Presentazione


Venticinque anni fa, all'inizio del 1976, vedeva la luce a Ceggia (Venezia) un volumetto che, nelle intenzioni del suo autore prima e dei suoi curatori poi, non aveva propositi letterari né tantomeno lirici: Francesco Artico aveva composto per il Bollettino parrocchiale i raccontini che costituiscono la raccolta Tornén un pas indrìo! e lo aveva fatto per incontrare idealmente tutti coloro che condividono la nostra parlata.

I personaggi che si muovono all'interno di ciascuna storia sono gente comune, spesso modesta, sono i nostri vicini di casa, i nostri nonni. Insomma, gente di paese ormai attempata che potremmo incontrare al mercato, in chiesa alla domenica, all'osteria durante una partita a carte, o ancora nell'orto dietro casa, o nella piazza davanti al municipio, e gli argomenti che si discutono sono quelli d'attualità: il furto nella banca, i ragazzi che si drogano, o fatti eccezionali come l'inondazione (è l'inondazione del novembre 1966) che ha messo in pericolo le vite di tanti. A chi, sentendo le conversazioni delle donne anziane che popolano i racconti, non vengono in mente i grembiuli scuri di rigatino o a fiorellini minuti delle nostre nonne, le loro mani consumate dal lavoro e dal tempo e i loro fazzolettoni neri legati sulla nuca?

Ci sono anche ricordi che Francesco Artico, rifattosi fanciullo, richiama dalle profondità della sua memoria, e li rivive con immutata intensità: come dimenticare quel Venerdì santo di tanti, tanti anni fa, uguale a tanti, a tutti i venerdì santi che rinnovavano ogni anno, sempre con la stessa affollata sacra liturgia, la Passione di Cristo? Su quelle panche di chiesa, sui banchi di legno scuro i bambini si avvicendavano, e mano a mano che crescevano, molti diventavano chierichetti e passavano dai banchi al coro, gli altri si trasferivano dalle prime alle ultime file e venivano sostituiti dai piccoli. I canti si succedevano ogni anno con la stessa mestizia, le «racoe» gracchiavano con lo strepito assordante di sempre, gli improperi di Cristo tuonavano senza pietà contro i persecutori. Poi è intervenuto il Concilio a cambiare tutto. In Francesco Artico si scopre una mai del tutto celata nostalgia per il passato: non è ripudio del rinnovamento epocale intervenuto nella Chiesa, è piuttosto una nostalgia totale, è la nostalgia del proprio essere stato piccolo in un'epoca semplice, è la nostalgia della giovinezza lasciata alle spalle con il suo carico di esperienze umane liete e dolorose, da condividere con tanti. E anche, e soprattutto, accettazione della vita con una fede senza incertezze.

Francesco Artico ascoltava, era solidale, e chi avrà voglia di non fermarsi alla superficie di questi scritti semplici, sentirà tutto il fascino dell'affetto che li permea.

Forse chi è lontano dai nostri paesi da tanti anni, chi magari non è in grado di leggere con facilità la difficile scrittura fonetica del nostro dialetto avrà piacere di riascoltarne la cadenza talvolta rustica, ma cara all'udito e vicina al cuore come le carezze delle nostre nonne.

Ceggia, 28 ottobre 2001.

Lia Artico


Francesco Artico
Tornén un pas indrìo! Raccolta di conversazioni in dialetto.
Brescia, Paideia editrice, 1976

Ritorna a inizio testo tavola delle abbreviazioni Segnala
«Tornén un pas indrìo!»
collegamenti

© 2001-2005 Giuliano Artico.