TUTTOSCIENZE 4 agosto 99


««RESTORATION ECOLOGY »» A SEVESO La zona A è diventata il Parco delle Querce Proposto come esempio di bonifica alla comunità internazionale
Autore: REDI CARLO ALBERTO

ARGOMENTI: ECOLOGIA
NOMI: BALLARIN DENTI ANTONIO
LUOGHI: ITALIA, ITALIA, MI, SEVESO

Attenzione, ci sono due note IL contesto nel quale abbiamo inserito il lavoro di questi anni su Seveso, finanziato dalla Fondazione Lombardia per l'Ambiente (ex Ufficio speciale per Seveso) sotto il coordinamento scientifico del prof. Antonio Ballarin-Denti, parte dalla premessa che la nuova disciplina chiamata Restoration Ecology in realtà soffre della mancanza di propri strumenti concettuali fondanti, in realtà li mutua ancora dalla Conservation Ecology. Ergo, nel corso del lavoro sulla ex zona A (ora Bosco delle Querce) abbiamo sviluppato metodologie di indagine che permettessero di giungere al risultato atteso (qual è il rischio biologico oggi nel Bosco delle Querce?) e nel contempo ci permettessero di validare in campo quanto da noi sviluppato. In una parola, proporre Seveso come modello di studio per la restoration ecology di aree di medie dimensioni ed altamente inquinate, modelli necessari se si pensa che ad oggi l'uomo ha modificato più della metà della superficie terrestre per i propri fini di agricoltura, industria e residenza. Questi studi dovrebbero incoraggiare i politici con responsabilità decisionali e gli scienziati sociali a sviluppare politiche di good environmental practicies. L'esempio di soluzione con successo del caso Seveso può aiutare a sviluppare quegli strumenti concettuali che la ecologia del recupero ambientale ancora non ha: mostrano infatti il funzionamento di ecosistemi mentre si stanno sviluppando (il parco ha poco più di dieci anni!) le comunità e cenosi animali e vegetali; portano cioè ad una visione più olistica degli ecosistemi ed anche degli approcci metodologici utili per studiarli. Seveso, a partire dal dramma, può oggi presentarsi alla comunità internazionale come luogo di studio (tra l'altro vi sono un laboratorio ed una biblioteca nel Bosco delle Querce). Considerando l'impatto che il disastro Seveso ha avuto sulle società occidentali, tanto da divenire sinonimo di catastrofe ecologica (non a caso si chiama direttiva Seveso quella adottata dalla Unione Europea, 9/12/96 pubblicata il 14/1/97 sul giornale ufficiale Gazzetta Ufficiale?, legge numero 10, per il controllo degli accidenti più pericolosi coinvolgenti sostanze pericolose attenzione, ripetizione della parola ««pericolose»» (major-accident hazards involving dangerous substances) riteniamo molto utile aver fatto conoscere alla comunità scientifica internazionale dalle pagine della prestigiosa Science i risultati da noi ottenuti e la nuova realtà della ex zona A. Altrettanto importante mi pare per i cittadini di Seveso in primo luogo, ma più in generale per la comunità nazionale ed internazionale far sapere dalle pagine della grande stampa questi risultati. Abbiamo quindi valutato il parco per le sue caratteristiche ecologiche confrontandolo con altri parchi, urbani e no, della provincia di Milano e di Pavia: il Parco è risultato essere molto ben artificialmente costruito, seppure così giovane: su una superficie di 43 ettari vi è una biodiversità ricca, la comunità degli uccelli è la più rappresentata (come atteso per un parco urbano totalmente isolato) con 22-24 specie in dipendenza della stagione. Anche i mammiferi, oltre ad anellidi, insetti, anfibi, rettili, sono ben rappresentati con sostanziali colonie di conigli e diversi roditori, lepri e volpi. Abbiamo valutato poi i valori attuali di tutti gli isomeri (ed in particolare della 2,3,7, 8 TCDD) della diossina, sia in terreno che aria che vegetali che animali (valori non dissimili da quelli di altre realtà urbane). Abbiamo impiegato gli animali viventi nel parco come reagente biologico per eseguire saggi di rischio biologico del tutto innovativi, prima di tutto il saggio Dna-cometa degli spermatozoi di conigli (la colonia più numerosa) e di topi: la cometa non indica alcun rischio mutagenico. Gli embrioni ed i feti (potenzialmente esposti in termini cronici a dosi di diossina che all'adulto non fanno nulla) non presentano end-points tipici della azione teratogenetica della diossina (non si dimentichi che la diossina è uno xenoestrogeno), ed in particolare palatoschisi (palato fessurato, in entrambi i sessi). Non presente; clitoride fessurata (ovviamente negli embrioni e feti femmine): non presente; distanza anogenitale (negli embrioni e feti maschi): regolare (in presenza di diossina diviene più corta, più femminilizzata). Tutto ciò infine è stato corroborato dai valori di diossina riscontrati nei fegati di questi animali che è simile a quello dei controlli. Carlo Alberto Redi


LA SCIENZA DELLE DERMATOGRAFIE In palmo di mano Salute, carattere, inclinazioni
Autore: PACORI MARCO

