principali la più grande delle quali era lunga quasi 5 metri e larga 3,5 metri con 125 entrate per i rispettivi "monolocali". Il nido più piccolo è opera di quel piccolo Colibrì di cui parlavamo all'inizio, il colibrì di Elena, le cui dimensioni si aggirano su 1,5 centimetri di diametro, poco più di un tasto di una macchina da scrivere. Per quanto riguarda la dimensione temporale, anche tra gli uccelli ci sono quelli che prendono la vita con tranquillità e quelli che vivono come il coniglio di "Alice nel paese delle meraviglie", sempre di corsa con la sveglia in mano pronunciando sempre la stessa frase: "E' tardi! E' tardi!". Tra gli albatri abbiamo gli esempi migliori per quanto riguarda i record di lentezza nei tempi di sviluppo. Infatti l'Albatro urlatore (Diomedea exu lans) e quello reale (Diomedea epomophora) hanno sicuramente l'incubazione tra le più lunghe, 75-80 giorni, e il periodo di sviluppo più lungo dalla nascita al primo volo, dai 9 ai 12 mesi. Come se ciò non bastasse, ci impiegano anche tanto a raggiungere la maturità sessuale: dai 6 ai 10 anni! Uno degli uccelli più precoci è sicuramente la quaglia comune (Coturnix coturnix) che raggiunge la maturità sessuale dopo solo 10 settimane, mentre l'incubazione più breve spetta al Picchio rosso maggiore (Pi coides major) con soli 10 giorni. La motivazione di queste grandi differenze nello sviluppo e nell'incubazione tra queste specie va ricercata chiaramente nella durata della vita di questi uccelli. Il record di longevità spetta chiaramente all'albatro reale con 58 anni, mentre tra i meno longevi guarda caso si trova proprio la Quaglia, con soli 5 anni: validissimo motivo per tentare di ridurre i tempi di ogni attività. Nonostante i mille record battuti, nonostante gli stupori che ci provocano, le meraviglie dei loro voli, la bellezza dei loro variopinti piumaggi, tutto ciò non basta a impedire che ogni anno la lunga lista delle specie di uccelli in pericolo di estinzione aumenti, rischiando anche in questo caso di toccare cifre da record, purtroppo tristi primati. Le continue modificazioni dell'ambiente, specie per le foreste tropicali e le zone umide, l'inquinamento, la caccia e il contrabbando, hanno fatto sì che dall'inizio delle esplorazioni, nel diciassettesimo secolo, ad oggi più di 100 specie si siano estinte. Delle restanti 9300 circa, più di mille sono già state iscritte nel libro nero dell'estinzione, ciò vuol dire che più del dieci per cento degli uccelli di tutto il mondo rischia di scomparire. Anche questo è un record, ma c'è poco di cui andarne fieri. Monica Mazzotto


SCIENZE DELLA VITA. PERCHE' SI OCCLUDONO I guasti delle arterie Rimedi tra prevenzione e chirurgia
Autore: MERLO MAURIZIO

LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D. Schema della crescita e della possibile complicanza con embolizzazione periferica di una placca arteriosclerotica

LA malattia che statisticamente colpisce con maggior frequenza le arterie è l'arteriosclerosi, cioè una degenerazione della parete per il formarsi di placche che possiamo immaginare come delle incrostazioni nei "tubi" che portano il sangue dal cuore a tutto l'organismo. L'incidenza di questa malattia varia con l'età e, quando questa supera i 65 anni, si calcola che il 10 per cento della popolazione soffra di questa patologia a carico degli arti inferiori. Ancora oggi non siamo in grado di fornire una spiegazione che illustri in modo soddisfacente quale sia l'inizio di questa malattia e soprattutto quale sia il meccanismo con cui si instaura. Lo studio della composizione delle placche che si formano nella parete arteriosa ha posto in evidenza l'importanza dei grassi presenti nel sangue, in particolare del colesterolo e dei trigliceridi, che sono dei componenti quasi costanti di queste placche. Sono presenti poi degli ispessimenti fibrosi fino ad arrivare a vere e proprie calcificazioni, cioè aggregati di consistenza dura paragonabile a quella delle ossa. Queste incrostazioni riducono progressivamente il lume del vaso fino a portare alla sua ostruzione e quindi ad una difettosa ossigenazione dei tessuti la cui irrorazione sanguigna dipendeva dal vaso malato. I sintomi che compaiono dipendono dalla zona in cui viene a mancare questa ossigenazione: nel caso del cuore comparirà ad esempio un infarto. Esaminando le zone più frequentemente in causa osserveremo i seguenti quadri: _Arti inferiori: di gran lunga i più colpiti dalla malattia; la mancanza di un'adeguata ossigenazione dei muscoli della gamba porterà come sintomo iniziale una difficoltà alla marcia per la comparsa di un dolore muscolare che si manifesta quando il muscolo stesso non riceve più una quantità di ossigeno adeguato alla richiesta. Nei casi più gravi possono poi comparire delle aree scure con morte della pelle per carenza di ossigenazione (fino alla gangrena di segmenti dell'arto colpito). _Arterie carotidi: sono le arterie che portano il sangue al cervello. Il loro restringimento può creare degli episodi di paralisi temporanea degli arti anche perché in questo distretto le placche arteriose possono sfaldarsi e dei piccoli frammenti o dei piccoli coaguli di sangue possono, seguendo la corrente del sangue, arrivare al cervello causandone un danno più o meno grave e duraturo (ictus). _Arteria dei reni: un restringimento dell'arteria renale porta come conseguenza due sintomi; l'ipertensione, cioè un aumento della pressione del sangue, e la riduzione della funzione renale cioè della sua attività di filtrazione e depurazione del sangue. _Arteria dell'intestino mesenterica: qui il sintomo dolore compare durante la digestione, perché è allora che questo organo necessita di una maggiore quantità di sangue che non può arrivargli per la presenza del restringimento. Oggi disponiamo di un esame diagnostico veramente molto valido e non fastidioso per il paziente che è l'ecodoppler, il quale presenta tra l'altro il vantaggio di essere facilmente ripetibile e poco costoso. Il limite di tale esame è di essere operatore-dipendente, per cui è necessario che sia eseguito da mani esperte; in questo caso esso ci può dare molte informazioni che riguardano lo stato delle pareti delle arterie, il tipo di placca che interessa la parete stessa, indicazioni sul flusso e quindi sul grado di sanguinamento, l'estensione di una ostruzione. Tutti questi dati sono molto utili per il chirurgo vascolare in quanto è proprio in base a queste informazioni ed alla sintomatologia del paziente che viene scelta la condotta terapeutica. Le possibilità terapeutiche oggi vanno dalla terapia medica (disponiamo oggi di farmaci anche molto potenti, come le prostacicline), alla terapia radiologica interventistica (le angioplastiche, cioè la dilatazione del tratto ristretto di arteria mediante un catetere a palloncino che viene gonfiato dall'esterno) per arrivare poi alla terapia chirurgica cioè la possibilità di fare dei by-pass o più semplicemente una "pulizia" del tratto malato di arteria (endoarteriectomia). Come per ogni malattia prevenire è sempre meglio che curare; non conoscendo a tutt'oggi il meccanismo che scatena questa malattia dell'arteria non è possibile attuare una prevenzione completa. Da studi fatti sono stati però riconosciuti dei fattori di rischio, cioè delle condizioni che favoriscono l'insorgenza e il peggioramento di tale malattia e che sono: il fumo, che quadruplica il rischio di avere complicanze legate alla arteriosclerosi; il diabete non controllato; l'aumento del tasso di colesterolo e trigliceridi nel sangue; l'ipertensione non controllata; la sedentarietà; il sovrappeso; le alterazioni della coagulazione; l'ereditarietà. Tutti questi fattori, a parte l'ereditarietà, possono essere controllati e curati se necessario, sempre che ognuno di noi voglia prendersi cura di sè per evitare di ricorrere allo specialista quando è troppo tardi. Maurizio Merlo


