TUTTOSCIENZE 9 giugno 99


GLI OCCHI SPECCHIO DELL'ANIMA
ORGANIZZAZIONI: DEVELOPMENT PSYCHOLOGY
LUOGHI: ITALIA

SORPRENDENTI ricerche dimostrano che esiste una relazione tra eccitabilità e colore degli occhi: il fatto di avere avere gli occhi chiari o scuri diventa così un valido indice della propria indole, della predisposizione per determinati sport e attività, e addirittura del senso artistico. Gli occhi, l'avremo detto o sentito un sacco di volte, possono essere furbi, tristi, vacui, intelligenti e così via. Non sono semplici modi di dire; la psicologia ha fornito prove convincenti che le intuizioni popolari sono una volta tanto valide. Lo studio della comunicazione non verbale ha permesso di identificare l'espressione che lo sguardo assume quando siamo in collera o abbiamo paura; quando ci sentiamo tristi o felici. Si sa anche che un certo modo di guardare sfuggente, guizzante, incerto, è un indizio che l'interlocutore sta mentendo. La sessuologia ha poi constatato come la dilatazione della pupilla e la luminosità dell'occhio siano chiari segni di interesse e di attrazione. Ma avremmo previsto che basandoci sul solo colore degli occhi, saremmo stati in grado di fare ipotesi molto verosimili sul temperamento, sulle attitudini e addirittura sulle preferenze artistiche di chi ci sta di fronte? Una serie di ricerche sembra indicare che esiste una relazione tra colore dell'iride (la regione colorata dell'occhio) e una particolare disposizione del carattere e del comportamento. La rivista ««Development Psychology»» riporta l'esito di una ricerca condotta su bambini in età prescolare. Nella prima infanzia uno dei contrassegni più sicuri della timidezza è il colore degli occhi: chi è inibito con buona probabilità ha gli occhi azzurri! Lo studio eseguito dagli psicologi Coplan, Coleman e Rubin dell'Università di Carleton di Ottawa in Canada è la conferma definitiva di una serie di indagini precedenti. La correlazione scoperta viene meno dopo i 4-5 anni, quando il bambino comincia a frequentare la scuola e ha di conseguenza più contatti con coetanei e adulti. A quel punto, dicono Rubin e Both, lo svantaggio iniziale di chi ha gli occhi chiari viene bilanciato dall'interazione con l'ambiente, rimettendo tutti sullo stesso piano. Altri due ricercatori, Rosenberg e Kagan, ritengono che alla base del rapporto fra occhi celesti e inibizione ci sia un comune substrato biologico. Numerose ricerche sembrano dimostrare la fondatezza di questa ipotesi. Studi paralleli hanno dato prova dell'esistenza negli individui con gli occhi scuri di una maggiore reattività neurofisiologica e mentale; questa condizione li rende più scattanti, dinamici e vivaci rispetto alle persone con l'iride chiara, che appaiono tendenzialmente più pacate e riflessive, ma anche, almeno nei primi anni di vita, meno socievoli e più schive. La causa di queste due diverse predisposizioni pare dipendere da una sostanza presente nel cervello che, in funzione della sua quantità, renderebbe il sistema nervoso più o meno eccitabile. Il suo nome è neuromelanina e si trova anche nell'iride e nella pelle (dove è chiamato melanina o eumelanina) determinando il colorito di questi tessuti. La neuromelanina appare in grado di facilicitare gli scambi nervosi. Il pigmento degli occhi e il suo omologo cerebrale sembrano andare di pari passo: alte concentrazioni di melanina nell'iride (e quindi occhi molto scuri) corrisponderebbero a un elevato livello di neuromelanina (e ad una grande reattività nervosa). L'inverso accadrebbe se gli occhi sono chiari. Una ricerca di Miller, Università di Louisville, sembra dare peso a questa spiegazione: gli individui con gli occhi scuri forniscono in media prestazioni migliori in attività fisiche che richiedono una bassa soglia di reazione, come il pugilato o il giocare in difesa nel football; mentre chi ha gli occhi chiari pare dia il meglio di sè in sport più misurati e di precisione come il bowling o il golf. Lo stato di più alta eccitazione delle persone dagli occhi bruni è una condizione generalizzata che coinvolge non solo la mente, ma l'intero organismo. Uno staff di medici coordinato da Friedl ha riferito su ««Autonomic Nervous System»» il risultato di un esperimento in cui era stata iniettata dell'atropina (un sedativo) a un gruppo di uomini di età tra i 20 e i 30 anni. E' emerso che gli individui reagivano diversamente a seconda del colore degli occhi: chi aveva gli occhi castani subiva un rallentamento del battito del cuore per un intervallo inferiore rispetto a chi possedeva l'iride chiara. Inoltre la ripresa del normale ritmo cardiaco avveniva per questi ultimi con una progressione molto più lenta. Una èquipe medica del ««Kaiser Permanente Medical Care Program»» di Oakland ha esaminato 1.031 persone che soffrivano di ipertensione e altrettante con livelli medi di pressione. Si è così appurato che gli individui più a rischio di ipertensione (un correlato in genere dell'eccitabilità) avevano in misura statisticamente significativa l'iride di colore bruno. Gli occhi scuri suggeriscono che l'individuo è anche più impressionabile di chi li ha chiari. E' quanto ha dimostrato lo psicologo Markle. Lo studioso ha esposto a scene in tv un rilevante numero di individui di entrambi i sessi. Le immagini riguardavano situazioni neutre, violente, o di accoppiamento fra animali. Le reazioni erano testate con una sorta di macchina della verità. Facendo un confronto fra colore degli occhi e intensità delle risposte emotive è apparso evidente che chi aveva gli occhi scuri aveva reagito in modo più forte; e, per contro, le iridi celesti erano rimaste più impassibili. Persino il giudizio estetico è connesso al colore degli occhi. Da indagini sulle preferenze per forme e colori si è rilevato come chi ha gli occhi castani o neri tende a prediligere figure simmetriche, oggetti complessi e strutture che presentino un grande numero di angoli. Al contrario, le persone con gli occhi chiari dichiarano un maggiore gradimento per forme più ordinarie, regolari e non sono particolarmente sensibili al colore. Quest'ultimo dato è stato provato da un'altra ricerca di Markle. Lo psicologo aveva sottoposto un gruppo di soggetti al test di Rorshach (il test in cui vengono mostrate delle macchie di china e viene chiesto cosa ci si vede). Sette tavole del test su 10 sono in bianco e nero e 3 a colori: in generale chi aveva gli occhi chiari vedeva nell'insieme un maggior numero di profili; ma in relazione alle tavole a colori (elaborate proprio per verificare l'effetto dell'emotività), il rapporto si invertiva: erano gli individui con gli occhi scuri a rintracciare il numero più grande di forme. Partendo da queste osservazioni, altri studiosi hanno voluto verificare se queste diversità avessero un rilievo anche in relazione al tipo di trattamento psicologico. Gli studi hanno rivelato che chi ha gli occhi scuri dà risultati migliori con interventi di tipo comportamentale che prevedono una partecipazione più attiva. Chi ha occhi celesti, invece, trae più beneficio da terapie basate sul dialogo e più ««cerebrali»». Marco Pacori


MEDICINA & SOCIETA' Più della vecchiaia, costa la mezza età La prevenzione può far quadrare i conti sanitari
Autore: GIACOBINI EZIO

ARGOMENTI: MEDICINA FISIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: SPESE, COSTI, SANITA'