ARGOMENTI: PSICOLOGIA
ORGANIZZAZIONI: AMERICAN JOURNAL OF PSYCHIATRY
LUOGHI: ITALIA

A volte è semplicemente un modo per attaccare bottone; altre, uno stratagemma per rimediare il denaro per un pasto e per qualcuno è un vero e proprio mestiere. Di certo, sarà capitato innumerevoli volte che qualcuno ci abbia proposto di leggerci la mano. E, in alcuni casi, saremo stati noi stessi, mossi da curiosità, interesse o disperazione a rivolgerci a chirologi o chiromanti (se pretendono di essere in grado di predire anche il futuro). La nostra cultura ci ha portato a pensare che l'idea che in pieghe, solchi e forme del palmo della mano possa esserci veramente " scritto" qualcosa sia solo un'assurda credenza popolare. In effetti, sembra che nessuno sia in grado di dimostrare che da quei segni si possa stabilire quanto sarà lunga la nostra vita, se avremo fortuna nel lavoro o quando troveremo l'amore. La scienza per questa volta è stata meno scettica dell'uomo della strada e ha scoperto che un fondo di verità c'è: nelle linee e nelle sporgenze del palmo, nei disegni di polpastrelli e dello stesso palmo si possono rintracciare delle "composizioni" che indicano se uno è predisposto a malattie cardiache, se sarà fertile, o se potrà sviluppare altre disfunzioni organiche e addirittura problemi di rilevanza psicologica come un comportamento chiuso, asociale e altamente nevrotico, la schizofrenia, l'autismo e la tendenza alla molestia sessuale. Questo è dovuto al fatto che solchi della mano e impronte digitali e palmari, che si formano intorno ai 4 mesi di vita, sembra riflettano precise caratteristiche genetiche. La rivista "American Journal of Psychiatry" ha appena pubblicato al riguardo uno studio di un'èquipe di psicologi, coordinati da Weinstein e condotto su adolescenti dal temperamento schizoide; un carattere contraddistinto dall'essere estremamente schivi, isolati, inibiti e dal mostrare un comportamento e convinzioni smodatamente stravaganti. Gli esiti della ricerca hanno messo in luce che gli individui con questa disposizione hanno delle vistose diversità nei polpastrelli delle dita corrispondenti delle due mani; mentre di norma sono pressoché identici. Un'indagine affine degli psichiatri Markow e Wandler ha evidenziato queste stesse irregolarità, ma più marcate, negli schizofrenici. Secondo questi studiosi, maggiore è il grado di asimmetria, più precoce sarà l'esordio della malattia e più rapido il suo progresso. La mancanza di corrispondenza è stata constatata da Jelovac e altri antropologi non solo negli schizofrenici o in chi ha un carattere schizoide, ma anche nei cosiddetti "borderline", cioè in individui nevrotici al limite della malattia mentale. Sembra che la presenza o l'assenza di asimmetrie tra dita omologhe possa indicare anche le inclinazioni sessuali. E' quanto affermano Hall e Kimura dell'Università di " Western Ontario" a London in Canada. Esaminando le dermatoglifie (come sono dette tecnicamente questi segni) di maschi omosessuali ed eterosessuali, hanno scoperto che i primi mostravano una moderata ma costante diversità tra dita analoghe delle due mani; fatto non riscontrabile invece nel gruppo di eterosessuali. Un altro disturbo del comportamento, l'autismo, caratterizzato da una più o meno accentuata incapacità di relazionarsi e da comportamenti ripetitivi e a volte aggressivi, può essere diagnosticato sin dalla nascita con l'analisi delle dermatoglifie. Una ricerca dello psichiatra Walker, pubblicata su "Journal of Autism in Child and Schizophrenia" ha svelato che gli autistici mostrano un'anomalia di due comuni disegni che tutti abbiamo sull'estremità delle dita e sul palmo: archi, cioè linee arcuate, e spirali, di forma concentrica. In chi mostra questo quadro del carattere, le spirali sono in quantità significativamente più alta che nella media, mentre gli archi sono pochissimi. Un'altra peculiarità, presente invece dalla mano, è la quasi totale inesistenza di linee trasversali. Un altro studio sui segni palmari e dei polpastrelli degli autistici, realizzato da un gruppo di biologi del dipartimento di genetica e di biologia animale dell'Università di Bilbao in Spagna, ha messo in risalto inoltre che nelle ragazze con questa personalità è rilevabile una bassa frequenza di anse radiali (simili ad insenature e orientate verso il radio) vicino al margine sinistro del palmo. Un altro segno anormale lo mostrano nel cosiddetto angolo "atd", un angolo formato da un vertice, che si trova nella parte bassa e centrale del palmo, e da altri due punti: il primo sotto l'indice; il secondo, alla base del mignolo. Solitamente è nella misura di circa 45°, mentre nelle giovani autistiche è notevolmente più aperto. Anche la dislessia, il non essere in grado di leggere, che comporta spesso grossi disagi negli studi e conseguenze negative sulla stima di sè, da luogo a particolari conformazioni su palmo e polpastrelli. In particolare, maschi e femmine dislessici hanno alterato il valore chiamato "tratto a-b". Questa misura è data dal numero di linee che attraversano un'immaginaria riga che va dalla base dell'indice, punto noto come monte di giove, alla radice del medio (il monte di saturno). Normalmente il tratto è approssimativamente di 34 solchi, ma è molto più fitto nella mano sinistra dei dislessici. Altri segni anomali legati a questo deficit sono un angolo "atd" più spazioso del normale e un alta incidenza di disegni nell'area tra l'anulare e il mignolo. I maschi poi esibiscono un una conta a-b eccessiva anche nella mano destra e troppi "tatuaggi" vicino alla base sinistra del palmo, in corrispondenza alla prominenza conosciuta come monte della luna. Il genetista Gustavson dell'Università di Uppsala in Svezia ha voluto verificare un vecchio sogno dei criminologi: scoprire i tratti somatici della "devianza criminale". Rispetto ad un gruppo di controllo, tuttavia, i soggetti con precedenti penali non mostravano alcuna particolarità. Tra i delinquenti è emersa però una sottocategoria che aveva in comune le stesse trame dermatoglifiche: quella dei molestatori sessuali. Sebbene non sia propriamente una caratteristica psicologica, la sensibilità tattile è un fattore molto importante nelle comuni relazioni interpersonali. Sembra che questa percettività sia di origine genetica e possa essere identificata dai "grafismi" delle estremità. E' quanto affermano Loesch e Martin su "Annual of Human Biology". La sensibilità del senso del tatto appare correlata ad anse di dimensioni un po' più grandi del normale e a pieghe del palmo che finiscono sempre intersecandosi con altre linee e che sono anche molto "scavate". Si è constatato per altro che esistono in merito delle differenze sessuali: la sensibilità del contatto nelle donne è più legata alla presenza di determinati tipi di figure, mentre per i maschi sono più importanti il numero di giunzioni tra linee. Studi recenti hanno dimostrato che l'essere destri o mancini influenza il modo di pensare e certi aspetti della personalità. Lo psicologo Coren dell'Università "British Columbia" a Vancouver in Canada, ha rilevato, esaminando un campione di 2169 soggetti, che i mancini tendono ad avere un'eccezionale numero di archi e di anse radiali; per contro, hanno meno spirali e, nel complesso, meno disegni rispetto a chi ha come dominante il lato destro. I "sinistrorsi" esibiscono le loro peculiarità su ben quattro dita nella mano sinistra; mentre nella mano destra è il solo anulare a riproporle. In ultimo, riportiamo una ricerca su un aspetto che, pur essendo morfologico, causa profondo disagio e sensi di inferiorità negli uomini: la lunghezza del pene. I Genetisti Micle e Fried hanno scoperto che chi lo ha piccolo mostra anche delle particolari dermatografie: più precisamente, le estremità interne delle dita presentano una ridotta densità di spirali e una alta incidenza di anse ulnari (che vanno verso l'ulna, l'osso esterno dell'avambraccio). Anche il palmo è tipico: sotto il monte della luna, o meglio prominenza ipotenaria, si trovano numerose anse radiali. Marco Pacori


SCIENZE FISICHE MATEMATICA E FANTASCIENZA Flatlandia, un mondo a due dimensioni Gli scenari impossibili della fantamatematica
Autore: VALERIO GIOVANNI

ARGOMENTI: MATEMATICA
NOMI: ABBOTT EDWIN, LASSWITZ KURD
LUOGHI: ITALIA

ROBOTICA, teoria della relatività, meccanica quantistica, intelligenza artificiale e persino la linguistica sono state le idee portanti della fantascienza ««hard»», quella con fondate basi scientifiche e tecnologiche. Eppure non solo la fisica e la tecnologia, ma anche la matematica è stata fonte di ispirazione per gli scrittori fantastici. Come vuole la tradizione, il precursore è stato Charles Lutwidge Dodgson, in arte Lewis Carroll, matematico e autore di ««Alice nel paese nelle meraviglie»» e di ««Attraverso lo specchio»». Ma il primo vero romanzo ««fantamatematico»» è ««Flatlandia»» di Edwin Abbott, del 1884, pubblicato da Adelphi. Sul modello dei viaggi di Gulliver, Abbott descrive Flatlandia, un mondo piatto, a due dimensioni, abitato da figure geometriche e immerso in una nebbia davvero londinese. Le donne sono segmenti e gli uomini figure geometriche rigidamente divise in classi, dai poveri lavoratori triangolari ai nobili esagonali fino ai sacerdoti circolari. Mentre Abbott preferisce fare di ««Flatlandia»» una graffiante satira della società umana, lo scrittore inglese Charles Howard Hinton in ««Racconti scientifici»» (Mondadori) studia con minuzia il mondo piatto, le condizioni fisiche dei suoi abitanti, la scoperta della ««ruota»» bidimensionale, persino i rapporti sociali (e sessuali) in due dimensioni. Nella storia della fantascienza, la matematica è stata talvolta solo un espediente narrativo, come nel curioso universo numerico di ««Mathematica»», romanzo di Vargo Statten degli Anni '30. Altre volte la narrativa fantastica si è rivelata un potente strumento di divulgazione, come in ««La casa nuova»», pubblicato nella fondamentale antologia ««Le meraviglie del possibile»». Robert Heinlein immagina un architetto che costruisce un'abitazione a forma di ipercubo, cioè come la più semplice figura dello spazio a 4 dimensioni. Ma quando vi entrerà, saranno guai. Gli scrittori sono stati spesso affascinati dal calcolo delle possibili permutazioni delle lettere dell'alfabeto. Già ai primi del secolo, in ««The Universal Library»» Kurd Lasswitz immaginava gli autori sostituiti da una tipografia automatica, capace di stampare lettere a caso e di ottenere così, tra le innumerevoli sequenze senza senso compiuto, anche i volumi di una borghesiana ««biblioteca universale»». Allo stesso modo, il computer di ««I nove miliardi di nomi di Dio»» di Arthur Clarke è in grado di permutare tutte le lettere da aaaa...per arrivare fino a zzzz... e formare così tutti gli appellativi delle divinità. Con esiti davvero imprevedibili. Il protagonista di ««Inflexible Logic»» di Russell Maloney fa ancora di più. Vuol vedere quanto tempo impiegano sei scimmie a comporre tutti i volumi del British Library, pestando a caso i testi di sei macchine per scrivere. Potete immaginare la sua sorpresa quando scopre che le scimmie passano da Proust a ««La capanna dello zio Tom»», senza neanche sbagliare una virgola. La topologia, parte della matematica che studia alcune proprietà geometriche delle figure, è stata spesso la vera protagonista di racconti fantastici. In ««No Sided Professor»», Martin Gardner (notissimo autore di enigmi matematici) immagina uno studioso di topologia che inventa una nuova superficie e scompare, per riapparire nel bel mezzo di uno strip tease. Gli interessi degli autori si sono anche puntati sull'anello di Moebius, la singolare figura con un solo lato. E' lei a causare un misterioso disastro alla metropolitana di Boston in ««A Subway Named Moebius»» di A. J. Deutsch, presente (come altri racconti qui citati) nella storica antologia ««Fantasia Mathematica»». L'ultimo teorema di Fermat causa problemi pure al diavolo, in ««The Devil and Simon Flagg»» di Arthur Porges, mentre il problema del continuo di Cantor è alla base delle rocambolesche avventure del protagonista di ««Luce bianca»» di Rudy Rucker (Bompiani). Pronipote di Hegel, cantante rock, insegnante di informatica, l'eclettico Rucker è uno degli ultimi scrittori fantamatematici, curatore della raccolta ««Mathenauts: Tales of Mathematica Wonder»» . Con lui, l'australiano Greg Egan, ex programmatore di computer, affascinato dalla letteratura di idee, come dimostra anche il recente romanzo ««Permutation City»» (Shake edizioni). Idee che possono diventare spunto per la didattica più coinvolgente di una materia ««ostica»» come la matematica. Qualche scuola americana (Dormouth College, al sito http://emmy.dartmouth.edu/-c18w99/) ha già messo la fantamatematica tra i corsi. Giovanni Valerio