SCIENZE FISICHE. CONVEGNO Il fossato tra ingegneri e architetti
Autore: RATTI CARLO

ARGOMENTI: DIDATTICA, ARCHITETTURA
NOMI: NERVI PIER LUIGI, CANDELA FELIX, CALATRAVA SANTIAGO, MIMRAM MARC
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, REGNO UNITO, GRAN BRETAGNA, PLYMOUTH

CITAZIONE: "Il distacco tra mentalità matematico-tecnica e mentalità intuitivo-artistica, consacrato nella divisione scolastica tra ingegneri ed architetti, va considerato come una delle cause non ultime della crisi in cui da diversi decenni si dibatte l'architettura". Sono parole di Pier Luigi Nervi, autorevole ingegnere strutturista del quale i torinesi conoscono soprattutto quel Palazzo del Lavoro che realizzò nel 1961 in occasione delle celebrazioni del centenario dell'unità d'Italia (e ora candidato a ospitare uno Science Center). Bene: nelle parole di Nervi si potrebbe riassumere il tema del convegno internazionale " L'architetto e l'ingegnere" che si è svolto dal 4 al 6 febbraio presso l'Università di Plymouth (Gran Bretagna). Il "distacco" citato da Nervi viene fatto risalire correntemente al 1747 e alla fondazione, a Parigi, della prima scuola moderna di ingegneria: l'Ecole Nationale des Ponts et Chaussees. Da allora, in ragione della crescente specializzazione del sapere e del costante progresso tecnologico nel settore delle costruzioni, la separazione tra ingegneri ed architetti si è approfondita. Portando con sè diatribe e rivalità professionali. Un celebre aforisma di Le Corbusier recita ad esempio: "Gli ingegneri sono sani e virili, attivi ed utili, morali e gioiosi. Gli architetti sono disincantati e disoccupati, astiosi e fanfaroni. Il fatto è che presto non avranno più niente da fare!" (da "Vers une architecture", 1923). In realtà, al di là dei risentimenti di categoria, molti progettisti hanno cercato di ricomporre il divario tra ingegneria ed architettura. A volte partendo dall'ingegneria per avvicinarsi agli aspetti formali della progettazione, come nel caso di Felix Candela, dello stesso Nervi, o, più recentemente, di Santiago Calatrava e di Marc Mimram (presente al convegno). Altre volte partendo dall'architettura per abbandonarsi alle seduzioni della tecnologia, come nel caso di Renzo Piano, Richard Rogers e di tutta la corrente contemporanea dell'high-tech. Che si guardi da una parte o dall'altra, tuttavia, l'interdisciplinarità sembra essere divenuta un imperativo fondamentale della progettazione. In realtà già Pitide, edificatore del Mausoleo di Alicarnasso, una delle sette meraviglie del mondo, ammoniva 23 secoli or sono: "Ogni progettista " dovrebbe avere una cultura così vasta e profonda da superare in ciascuna disciplina qualunque cultore in essa specializzato". Carlo Ratti Università di Cambridge (U.K.)


SCAFFALE "Il libro dei fatti 1999", Adnkronos Libri, 900 pagine
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: DIDATTICA, LIBRI
LUOGHI: ITALIA

Un milione di informazioni, e tra queste molte di carattere scientifico, nel "Libro dei fatti 1999", utilissima enciclopedia della contemporaneità. Il volume, accompagnato da un Cd- rom che consente una consultazione ancora più agile, include una testimonianza dell'astronauta Sally Ride su come sarà la vita nel prossimo secolo.


SCIENZE FISICHE. ASTRONOMIA La meridiana funziona di notte? Sì, con alcuni calcoli sull'ombra proiettata dalla Luna
Autore: BARONI SANDRO

ARGOMENTI: ASTRONOMIA, METROLOGIA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA
TABELLE: G. Correzioni da apportare all'ora "lunare" per ottenere "con approssimazione" l'ora solare

PUR progettando orologi solari a Tmec (Tempo Medio Europa Centrale) su villette intorno a Milano, mi è capitato di non saper rispondere alla domanda: "Si può leggere l'ora con l'ombra della Luna su di un orologio solare?". Dopo una piccola ricerca ho trovato la risposta: sì, si può. Poiché l'orologio solare è tracciato per leggere le ore con il Sole, occorre tuttavia fare una correzione all'ora letta, di notte, con la sola luce lunare. Conoscendo i moti della Luna, le fasi lunari e il concetto di età della Luna, sarà facile seguire quanto sto per esporre. E' sera inoltrata, si alza la Luna calante e sono passati due giorni dalla Luna piena. Leggiamo sull'orologio solare con l'ombra prodotta dalla forte luce lunare, le ore otto di Tempo Medio Europa Centrale. Apportando la correzione di 12 ore più ore 1 e 40 minuti ottengo le ore 21 e 40 minuti. 8hpiù12hpiù1hpiù40m = 21 ore e 40 minuti, è questo il momento che ho letto l'ora con la Luna. A questo punto cerco di spiegare tutto l'arcano. All'ora indicata dall'ombra proiettata sull'orologio solare dalla luce lunare bisognerà aggiungere tante volte 50 minuti quanti sono i giorni dell'età della Luna. Per semplicità si può anche dire che la correzione da apportare facendo riferimento alla Luna Piena è 12 ore più i 50 minuti per i giorni passati dal plenilunio oppure 12 ore meno i 50 minuti per i giorni che mancano al plenilunio. Veniamo al nostro esempio. L'ombra segna le ore 8, essendo passato il plenilunio da due giorni devo aggiungere 12 più 50 minuti per due giorni ovvero ore 1 e 40 minuti. Purtroppo il plenilunio capita nel giorno interessato ma ad una qualunque ora, da questo fatto dipende l'approssimazione della lettura del tempo con la Luna, inoltre altri fattori intervengono a complicare l'esito della lettura dell'ora con la Luna; in ogni caso il risultato è soddisfacente e dimostra che gli orologi solari, o lunari (!), non finiscono mai di meravigliare. A questo punto sugli orologi solari si può riportare oltre che la curva dell'Equazione del Tempo per leggere correttamente il Tempo Medio Europa Centrale (il tempo del nostro orologio in inverno) anche il grafico per stimare la correzione da apportare alla lettura lunare per ottenere l'ora comune, è bene precisare che il risultato sarà più preciso se si conosce il preciso momento del plenilunio, in quanto esso può capitare nelle prime o nelle ultime ore del giorno. Sarà più preciso contare quanti giorni con le frazioni mancano al plenilunio oppure quante ore sono passate sempre dal plenilunio: nel grafico si potranno stimare sia i giorni con la frazione di giorno, sia la correzione da apportare in ore e frazioni di ora. Sandro Baroni Planetario di Milano