UNO dei più gravi problemi economici delle società industriali è la crescita dei costi sanitari dovuta all'aumento della speranza di vita. Negli Stati Uniti, dove peraltro c'è un sistema sanitario pubblico parziale (assistenza solo al di sopra dei 65 anni e agli indigenti) si proietta un aumento dei costi dal 25% attuale del prodotto nazionale lordo al 50% fra 16 anni. Una soluzione dell'equazione costi sanitari/popolazione anziana richiede una conoscenza della complessa relazione che intercorre tra il rapido evolversi delle tecnologie mediche e l'economia. Diversi fattori che potrebbero portare a un risparmio nella spesa sanitaria dipendono dalla ricerca di nuove tecnologie biomediche. Negli Stati Uniti la percentuale di invalidità legata a malattie di carattere cronico ha continuato a diminuire negli ultimi 13 anni al ritmo dell'1,3% per anno. Ciò ha permesso di risparmiare notevoli somme nell'assistenza (sopratutto nei ricoveri ospedalieri). Gli esempi più noti sono quelli della prevenzione dell'osteoporosi (meno fratture), della frequenza degli infarti cerebrali, delle terapie anti-Parkinson, di malattie cardiache fino alle più recenti terapie della malattia di Alzheimer. Qual è l'impatto dell'invalidità sull'economia? Basti pensare che a causa delle malattie di tipo cronico, individui non autosufficenti al di sopra dei 65 anni costano in media sette volte di più degli individui autosufficenti della medesima età. Un paziente con malattia di Alzheimer che passa dalle cure domiciliari a quelle di un ricovero aumenta i costi di 3 volte. Il prolungare la permanenza a casa mediante una terapia farmacologica per un periodo di un solo anno farebbe risparmiare all'erario italiano circa 30 milioni di lire per ogni paziente (esistono circa 550 mila pazienti di Alzheimer e si possono fare i conti). Il risparmio è già possibile oggi instaurando precocemente delle terapie . Per fortuna secondo le statistiche tra il 18% della popolazione italiana che si trova al di sopra dei 65 anni, due milioni e 800 mila tra i 65 e i 69 anni sarebbero autosufficienti. Anche tra i due milioni di ottantenni un terzo è in buone condizioni di salute. Un miglioramento di queste cifre è possibile, ma non senza investimenti nella ricerca biomedica. La ricerca sull'invecchiamento e sulla longevità (non è la stessa cosa) ha raggiunto un livello notevole specie negli Stati Uniti, che solo quest'anno la finanzieranno con oltre mezzo miliardo di dollari. Guidati dallo slogan ««invecchiare non è inevitabile»», si dirigono le ricerche verso un miglioramento della qualità della vita piuttosto che verso un aumento della lunghezza. L'uso di sostanze che possano prevenire i danni di un infarto cerebrale (come l'attivatore del plasminogeno) se somministrate entro poche ore dall'infarto possono ridurre notevolmente la lunghezza della degenza e del periodo riabilitazione. Secondo recenti dati dell'Istituto Nazionale per le malattie neurologiche in Usa, l'estendersi di questa terapia a un numero maggiore di pazienti avrebbe l'effetto di aumentare i costi della terapia dell'infarto emorragico di 1,7 milioni di dollari ogni mille pazienti, ma anche di diminuire i costi della riabilitazione e del ricovero in case di cura di 6,2 milioni, con un guadagno netto di 4,5 milioni di dollari per ogni mille pazienti. Il guadagno non sarebbe però solo economico ma si tradurrebbe in un miglioramento della qualità della vita di 564 anni ogni mille pazienti per i rimanenti anni di vita. Si può calcolare che una terapia farmacologica che rallentasse la malattia di Alzheimer per un periodo di 5 anni diminuirebbe di circa il 50% il numero dei pazienti: ciò è dovuto al rapido aumento della frequenza della malattia al di sopra dei 65 anni, con un raddoppio ogni 5 anni. Il buon senso ci direbbe che con l'aumento del numero di anziani aumentano anche le spese della sanità. Paradossalmente non è sempre vero. Un articolo del ««New England Journal of Medicine»» ci dice che i costi sanitari diminuiscono negli ultimi anni di vita nelle persone molto anziane (paragone tra individui morti a 67 e a 90 anni rispettivamente). La spiegazione sta nel fatto che coloro che vivono fino ai 90 (sempre più numerosi!) sono sopravissuti al rischio precedente di molte malattie croniche. Come possiamo illustrare questo paradosso dell'economia sanitaria? Immaginate di dover depositare sul vostro conto bancario (con gli interessi) tutto il danaro occorrente per le spese sanitarie di tutta la vostra vita. Avrete bisogno di una somma minore se vivrete fino a 85 anni che se vivrete fino ai 75. Ci sono purtroppo delle dolorose eccezioni a questa regola. Infatti se appartenete al sesso femminile e quindi vivrete tre anni di più in media arrivando a quell'età (85 anni) avrete una probabilità maggiore di sviluppare una demenza senile di tipo Alzheimer. A quell'età, i 3/4 dei pazienti Alzheimer sono donne. Un secondo fattore economico importante è l'aumento degli anni di produttività in relazione a una buona salute. Ciò permette di aumentare l'età di pensionamento: nel caso degli Stati Uniti, oggi a 65 e domani a 70 anni. E uno studio sul rapporto tra età di pensionamento e disoccupazione ha dimostrato che non esiste alcun effetto negativo sull'occupazione. Ezio Giacobini


SCIENZE FISICHE CHIMICA Radiazioni per l'ecologia Possono demolire composti inquinanti
Autore: VOLPE PAOLO

ARGOMENTI: CHIMICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: ECOLOGIA, INQUINAMENTO, RIFIUTI, DEPURAZIONE AMBIENTE

Il grande rischio ecologico dei prossimi decenni è rappresentato non tanto dall'ulteriore crescita dei Paesi occidentali quanto dal rapido sviluppo dei Paesi emergenti - tra cui Cina e India - che giustamente aspirano a un tenore di vita simile al nostro. Questo sviluppo comporterà una crescita industriale generalizzata che, se non altro per inesperienza, baderà poco all'ambiente e causerà una crescita della produzione energetica di almeno quattro-cinque volte; è infatti dimostrata la stretta correlazione tra il benessere di un popolo e la sua disponibilità di energia. In pratica vorrà dire che la produzione energetica globale verrà circa raddoppiata e, poiché petrolio e gas naturale saranno diventati estremamente cari, gran parte di questa nuova energia sarà ottenuta da fonte nucleare (quanto sicura in Paesi così tecnicamente giovani?) o dal carbone, di cui il pianeta sarà ancora ricco; ma bruciare carbone è molto inquinante a meno di non depurarne in modo efficace le emissioni, C'è dunque da aspettarsi nei prossimi decenni in vaste e popolate aree della Terra una produzione massiccia di scarti industriali ed effluenti gassosi inquinanti in quantità oggi inimmaginabili. Un contributo alla soluzione del problema sarà sicuramente dato dalle radiazioni ionizzanti che, associate solitamente al ««nucleare»» e quindi ritenute antiecologiche per eccellenza, se utilizzate per il verso giusto possono svolgere una funzione di protezione dell'ambiente. L'effetto di queste radiazioni ad alta energia (Rae) è, infatti, a livello molecolare, quello di scindere i legami fra gli atomi i quali, trovandosi così con un elettrone spaiato, divengono radicali liberi, che sono specie molto reattive; se il fenomeno avviene in una cellula vivente, come un batterio, questa può morire; se il fenomeno avviene in un composto chimico, questo può trasformarsi in un altro. Gli impieghi utili delle radiazioni sono legate fondamentalmente a questi due fenomeni. Un primo esempio riguarda la potabilizzazione delle acque. L'effetto battericida viene di norma ottenuto con la miscelazione con cloro e con ozono. Tuttavia, se le acque oltre ai microrganismi contengono anche residui chimici tossici come fenoli, coloranti o detergenti, devono subire trattamenti specifici. Questa operazione può essere facilitata se l'acqua viene sottoposta a radiazioni ionizzanti; infatti nell'acqua irradiata si generano specie reattive che reagendo con gli inquinanti disciolti formano nuovi composti facili da rimuovere anche coi metodi convenzionali. Gli impianti pilota di questo tipo, che si trovano in Usa, Germania, India, Russia e Giappone, usano indifferentemente sorgenti di radiazione gamma o elettroni accelerati per irraggiare l'acqua. Tuttavia affinché il processo possa essere diffuso occorre risolvere ancora problemi economici che lo rendano competitivo. Un'altra applicazione riguarda i rifiuti solidi urbani, molti dei quali possono avere una notevole importanza economica per la presenza residua di principi nutrizionali. Ma per poterli riciclare - ad esempio come fertilizzanti - devono essere trattati in modo da ridurne a livello di sicurezza la contaminazione batterica e microbica che potrebbe ritornare all'uomo con grave rischio per la salute. Questa operazione avviene già normalmente durante la fase di compostaggio, ma alcuni scienziati giapponesi hanno dimostrato che l'irraggiamento con radiazioni ionizzanti durante il compostaggio permette di ridurre i tempi del processo di decontaminazione microbica e di ottenere un prodotto migliore a costi inferiori. Per quegli scarti il cui riciclo non è economicamente interessante come alcune materie plastiche, che tuttavia non è conveniente inviare all'inceneritore perché la loro combustione potrebbe originare gas nocivi, si può applicare l'irradiazione con radiazioni ionizzanti con lo scopo di ottenerne la degradazione, processo in seguito al quale il materiale si polverizza con emissioni gassose esclusivamente di idrogeno. Dove l'impiego delle radiazioni può dare un grande contributo ecologico - ed è già fortemente competitivo ed anche più pulito delle soluzioni tradizionali - è nell'abbattimento degli effluenti gassosi prodotti dalle centrali elettriche e dagli impianti siderurgici che bruciano combustibili fossili. I gas da abbattere sono sostanzialmente il biossido di zolfo e gli ossidi d'azoto, questi ultimi responsabili non solo delle piogge acide ma pure della distruzione dello strato d'ozono. Assieme ad essi nella combustione si formano biossido di carbonio ed acqua e la miscela gassosa che si avvia alla ciminiera comprende anche ossigeno ed azoto molecolari. Sono sostanzialmente l'acqua, l'ossigeno e l'azoto che, colpiti dalle radiazioni, forniscono le specie radicali che reagiscono con gli ossidi di zolfo e di azoto; ne derivano acido nitrico e solforico che, miscelati con ammoniaca, reagiscono a loro volta producendo nitrato e solfato d'ammonio solidi che precipitano e, essendo ottimi fertilizzanti, vengono recuperati. I diversi impianti pilota di questo tipo usano come radiazioni ionizzanti gli elettroni prodotti da un acceleratore. L'impianto di Szczecin in Polonia, su una centrale a carbone, depura 270.000 metri cubi di effluenti gassosi all'ora, producendo nello stesso tempo tonnellate di fertilizzanti. Paolo Volpe Università di Torino