SCIENZE FISICHE LA STORIA DELLA RADIO Dalle valvole ai transistor L'Uri, primo ente radiofonico, nasce nel 1924
Autore: SCANDURRA MAURIZIO

ARGOMENTI: STORIA SCIENZA
NOMI: DEFOREST LEE, FLEMING AMBROSE
ORGANIZZAZIONI: URI
LUOGHI: ITALIA

DI servizi radiofonici si cominciò a parlare in Italia sin dal 1910, nell'ultimo scorcio dell'età giolittiana. A disputarsi le frequenze erano una dozzina di imprese, ma alla fine furono la Radiofono e la Sirac a spuntarla. Con la mediazione decisiva del ministro delle Comunicazioni Costanzo Ciano, dalla loro fusione nacque a Roma il 27 agosto 1924 l'Uri (Unione Radiofonica Italiana). Due mesi dopo, da uno studio di Palazzo Corrodi prese il via il primo regolare servizio di radiotrasmissioni, limitato a qualche ora di programma serale. La storia della ««scatola magica»» comincia con la comparsa all'inizio del secolo dei primi tubi elettronici, meglio noti con il nome di valvole, ad opera di Ambrose Fleming e Lee Deforest, rispettivamente inventori del diodo e del triodo. Con queste premesse, si realizzarono strumenti per la rivelazione, l'amplificazione e la generazione di correnti a radiofrequenza. Il nuovo elettrodomestico segue due indirizzi di sviluppo: quello semplice ed economico della radio a cristallo (solitamente di ««galena»») e quello più sofisticato e costoso degli apparecchi a valvole. I risultati pratici sono diversi: nel primo caso l'audizione è possibile soltanto con la cuffia telefonica, mentre i modelli valvolari, muniti di altoparlante, consentivano l'ascolto delle trasmissioni a più persone contemporaneamente. La struttura dei primi apparecchi si avvicinava a quella degli strumenti scientifici da laboratorio per via delle macroscopiche dimensioni dei circuiti radioelettrici. Un primo miglioramento estetico lo si ha negli Anni 20 quando la radio viene organizzata in blocchi componibili: la ricetrasmittente vera e propria, l'altoparlante, l'antenna (quasi sempre a forma di arcolaio), le batterie di accumulatori e di pile per l'alimentazione delle valvole. Come testimoniano i radioricevitori Radialba e Siti-Doglio R31, entrambi prodotti nel 1924. Frattanto era progredita anche la tecnologia delle valvole. I tipi ««a riscaldamento indiretto»» permisero la facile accensione a corrente alternata, mentre l'aggiunta a triodo di altri elettrodi portò alla realizzazione di ««tetrodi schermati»», di ««pentodi»», di valvole multiple, con la possibiltà di circuiti sempre più sofisticati. Agli inizi degli Anni 30, nonostante i significativi progressi compiuti, la radio è ancora un... due pezzi: il trasmettitore - a forma di cofanetto, scatola, scrigno, pannello - e l'altoparlante a tromba o il diffusore a cono. Tali sono infatti il radioricevitore Telefunken, del 1926, e il modello Radiola 60 a 9 valvole prodotto dall'americana Rca nel 1928. E' comunque in questo periodo che il tutto viene a essere montato in un unico mobile. All'origine, l'accordo sulle stazioni si attuava ruotando una manopola sulla quale era disegnata una scala numerica, ma con il 1933 viene in uso la ««scala parlante»»: un sottile indice si sposta su una ««finestra»» sul cui vetro illuminato figurano i nomi delle stazioni radio. Tale sistema favorisce la rapida diffusione del nuovo mezzo di comunicazione che, con il passare del tempo si presenta sul mercato con apparecchiature sempre più sofisticate. Come i radiofonografi, capaci di assicurare una migliore amplificazione dei suoni. La gamma di ricezione era quella delle onde medie soltanto. Il 1935 comporta, però, una svolta importante: viene consentito l'uso delle onde corte, determinando una maggior complessità costruttiva degli apparecchi che divengono ««plurigamma»», con possibilità di ricezione, sui modelli più sofisticati, da 10 a 2 mila metri di lunghezza d'onda. Nascono così realizzazioni famose come il Telesinto della Phonola, a 18 valvole, e i celebri radioricevitori Imcaradio ««multigamma»» con un'ampia scelta di opzioni. Il vero boom, però, risale alla fine degli Anni 30, quando le case produttrici riducono notevolmente l'ingombro (e il costo) degli apparecchi. Escono modelli curiosi, per esempio la radio portatile a valigetta talmente compatta da essere chiamata Cucciolo. O applicazioni stravaganti come Lumeradio, un ricevitore a 5 valvole prodotto dalla Arel che, come dice il nome, era ingentilito da un raffinato portalampada ornato di pizzi e merletti. Col 1940 tutto si blocca. La radio riveste, per cinque lunghi anni, la divisa militare. Così, come durante il primo conflitto mondiale, la tecnologia progredisce vertiginosamente sotto la spinta delle necessità. E' in quel periodo che, su commissione del Duce, dall'unione di diverse case costruttrici nasce Radiobalilla, un apparecchio valvolare fortemente propagandato dal regime fascista per l'incremento degli ascolti nelle famiglie italiane. Sono del 1948 i primi semiconduttori o transistor, in grado di migliorare la trasmissione e l'amplificazione dei segnali audio. D'ora in poi la radio ci accompagnerà ovunque, in qualsiasi momento. Bisogna invece attendere il 1950 per vedere sulle strade la prima vettura dotata di autoradio. Alimentato a pile e con altoparlante incorporato, questo prototipo era incluso nella dotazione di serie della Fiat 1100. Un'invenzione che gettò le basi per la costruzione delle prime stazioni radio mobili, che consentivano ai cronisti di restare in collegamento diretto con la postazione fissa, pur spostandosi da un luogo all'altro. Solitamente montate su un furgone Fiat 1500, erano composte da un complesso ricetrasmittente munito di microfoni e di due singolari cuffie dall'aspetto simile a quello dei caschi per motociclisti. Maurizio Scandurra


SCIENZE FISICHE PADOVA I premiati alle Olimpiadi della fisica
Autore: ROSATI FRANCESCA