IN PROGETTO COLONIE-LABORATORIO Luna, biglietto di andata e ritorno Si studiano soluzioni che rendano il viaggio meno costoso
Autore: LO CAMPO ANTONIO

LUOGHI: ITALIA

RICORDATE la serie di telefilm "Spazio 1999"? Era uno scenario fantascientifico di battaglie interplanetarie, con astronavi grandi come transatlantici e dischi volanti che avevano come punto di riferimento la "Base Luna". Trent'anni dopo, nel 1999, ci siamo per davvero, e anche se qualcuno all'epoca aveva ipotizzato un futuro più o meno simile a quello di "Spazio 1999", nella realtà ne siamo piuttosto lontani. Dopo le missioni Apollo tra il 1969 e il 1972 la Luna poteva diventare una base per far decollare e allunare astronavi dirette ad altri pianeti, o per collegare stazioni spaziali simili a quella che dalle scorse settimane si sta montando in orbita terrestre. Attualmente invece il maggior interesse per l'esplorazione interplanetaria è rivolto a Marte, come dimostra il lancio di un'altra sonda della Nasa, la quarta di una serie di quindici, che l'ente spaziale americano si appresta a inviare verso il Pianeta Rosso entro il 2007. E la "Base Luna"? Un anno fa fu lanciata la sonda "Lunar Prospector", che ci ha dato la conferma dell'esistenza di ghiaccio ai poli, aprendo le porte a nuovi scenari per un futuro ritorno con installazione di basi abitate. E trent'anni fa invece, alla Nasa venivano presentati ufficialmente da Deke Slayton, all'epoca capo degli astronauti, coloro che avrebbero conquistato la Luna nel luglio successivo, vale a dire Armstrong, Aldrin e Collins. In attesa delle celebrazioni del trentennale di quella storica impresa spaziale, molti si chiedono se sulla Luna si tornerà presto, o se tutto (a cominciare dai finanziamenti) è rivolto a Marte e alla Space Station. Progetti concreti non ce ne sono. Alla Nasa non è nemmeno in programma una nuova sonda-robot da inviare verso il nostro satellite; gli unici che stanno pensando seriamente alla Luna sono i giapponesi dell'Agenzia Isas. I progetti si possono trovare su Internet nei siti Nasa o dell'Accademia Internazionale di Astronautica. Ma sono tutte proposte, alcune delle quali molto interessanti, in attesa di diventare un giorno realtà. Nel frattempo c'è già chi ha proposto di ripartire per la Luna subito, con le tecnologie esistenti e a costi ridotti, come la ex "General Dynamics", incorporata nella "Lockeed Martin", che sponsorizza così il suo potente stadio "Centaur" che da anni lancia sonde interplanetarie. Poiché oggi non esiste al mondo un vettore potente come il Saturno 5 delle imprese Apollo, l'idea è di sfruttare lo Space Shuttle e i lanciatori Titan 4: la navetta porterebbe in orbita terrestre il veicolo di allunaggio, una sorta di LEM più grande di quelli degli Apollo, che può allunare automaticamente, sia la strumentazione scientifica. Un Titan 4 con in cima uno stadio "Centaur" farebbe agganciare quest'ultimo al LEM per imprimergli la spinta sufficiente per farlo scendere sulla Luna. Due missioni automatiche porterebbero sulla Luna diverse tonnellate di strumentazione (stazione geologica, telescopi ottici, pannelli solari, sismografi, viveri e combustibile), prima di una terza missione che comprenderebbe due voli shuttle: il primo porterebbe in orbita terrestre il "LEV" (Lunar Excursion Vehicle), simile al vecchio LEM, e una capsula conica con due astronauti che poi si aggancerebbe al LEV. Uno stadio "Centaur" li sospingerebbe poi verso la Luna. Costo del progetto: 16 miliardi di dollari. Ma finora, anche se questa è la proposta più interessante tra quelle a breve e medio termine, non se n'è fatto nulla. C'è anche chi propone di rispolverare i progetti dei propulsori nucleari figli del "Nerva" degli Anni 70, o come quello del più recente "Climberwind" del dipartimento della difesa americano. Il "Syntesis Group" Usa assicura che un'astronave di 130 tonnellate verrebbe inserita entro due giorni in orbita lunare con a bordo quattro astronauti grazie alla potenza di un motore formato da un "cuore nucleare" con propellente formato da uranio e grafite che produrrebbe 14.650 megawatt di potenza a 2500 gradi kelvin. Anche Carlo Rubbia ha presentato un progetto per un propulsore nucleare da utilizzare per viaggi interplanetari, che sfrutterebbe la fissione dell'americio 242. Ma oltre ai progetti che riporterebbero sulla Luna gli astronauti, ve ne sono altri che vanno oltre e riguardano le basi permanenti. Non si tratterà di basi con cupole di vetro collegate da lunghi corridoi come quelle dei film di fantascienza, ma da moduli abitativi simili a quelli che formeranno la stazione spaziale orbitante, e da pannelli solari che verranno appoggiati sul suolo selenico. I moduli abitativi verranno semisepolti nel terreno, che provvederà all'isolamento e alla schermatura dalle radiazioni. I costi possono essere molto bassi: non essendo abitati durante il tragitto Terra- Luna, potranno sfruttare la propulsione elettrica o solare-elettrica, e raggiungere la Luna anche in tempi lunghi (3-4 mesi), con sistemi molto economici. I costi elevati riguarderebbero soltanto il grosso motore a razzo, certamente di tipo chimico, che dovrà farli discendere sulla superficie, ma il vantaggio di un progetto di questo genere è di usare moduli standardizzabili e quindi di sfruttare riduzioni di costo legate alla costruzione in piccola serie. La base potrà poi essere ampliata con moduli-laboratorio, magazzini, officine e moduli abitativi più ampi. Si potrà espandere sulla superficie e sotto di essa con altri moduli costruiti sul posto con tecnologie più tipiche dell'ingegneria civile che di quella aerospaziale. Progetti interessanti dunque ne esistono, dalle semplici missioni ai primi avamposti. Bush, a vent'anni dal primo sbarco lunare, nel 1989, lanciò la corsa a Marte e il ritorno alla Luna, parlando di missioni con equipaggio. Ora, trent'anni dopo Apollo 11, ci si attende qualcosa di nuovo da Clinton. Antonio Lo Campo