SCIENZE FISICHE SVILUPPO SOSTENIBILE Fare industria secondo natura Criteri internazionali per dare il voto a buoni e cattivi
Autore: GRASSIA LUIGI

ARGOMENTI: ECOLOGIA
NOMI: BRUNO GIORGIO
ORGANIZZAZIONI: EMAS, ISO, UE UNIONE EUROPEA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: INDUSTRIA, INQUINAMENTO, REGOLAMENTO

OBIETTIVO : niente più inquinamento dagli impianti industriali. Fino a poco tempo fa era utopia ecologista, adesso le fabbriche possono arrivarci molto vicino. C'è uno standard internazionale, stabilito da un organismo che si chiama Iso e che ha sede a Ginevra, sul cui metro si può verficare quando un'impresa va considerata buona rispetto all'ambiente, alla luce delle più recenti tecnologie. La certificazone è definita Iso 14001. Fra i gruppi che l'hanno ottenuta, la matricola è la Skf (cuscinetti a sfere, con la capogruppo in Svezia e 9 stabilimenti in Italia) che si è vista consegnare il diploma a Londra dai Lloyd's poche settimane fa. Entrare nel club costa soldi e anni di impegno ma ne vale la pena, e non solo per ragioni di immagine. Perché, spiega Giorgio Bruno, coordinatore ambientale di Skf Italia, ««le leggi sull'ambiente sono sempre più stringenti e si tratta di anticipare quel che comunque tutti saranno obbligati a fare da qui a qualche anno. Per esempio, poco dopo il 2000 in Italia il consumo di acqua sarà tassato; con l'Iso 14001 abbiamo già provveduto a minimizzarlo. Più in generale questo tour-de-force ci ha spinto a dotarci delle tecnologie più efficienti, a prezzo di grossi investimenti ma anche con ritorni economici a medio termine»». Ritorni dovuti al risparmio di materie prime e di energia, al minor rischio di incidenti (potenzialmente costosissimi), ai premi assicurativi più bassi, alla minore probabilità di incorrere in multe e sanzioni penali per inosservanza delle complicatissime normative ambientali, e infine grazie alle minori tasse per smaltimenti o emissioni come la nuova ««carbon tax»». L'International Standardisation Organisation di Ginevra è presieduta dall'italiano Giacomo Elias e si occupa di misurare un po' di tutto, ad esempio la qualità dei prodotti con la norma Iso 9000 (ormai indispensabile per la permanenza sul mercato, soprattutto nella produzione di componenti ad alta precisione). E' impegnata anche nella standardizzazione degli stessi sistemi di misura. La norma 14001 sull'ambiente è stata emessa solo nel settembre del '96 ed è per questo che un numero ancora limitato di imprese ha potuto adeguarsi. Ma c'è da attendersi un'epidemia. Che cosa prevede l'Iso 14001? Si parte da una lunga serie di parametri-obiettivo (ispirati dalle leggi vigenti ma più ambiziosi, in considerazione degli sviluppi normativi attesi e delle possibilità offerte dalla tecnologia più recente) e di indicazioni relative a fattori ambientali tanto diversificati come uso di materie prime e risorse energetiche non rinnovabili, sostanze lubrificanti, acidi, vernici e solventi, acque di raffreddamento, energia elettrica, fanghi e rifiuti, emissioni in atmosfera o nella acque, rumori molesti e produzione di materiali di scarto come trucioli e imballaggi, più molto altro ancora. Ne esce una griglia di ben definite linee-guida, seguendo le quali un'impresa, con il ricorso a esperti, può procedere a un'analisi degli impatti ambientali del processo produttivo e del prodotto finale. Su questa base si progetta un sistema di gestione ambientale che comporta l'introduzione di nuovi macchinari e di nuove strutture organizzative volte al contenimento delle emissioni e al riciclaggio, con un intenso training del personale esteso a tutti i livelli (fondamentale, prima di tutto, proprio la sensibilizzazione del fattore-uomo). Alla fine si chiede la certificazione di una società specializzata che dà riconoscimento esterno al risultato e che provvederà ai successivi controlli periodici. La certificazione 14001, regolamentata da un ente mondiale (e non europeo) come l'Iso, è però riconosciuta dalla Commissione di Bruxelles come propedeutica all'iscrizione nel registro delle imprese che ottemperano al Regolamento Emas (Environmental Management and Audit Schmeme) pubblicato dalla Cee (oggi Ue) nel 1993. Entrambi i modelli si ispirano a una nuova filosofia di tipo volontaristico: sulla base di una documentazione pubblica, si invitano le imprese a darsi da sè un sistema di autovalutazuone e autoverifica ambientale. Senza obblighi, ma di questi c'è sempre meno bisogno: un po' perché la consapevolezza delle responsabilità verso l'ambiente è ormai diffusa, e un po' perché è dimostrato che non inquinare conviene. Luigi Grassia


SCIENZE FISICHE PREMIO ALTRAN Tecnologia per l'acqua
NOMI: PETRUZZELLI DOMENICO
ORGANIZZAZIONI: PREMIO ALTRAN
LUOGHI: ITALIA

GIOVEDI' 10 giugno, ore 19.30, alla Maison de l'Unesco a Parigi, proclamazione del vincitore della terza edizione del Premio della Fondazione Altran (100 mila franchi francesi), dedicata quest'anno al tema ««Innovazione tecnologica e acqua: accesso all'acqua e la sua qualità nel mondo»». Tra i sette progetti finalisti, quello di Domenico Petruzzelli ricercatore del Cnr di Bari e responsabile dell'Istituto di ricerche sull'acqua del capoluogo pugliese, che ha messo a punto un progetto per il trattamento delle acque residue apprezzato su scala internazionale. La Fondazione Altran, è nata nel 1996 in Francia con lo scopo di sostenere, promuovere e sviluppare l'innovazione tecnologica al servizio degli interessi della comunità. Il premio annuale è aperto a candidati individuali o èquipe, operanti in Università, imprese e centri di ricerca pubblici e privati.