ARGOMENTI: FISICA
NOMI: VIOLINO PAOLO
LUOGHI: ITALIA, ITALIA, PADOVA, PD
TABELLE: T. ELENCO DEI VINCITORI

UN successo il bilancio delle XXX Olimpiadi internazionali della Fisica, che si sono svolte a Padova dal 18 al 26 luglio scorsi coinvolgendo circa trecendo studenti di scuola superiore provenienti da 62 Paesi. La squadra italiana, che quest'anno giocava in casa, ha infatti realizzato il suo miglior piazzamento da quando prende parte alla competizione. Tra elettromagnetismo, pendoli e traiettorie interplanetarie, i cinque studenti italiani in gara hanno portato a casa tre medaglie d'argento, un bronzo e una menzione d'onore. E per la premiazione, nella suggestiva cornice del Teatro Verdi padovano, è intervenuto anche il premio Nobel Carlo Rubbia. I cinque sono: Andrea Barison di Mirano (Ve), Francesco Benini di Trento, Carlo Castellana di Putignano (Ba), Luca Ferretti di Bologna e Gabriele Vajente di Schio (Vi). Ma l'esperienza delle Olimpiadi della Fisica non si esaurisce nelle medaglie. La settimana di permanenza nel Paese ospitante, infatti, rappresenta per molti ragazzi un'occasione unica per visitare un Paese straniero, e per approfondire la passione per la fisica attraverso cicli di conferenze e visite guidate alle strutture di ricerca. ««Il bilancio di questa edizione italiana delle Olimpiadi riferisce Paolo Violino, presidente del comitato scientifico delle Olimpiadi - è certamente positivo. I docenti stranieri che accompagnavano i partecipanti mi sono sembrati soddisfatti e anche in fase di stesura della graduatoria finale non abbiamo ricevuto contestazioni. Quest'anno abbiamo scelto di formulare dei problemi un po' più semplici rispetto alle precedenti edizioni, perché puntavamo ad avere una migliore qualità nelle soluzioni date dagli studenti»». La più giovane tra i concorrenti, una ragazza americana di soli 15 anni, è riuscita ad aggiudicarsi una medaglia d'argento. Una vera eccezione, soprattutto se si tiene conto del fatto che, su 292 studenti partecipanti, la presenza femminile è stata piuttosto scarsa: solo 11 le ragazze in gara. da menzionare anche la squadra iraniana, i cui cinque componenti hanno ciascuno portato a casa una medaglia d'oro; e la Russia con ««solo»» quattro ori, ma che può vantare i primi due classificati nella graduatoria generale. Per il prossimo anno, l'appuntamento è a Leicester, in Gran Bretagna, dove già fervono i preparativi per l'edizione 2000. Tra le attrazioni annunciate, oltre alla visita ai college di Oxford e Cambridge e al paese natale di Newton, Woolsthorpe, interventi dei maggiori fisici britannici viventi, da Stephen Hawking a Martin Rees. Maggiori informazioni si possono trovare al sito Internet: http://www.stpeters1.demon.co. uk/. Ma come si fa a partecipare alle Olimpiadi della Fisica? Le selezioni cominciano nelle scuole molto prima dell'estate e sono organizzate, dall'Associazione per l'insegnamento della fisica (AIF). Ogni anno vengono coinvolti in questa prima fase di selezione circa 30.000 studenti delle scuole superiori, fino alla scelta dei dieci migliori italiani che si contenderanno la partecipazione all'edizione internazionale. Dopo un'intensa settimana di allenamento a tempo pieno in primavera, vengono scelti tra loro i cinque che rappresenteranno i colori dell'Italia nella competizione estiva con gli altri Paesi. Ulteriori informazioni al sito http://www.cadnet.marche.it/olifis/: tutta la documentazione sulla passata edizione internazionale padovana (compresi i testi dei problemi assegnati) è invece alla pagina http://mac88d.ts.infn.it/olifis/welcome.htm. Francesca Rosati


SCIENZE FISICHE FOTOGRAFIA Tempo di posa: il top 1/16.000 di secondo Uscirà in autunno una nuova professional digitale della Nikon
Autore: ARPAIA ANGELO

ARGOMENTI: OTTICA FOTOGRAFIA
ORGANIZZAZIONI: NIKON
LUOGHI: ITALIA

SI parla ancora di tradizionale fotografico, ma un occhio continua ad essere sempre più puntato verso il digitale che significa, all'infuori di ogni dubbio, multimedialità e velocità di utilizzo. Dal tradizionale, dopo la commercializzazione della rivoluzionaria fotocamera doppio formato XPan prodotta dalla svedese Hasselblad, che offre potenzialità ed espande il concetto di fotografia, ecco allo start la Contax 645 creata da Kyocera per gli utilizzatori del medio formato. La nuova reflex, come set di base, è composta dal corpo macchina, prisma AE e dorso con inserto portarulli. I dati tecnici di rilievo sono: otturatore a tendina con controllo elettronico, sistema AF TT1 con rilevazione a contrasto di base, misurazione con lettura spot selettiva o media ponderata; inoltre trasporto film automatico, autoscatto, esposizioni multiple, pulsante per la previsualizzazione della profondità di campo, 6 modi di esposizione (AE a priorità del diaframma, a priorità dei tempi, manuale, pre-flash TTL e auto, flash manuale). La dotazione ottica della Contax 645 si chiama Carl Zeiss T, quindi obiettivo Distagon T 3,5/35 mm, 2,8/45 mm, Planar T 2/80 mm, Apo-Makro Planar T 4/120 mm, Sonnar T 2,8/140 mm e 4/210 mm: sono ottiche appositamente progettate con messa a fuoco automatica. Senza batteria la reflex pesa 1550 grammi. Di recente uscita, con marchio Contax, il modello ««Aria»» reflex monoculare manual-focus, piccola, compatta e semplice da usare. Impiega, come la precedente, le famose ottiche Zeiss. L'ultima novità in assoluto, nell'offerta del digitale, è la reflex professional Nikon D1 che si presenta con elevata qualità d'immagine, sorprendente velocità di scatto e massima versatilità di utilizzo. Il corpo macchina è in lega di magnesio molto leggero, ampio sensore CCD di 23,7 x 15,6 mm con 2,74 megapixel (2012 x 1324 pixel), opera in 3D Digital Matrix Image Control, autofocus ad alta velocità, esclusivo tempo di posa ««top»» a 1/16.000 sec., Fill Flash con bilanciamento a Sensore Multiplo 3D, compatibile con tutte le ottiche Nikkor F-mount, monitor Lcd da 2 pollici, uscita video commutabile Pal o Ntsc, auto bracketing e otturatore meccanico ed elettronico, comando a distanza e autoscatto. La nuova Professional Digital SLR Camera Nikon D1 sarà disponibile il prossimo autunno. Anche Kodak arricchisce la sua gamma con la nuova fotocamera digitale DCS/660 basata su corpo macchina SRL Nikon F5: offre una risoluzione di 6 megapixel. Disponibile da settembre, l'apparecchio porta 36 bit di colore per la cattura di dettagli in precarie condizioni di luce, inoltre la dual PC card e il supporto offrono più flessibilità e l'istogramma permette di visualizzare immediatamente l'immagine da riprendere. La fotocamera, con prestazioni di livello, trova applicazioni nell'imaging scientifico, medicale, commerciale, in campo legale e militare. ««Rende visibile l'invisibile»» è lo slogan che accompagna la prima stampatrice ad elevata velocità con controllo digitale del contrasto. E' firmata Agfa MSP Dimax. Le precedenti versioni analizzavano il colore e la densità di ogni negativo, ora la macchina analizza anche il contrasto e l'ottimizzazione digitale rende riconoscibili i più piccoli dettagli. L'ultima chicca tecnologica la introduce Sony: si tratta dei nuovi occhiali Glasstron professionali che permettono la visione personale tridimensionale delle immagini video. Angelo Arpaia


SCIENZE DELLA VITA LOTTA BIOLOGICA Pipistrelli contro le zanzare Nidi artificiali per favorire gli insediamenti
Autore: MOSSANO SILVANA