IN BREVE Meridiane, nuovo concorso
ARGOMENTI: METROLOGIA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA

Torna il concorso "Le ombre del tempo" per costruttori di meridiane particolarmente originali. La documentazione dovrà arrivare entro il 30 giugno 1999 al Centro Serafino Zani, via Bosca 24, C.P. 104, Lumezzane. Tel. 030-829.109.


Ora tocca a Marte L'astronauta William Anders ci parla dei prossimi traguardi spaziali e rievoca la sua grande impresa del 1968, quando circumnavigò la Luna
AUTORE: A_L_C
PERSONE: ANDERS WILLIAM
NOMI: ANDERS WILLIAM
LUOGHI: ITALIA, AMERICA, USA

IN principio Dio creò il cielo e la Terra. E la Terra era informe e vuota, e le tenebre erano sulla faccia dell'abisso...". La voce è di William A. Anders, 35 anni, pilota del veicolo lunare di Apollo 8. Sono le 21 e 30 del 24 dicembre 1968: una data storica per l'astronautica e per le grandi imprese compiute dall'uomo nel corso del millennio che sta per concludersi. E' il Natale della Luna. Tre uomini, per la prima volta, girano attorno a un corpo celeste che non sia la Terra. "In quel periodo d'oro, le missioni spaziali le ho vissute un po' tutte" - ricorda Bill Anders, tuttora impegnato in questo settore presso la Lockeed- Martin, rispondendoci via E- mail - "Ero diventato astronauta della Nasa dal 1963, e sapevo di avere buone probabilità di volare in una delle prime missioni Apollo. Ma non avrei mai immaginato di viaggiare su quella che avrebbe tradotto in realtà il romanzo di Jules Verne Dalla Terra alla Luna. Per me, essendo un fisico, era persino più eccitante l'idea di essere tra i primi tre esseri umani a sganciarsi dall'attrazione gravitazionale terrestre e a dirigersi verso la Luna, che non di mettervi piede direttamente". Non c'è affatto invidia nelle parole di "Bill", che non è più tornato nello spazio, ma che venne scelto come pilota di riserva della storica "Apollo 11": questo incarico poteva schiudergli le porte per una missione di allunaggio, con Apollo 13 o 14. Aveva appeso la tuta al chiodo nel 1971 per dedicarsi a una carriera manageriale, dapprima presso una Commissione di studi sull'energia atomica, poi tornando al vecchio amore per l'aviazione alla "General Electric", poi ancora come presidente della "Textron" e poi come direttore della "General Dynamics", grande azienda aerospaziale, famosa come costruttrice dei razzi "Atlas". "Un giretto sullo Shuttle come ha fatto Glenn?" - dice il pilota di Apollo 8 - "Non ci ho mai pensato seriamente. Lui ha fatto bene, la sua tenacia e la passione per lo spazio meritavano qualcosa in più delle tre orbite sulla Mercury. Personalmente non gli invidio il volo sullo Shuttle, ma la salute che ha a quasi 80 anni. Sta meglio di me che ne ho 65... Io ho fatto solo un'orbita e mezza attorno alla Terra e dieci attorno alla Luna e mi ritengo soddisfatto". "La nostra missione" - prosegue Anders - "E' stata una delle più rischiose in assoluto. Fummo infatti gli unici a fare un viaggio dalla Terra alla Luna con il solo veicolo Apollo e senza il LEM, il veicolo per l'allunaggio. Se ci fosse capitato un incidente come ad Apollo 13, saremmo stati spacciati, mentre Lovell, con il quale avevo volato, Fred Haise che era mia riserva in Apollo 8, e Jack Swigert, si salvarono rifugiandosi nel Lem". A proposito, all'epoca qualcuno la definì un semplice passeggero a bordo dell'Apollo 8. Lei infatti rivestì ufficialmente il ruolo di "pilota del modulo lunare", ma in quel volo il LEM non c'era... "Mi definirono in parecchi modi, e mi affibbiarono l'etichetta di Space Rookie, il neofita spaziale. Ero infatti al mio primo, e unico, volo spaziale. Ma i polemisti potevano dire quello che volevano: tutta la lunga fase di addestramento a Terra prima della missione è infatti servita per coloro che sono sbarcati nei voli successivi, e il mio ruolo a bordo dell'Apollo era lo stesso, di tipo scientifico, dei piloti dei LEM che hanno avuto l'opportunità di allunare. E anche per loro, come per me, c'era da lavorare: sull'Apollo erano necessari tre uomini impegnati di continuo, altrimenti era meglio restare a Terra". Pensa che sia utile tornare sulla Luna? "Credo di sì. La Luna è vicinissima a noi in termini di distanze astronomiche, e la faccia nascosta permetterebbe eccezionali osservazioni di stelle e galassie. Ma il futuro della conquista spaziale è Marte, ed è giusto che sia così. Ci sono troppi misteri intatti, ed è una tappa che l'umanità vuole superare, proprio perché ancora non raggiunta. Io stesso ho lavorato su progetti di razzi a propulsione nucleare, che se diventeranno realtà, potranno ridurre di molto i tempi di un viaggio a Marte.(a. l. c.)


SCIENZE DELLA VITA. I TANTI PROBLEMI DEI MASCHI Per l'impotenza c'è anche un numero verde Una indagine del Policlinico Militare di Roma sui giovani di leva
Autore: PELLATI RENZO

ARGOMENTI: STATISTICHE, COMUNICAZIONI
ORGANIZZAZIONI: POLICLINICO MILITARE DI ROMA, SOCIETA' ITALIANA DI ANDROLOGIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: Numero verde sull'impotenza 167-130480