SCIENZE FISICHE ASTRONOMIA Che ora è su Marte? Una meridiana sul pianeta rosso
Autore: BONANNI AMERICO

ARGOMENTI: ASTRONOMIA
NOMI: NYE BILL
ORGANIZZAZIONI: NASA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: METROLOGIA

TRA tutti i sofisticati strumenti scientifici che nei prossimi anni arriveranno sul suolo di Marte ce ne sarà anche uno molto particolare. Non avrà circuiti elettrici, motori o antenne radio. Sarà un semplice bastoncino di metallo alto otto centimetri, appoggiato su una piccola base quadrata. Sotto la luce solare la sua ombra si muoverà segnando il trascorrere del tempo. In altri termini una meridiana, strumento antichissimo che diventerà protagonista del progetto ««Due mondi, un unico Sole»» della Cornell University di New York e dell'Università statale dell'Arizona. La meridiana raggiungerà Marte a bordo del lander della missione Nasa ««Mars Surveyor 2001»». Una volta sul pianeta, una telecamera la terrà sotto osservazione e le immagini trasmesse a Terra saranno continuamente disponibili su Internet. Chiunque potrà quindi osservare i giorni e le stagioni di quel pianeta scorrere sotto i propri occhi L'idea è venuta quasi per caso a Bill Nye, popolare conduttore di una trasmissione scientifica per ragazzi, quando ha notato tra i progetti degli strumenti della Surveyor un piccolo quadrato di metallo destinato a calibrare colori e luminosità della telecamera a bordo. A Nye è apparso come la base ideale per una piccola meridiana, bastava aggiungere una asticella. Così ha radunato attorno a sè artisti ed astronomi che hanno creato un oggetto di alluminio del peso di soli sessanta grammi. Sulla base sono disegnati tre anelli, rispettivamente nero, grigio e bianco, ed alcuni puntini colorati. Da un punto di vista tecnico questa è la parte cosiddetta fotometrica, per la regolazione della telecamera. Ma gli anelli sono anche disposti in modo da riprodurre le orbite di Marte e della Terra in rapporto al Sole. La protagonista principale del progetto è però l'asticella situata al centro che svolgerà la funzione di meridiana vera e propria. C'è da dire che piazzare un quadrante solare su Marte crea non poche difficoltà. Prima di tutto un anno marziano dura quasi il doppio di quello terrestre, e poi l'orbita attorno al Sole è più ellittica rispetto a quella del nostro pianeta. Ci sono anche somiglianze notevoli (ad esempio il giorno marziano è di soli 37 minuti più lungo del nostro), ma nel complesso le differenze faranno in modo che l'ombra dell'asticella si muoverà in modo molto diverso da come siamo abituati sulla Terra. Per questo motivo non sarà possibile usare le linee di riferimento normalmente disegnate per le meridiane terrestri e se ne dovranno inventare di nuove. Anzi, le linee non ci saranno affatto, ma saranno aggiunte in modo virtuale solo quando le immagini arriveranno a Terra. Il motivo è legato all'incertezza che accompagna sempre qualsiasi missione spaziale. La posizione del punto di atterraggio, un fattore cruciale, non è infatti prevedibile alla perfezione, e poi il terreno irregolare potrebbe inclinare la meridiana, spostando l'ombra e rendendo inutili i segni impressi. Così non appena sarà avvenuto lo sbarco, i progettisti calcoleranno la posizione esatta dello strumento e poi, in base ai risultati, ordineranno ai computer di aggiungere le linee sulle immagini da trasmettere via Internet. Come ormai è tradizione per la Nasa, grazie alle idee proposte dai bambini di alcune scuole americane la meridiana conterrà anche alcuni messaggi per i visitatori del futuro, ad esempio la parola Marte scritta in ventiquattro lingue. Un progetto del genere non poteva che entusiasmare i tanti appassionati di meridiane sparsi nel mondo. ««E' una notizia di quelle che fanno epoca - dice Francesco Azzarita, responsabile della Sezione quadranti solari dell'Unione astrofili italiani (Uai) -. Sinora abbiamo sempre censito, catalogato e studiato questi strumenti considerandoli ''terrestrì'. Certo, tutti sapevamo che un orologio solare poteva funzionare anche su Marte, ma vedere tutto ciò realizzato in pratica (soprattutto con la possibilità di osservarlo ogni volta che vorremmo) sarà qualcosa di molto diverso»». Per chi volesse tenersi aggiornato sul progetto sarà molto utile il sito Internet della Cornell University: http://www.athena.cornell.edu. Per quanto riguarda le meridiane più classiche c'è invece il Web della Sezione quadranti solari dell'Uai: http://astrolink.mclink. it/uai/sez gqs/index.htm. Americo Bonanni


SCIENZE DELLA VITA LA GUAJAVA Un frutto tropicale che fa (quasi) miracoli
Autore: SAPORITA SALVATORE

ARGOMENTI: BOTANICA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: MEDICINA FISIOLOGIA

LINNEO lo classifica nel genere Psidium, appartenente alla famiglia delle Myrtacee. Originario dell'America tropicale, gli Indios dell'arcipelago caraibico furono i primi a chiamarlo Guajava. E' un albero alto dai 2 agli 8 metri, dal tronco snello di circa 25-30 centimetri di circonferenza. Lo Psidium Guajava fiorisce e fruttifica tutto l'anno, i fiori, bianchi e profumati con 4-5 petali, diventano frutti della grossezza di una pera, con polpa giallo rossastra con semi piccolissimi e duri. Potremmo considerare questo frutto come uno straordinario farmaco naturale, utile al benessere di tutti, poiché ha qualità dietetiche eccezionali. Ecco l'elenco di alcuni suoi ''ingredientì'. Calcio: elemento importante per le funzioni del sistema nervoso, muscolare, scheletrico, per la coagulazione del sangue e la permeabilità di membrana cellulare. Fosforo: implica varie e complesse funzioni nel metabolismo delle funzioni cerebrali, partecipa nella formazione dei globuli rossi ed è un grande tonico del sistema nervoso centrale; viene assunto dalla pianta e trasformato in fosfoprotidi, fosfolipidi e acidi nucleici, i quali sono assimilati dagli animali esplicando un'importante funzione sotto forma insolubile nelle ossa e nei denti. Vitamina C: importante nelle reazioni di idrossilazione degli ormoni steroidi, facilita l'assorbimento del ferro e l'ematopoiesi, dà più resistenza alle infezioni, partecipa nel metabolismo della tirosina e nella trasformazione dell'acido folico. Provitamina A: una volta trasformata in vitamina A, promuove la crescita e la differenziazione delle cellule epiteliali, mantenendo l'integrità funzionale e strutturale degli epiteli, compresi quelli polmonari; partecipa alla formazione dei pigmenti visivi; per carenza si ha scarso accrescimento, e ridotta resistenza alle infezioni. Tiamina (vitamina B1): partecipa al metabolismo dei carboidrati. Sintomi della sua carenza: beri beri, anoressia, vomito, crisi di ipertono generalizzato, scompenso cardiocircolatorio. Vitamina B2: ha una azione ossido-riduttiva cellulare, attiva la piridossin e converte il triptofano in niacina. La carenza di vitamina B2 produce chielite angolare, ragadi, glossite, stomatite, anemia, cataratta e calvizie. Acido nicotinico (vitamina PP): costituente importante di due coenzimi che funzionano da accettori e donatori di idrogeno nei processi ossido-riduttivi; a dosi molto elevate viene utilizzato come vaso dilatatore. Sintomi della sua carenza: insonnia, apatia, confusione mentale, encefalopatie con allucinazioni; diarrea, stomatite, glossite e pellagra. Tannino: composto fenolico diffuso nelle foglie e nel frutto con proprietà astringente e cicatrizzante. In Kenya le foglie vengono usate per combattere la scabbia e tutte le patologie cutanee. Il frutto si serve crudo oppure condito con miele e succo di limone; se consumato dopo cena, garantisce benessere e un sonno tranquillo. Salvatore Saporita


SCIENZE DELLE VITA BANCA DEI SEMI NEL SUSSEX Un'arca di Noè per le piante Metterà in salvo le specie a rischio di estinzione
Autore: KRACHMALNICOFF PATRIZIA

ARGOMENTI: BOTANICA
ORGANIZZAZIONI: MILLENNIUM SEED BANK, ROYAL BOTANIC GARDENS
LUOGHI: ITALIA, EUROPA, GRAN BRETAGNA, LONDRA, REGNO UNITO