ARGOMENTI: ZOOLOGIA
NOMI: FERRARIS PAOLO, GREPPI ALDO
LUOGHI: ITALIA, ITALIA

NELLA lotta biologica alle zanzare entrano in gioco anche i pipistrelli, che si nutrono di insetti, così come fanno rondini, rane e libellule, che, però, sono sempre meno. In Piemonte, alcuni anni fa, l'allora consigliere regionale Paolo Ferraris, casalese, era stato il padre di una legge che assegna contributi della Regione, pari al 50% sull'importo speso, per interventi di lotta biologica alle zanzare. La massiccia presenza di questi insetti, ormai un vero flagello, sta causando una notevole regressione dei livelli di qualità della vita, oltre ad essere potenziale portatrice di malattie. La lotta biologica, principalmente con l'utilizzo del Bacillus thuringiensis israelensis, nel Casalese è partita da tre anni coinvolgendo una quarantina di Comuni. Secondo Aldo Greppi di Casale Monferrato (Al) - studioso dilettante e appassionato di chirotteri - gli interventi possono essere integrati, con esito positivo, incrementando la presenza dei pipistrelli sul territorio. In che modo? Costruendo dei nidi in cui questi volatili, socievoli per natura e quindi predisposti a riunirsi in luoghi che ritengono protetti per sè e per i piccoli, possano trovare rifugio tra aprile e novembre. ««Non si tratta di una mia invenzione - spiega Greppi - In Germania questi nidi, realizzati in cemento e segatura, si realizzano, su scala industriale, già da alcuni anni. Io ho cercato solo di migliorarli»». Ne ha costruiti poco più di una ventina che sono stati acquistati dai Comuni di Casale, Valenza e altri minori. Installati in punti ritenuti idonei, accolgono i pipistrelli soprattutto nel periodo in cui mettono al mondo i piccoli. ««Si pensi- spiega Greppi - che ciascun pipistrello è in grado di divorare più di centomila zanzare per stagione, mediamente 500 per notte»». Il nido ideato da Greppi poggia su un tubo zincato, diametro 33 mm, piantato verticalmente nel terreno da cui sporge per circa cinque metri e mezzo. In cima vengono collocati due nidi di cemento (che ricevono calore di giorno e, raffreddandosi lentamente di notte, assicurano un microclima interno adatto alle femmine per partorire e allevare i piccoli). Ciascun nido, del peso di cinque chilogrammi, può accogliere una quarantina di animali, ed è munito di una pista di atterraggio e di una vaschetta che raccoglie gli escrementi. Esaminando periodicamente le vaschette, si può sapere se in quella determinata posizione sono frequentati dai pipistrelli. L'ingresso è nella parte inferiore, situato in modo da essere solo accessibile a pipistrelli e non ad altri volatili. Unici inquilini possibili le vespe, che coabitano senza problemi con i chirotteri. ««Fino ad ora ho installato 23 nidi nel Casalese - spiega Greppi - Nessuno è stato manomesso. In alcuni luoghi, in particolare, ho accertato un aumento progressivo di pipistrelli. In caso contrario, ho spostato i nidi»». Il costo è di 240 mila lire per ogni nido, che ha durata illimitata perché i tubi zincati e il cemento non arrugginiscono e non richiedono nessuna spesa di manutenzione. Anche se il contributo dato dai pipistrelli alla lotta alle zanzare fosse solo del 5%, il contronto costi-benefici sarebbe comunque favorevole. Greppi è intenzionato a proporre il proprio modello di nido ad altri Comuni, ad esempio nel Cuneese dove l'associazione Asprofit, che raggruppa i produttori ortofrutticoli della provincia, fin dal 1993 utilizza nei frutteti nidi in cemento e segatura di produzione tedesca. Informazioni al numero 0142-453.397. Silvana Mossano


SCIENZE DELLA VITA NEUROSCIENZE Risonanza magnetica per le epilessie Un esame di enorme utilità nelle diagnosi delle malattie neurologiche
Autore: MONACO FRANCESCO

ARGOMENTI: MEDICINA FISIOLOGIA
LUOGHI: ITALIA

LA risonanza magnetica nucleare (RMN) è senza dubbio l'esame diagnostico più rivoluzionario apparso sull'orizzonte medico negli ultimi vent'anni, e ciò soprattutto nell'ambito delle neuroscienze. Questa tecnica ha permesso e permette sempre più di far vedere, con immagini pressoché tridimensionali, particolari anatomici del sistema nervoso centrale precedentemente non visibili alla TAC (tomografia assiale computerizzata), e questo senza l'uso dei raggi X. L'impatto della RMN è stato veramente straordinario, ed oggi è possibile fare diagnosi di molte malattie neurologiche senza necessariamente procedere a ulteriori accertamenti invasivi (per esempio, la sclerosi multipla). Tra le altre patologie per le quali l'esame si è dimostrato fondamentale vi è l'epilessia. A dire il vero bisogna parlare di epilessie, perché l'essere colti da ««attacchi epilettici»» non è una malattia, ma un sintomo di sofferenza del cervello, la quale può essere dovuta a diversi fattori (ereditari, traumatici, tumorali o altro). Tra i fattori più importanti e meno valutati nel passato, proprio a causa della limitatezza degli strumenti diagnostici a disposizione, vi sono le ««anomalie»» dello sviluppo embrionale dell'encefalo. Queste malformazioni congenite relativamente rare sono rappresentate da una serie di ««disturbi della girazione (o migrazione) neuronale»», ovvero da uno sviluppo patologico del cervello (e spesso anche del midollo spinale e di altri organi). Per fare qualche esempio, il cervello può avere, tra una circonvoluzione e l'altra, meno ««solchi»» o meno ««scissure»» del normale, e apparire liscio nella sua parte esterna (lissencefalia), oppure avere più solchi ma questi sono più piccoli oppure più grandi del normale (micropoligiria o pachigiria); oppure ancora, possono esservi aree di sostanza ««grigia»» (cioè contenente neuroni) in aree di sostanza bianca (cioè contenente fibre nervose rivestite della guaina mielinica), come delle pallottole sparate in una zona diversa da quella prevista (eterotopie corticali). Tutte queste malformazioni (e molte altre similari) sono legate a una serie di disturbi neurologici, più o meno gravi, che si manifestano già dai primi mesi (o anni) di vita del bambino (ritardo dello sviluppo psicomotorio, deficit visivi, paralisi); ma, in generale, la conseguenza comune a tutte le forme è lo scatenamento di crisi epilettiche, convulsive e non. Non è oggi infrequente osservare casi di pazienti adulti (più spesso donne) con crisi severe e ricorrenti (a volte anche a solo contenuto psichico simile agli attacchi di panico), per i quali la diagnosi di epilessia viene correttamente posta con l'elettroencefalografia, e la cui RMN mostra anomalie dello sviluppo encefalico (possiamo anche chiamarle con un termine più preciso ««displasie corticali»» ). Ciò che prima veniva considerato ««criptogenetico»», cioè di origine oscura, ora può essere attribuito a una causa certa, con un'esatta localizzazione della lesione malformativa. Poiché le crisi epilettiche sintomatiche delle anomalie dello sviluppo neuronale sono più spesso ribelli alla terapia, ne deriva che ogni sforzo deve essere fatto per approfondire ogni caso di epilessia ««farmacoresistente»», ai fini di accertare o escludere, con la RMN, la presenza di tali displasie. I nuovi farmaci antiepilettici (lamotrigina, topiramato e altri) possono essere un utile strumento terapeutico contro questo tipo di crisi. Francesco Monaco Univ. del Piemonte Orientale, Novara


SCIENZE DELLA VITA TUMORI Diagnosi attraverso le urine
Autore: BUONCRISTIANI ANNA