SI stima che oggi in Italia le coppie non fertili siano il 15 per cento di quelle in età riproduttiva. L'infertilità di coppia ha origine maschile in circa un terzo dei casi (nel 30 per cento dei casi entrambi i partner presentano una condizione di subfertilità). Un'indagine del Policlinico militare di Roma su 11.897 giovani sottoposti alla visita di leva ha rilevato che il 52,4 per cento degli esaminati presenta fattori di rischio di infertilità; nel 15, 8 per cento il rischio si riferisce ad alterazioni della funzione sessuale. E' alta l'incidenza di varicocele (17,5 per cento), di ipotrofia testicolare (10,7 per cento), di criptorchidismo (2,8 per cento). Un'altra indagine sui giovani delle scuole medie superiori (Porena, Università di Perugia) conferma questi dati sorprendenti. In passato le ricerche sull'infertilità maschile hanno avuto scarso seguito per vari motivi. Innanzitutto la figura dell'andrologo era poco nota. Fino a qualche anno fa poi, sembrava quasi un'offesa chiedere al partner maschile di sottoporsi ad accertamenti del genere. Secondariamente, oggi, la funzione riproduttiva viene impiegata in fasce di età più avanzate (i giovani si sposano più tardi) e quindi il problema viene rimandato. Inoltre i progressi delle tecniche di fecondazione assistita prescindono in larga misura dalla fertilità dell'uomo per l'ottenimento della gravidanza. Secondo la Sia (Società italiana di andrologia), la fecondazione assistita è una scorciatoia che non risolve il problema del malato, il quale rimane nella sua condizione di malattia anche dopo l'atto fecondativo. L'andrologia, pur essendo una scienza giovane, già possiede un notevole patrimonio di conoscenze per la correzione del varicocele, per gli interventi di ricanalizzazione delle vie seminali ostruite a causa di malformazioni congenite o traumi (agenesie, atresie), per risolvere le stenosi post-infiammatorie, per le terapie endocrine mirate (ipogonadismi). Anche la disfunzione erettiva va attentamente diagnosticata per evitare l'impiego sconsiderato di sildenafil nei pazienti cardiopatici e in quelli che fanno uso di cimetidina, eritromicina, nitrati, ketoconazolo. I fattori di rischio vascolare (fumo di sigaretta, iperglicemia, dislipidemia) coincidono frequentemente con i fattori di rischio della disfunzione erettiva. In alcuni casi sono indicate le terapie iniettive intracavernose. Un progresso è la messa a punto di una molecola a base di prostaglandina E1 (PGE1) e alfaciclodestrina (alfadex) per consentire una stabilità più lunga dell'afflusso ematico periferico e un più lento processo di degradazione del principio attivo: migliorando i parametri microcircolatori è possibile una terapia riabilitativa delle erezioni nel 65 per cento dei pazienti. La Sia ha diposto un numero verde sull'impotenza (167-130480) attivo nei giorni feriali dalle 16 alle 20. Renzo Pellati


IN BREVE Perfezionamento in energetica
ARGOMENTI: DIDATTICA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA, TORINO, (TO)

Al Politecnico di Torino dall'8 marzo al 30 giugno si terrà il corso annuale di perfezionamento in energetica intitolato a " Giovanni Agnelli". Per informazioni: 011-564.4400.


SCAFFALE Picco Aldo: "Pollonera", Umberto Allemandi ed.,
AUTORE: BIANUCCI PIERO
ARGOMENTI: LIBRI
LUOGHI: ITALIA

UN caso curioso di pittore-scienziato (anche se ormai è solo l'artista ad essere conosciuto) è quello di Carlo Pollonera. A ricordarci il lato scientifico di questo pittore, nato ad Alessandria d'Egitto nel 1849 e morto a Torino nel 1923, è la rigorosa monografia che gli ha dedicato lo storico dell'arte Aldo Picco. Oltre ad aver collaborato alla relazione scientifica sulle spedizioni al Polo Nord (1901) e al Ruwenzori (1906) del Duca degli Abruzzi, Pollonera fu al suo tempo famoso malacologo (studioso di molluschi e conchiglie). Così famoso che una volta gli giunse la lettera di un ricercatore americano lacunosamente intestata "Al prof. Carlo Pollonera - Italia". La produzione del Pollonera biologo ammonta a una cinquantina di lavori pubblicati, molti dei quali originali e assai specializzati. In essi, la descrizione anatomica dei molluschi, particolarmente attenta ai loro apparati di riproduzione e all'elegante e matematica forma delle conchiglie, è corredata da tavole in bianco e nero e a colori dove l'osservazione della natura è supportata dall'arte: un materiale prezioso, conservato al Museo di Zoologia e Anatomia comparata di Torino.


DIBATTITO Quella fede nel rimedio omeopatico
Autore: GARATTINI SILVIO

LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA

LA recente decisione della Corte Costituzionale di negare il titolo di medico- omeopata poiché la specializzazione in omeopatia non esiste nella formazione post-universitaria ha suscitato discussioni e polemiche riaprendo la questione della validità dei rimedi omeopatici. Il termine "rimedi" è giustificato dal fatto che è molto difficile definirli "farmaci": non è infatti appropriato l'impiego della dizione "farmaci omeopatici" di solito utilizzata. Per farmaco si intende un prodotto che contiene un principio attivo ad una dose ben definita e determinabile. Per le sue stesse caratteristiche il rimedio omeopatico non è analizzabile. Date le diluizioni applicate, nessun metodo analitico è in grado di misurare quale sia la concentrazione del principio attivo. Non solo, ma considerando quanto è noto alla chimica, le enormi diluizioni utilizzate nei rimedi omeopatici rischiano di far sì che il prodotto finale non contenga neppure una molecola di principio attivo. Possiamo perciò affermare senza tema di smentite che le scatolette multicolori che si trovano, ahimè, nelle farmacie contengono tutte la stessa cosa. Tanti nomi spesso difficili da interpretare hanno in comune... il nulla! In mancanza di principi attivi, la parola farmaco non è dunque appropriata. Gli stessi cultori della omeopatia hanno rapidamente capito che era difficile " vendere" il nulla come se fosse qualcosa e hanno allora sostenuto la tesi che il rimedio omeopatico pur non contenendo molecole contiene una qualche traccia delle molecole stesse. E poiché ogni diluizione, nella preparazione del rimedio omeopatico, si deve eseguire con una adeguata agitazione del liquido, si è prospettata l'ipotesi della cosiddetta "memoria" dell'acqua. In altre parole è vero che non vi sono molecole, ma le molecole dell'acqua "attivate" dal contatto con il principio attivo mantengono la loro efficacia. Questa teoria è contro il buon senso, ma ha acquistato una certa notorietà, benché non sia stata confermata da ricerche sperimentali. D'altra parte è facile immaginare che l'acqua non porti traccia di tutto ciò che viene a contatto con essa, altrimenti sarebbe uno dei principali veleni esistenti. Inoltre è difficile immaginare che qualcosa che non contiene nulla possa esercitare un effetto favorevole al di là della suggestione o di ciò che in ogni caso accadrebbe spontaneamente. Credere nei rimedi omeopatici è certamente non compatibile con una visione razionale delle cose, significa avere fiducia nella magia. Certo sono molti quelli che utilizzano prodotti omeopatici, anche se raramente questi preparati vengono impiegati da soli. Spesso, infatti, sono utilizzati in associazione con farmaci tradizionali ritenendo che essi possano aggiungere un qualcosa in più. Non vanno confusi perciò i risultati che vengono riportati, con la reale efficacia, che spesso è determinata dai veri farmaci. Si invoca come giustificazione dell'efficacia il fatto che se molti utilizzano questi rimedi, qualche vantaggio ci deve pur essere. Il ragionamento non è tuttavia accettabile perché con la stessa logica si potrebbe affermare che i maghi o gli oroscopi possono predire il futuro visto che sono in molti a credervi e che perfino la televisione pubblica li accredita. Affidarsi all'omeopatia fin che si sta bene o si hanno disturbi minori o passeggeri può essere un semplice atto di creduloneria o di mancanza di conoscenze scientifiche. Ben più grave è il problema dell'impiego dei rimedi omeopatici per malattie gravi, che possono in molti casi essere curate con i farmaci tradizionali. L'omissione può portare ad un peggioramento della malattia fino al punto di "non ritorno". Ancora più grave è l'atteggiamento dei genitori che utilizzano, con la scusa della libertà di cura (ma quale libertà?), i rimedi omeopatici per i bambini, danneggiandone la salute. Per questi e altri motivi è bene che la discussione sui rimedi omeopatici non rimanga solo fra gli addetti ai lavori. Senza mai dimenticare, in ogni caso, che dietro all'omeopatia, come d'altra parte dietro ai farmaci, si muovono grandi interessi economici. Silvio Garattini Direttore Istituto di ricerche farmacologiche "Mario Negri"