TRA gli innumerevoli e ambiziosi progetti finanziati dalla Millennium Commission, la Banca dei semi del millennio (Millennium Seed Bank) è certamente uno dei principali, nonché uno dei più costosi (oltre 80 milioni di sterline). Sullo sfondo del massacro ecologico perpetrato tutti i giorni in tutto il mondo, spicca una cifra impressionante: la previsione degli esperti è che entro i prossimi 50 anni il 25% delle 250.000 specie di piante classificate saranno estinte. Una specie estinta, vegetale come animale, è perduta per sempre. Inoltre, l'estinzione di certe specie di piante porta necessariamente con sè anche l'estinzione di quelle specie animali che di tali piante fruivano come cibo e habitat. Per quanto riguarda gli animali, alcuni anni fa l'etologo Gerald Durrell riuscì in parte a risvegliare le coscienze e a portare a termine un ambizioso progetto per la conservazione delle specie animali in pericolo di estinzione, creando nel 1964 nell'isola di Jersey il Jersey Wildlife Preservation Park. E' nota l'immagine del dodo, il volatile dell'isola Mauritius ormai estinto, scelto da Durrell come logo del suo progetto e che è divenuto il simbolo di tutti i centri conservazionisti del mondo. Per il regno vegetale, un progetto del genere non esisteva ancora. La sede è la banca dei semi a Wakehurst Place nel West Sussex, appartenente ai Royal Botanic Gardens di Kew, di cui si è già parlato in queste pagine qualche anno fa. La banca dei semi, costituita nel 1974, è la più grande e la più completa al mondo per la conservazione dei semi delle piante selvatiche. Ciononostante, contiene meno del 2% della flora mondiale. Il progetto attuale prevede una grande espansione della banca, e la raccolta e conservazione dell'intera flora del Regno Unito, oltre al 10% della flora mondiale. Perché i semi? E' chiaro che, idealmente, si vorrebbero conservare tutte le piante nel loro habitat naturale, ma questo non è quasi mai possibile per una serie di ragioni economiche, sociali e politiche. L'altra possibilità, usata normalmente per la fauna, è quella della riserva naturale, ma per la flora è risultato migliore il metodo della conservazione dei semi, in quanto una banca dei semi è più sicura anche della riserva naturale meglio protetta. Il procedimento per la conservazione non è particolarmente complicato, ed è simile ad altri più noti. I semi raccolti vengono essiccati e poi conservati a temperature di -20 gradi (in qualche caso -40 gradi), il che permette di conservarli per 200 anni ed oltre senza che perdano il loro potenziale di rigenerazione. Questo significa che, in qualunque momento nelle prossime centinaia di anni, gli scienziati saranno in grado di riprodurre una pianta particolare che potrebbe essere già estinta in natura. La pianta potrà quindi essere utilizzata per una grande varietà di scopi, tra cui la ricerca scientifica, l'uso potenziale come nutrimento per uomini ed animali, oppure per la ricostituzione di terreni degradati o semplicemente il reinserimento nel suo habitat naturale. Pur con le sue dimensioni attualmente ancora piuttosto ridotte, la banca dei semi di Kew viene regolarmente usata da scienziati e ricercatori di tutto il mondo alla ricerca di soluzioni per problemi ambientali e di nuovi tipi di utilizzazione delle piante. Alcuni semi sono usati per la cura del morbo di Parkinson, mentre da un'erba tropicale, la Bidens pilosa, sono estratte sostanze chimiche utilizzate nella cura della tricofizia o tigna (ringworm), un parassita che infesta vaste zone dell'Africa. Inoltre i semi di parecchi alberi tropicali, tra cui varie specie di acacia, vengono usati per il rimboschimento di zone degradate in Uganda e forniscono combustibile, materiale da costruzione e cibo alla popolazione, oltre ad arginare la rapida erosione del suolo. In seguito alla ratificazione da parte del Regno Unito della Convensione sulla diversità biologica al summit di Rio Earth del 1992, la direzione dei Royal Kew Gardens ha deciso che era necessaria una maggiore espansione della sua attività di raccolta per la conservazione della flora. Questo è stato confermato da uno studio del 1994 da cui risulta che, benché alcune banche dei semi esistenti in altri Paesi siano dedicate alla conservazione di piante utili, pochissime si sono concentrate sulla raccolta di specie selvatiche. Con il progetto Millennium Seed Bank, si intende raccogliere i semi di quasi tutta la flora del Regno Unito entro l'anno 2000 e un ulteriore 10% della flora del resto del mondo (25.000 specie) entro il 2010. La sede della Millennium Seed Bank, un edificio di grande pregio architettonico, sarà costruita entro il 2000 a Wakehurst Place nel Sussex. La Banca, oltre ad essere un dono per il mondo, rappresenterà il più moderno centro di ricerca sulla tecnologia della conservazione dei semi di piante selvatiche nonché la principale istituzione per la promozione della conservazione dei semi in tutto il mondo, con corsi di addestramento per scienziati stranieri e scambio di conoscenze ed esperienze con altri Paesi. Sarà inoltre il mezzo per educare e interessare il pubblico, sottolineando i rischi posti dall'estinzione di specie della flora ed illustrando l'importanza della conservazione dei semi. In questo grande progetto, i rappresentanti dei Kew Gardens saranno assistiti da volontari dei centri di conservazione. I corsi di addestramento per raccoglitori volontari hanno avuto inizio nel 1997. Raccogliere il 10% della flora mondiale non sarà un compito da poco. La squadra sarà costituita da oltre 30 persone, 20 delle quali provenienti dai Paesi che collaborano al progetto. Questo servirà non solo a risparmiare costi e tempo, ma permetterà al progetto di approfittare delle conoscenze che gli altri Paesi interessati hanno della loro flora. Quando sia possibile, la metà dei semi raccolti nei Paesi tropicali saranno conservati nei luoghi di provenienza, mentre per i Paesi ancora privi di banche di semi, la Millennium Seed Bank conserverà l'intera raccolta, fornendo allo stesso tempo consulenza ed assistenza per la costituzione di Banche nei Paesi d'origine. La Royal Botanic Gardens di Kew ha intenzione di onorare così lo spirito e la lettera del Cites (Convention on International Trade in Endangered Species of Wild Fauna and Flora) del 1973 e la Convention on Biological Diversity del 1992, oltre ad altre leggi regionali e nazionali concernenti la biodiversità. Tutte le raccolte, come pure la conservazione e la distribuzione saranno quindi effettuate secondo accordi bilaterali e vincolanti. Questi accordi comprenderanno un'equa suddivisione dei risultati e di qualunque beneficio proveniente dall'utilizzazione dei semi, e specificheranno diritti e responsabilità di entrambe le parti. Patrizia Krachmalnicoff


SCIENZE DELLA VITA RICERCHE IN FINLANDIA Cinciallegre urbane, pallide e stressate Non è solo un problema estetico: si ripercuote sul comportamento
Autore: CARERE CLAUDIO

ARGOMENTI: ZOOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

UN gruppo di ornitologi dell'Univertà di Turku, Finlandia, ha analizzato gli effetti dell'inquinamento atmosferico sul piumaggio degli uccelli che vivono a stretto contatto con la specie umana. I ricercatori hanno selezionato campioni di una popolazione di cinciallegre - piccoli uccelli dalla livrea gialla e nera di dimensioni poco inferiori a quelle di un passero - in 10 aree scelte secondo un gradiente spaziale a distanze crescenti da uno stabilimento per la produzione di rame, nichel e fertilizzanti rilasciante nell'ambiente ingenti quantità di ossidi di zolfo e metalli pesanti (soprattutto rame, nichel, zinco e piombo). I risultati sono stati sorprendenti: il piumaggio giallo delle cinciallegre diveniva nettamente più pallido man mano che ci si avvicinava allo stabilimento industriale. Dunque l'inquinamento atmosferico fa diminuire l'intensità della colorazione gialla del piumaggio e verosimilmente tale effetto si estende anche ad altre specie della stessa comunità ecologica. Le conseguenze vanno al di là del semplice danno estetico: una colorazione alterata potrebbe portare a una riduzione dell'abilità di competere per un partner e per le risorse con conseguenze avverse su successo riproduttivo e possibilità di sopravvivenza. Infatti la colorazione del piumaggio in molte specie di uccelli svolge un ruolo importante nella comunicazione intraspecifica segnalando la qualità di un individuo in termini di salute, resistenza ai parassiti o capacità di ottenere un territorio ricco. Questi segnali hanno anche la funzione di attrarre partner potenziali e tenere a debita distanza competitori per risorse vitali. Qual è il meccanismo di questo effetto decolorante? I pigmenti responsabili della colorazione gialla sono composti chimici detti carotenoidi. Le cinciallegre non sono in grado di fabbricarli e devono ottenerli dalla dieta. Uno dei principali alimenti della cinciallegra è costituito dai bruchi di lepidotteri geometridi e tortricidi, la risorsa primaria di carotenoidi. I ricercatori finlandesi hanno misurato l'abbondanza di queste prede nelle aree di studio scoprendo che aumentava a distanze crescenti dallo stabilimento industriale. La cinciallegra non è nuova negli studi di eco-tossicologia. Alcuni anni fa dei ricercatori tedeschi hanno analizzato la presenza di 15 composti organoclorurati (PCB e pesticidi) in tre anelli di una catena ecologica tipicamente europea: foglie di quercia »» bruchi di lepidotteri »» cinciallegre. La concentrazione del PCB 153 (2, 2', 4, 4', 5, 5'-esaclorobifenile, il composto più abbondante) aumentava da 1 ng/g nelle foglie, a 10 ng/g nelle larve e 170 ng/g nelle uova delle cinciallegre, un chiaro fenomeno di biomagnificazione. Molti contaminanti, inclusi quelli rilasciati dallo stabilimento finlandese e quelli riscontrati dai ricercatori tedeschi, hanno tra i vari effetti tossici quello di alterare le funzioni endocrine alla base di sistemi comportamentali come aggressività e comportamento sessuale. Se ciò fosse vero in natura - come studi recenti lasciano supporre - ci troveremmo di fronte ad alterazioni comportamentali tali da modificare imprevedibilmente la struttura e la dinamica delle popolazioni animali, inclusa la specie umana. Per questo è di fondamentale importanza condurre ricerche approfondite su specie ad ampia distribuzione confrontando popolazioni residenti in aree selvatiche e poco contaminate con popolazioni esposte a elevati livelli di stress antropogenico. La cinciallegra, per le sue caratteristiche ecologiche e comportamentali, potrebbe ottimamente svolgere il ruolo di 'sentinellà per la salute dell'ambiente in cui viviamo. Dunque occhio alle cinciallegre e alla loro brillantezza. Claudio Carere Università di Groningen