ARGOMENTI: MEDICINA FISIOLOGIA
ORGANIZZAZIONI: AMERICAN CHEMICAL SOCIETY
LUOGHI: ITALIA

CHE da un semplice esame delle urine si possa sapere se si ha un tumore non è più fantascienza. L'American Chemical Society, la più grande società chimica mondiale, ha recentemente pubblicato il frutto di una collaborazione fra la Truman State University di Kirksville nel Missouri e l'Accademia Cinese delle Scienze. L'autore dell'articolo, il professor Yinfa Ma, prende in esame alcune sostanze, le pteridine, fattori molto importanti nel metabolismo umano. Esse sono intermedi nelle reazioni anaboliche e cataboliche, hanno un ruolo essenziale nella sintesi di vitamine del complesso B, fra cui la B2 e l'acido folico. Inoltre funzionano come coenzimi, composti organici non proteici necessari perché certi enzimi possano far avvenire una particolare reazione. La pteridina propriamente detta, capostipite delle altre dal punto di vista della formula chimica, ha nella molecola due esagoni con un lato in comune, formati, in modo asimmetrico, da sei atomi di carbonio e quattro di azoto. I tumori maligni alterano profondamente la biosintesi e il metabolismo delle pteridine, portando a un gran cambiamento delle loro concentrazioni. In particolare chi ha un cancro espelle nell'urina una quantità molto maggiore di pteridine rispetto alle persone sane. Sebbene da decenni gli studiosi siano a conoscenza dell'importante ruolo che le pteridine hanno nel metabolismo, finora i meccanismi d'azione non sono ancora stati capiti completamente a causa delle difficoltà incontrate nell'indagine sperimentale di queste sostanze. Ciò era dovuto al fatto che i metodi usati erano troppo lunghi e costosi; inoltre non permettevano di separare gli uni dagli altri i vari derivati pteridinici strutturalmente simili. Il gruppo di ricerca guidato dal professor Ma sostiene di essere riuscito per primo a escogitare un procedimento d'analisi semplice e veloce, basato sulla cosiddetta elettroforesi capillare ad alte prestazioni. Col termine elettroforesi s'intende la separazione di particelle cariche ottenibile mediante un campo elettrico. Se la carica ha lo stesso segno, le particelle migrano tutte nella stessa direzione, ma con velocità diverse, che dipendono dal valore assoluto della carica stessa e da altri fattori variabili, quali le dimensioni (più piccola è la particella, più veloce è il suo cammino) e la resistenza al movimento esercitata dall'ambiente in cui si lavora. Nel caso in questione, il campione di urina, dopo un trattamento chimico adatto a fornire carica elettrica alle pteridine presenti, viene iniettato in un capillare di silice fusa lungo 60 cm e avente un diametro interno di 50 micron (5 centesimi di millimetro). Agli estremi del tubicino viene applicata una differenza di potenziale pari a 20000 volt, che riesce a far compiere il percorso in una decina di minuti a tutte le pteridine da analizzare. Esse escono alla distanza di almeno qualche secondo l'una dall'altra, e un rivelatore, che funziona a fluorescenza indotta da un laser, permette d'identificarle e determinarne la dose. Con questo nuovo metodo d'analisi non si è solo accertata facilmente la presenza delle pteridine nell'urina di persone affette da cancro, ma ne sono anche state analizzate le concentrazioni relative. Il professor Ma ha notato che, a seconda del tumore presente, si ha una variazione nel rapporto fra le varie pteridine escrete. Il sistema d'indagine innovativo di cui si è appena parlato, sebbene ancora in fase sperimentale, fa sperare di riuscire presto a mettere a punto un test di routine che faccia individuare con facilità la presenza o meno delle pteridine nell'urina, permettendo così di diagnosticare un tumore in atto. Ma i ricercatori non vorrebbero fermarsi qui: la loro speranza è quella di riuscire, con lo stesso test, a stabilire, dalla registrazione delle quantità relative delle pteridine presenti, di quale tipo di cancro si tratta. Anna Buoncristiani


SCIENZE DELLA VITA ECLISSE In un sito web le immagini in diretta
LUOGHI: ITALIA, ITALIA

IL gruppo di Fisica solare e spaziale dell'Università di Roma " Tor Vergata" sta mettendo a punto un sito web (http://billie. roma2.infn.it/eclisse/) dedicato alla prossima eclisse solare dell'11 agosto. Sarà quindi possibile osservare la scomparsa del sole, senza sobbarcarsi faticose trasferte nei luoghi più favorevoli, che si annunciano affollatissimi. Il sito è raggiungibile anche attraverso l'home page dell'Università di Tor Vergata( http://www.uniroma2.it). Saranno mostrate in diretta le immagini del Sole prese con il telescopio solare presso il Dipartimento di Fisica, durante lo svolgimento dell'eclisse, aggiornate di minuto in minuto. Chiunque, collegandosi, potrà vedere in tempo reale il procedere del fenomeno. Le immagini del Sole saranno prese alla lunghezza d'onda della riga K del CaII, al limite dell' ultravioletto, a 393.3 nm, con una banda passante molto stretta. Questo filtro mette in evidenza molte strutture della cromosfera solare, che stanno diventando di giorno in giorno più interessanti, dato che il Sole sta aumentando la sua attività e si avvia al suo prossimo massimo che si verificherà presumibilmente nella primavera del 2000. Il sito resterà attivo anche in seguito, e in esso saranno disponibili immagini del Sole che saranno acquisite periodicamente e mostreranno il procedere dei fenomeni solari verso il massimo di attività. Nello stesso sito in un prossimo futuro saranno rese disponibili anche osservazioni periodiche delle pulsazioni del campo magnetico terrestre e della radiazione ultravioletta solare, dati importanti per quanto riguarda l'influenza dell'attività solare sul clima e sulla salute dell'uomo.


SCIENZE DELLA VITA GLI ALBERI IN CITTA' Condizionatori naturali D'estate combattono le ««isole di calore»»
Autore: EL_AC

ARGOMENTI: BOTANICA
NOMI: BACCI LAURA
LUOGHI: ITALIA

NELL 'AMBIENTE cittadino le piante assumono un ruolo essenziale come elemento di incontro tra l'atmosfera, l'acqua, il terreno, le attività umane, l'agricoltura e la selvicoltura. E' ben noto a tutti che la vegetazione, essendo capace di trasformare l'energia solare e le sostanze minerali in sostanza organica, svolge un ruolo insostituibile in tutti i cicli, da quello dell'anidride carbonica, a quello dell'acqua, a quello degli elementi nutritivi. Soltanto la vegetazione può rendere il microclima un poco più favorevole alla vita dell'uomo e degli animali. Basti pensare, per esempio, alle condizioni che si creano in un bosco dove la radiazione solare durante i mesi estivi è 1/10 di quella al di sopra della chioma e la temperatura di conseguenza è inferiore di alcuni gradi (da 3 a 8°C). Le piante possono riflettere, assorbire o trasmettere la radiazione solare incidente sulle foglie, in modo che la luce giunga al suolo modificata sia per intensità sia quanto a composizione spettrale. Le foglie si comportano però in modo selettivo di fronte alle varie lunghezze d'onda a seconda della densità della vegetazione, della forma della chioma e del modo in cui sono orientate le foglie. Una superficie verde restituisce l'energia, mentre una costruzione la assorbe e la converte in calore contribuendo al riscaldamento degli strati dell'aria vicino al suolo. A questa energia termica assorbita va aggiunta quella prodotta dalle attività umane e industriali, dal traffico veicolare, per cui, come conseguenza, si forma una bolla di calore (isola di calore) che modifica le condizioni di ventilazione agendo da schermo alle correnti d'aria provenienti dal territorio circostante, per esempio dalla campagna. Come conseguenza la vita in città diviene, specialmente d'estate, a volte assai inospitale. Anche per questi motivi, oltre che per aspetti estetici e funzionali di interazione positiva con la vita fisica e psichica dell'uomo (pensiamo al giardino come luogo di meraviglia e di piacere della cultura araba, persiana, rinascimentale, al Settecento francese o all'Ottocento inglese), è essenziale la presenza delle piante in città, presenza che va accuratamente progettata. Infatti occorre conoscere la forma della chioma degli alberi (tondeggiante, allungata, ecc.) al fine di ottenere le migliori condizioni di ombra per ridurre il calore sugli edifici e di conseguenza all'interno dei locali. Tuttavia l'ombreggiamento delle pareti esposte a Sud risulta problematico durante i mesi invernali quando si desidera, ai fini del risparmio energetico, una buona illuminazione. In questa situazione sono più utili le specie caducifoglie, come tigli, carpini e così via. Queste essenze, vegetali anche se prive di foglie, fanno ombra con i rami: quindi - come afferma una studiosa, Laura Bacci, dell'Istituto di Agrometeorologia del Consiglio Nazionale delle Ricerche - va considerato anche il parametro ««trasparenza della chioma spoglia»». Esso varia con la specie: così il platano è meno trasparente del gingko biloba. La luminosità può essere controllata mediante tagli selettivi al fine di guidare la forma e l'orientamento delle aperture tra i rami e regolare la temperatura e l'irraggiamento sulla superficie. La vegetazione regola anche le radiazioni emesse dal suolo durante la notte. Infatti costituisce uno schermo al flusso di energia proveniente dal terreno e ne ritarda il raffreddamento nello strato al di sotto della chioma agendo da volano termico. Una fascia verde larga 100 metri può determinare un abbassamento della temperatura di 3°C, fatto che equivale a salire in quota di 700 metri. La massa verde modifica la temperatura anche attraverso la variazione dell'umidità in quanto, come è noto, il passaggio di stato dell'acqua comporta il consumo di energia. Un ettaro di bosco di faggio durante il periodo vegetativo produce 3000 metri cubi di vapore dissipando sotto forma di calore latente una notevole quantità di energia solare. Quindi è bene modificare la mentalità attualmente prevalente, non considerando più la vegetazione come un costo aggiuntivo al bilancio della città, ma come un fattore positivo per la vivibilità dei cittadini, come d'altra parte avviene all'estero: la città di Parigi destina il sette per cento del suo bilancio annuo alla realizzazione di aree verdi contro l'1% o a volte meno di città italiane! \