SCIENZE FISICHE. MACCHINE Quella fresatrice di Paolo Volponi
AUTORE: MARCHIS VITTORIO
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA

QUESTA è una fresatrice-pialla a ciclo automatico - disse indicando proprio la macchina guasta - viene costruita dalla nostra officina meccanica e si chiama FP 3. Serve a lavorare una serie di pezzi di dimensioni medie. Pensate a una pialla comune che un falegname adopera su una tavola e pensate poi allo scalpello che lo stesso falegname debba adoperare per fare qualche taglio o incavo nella stessa tavola. Questa fresatrice-pialla fa le stesse cose sul ferro e sulla ghisa. Invece della mano del falegname la spinge la forza industriale. Grosset ci spiegò adagio e molto bene ogni pezzo della FP 3, facendola ogni tanto funzionare e invitandoci a vedere il lavoro degli operai del suo reparto per chiarirci meglio qualche dettaglio, specie di quegli operai che avevano bisogno della sua guida o per il funzionamento della fresatrice o per qualche particolare problema del pezzo in lavorazione. Ogni operaio doveva fare trenta pezzi all'ora, cioè un pezzo ogni due minuti: prendeva il pezzo dalla cassetta dei grezzi che gli arrivava dalla fonderia ogni mezza giornata, lo lavorava e lo metteva poi nella cassetta dei finiti; tutto in due minuti. Il lavoro era molto, tanto che il pezzo finito sembrava diventato d'argento". Non restano altre parole, oltre a quelle che ci ha lasciato Paolo Volponi nel suo romanzo Memoriale pubblicato nel 1972, per spiegare una macchina utensile che ha fatto la seconda rivoluzione industriale, che ha seguito passo dopo passo le feudali vicende dell'organizzazione scientifica del lavoro, che ha popolato le selve di colonne dei capannoni industriali, e che oggi, come spesso accade anche in altri campi, ha subito profonde mutazioni. Vittorio Marchis Politecnico di Torino


SCIENZE FISICHE. PROGETTO APE-THESEO Sfida nella stratosfera In volo dentro le correnti tropicali
Autore: STEFANUTTI LEOPOLDO

ARGOMENTI: RICERCA SCIENTIFICA, METEOROLOGIA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA
TABELLE: D. La missione Ape-Theseo

IN gennaio all'aeroporto di Forlì si sono concluse le prove dell'aereo stratosferico "M-55 Geophysica" per mettere a punto gli strumenti di bordo, in vista della campagna scientifica Ape-Theseo. L'"M-55 Geophysica" è un ricognitore russo capace di raggiungere quote superiori a 21.000 metri con un carico scientifico di 2 tonnellate, può volare per circa sei ore ed è una piattaforma aerea ideale per molte ricerche nel campo delle scienze atmosferiche. Ape-Theseo (da Airborne Plat form for Earth observation- Third European Stratospheric Experiment on Ozone) è la seconda missione scientifica finanziata dall'Unione Europea, dall'Asi e dall'European Science Foundation che fa uso del velivolo di alta quota M-55 Geophysica. Partecipano scienziati di sei Paesi europei (Italia, Germania, Svezia, Gran Bretagna, Russia e Svizzera). La missione si svolgerà ai Tropici dal 13 febbraio al 15 marzo con base operativa alle Seychelles. Sarà la prima volta che un aereo stratosferico volerà sopra e vicino al centro di cumulonembi tropicali, che raggiungono quote anche superiori ai 17 chilometri. Il volo vicino al centro dei cumulinembi non è mai stato tentato perché questa regione è molto pericolosa a causa delle forti correnti ascensionali e discendenti. L'ER-2 americano non consente di avvicinarsi alle cosiddette "torricalde". L'M-55 Geophysica è un aereo assai più robusto e tenterà per la prima volta di giungere il più possibile vicino al centro delle perturbazioni. Lo scopo della missione è di studiare: i processi microfisici che avvengono nei cirri tropicali è il trasporto di gas in traccia e particelle attraverso la tropopausa tropicale e nella bassa stratosfera tropicale. Questo studio permetterà una più generale comprensione della chimica dell'ozono stratosferico: i Tropici, infatti, sono fondamentali nella circolazione generale stratosferica e gran parte dei costituenti gassosi minori e aerosolici vengono iniettati in stratosfera proprio nella zona di convergenza intertropicale. Sull'M-55 Geophysica saranno montati 14 strumenti scientifici. Durante la campagna Ape-Theseo, l'M-55 Geophysica effettuerà voli coordinati con il Falcon dell'ente spaziale tedesco Dlr. Il Falcon, equipaggiato con il lidar Olex, avrà la funzione di ricognitore per l'M-55 e fornirà informazioni sulla distribuzione di ozono e di aerosoli al di sotto del denso tetto di cirri, che non può essere sondato completamente dal lidar a bordo dell'M-55. Il ruolo di ricognitore del Falcon, ai Tropici, sarà particolarmente importante per individuare cirri non visibili a occhio nudo, ai bordi dei cumulonembi (le "torri calde"), e inoltre guiderà l'M-55 Geophysica nelle zone di maggiore interesse scientifico. La missione si coordinerà con il programma Indoex (Indian Ocean Experiment), diretto dal premio Nobel Crutzen e da Ramanathan, dell'Università della California, che ha lo scopo di studiare i processi di cambiamento climatico dovuti all'attività antropica. L'insieme dei due esperimenti costituisce il maggiore sforzo attualmente in atto nel campo delle scienze atmosferiche. Indoex avrà base operativa alle Maldive. Attualmente è previsto almeno un volo coordinato tra l'M-55 Geophysica e il C-130 della Noaa americana. Questo volo avverrà nei cieli tra le Seychelles e Mauritius. L'Italia ha avuto un ruolo trainante nello sfruttamento scientifico dell'M-55 Geophysica. Per mantenere questo ruolo di guida il Cnr si è fatto promotore di un'iniziativa per costituire un consorzio europeo (Gruppo Economico di Interesse Europeo-Geie) per la gestione futura dell'M-55. Il 25 gennaio presso il Cnr a Roma vi è stata una riunione europea per definire la costituzione di questo consorzio. Hanno dato la propria adesione a questa iniziativa l'ente spaziale tedesco, il Forschugs Zentrum Juelich, il Forschugs Zentrum Karlsruhe, l'Università di Francoforte, l'Osservatorio di Neuchatel, il Politecnico di Zurigo, l'Institute Nationale de Science dell'Universe del Cnrs, e per l'Italia il Cnr, l'Asi e un consorzio formato tra la città di Forlì, l'Università di Bologna, l'aeroporto di Forlì e l'Associazione industriali di Forlì. L'Infen sta valutando la possibilità di utilizzare i voli per esperimenti sulla misura indiretta di neutrini. L'interesse che si è sviluppato in questo settore fa pensare alla possibile realizzazione in Emilia-Romagna di un polo aeronautico con finalità scientifiche nel campo dello studio dell'atmosfera, del telerilevamento del territorio e della fisica delle particelle elementari. Leopoldo Stefanutti Cnr, Direttore Ape-Theseo