SCIENZE DELLA VITA IPERTENSIONE In Italia 14 milioni di pazienti
Autore: DI AICHELBURG ULRICO

ARGOMENTI: MEDICINA FISIOLOGIA
ORGANIZZAZIONI: OMS
LUOGHI: ITALIA

L' IPERTENSIONE occupa il 15 per cento dell'attività d'un medico di base e un quarto dell'attività d'un cardiologo, in sostanza è la patologia più frequente con la quale entrambi si incontrano nella pratica quotidiana. Per prevenirla e curarla l'Organizzazione mondiale della sanità e la Società internazionale dell'ipertensione hanno indicato nuove linee guida, delle quali si è parlato in un congresso organizzato a Santa Margherita Ligure dalla società italiana dell'ipertensione. Si calcola che gli ipertesi in Italia siano 14 milioni. Squadre di ricercatori lavorano in tutto il mondo per chiarire le cause ed i meccanismi dell'ipertensione. Due rapporti sono previsti, uno nel 2000, l'altro nel 2003, su 8 mila incidenti cerebrali e 12 mila incidenti coronarici, le conseguenze più frequenti dell'ipertensione. Diciamo subito, che secondo le ultime indicazioni dell'americano Joint national committee, i valori ideali della pressione arteriosa nell'adulto sono 120 per la massima e 80 per la minima: un abbassamento, dunque, dei limiti tradizionalmente fissati. Tuttavia si può considerare accettabile, prima che scatti l'allarme, una pressione fino a 139/89, dopo di che si entra nell'ipertensione, di livello 1 fino a 159/99, di livello 2 fino a 179/109, di livello 3 da 180/110 in poi. I meccanismi dell'ipertensione non sono ancora ben noti, numerosi sistemi fisiologici vi partecipano e le loro integrazioni sono complesse. Indiscutibile è il ruolo dei reni: se ad un ratto iperteso si asportano i reni e si trapianta un rene d'un ratto normale, l'ipertensione scompare. Il New England Journal of Medicine riferisce che in sei pazienti ipertesi con insufficienza renale la pressione divenne normale dopo l'asportazione dei reni e il trapianto di reni di individui normotesi e senza storia familiare di ipertensione. Si tratterebbe d'un difetto di escrezione del sodio da parte dei reni, con conseguente aumento della volemia (volume del sangue) e, come risposta fisiologica, un aumento del tono delle arterie. Ma la questione è complessa, vi è un intrico di numerose anomalie dei sistemi regolatori della pressione. Questo concetto di malattia plurifattoriale è stato recentemente rafforzato dalla genetica: l'ipertensione in certi gruppi di popolazione è associata a particolari alleli (coppie di geni) intervenenti nella regolazione della pressione. Che esista una predisposizione genetica allo sviluppo dell'ipertensione è dimostrato da studi sui gemelli ««veri»» e ««falsi»», su famiglie con bambini adottati ecc.: a parità di ambiente i gemelli veri hanno una correlazione della pressione significativamente più elevata in confronto ai gemelli falsi, il che indica una differenza essenzialmente genetica. La trasmissione del carattere ««ipertensione»» di solito è poligenica, ossia da più geni. L'identificazione di codesti geni è progredita negli ultimi tempi. Si tratta di geni codificanti enzimi, ormoni, recettori, trasportatori, intervenenti a diversi livelli nella regolazione della pressione. Per esempio l'angiotensinogeno, substrato proteico utilizzato dalla renina (un enzima di origine renale) per produrre l'angiotensina II, è sovente elevato negli ipertesi e nei loro figli, e due varianti del rispettivo gene sembrano appunto più frequenti negli ipertesi. Negli anni futuri saranno la biologia molecolare e la genetica a chiarire meglio i meccanismi dell'ipertensione. Una volta identificate, le anomalie genetiche predisponenti verranno messe in rapporto con gli elementi biochimici, clinici e terapeutici. Il ricorso a modelli animali sarà indispensabile per precisare l'interazione di più geni, l'interazione di certi geni con l'ambiente, l'identificazione di geni di suscettibilità alle complicazioni dell'ipertensione quali l'insufficienza renale, gli incidenti arteriosi cerebrali, l'infarto. Infine si può sperare che la genetica aiuterà a stabilire la diagnosi presintomatica dell'ipertensione, determinare la prognosi, prescrivere il trattamento più appropriato in rapporto ai difetti molecolari identificati. La situazione attuale della terapia è peraltro già buona, il medico avendo a disposizione diuretici, inibitori calcici, alfa-bloccanti, beta-bloccanti, inibitori dell'enzima di conversione, antagonisti dell'angiotensina II, i quali riducono significativamente gli incidenti arteriosi cerebrali, gli incidenti coronarici, l'insufficienza cardiaca. Ulrico di Aichelburg


SCIENZE A SCUOLA UN FENOMENO MISTERIOSO FINO ALL'800 Quel fluido chiamato elettricità Solo nel 1895 Lorentz immaginò gli elettroni
Autore: CERVINI GIAN CARLO