LINGUISTICA: L'ARABO La lingua del Corano Punto d'incontro tra le cultured'Oriente e Occidente
Autore: QUAGLIA LUCA

ARGOMENTI: ANTROPOLOGIA ETNOLOGIA
LUOGHI: ITALIA
TABELLE: C. GLI INFLUSSI DELLA LINGUA ARABA

QUASI tutti i recenti immigrati originari del nord-Africa, in special modo dai Paesi dell'Atlante, da Algeria, Tunisia, Marocco, Egitto, Libano, generalmente, sono di fede islamica sunnita e, nella maggioranza dei casi, parlano dei dialetti arabi. L'Arabo è stato una lingua che ha veicolato una grande cultura nell'Europa medievale. Se gran parte della cultura filosofica e scientifica dell'antichità è stata tramandata agli europei moderni, ciò è dovuto anche all'opera di studiosi di lingua semitica come Averroè e Avicenna. Si tramanda, inoltre, che grandi Università del tempo, come quella occitana di Montpelhièr, avevano tra i migliori docenti degli studiosi arabi. L'Europa deve molto ai Paesi arabi anche dal punto di vista linguistico. Molti vocaboli in uso nelle lingue europee sono di origine araba. Si pensi a termini come alchìmia o alchimìa, àlcol(e), alcova, àlgebra, ammiraglio, azzardo, azzurro, carruba, festuca, liuto, meschino, sciroppo, tazza, zucchero; ai termini presenti in Occitano alferan (cavallo di razza) e alfièr, almatrac (materasso), barracan (tipo di tessuto, barracano), drogoman (interprete), jarra (brocca), jupa (gonna), ribeba (violino a due corde) ta(m)bor (tamburo); o allo spagnolo alcoton (cotone). Dell'origine araba di queste parole è sovente chiaro indice la prefissazione in "al-" o tramite forme da essa derivate in cui, già in Arabo, sia intervenuta l'assimilazione della \ con la consonante seguente, come nel caso di "az-" in azzurro. "Al" rappresenta l'articolo determinativo dell'Arabo classico. La lingua e i dialetti arabi appartengono al gruppo sud-occidentale della famiglia linguistica semitica. Tale famiglia fu così definita, convenzionalmente, dallo studioso A. L. Schl''zer nel 1781, sul nome Sem, citato nella Genesi. Essa annovera al suo interno altri due gruppi: quello orientale e quello nord-occidentale. Dell'uno, ora estinto, faceva parte il solo Accadico o Assiro-Babilonese. Dell'altro, oltre agli antichi Eblaita, Amorreo, Ugaritico, Aramaico, fa parte il sottogruppo Cananeo. Quest'ultimo comprende, insieme con gli estinti Fenicio, Punico, Moabita e Ammonitico, la lingua ebraica antica e moderna. Il gruppo a cui appartiene l'Arabo e i suoi dialetti, si ritiene che sia il più conservativo rispetto ad un ricostruito linguaggio semitico comune, da cui deriverebbe. L'Arabo presenta, infatti, una ricca serie di suoni consonantici, non presenti nelle altre favelle della stessa famiglia. Appartengono al medesimo gruppo sud-occidentale: l'Arabo meridionale antico o epigrafico; l'Arabo centro-settentrionale pre-classico; l'Arabo settentrionale classico; i dialetti arabi meridionali moderni e i numerosi ed importanti dialetti regionali di derivazione classica. A queste favelle arabiche, si affianca la lingua etiopica, e i dialetti Tigrinà, Tigrè, Amharico, Harari, Gurage, nonché il Gafat e l'Argobba, virtualmente estinti. Dall'Arabo settentrionale classico, la lingua in cui fu redatto il Corano, deriva l'Arabo letterario moderno, e i moderni dialetti regionali. Questi sono suddivisi, a seconda delle regioni in cui sono parlati, in centro-asiatici, iracheni, arabici, siro-libano-palestinesi, egiziani, magrebini. Tra essi si annovera anche il Maltese, dialetto parlato nell'isola di Malta, fortemente influenzato da influssi non semitici. La lingua colta di tutte le popolazioni anzidette è l'Arabo letterario moderno. Esso è utilizzato per la redazione di giornali, libri e testi scolastici, nel disbrigo delle pratiche amministrative, nella stesura di documenti e lettere ufficiali, nonché nelle trasmissioni radiotelevisive di argomento elevato. O in uso nei notiziari e nei documentari, nella produzione teatrale e cinematografica ricercata ed è lingua di referenza durante congressi, conferenze, incontri politici e riunioni all'interno della Lega Araba o tra capi arabi di differenti Stati. L'Arabo letterario moderno è utilizzato, inoltre, per l'insegnamento, in special modo universitario, e ogniqualvolta ci si voglia rivolgere, in modo univoco, a tutte le popolazioni di lingua araba. I moderni dialetti arabi si differenziano dalla lingua letteraria sia per naturale evoluzione interna, sia a causa di influenze dovute a contatti con lingue appartenenti ad altre famiglie linguistiche, come è avvenuto in quelle aree interne dell'Algeria in cui, accosto alla lingua dei colonizzatori Arabi, sono ancora parlati dialetti berberi indigeni, appartenenti alla famiglia camitica. Volendo analizzare succintamente le principali particolarità linguistiche dell'Arabo letterario, possiamo menzionare la grande ricchezza di suoni consonantici, tra cui quelli posdentali, enfatici, laringali e glottali, contrapposta all'esiguità dei suoni vocalici, ridotti a \ , \ , . L'Arabo, inoltre, mantiene invariate le vocali finali ricostruibili per il proto-semita, perdute nelle lingue del gruppo nord-occidentale come l'Ebraico, e presenta costantemente una laddove le altre lingue semitiche hanno una . La morfologia nominale mostra una flessione a tre casi: nominativo, accusativo e genitivo. La formazione del plurale è spesso espressa tramite il ricorso a collettivi. Questi sono formati, in massima parte, per mezzo di modificazioni interne di radicali singolari, e sono noti col nome di plurali interni o fratti. Tale pluralizzazione presenta una non indifferente difficoltà per chi si avvicina allo studio della lingua araba. L'Arabo ha anche mantenuto, con l'Accadico, il numero duale. Questa categoria grammaticale serve ad indicare, oltre alle cose naturalmente in coppia, tutto ciò che si presenti in numero di due. Molte sono le particolarità dei dialetti moderni, rispetto all'Arabo letterario. La fonetica presenta la caduta delle vocali brevi, parallelamente a quanto avviene nelle lingue del gruppo nord occidentale; una maggior varietà di suoni vocalici; alterazioni del sistema consonantico, e, talvolta, modificazioni prosodiche e accentuative, come nel dialetto egiziano. La morfologia nominale, tra le innumerevoli modificazioni, ci presenta la perdita della declinazione nominale, con conseguente irrigidimento della costruzione della frase; la riduzione dell'uso dei plurali interni o fratti e un uso raro del duale e dello stato costrutto, spesso sostituiti da forme analitiche. Come le lingue neolatine rispetto al Latino, i dialetti arabi moderni presentano un maggior ricorso alla costruzione analitica piuttosto che a quella sintetica, e alcune forme sia pronominali sia verbali molto semplificate. La diatesi passiva si ottiene per mezzo di forme derivate del verbo, invece che tramite modificazione vocalica interna. Il futuro è espresso tramite la preposizione al verbo di particelle che sono differenti da zona a zona. Il lessico dialettale, oltre a differire per uso di radici o ignote all'Arabo letterario o di mutato valore semantico, risente fortemente degl'influssi dovuti alle lingue europee. Al fine di porre un limite all'introduzione d'imprestiti da lingue straniere, soprattutto dal Francese e dall'Inglese, i linguisti hanno creato dei neologismi sia utilizzando termini tradizionali il cui significato originario è stato mutato, sia inserendo i lemmi non semitici in schemi di tre o di quattro lettere conformemente alla lingua araba, in modo da camuffarne l'origine allotria molto armonicamente. Le lingue semitiche, sia antiche, sia moderne presentano alcuni tratti comuni molto caratteristici che le differenziano notevolmente da favelle appartenenti ad altre famiglie. Tra questi annoveriamo il peculiare fenomeno del trilitterismo, consistente nella strutturazione in tre consonanti della maggioranza delle radici. Queste ultime possono essere prefissate o suffissate, subire geminazioni o sincopi consonantiche, modificando, così, il loro valore semantico. I generi grammaticali sono solo due: maschile e femminile, mancando il neutro. La flessione verbale è basata su un'originaria opposizione tra valore perfettivo e imperfettivo dell'azione. La sintassi delle lingue semitiche è piuttosto semplice e regolare se paragonata a quella di lingue indeuropee come il Latino, il Greco antico e l'Indiano vedico. Non mancano, però, forme morfologiche di grande complessità. Tra queste: l'espressione della vicendevole concondanza tra numerali e sostantivi; la determinatezza e l'indeterminatezza del nome; l'annessione tra nome reggente e nome retto in quello che è definito lo stato costrutto; l'esistenza di pronomi personali suffissi ai nomi per formare dei possessivi e l'uso di pronomi personali suffissi al verbo per indicare l'oggetto dell'azione. Le lingue semitiche occidentali utilizzano scritture alfabetiche, in cui, normalmente non sono notate le vocali. Quest'ultimo fatto crea non pochi problemi di lettura a chi non è avvezzo a tale sistema di scrittura. Tutti gli alfabeti europei, comprese le rune germaniche, derivano dall'antico alfabeto fenicio, adattato dai Greci alle particolari esigenze della loro lingua, per molti versi assai diverse da quelle di una favella semitica. L'alfabeto greco è stato spesso adottato dagli altri popoli tramite l'intermediario etrusco, con conseguente confusioni nell'annotazione delle consonanti sorde e sonore, distinzione ignota alle lingue paleo-mediterranee e all'Etrusco. Luca Quaglia