IN BREVE Stardust in viaggio verso una cometa
ARGOMENTI: ASTRONOMIA
ORGANIZZAZIONI: NASA
LUOGHI: ITALIA

La sonda della Nasa "Stardust" è felicemente in viaggio verso la cometa Wild-2. Partita domenica scorsa alle 17 ora italiana, arriverà in vicinanza della sua meta nel gennaio 2004. Qui raccoglierà un po' di polvere cometaria, e poi tornerà verso la Terra per rilasciare il suo piccolo ma preziosissimo carico nel cielo degli Stati Uniti. Il contenitore della polvere cometaria verrà quindi recuperato nel deserto dell'Utah, e se tutto andrà bene per la prima volta gli astronomi potranno esaminare in laboratorio un campione di quel materiale cosmico da cui quattro miliardi e mezzo di anni fa ebbero origine il Sole e i suoi pianeti. Nel suo viaggio la navicella raccoglierà anche una minima quantità di polvere interstellare: si giustifica così il suo nome, che si rifà ad una famosa canzone scritta da Carmichael nel 1929. La polvere di cometa verrà catturata da una speciale sostanza chiamata Aerogel: si tratta di un composto del silicio simile al vetro ma termicamente 39 volte più isolante delle migliori fibre vetrose e mille volte meno denso. Il 99,8 per cento dell'Aerogel è infatti aria. Un fiammifero appoggiato su un sottile strato di questo materiale non si accende neppure se il tutto viene posto sopra una torcia infuocata. L'Aerogel, già usato nella sonda Pathfinder che nel 1996 scese su Marte, è stato sperimentato sullo Shuttle anche da John Glenn, l'astronauta di 77 anni che nel novembre scorso è tornato nello spazio. Riprenderemo l'argomento sul prossimo numero di "Tuttoscienze". Intanto per saperne di più si può consultare il sito Internet: http://stardust.jpl.nasa.gov/


IN BREVE Stazione spaziale: "Cupola" italiana
ORGANIZZAZIONI: ASE, ALENIA AEROSPAZIO
LUOGHI: ITALIA

L'Agenzia spaziale europea e l'Alenia Aerospazio (del gruppo italiano Finmeccanica) hanno firmato il contratto "Cupola" - 40 miliardi - per la realizzazione di un modulo d'osservazione destinato alla Stazione spaziale internazionale.


SCIENZE FISICHE. DIRETTIVA EUROPEA Tuteliamoci dall'insidia del radon Un gas radioattivo che filtra dal sottosuolo
Autore: MORONI MASSIMO

ARGOMENTI: ECOLOGIA
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, ITALIA
TABELLE: C. Il radon in Italia

IL radon è un gas radioattivo incolore estremamente volatile prodotto dal decadimento di tre nuclidi capostipiti che danno luogo a tre diverse famiglie radioattive: il torio 232, l'uranio 235 e l'uranio 238. Dal decadimento del nuclide più abbondante in natura, l'uranio 238, deriva l'isotopo radon 222. Il torio 232 e l'uranio 235 producono invece rispettivamente il radon 220 e 219. Il radon è generato continuamente da alcune rocce della crosta terrestre e in particolar modo da lave, tufi, pozzolane e alcuni graniti. Sebbene sia lecito immaginare che le concentrazioni di radon siano maggiori nei materiali di origine vulcanica, spesso si riscontrano alti livelli di radionuclidi anche nelle rocce sedimentarie come calcari, marmi, marne e flysh. Come gas disciolto, il radon può finire in falde acquifere a grande distanza dal luogo di origine. Infine, è nota la sua presenza in alcuni materiali da costruzione. La via che generalmente percorre per giungere nelle abitazioni passa attraverso fessure e piccoli fori delle cantine e nei piani seminterrati. L'interazione tra edificio e sito, l'uso di particolari materiali da costruzione, le tipologie edilizie sono gli elementi più rilevanti ai fini della valutazione dell'influenza del Radon sulla qualità dell'aria interna delle abitazioni. Il problema del radon ha avuto negli ultimi vent'anni notevoli sviluppi a livello internazionale. In Usa, Inghilterra, Svezia e altri Paesi è stata emanata una normativa per conoscere i rischi dei vari siti e stabilire le azioni difensive. Anche l'Unione Europea con la raccomandazione 143 del 21 febbraio 1990 ha stabilito criteri per la protezione del pubblico contro l'esposizione al radon. La direttiva Cee 106/89 si può considerare una norma quadro per regolare l'uso dei materiali in opere di costruzione. In ambito nazionale l'Enea ha svolto una serie di ricerche in alcune zone di Roma e dell'Alto Lazio che documentano quantità di radon molto variabili tra i 100 e 700 Bq/m3 (Becquerel al metro cubo) con punte di 1000 e più Bq/m3 contro una media nazionale di 30-50 Bq/m3. Dato che una dose di 50 Bq/m3 corrisponde a una dose di radiazioni circa tre volte maggiore a quella che mediamente si riceve nel corso della vita per indagini mediche, si può ben capire come il radon sia un pericolo reale. Alte concentrazioni di questo gas inodore e incolore costituiscono un accertato fattore di rischio per l'insorgenza di neoplasie polmonari (tumore al polmone). Il radon giunge nel nostro corpo attraverso l'ingestione di acqua contaminata o ancora di più per inalazione, non essendo possibile individuarlo direttamente con i sensi. La sua pericolosità è legata in particolare ai suoi radionuclidi figli, polonio e bismuto, che si legano alle particelle di polvere (derivanti per esempio dal fumo di sigarette) e si depositano nei polmoni, dove irradiano direttamente i tessuti organici danneggiandoli. La conoscenza della distribuzione di radon nel suolo consente di tracciare vere e proprie mappe di rischio; queste mappe sono state elaborate per esempio in Svezia e inserite nella pianificazione urbanistica. Le aree più a rischio sono quelle di origine vulcanica con profonde faglie tettoniche e falde acquifere a servizio di più Comuni, e quindi di grande rilevanza per la sanità pubblica in caso di contaminazione. Dato che elevate concentrazioni di radon sono particolarmente dannose per i bambini, sarebbe auspicabile che anche nel nostro Paese, almeno gli edifici pubblici quali le scuole di ogni ordine, ma in particolare le materne, elementari e medie, fossero monitorate come già accade in altri Paesi. Il monitoraggio in ambienti chiusi o esterni del radon si fa con un dispositivo portatile che registra il valore instantaneo o nel tempo della concentrazione. Chiunque abiti in una zona presumibilmente a rischio dovrebbe verificare la concentrazione di radon nell'ambiente domestico. Negli Stati Uniti le abitazioni con radon superiore a 4 PCi/l sono praticamente invendibili: le agenzie immobiliari, prima di accettare l'incarico di vendere un immobile, eseguono o fanno eseguire una indagine accurata certificando successivamente in sede di rogito, la salubrità del sito. Un approfondimento sul tema è disponibile all'indirizzo http: //www.radon.it Massimo Moroni Presidente Associazione italiana protezione dal radon