ARGOMENTI: STORIA SCIENZA
LUOGHI: ITALIA
NOTE: ENERGIA

IN una giornata secca indossate un vestito di seta e prendete in grembo un gatto dal pelo lungo. Accarezzatelo con le mani asciutte. Poi avvicinate un dito al suo naso. Vedrete scoccare una scintilla dal dito al naso. Questo è uno degli esperimenti proposti nel 1764 dall'abate Nollet nel suo trattato di ««Lezioni di fisica sperimentale»». L'abate apparteneva all'Accademia Reale delle Scienze di Francia, era professore al Collegio di Navarra e maestro di fisica dei principi. La sua opera aveva avuto l'approvazione del Segretario dell'Accademia delle Scienze. I suoi esperimenti non sono tutti così strani. Il fatto è che da più di trent'anni stava cercando di scoprire cosa fosse l'elettricità e le sue leggi. Gli antichi gli erano di poco aiuto. Conoscevano le strane proprietà dell'ambra gialla, una resina fossile che, strofinata, attira corpi leggeri quali paglie e foglie secche. In greco l'ambra era detta elektron da cui il nome di elettricità. Talete la pensava dotata di un'anima che attirava i corpi leggeri ««come per un soffio»». Virgilio descrisse una luce che nasceva dalla capigliatura di Julo, figlio di Enea, probabilmente per un effetto di scariche elettriche. I contemporanei di Nollet non ne sapevano di più. Di sera, svestendosi nella poca illuminazione delle loro case, vedevano scoccare scintille dagli abiti. Le stesse che otteneva talora uno stalliere, strigliando il pelo di un cavallo. E' l'effetto che oggi si verifica quando ««prendiamo la scossa»» scendendo dall'automobile con scarpe dalle suole di gomma in una giornata secca. Allora si attribuivano questi fenomeni agli spiriti folletti. Ma l'abate non partiva da zero: qualcosa conosceva dal lavoro di altri scienziati. A Torino operavano Garo e il suo successore Beccaria. Alla fine del Cinquecento il medico della Regina d'Inghilterra, Gilbert, si era interessato all'elettricità. La distinse dal magnetismo e scoprì che, oltre all'ambra, altri materiali possono essere elettrizzati. La produsse strofinando un tubo di vetro con un panno. In seguito furono escogitate macchine elettriche più efficaci basate su una sfera di vetro fatta ruotare e sfregata con un panno, una pelle di gatto o la mano dell'operatore. L'abate usava la mano che, dicono, aveva ««larga, nervosa e secca»», adatta allo scopo. Le sfere talora esplodevano e furono poi sostituite da dischi. Dopo aver trovato come produrre l'elettricità, gli studiosi si misero a sperimentare in tutti i modi e su tutti i materiali possibili: il legno, gli animali, le uova e anche l'uomo stesso. Si era nell'epoca di Cagliostro e di altri maghi in cui le persone erano attratte dal meraviglioso. Perciò gli esperimenti dovevano colpire l'immaginazione. Così si faceva grande uso delle scintille che scoccavano dall'elettricità accumulata sulle sfere. Con esse si accendevano liquidi infiammabili, ad esempio ««del buon spirito di vino»». Oppure si facevano drizzare i capelli agli stupefatti spettatori. Si pensava che questi fenomeni fossero dovuti a due fluidi: uno ricavabile dall'ambra, l'altro dal vetro. Difatti due oggetti di vetro, elettrizzati, si respingono, mentre uno di vetro e un altro d'ambra si attirano. Si riuscì ad accumulare il fluido in una bottiglia di vetro piena d'acqua, detta bottiglia di Leida. L'acqua fu poi sostituita da fogli di stagno, rame o argento. Nella bottiglia, che è un condensatore, si potevano immagazzinare notevoli quantità di cariche elettriche. Ne fecero le spese parecchi malcapitati tra cui la moglie del professor Winkler che impiegò otto giorni per riprendersi dalla scossa. Per provare il trasferimento delle cariche da un corpo all'altro, l'abate fece mettere in fila una compagnia di 240 guardie che si tenevano per mano. Toccando una bottiglia di Leida, la prima ricevette una scossa che si propagò fino all'ultima. Lo stesso esperimento fu ripetuto da un altro studioso su sessanta ragazzi. Con meraviglia la scossa si fermò al sesto. Si avanzò l'ipotesi che il giovane non fosse normale e perciò interrompesse il passaggio del fluido elettrico. Il clamore fu grande. Dovette intervenire il Duca di Chartres che fece formare una fila di venti persone tra cui tre cantori di cappella che, secondo gli usi dell'epoca, erano castrati per avere voci celestiali. Il fluido passò perfettamente e il giovane si salvò la reputazione. Per quasi tutto l'Ottocento la vera natura dell'elettricità fu ignota. Si parlava di elettricità vitrea e resinosa, altrimenti dette positiva e negativa. Qualcuno sosteneva che fosse una manifestazione dell'etere che si pensava riempisse tutto l'Universo. Solo nel 1895 Lorentz immaginò la verità: vi sono cariche elettriche negative: gli elettroni. Sfregando un corpo gli si sottraggono o cedono elettroni elettrizzandolo positivamente o negativamente. Nel 1897 Thomson ne dimostrò l'esistenza. Gian Carlo Cervini


SCIENZE A SCUOLA STORIA DELLA SCIENZA Gli elementi chimici si sposano secondo la ««Legge di Proust»»
Autore: FOCHI GIANNI

ARGOMENTI: STORIA SCIENZA
NOMI: BERTHOLLET CLAUDE LOUIS, PROUST JOSPEH LOUIS
LUOGHI: ITALIA

RICORRE quest'anno il secondo centenario della legge delle proporzioni definite. In un college dello Stato di New York alcuni anni fa venne posta agli studenti di varie discipline la domanda: ««Il glucosio sintetizzato in laboratorio è uguale o no a quello estratto dall'uva?»». Tre interrogati su quattro risposero che le due sostanze sono diverse. Invece non è così, e i chimici avrebbero azzeccato la risposta giusta già agl'inizi dell'Ottocento, pur senza conoscere, a quel tempo, la natura di ciò che rende dolci gli acini maturi. Nel secolo precedente gli scienziati discutevano sui risultati delle analisi, che per molte sostanze erano controverse: gli elementi contenuti nello stesso composto venivano trovati dai vari studiosi in percentuali differenti. Molti dubbi svanivano via via che le tecniche analitiche miglioravano, ma in certi casi le differenze da preparato a preparato sembravano rimanere. Si affermarono dunque due scuole di pensiero opposte, guidate entrambe da francesi: Claude-Louis Berthollet capeggiava la schiera di chi riteneva che la composizione potesse variare, mentre Joseph-Louis Proust era di parere opposto. Quest'ultimo, cresciuto come farmacista e poi divenuto professore, accettò nel 1785 l'invito del re Carlo III di Spagna e si trasferì a Madrid. Lì dimostrò nel 1799 (cioè due secoli fa) che, se purificato accuratamente, il carbonato rameico, trovato in natura come minerale o preparato in laboratorio, conteneva sempre e comunque il 51,4 per cento di rame, il 9,7 per cento di carbonio e il 38,9 per cento di ossigeno. Ecco la prima base della legge che sui libri di testo si trova sotto il nome di legge di Proust o delle proporzioni definite (o anche costanti). Un ottimo manuale recente per le scuole medie superiori (A. Bargellini, ««Chimica Società Ambiente»», Signorelli Ed.) accenna opportunamente alla storia di questa conquista scientifica. Negli anni seguenti Proust estese le sue ricerche agli ossidi di stagno, con risultati analoghi, giungendo nel 1806 a dichiarare: ««In tutte le parti del mondo non si troveranno due muriati di soda o d'ammonio, due salnitri, due solfati di calce, di potassa, di soda che differiscano l'uno dall'altro»», (in termini moderni: due cloruri di sodio o d'ammonio, due nitrati di potassio, due solfati di calcio, di potassio, di sodio). Le sue idee furono presto accolte fra i chimici, sicché ci dovremmo stupire di come, a distanza di due secoli, ci sia ancora tanta gente che crede alla possibilità che uno stesso composto, indipendentemente dalla sua purezza, possa risultare diverso semplicemente per le sue origini: è uno degli errori che alimentano la preferenza (spesso ingiustificata) per il prodotto naturale rispetto a quello di laboratorio. C'è da dire, per completezza, che l'ipotesi di Berthollet in qualche raro caso si è poi rivelata giusta. Esistono infatti alcuni composti che non rispettano perfettamente la legge di Proust: fra questi l'ossido ferroso, in cui il metallo è presente spesso in dose inferiore a quello che ci si aspetterebbe (77,7 per cento) in base alla formula. Secondo la preparazione, la percentuale scende spesso sotto il 77 e può arrivare addirittura sotto il 75. Gianni Fochi Scuola Normale di Pisa


SCIENZE A SCUOLA IL FOSSILE TROVATO VICINO A TRIESTE Antonio, dinosauro del Carso Nel giacimento forse altri nove esemplari
Autore: FABRIS FRANCO

ARGOMENTI: PALEONTOLOGIA
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: D.