PROGETTO SPARTIUM La ginestra, alternativa alla plastica Una fibra poco utilizzata ma nota fin dagli Anni 40
Autore: ACCATI ELENA

ARGOMENTI: BOTANICA
NOMI: CAVALLO ROBERTO
ORGANIZZAZIONI: COOPERATIVA ERICA
LUOGHI: ITALIA, ITALIA

LA sensibilità ambientale sta crescendo in ogni processo industriale: il mondo dell'automobile sta accostandosi ad una fibra vegetale che dovrebbe ridurre l'impiego delle materie plastiche difficili o a volte quasi impossibili da riciclare e quindi fortemente impattanti. La specie vegetale oggetto di studio per tale scopo è lo Spartium junceum, la ginestra, un arbusto della famiglia delle papilionacee (la stessa a cui appartiene il fagiolo), molto rustico, con foglie decidue, rami verdi simili a quelli del giunco, adatto a terreni marginali aridi, sabbiosi e anche alcalini. I fiori gialli, profumati, sbocciano in marzo-aprile. Questa ginestra non va confusa con quella ornamentale dotata invece di una infiorescenza bianca, la Goenista monosperma, coltivata all'aperto soprattutto sulle colline dell'entroterra ligure (Seborga), costituendo una importante fronda ornamentale fiorita in quanto è disponibile nei mesi di gennaio-febbraio quando gli altri fiori normalmente provengono dalle serre. Il progetto Spartium si svilupperà nell'Alta Langa, un territorio funestato da insediamenti produttivi errati: basti pensare al decennale inquinamento della Val Bormida dovuto all'industria chimica e alla conseguente impossibilità di destinare i terreni ad attività agricole, e al dissesto idrogeologico del novembre del 1994. Le Langhe, note ovunque per una enologia di elevato pregio e per la produzione di nocciole assorbite dall'industria dolciaria, ospiteranno ora un progetto che ripristinerà il territorio degradato divenendo un concreto esempio di integrazione degli elementi ambientali e di rivalorizzazione attraverso un uso agronomico ecocompatibile. ««I moderni tentativi, condotti dalle industrie automobilistiche - dice Roberto Cavallo, agronomo della Cooperativa Erica, promotore di questo affascinante progetto, inseribile nelle azioni del programma comunitario Life - di ridurre l'impatto ambientale delle automobili a fine carriera poggia, tra l'altro, su alcune miscelazioni di omopolimeri plastici con fibre vegetali. La letteratura specialistica elenca numerose specie utilizzabili a tale scopo come la juta, il cotone, il sisal, il cocco, il lino. Della ginestra non si parla anche se viene impiegata per ottenere fibre fin dai lontani Anni 40. La ginestra coltivata su vecchi terrazzamenti incolti grazie al suo apparato radicale profondo facilita il consolidamento dei versanti abbandonati e chiaramente possiede grazie alle sue fioriture un positivo impatto paesistico. La sperimentazione procederà su differenti settori, da quello agronomico avvalendosi della collaborazione con la Facoltà di Agraria dell'Università di Torino, a quello della lavorazione della fibra, da quello delle materie plastiche, all'impiego di sottoprodotti, infine al settore tessile vero e proprio. Innanzitutto si cercherà, mediante una indagine in banche del seme di tutto il mondo, di reperire i semi di tutte le varietà di ginestra esistenti, si metterà a punto la germinazione; si studieranno la concimazione ottimale, il comportamento alle erbe infestanti; la migliore esposizione e giacitura dei terreni in rapporto alla qualità della fibra; la messa a punto di una macchina per la raccolta meccanica; l'individuazione del numero massimo di tagli all'anno. Quanto alla fibra, si prenderanno in considerazione i tipi di macerazione, la meccanizzazione della stigliatura, la composizione delle acque di macero, i tipi di lavaggio della fibra grezza. Si analizzerà anche la possibilità di utilizzare il fiore come reciso e come essiccato per particolari composizioni, di distillare l'essenza per la profumeria e come sorgente mellifera per il settore apistico. Come alternativa alle materie plastiche si giudicherà la fibra come compound, miscelandola con omopolimeri, si studieranno alcuni stampi per manufatti da interno auto, si osserverà l'integrazione dei manufatti su auto in produzione anche in base a fattori estetici. Se i risultati del progetto Spartium saranno positivi ci sarà la possibilità di trasferirli in tutta l'area mediterranea in cui la ginestra cresce spontanea, potendo costituire un settore interessante oltre che dal punto di vista occupazionale, anche relativamente all'impiego di terreni marginali e alla realizzazione di colture no food (che non producono cibo) rispettando le direttive della Pac. Elena Accati Università di Torino




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