SCIENZE A SCUOLA. NUOVA ZELANDA Un parco a precipizio sull'oceano Tra decine di fiordi, una delle ultime selve umide
Autore: MORETTI MARCO

ARGOMENTI: ECOLOGIA, AMBIENTE
ORGANIZZAZIONI: FIORDLAND NATIONAL PARK
LUOGHI: ITALIA, OCEANIA, NUOVA ZELANDA

IN Europa la parola fiordo è sinonimo di Norvegia. C'è però un altro Paese, dall'altra parte del globo, con le coste ricamate da profonde e tortuose insenature. E' la Nuova Zelanda, o meglio la costa sudoccidentale della sua Isola del Sud. Esteso su di un'area di 12.523 chilometri quadrati - la metà del Piemonte -, il Fiord land National Park è la maggiore riserva naturale del Paese. E' movimentato da decine di fiordi che, rispetto a quelli norvegesi, hanno il vantaggio di trovarsi in un clima meno rigido e più piovoso, più propizio allo sviluppo della vegetazione che fodera le creste delle montagne tra scenari spettacolari. Le profonde insenature di mare confinano con la foresta pluviale temperata. Quella dell'Isola del Sud della Nuova Zelanda è una delle ultime tre selve umide dei climi temperati rimaste: le altre due si trovano in Tasmania (Australia) e in Cile. All'origine di questa foresta c'è uno dei climi più fradici del pianeta con una media annua di 200 giorni e 7274 millimetri di pioggia, portati dai Quaranta Ruggenti, i venti delle alte latitudini. Le foreste umide che coprono le valli di Fiordland fino a mille metri di quota sono formate nello strato superiore da faggi, podocarpi, totara e diversi tipi di pini; in quello centrale da felci, piante erbacee e arbusti; e in quello più basso da una varietà di muschi e licheni. Il paesaggio più fantastico della Nuova Zelanda, un mosaico di fiordi, baie, vette impettite, ghiacciai, laghi, foreste umide, fiumi e cascate, è stato modellato in 500 milioni di anni da acqua, vento e fuoco. La sua diversità geologica è però il frutto delle 20 fasi glaciali che si sono succedute negli ultimi 2 milioni di anni. Periodi caratterizzati da gelo, da continue nevicate sulle cime delle montagne e dall'estendersi dai bracci dei ghiacciai fino al mare. Alla fine dell'ultima era glaciale, 14.000 anni fa, il ghiaccio si è sciolto: sul versante occidentale, il mare si è insinuato nelle gole scavate dall'erosione e ha originato i fiordi; mentre su quello orientale, i ghiacciai trasformati in torrenti hanno generato i laghi Te Anau e Manapouri. Il ghiaccio ha inciso la roccia in profondità: nel Milford Sound, ad esempio, Mitre Peak precipita nel fiordo con una parete a strapiombo di 1695 metri. Curiosamente, è proprio in quest'ambiente ostile che sorse il primo nucleo della Nuova Zelanda bianca. Nel 1792, dodici cacciatori europei di foche costruirono una base nel fiordo di Dusky. La fauna di Fiordland è principalmente antartica con la presenza stanziale di circa 9000 foche neozelandesi (Artocephalus forsteri) e di centinaia di esemplari appartenenti a tre diverse specie di delfini. Mentre è occasionale l'approdo tra i fiordi di capodogli (Physeter macrocephalus), orche (Orcinus orca), megattere (Megaptera noveangliae), foche leopardo (Hydrurga leptonyx) e foche elefante (Mirounga leonina). Quest'ultimo è un vero pachiderma marino con la pelliccia marrone e un accenno di proboscide: pesa 3600 chili distribuiti in 6 metri di lunghezza. Sono molto più numerose (50) le specie di uccelli. I non volanti kiwi maculato (Apteryx haastii) e takahe (Notornis mantelli). Il kea (Nestor notabilis), chiamato anche pappagallo delle nevi. Il kakapo (Strigops habroptilus): l'unico pappagallo non volante del mondo. Il falco, il pinguino del ciuffo e numerose varietà marine. In un Paese all'avanguardia per la tutela del territorio, le singolarità paesaggistiche di Fiordland son protette con ogni mezzo. Il Milford Track, il più famoso trekking della Nuova Zelanda - quattro giorni di cammino per coprire 53 chilometri di sentieri tra foreste, cascate, fiordi e viste mozzafiato - è stato il primo del mondo a introdurre il numero chiuso per gli escursionisti, al fine di ridurre il processo di erosione. E al lago Manapouri (142 chilometri quadrati di superficie) per non alterare il paesaggio è stata realizzata, in 8 anni di lavoro, una delle maggiori centrali idroelettriche sotterranee. Marco Moretti




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