FINO a 15 anni fa si riteneva impossibile che in Italia esistessero fossili di dinosauri e uno dei motivi era legato al fatto che nel periodo dei grandi rettili la nostra penisola era un insieme di mari e di isole. Ma da qualche anno ne compaiono un po' dovunque: orme di piste nel trentino, nelle alpi carniche, fino a Ciro, il primo scheletro di dinosauro baby, completo di visceri, rinvenuto in Italia, nei pressi di Benevento, e recentemente Antonio, com'è stato chiamato questo dinosauro trovato vicino ad una cava abbandonata del Villaggio del Pescatore, sul Carso a 100 metri dal mare nei pressi di Trieste assieme a piccoli coccodrilli dal muso corto, ad un grande chelone, a crostacei, piccoli pesci, pochi vegetali. Antonio era un adrosauro o dinosauro a becco d'anitra di 80 milioni di anni fa. E' probabile che nel luogo del ritrovamento vi siano addirittura altri nove dinosauri. Doveva essere lungo 4 metri, ma gli adrosauri rinvenuti in altre parti del mondo potevano raggiungere anche i 12 metri. Si muoveva caracollando sulle zampe posteriori aiutandosi, per l'equilibrio, con la possente coda, ma a volte procedeva a quattro zampe. Ma perché tanto interesse? Antonio è un adrosauro completo, forse fra i più integri rinvenuti al mondo e certamente è molto antico. Inoltre, se nella nostra penisola vi erano dinosauri è evidente che 80 milioni di anni fa questa zona non era sommersa e quindi bisognerà rivedere la storia geologica di gran parte dell'Italia. Ma chi erano gli adrosauri e perché questo reperto fossile ha avuto tanto successo? Nella lunga storia dei dinosauri, durata circa 160 milioni di anni, gli adrosauri sono stati i dinosauri erbivori predominanti. Furono i dominatori soprattutto da 75 a 65 milioni di anni fa e in questo lungo periodo erano molto comuni in America e in Asia. Si nutrivano di vegetali che trituravano con la loro caratteristica dentatura formata da batterie costituite da centinaia di denti per arcata disposti su 60 file, in serie ben ordinate. Antonio ha il muso appiattito, da cui il nome di dinosauri dal becco d'anitra, e zampe a tre dita. Nella maggior parte i dinosauri erano animali diurni. Possedevano grandi occhi, per cui alcuni ritengono che distinguessero i colori e l'olfatto doveva essere acuto, viste le grosse narici di alcune specie. Gli adrosauri rinvenuti in Asia e in Nordamerica sono stati trovati in rocce più recenti. Quando, 230 milioni di anni fa, le terre emerse erano contenute nel Pangea, questo supercontinente che riuniva in un unico blocco tutte le terre, le forme dei dinosauri erano molto simili, ma, con la separazione dei continenti, faune e flore si sono evolute e diversificate e, alla fine del Cretacico, anche se i dinosauri erano presenti su tutti i continenti, le loro forme si erano alquanto differenziate. Interessanti, oltre alla forma, sono il tipo di epidermide e il loro modo di vivere in società. In un giacimento americano si è trovata l'epidermide pietrificata, simile a quella di una lucertola, di un adrosauro di 70 milioni di anni fa. E' probabile che molti di essi avessero un rivestimento colorato, come molti rettili e uccelli di oggi. Vivevano fra gli alberi in un clima subtropicale, fra gli acquitrini e le foci dei fiumi abitati da pesci, da anfibi, tartarughe acquatiche, coccodrilli e piccoli mammiferi. Nel 1978, nel Montana, è stato trovato un nido di dinosauro, a forma di catino, del diametro di due metri. Ogni covata doveva essere composta da 20 a 25 uova, di forma ellissoidale asimmetrica, lunghe 20 cm e con una superficie percorsa da creste e rilievi. Alla schiusa, i piccoli dovevano essere lunghi 30cm. E' probabile che i piccoli rimanessero nel nido a lungo, cibandosi di semi e bacche che i genitori portavano loro. Chiediamo al dott. Fabio Marco dalla Vecchia, direttore scientifico incaricato degli scavi del deposito fossilifero, dove è stato trovato Antonio e perché tanto interesse su questo dinosauro che ha trovato tanto spazio su giornali e televisione. ««Questo è il primo giacimento con resti di dinosauri in Italia su più di sette livelli e ciò significa che in questa zona i dinosauri non erano soltanto in transito, ma vi abitavano»». Che cosa vi aspettate di scoprire dallo studio di questo fossile? ««Vorremmo capire quali sono i rapporti di parentela fra i vari generi di adrosauri e comprendere anche dove ha avuto origine questo gruppo di rettili e le sue vie di migrazione dal momento che fino ad ora non si riteneva vi fosse un collegamento con i gruppi scoperti in Asia e in America. Quindi, attraverso lo studio delle ossa, si potranno capire i gradi di parentela»». Come mai gli arti posteriori e il bacino sono stati gravemente danneggiati? Per studiare questo dinosauro bisogna prepararlo adeguatamente e con metodi scientifici, altrimenti si rischia di rovinarlo. Teniamo presente che il dinosauro è ancora dentro la roccia, quindi non bisogna essere influenzati dalla fretta e dalle difficoltà nell'ottenere i fondi per la liberazione del reperto dalla roccia. Il rischio è che il lavoro venga fatto troppo in fretta. Si sa a quale specie appartiene Antonio? E' una specie e un genere nuovo ed è anche per questo che è importante estrarlo dalla roccia senza rovinarlo. Diversamente si perdono preziose informazioni per la determinazione della nuova specie. Franca Fabris


SCAFFALE Stella Baruk «Dizionario di matematica elementare», Zanichelli
ARGOMENTI: MATEMATICA
LUOGHI: ITALIA

STELLA Baruk, autrice di questo ««Dizionario»», è in Francia una personalità di primo piano nel dibattito sulla didattica della matematica. L'idea che l'ha guidata in quest'opera è quella di mettere a disposizione degli studenti uno strumento paragonabile a ciò che rappresenta un dizionario per la lingua italiana o inglese: rapida consultazione e nozioni essenziali subito disponibili per l'uso. In modo che la matematica diventi una ««materia normale»» utile alla vita pratica, non disciplina astratta e lontana. Stella Baruk: ««Dizionario di matematica elementare»», Zanichelli, 652 pag. , 78 mila lire


SCAFFALE Alfred W. Crosby «La misura della realtà» Edizioni Dedalo
ARGOMENTI: STORIA SCIENZA
LUOGHI: ITALIA

La nascita della scienza si può far coincidere con il passaggio dal ««pressappoco»» alla misurazione rigorosa. Questa transizione corrisponde, spiega Crosby, alla conquista della modernità non solo in campo scientifico ma anche in pittura, musica, economia. Alfred W. Crosby: ««La misura della realtà»», Edizioni Dedalo, 258 pagine, 35 mila lire


SCAFFALE Maria Angela Baroncelli, Lorenzo Mariano Gallo: «Le rocce, conoscerle, raccoglierle, collezionarle», ed. Amici del Museo «Federico Eusebio»
ARGOMENTI: DIDATTICA
LUOGHI: ITALIA

Un manuale chiaro e semplice per entrare nello straordinario mondo delle ««pietre»», dei minerali, delle rocce. Per distinguere serpentini, ofioliti, scisti, graniti, marne, calcari e così via e imparare a raccogliere, collezionare, catalogare. Con un completo glossario dei termini più comuni usati in geologia e mineralogia. Maria Angela Baroncelli, Lorenzo Mariano Gallo: ««Le rocce, conoscerle, raccoglierle, collezionarle»», ed. Amici del Museo ««Federico Eusebio»», Alba, 148 pagine, 25 mila lire


SCAFFALE Paolo Freguglia: «La geometria fra tradizione e innovazione. Temi e metodi geometrici nell'età della rivoluzione scientifica, 1550-1650»
ARGOMENTI: MATEMATICA
LUOGHI: ITALIA

I fondamenti storici della geometria, dalla metà del '500 alla metà del '600. Storia di un secolo determinante per l'evoluzione dell'opera galileiana, mentre nascono nuovi metodi per misurare aree e volumi, protagonisti i grandi matematici dell'epoca: Maurolico, Clavio, Bombelli, Luca Valerio, Cavalieri, Torricelli fino a Descartes e Pascal. Un chiaro trattato che va dalle tematiche logiche e metodologiche, ai trattati di prospettiva, alla teria delle trasversali nelle Collectiones di Pappo. Paolo Freguglia: ««La geometria fra tradizione e innovazione. Temi e metodi geometrici nell'età della rivoluzione scientifica, 1550-1650»» 240 pagine, 55 mila lire.


SCAFFALE Margherita Fronte: «Campi elettromagnetici: innocui o pericolosi?», Avverbi Edizioni
ARGOMENTI: ECOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

Una nuova edizione con gli studi più recenti e gli aggiornamenti legislativi di un fortunato volumetto su un tema scottante; una obiettiva panoramica sullo stato attuale delle conoscenze sui campi elettromagnetici - emessi da forni a microonde, tralicci, telefonini, video - cui siamo tutti, chi più chi meno, sottoposti, e su cui esistono opinioni discordanti. Non è infatti ancora chiaro se i campi sono pericolosi per la salute. Margherita Fronte: ««Campi elettromagnetici: innocui o pericolosi?»» Avverbi Edizioni, Roma, 188 pagine, 26 mila lire




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